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Autore: C h i a r a    13/02/2013    1 recensioni
Questa è una ff di genere Young-Adult. Eleonora è una ragazza di Livorno che non ha amici. A molti la situazione starebbe scomoda, ma a lei no, non vuole interagire con nessuno.
(la storia si svolge a Livorno, ma luoghi e persone sono puramente inventati, ogni riferimento è puramente casuale)
Genere: Malinconico, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Domenica mia mamma andava in giro per la casa continuando a chiedermi di te “Che ne pensa Alessio?” “Ad Alessio piace?” “Certo che è proprio un bel ragazzo.” Non riuscivo più a sopportarla, così le ho detto che uscivo con te. Come al solito»
Alessio mi guarda ridendo, è l’intervallo e sono rimasta in classe a parlare con lui. Solo perché devo raccontargli di mia mamma. Non per altro.
«Quindi per tua mamma io e te siamo usciti una decina di volte nelle ultime settimane?» chiede.
«Esatto.»
Esita un attimo prima di parlare «Ti andrebbe se uscissimo davvero insieme?»
In quel momento suona la campana, ma non la sento. Il tempo attorno a me si è fermato. Ecco, immaginavo di avergli dato troppe illusioni. Non dovevo rimanere all’intervallo. Anzi, non dovevo baciarlo Sabato. Meglio ancora, non dovevo proprio invitarlo a casa mia! Avrei dovuto inventare una stupida scusa con mia mamma! Ormai è troppo tardi.
«Non hai altri amici con cui uscire?» il suo sorriso si affievolisce.
«Mmm... Si, un paio. Ma non se la prenderanno.»
«Sicuro?»
Vedo nei suoi occhi che l’ho ferito «Se non vuoi basta dirlo.»
«Non voglio. I miei pomeriggi sono fatti di lettura solitaria in biblioteca, non voglio nessuno con me.» dico, forse con un po’ troppa veemenza.
«Ok.»
Tutti tornano in classe ed inizia la lezione. Alessio si piega sui libri e non mi parla più per il resto della giornata. Alla fine della scuola non mi accompagna all’Hero.

Sono seduta con Stephanie, a non ascoltare il suo monologo filosofico. Stacco e appoggio sul piatto pezzi del mio tramezzino. Improvvisamente Stephanie si blocca, la guardo e scoppia a ridere.
«Wohoo! L’insensibile Eleonora alle prese con problemi di cuore.»
«Io non ho nessun problema.» dico, tornando a martoriare il tramezzino.
«Conosco quello sguardo. Racconta.»
«Uno vuole essere mio amico. Io non voglio, gliel’ho detto e c’è rimasto male.»
«La sintesi è sempre stata il tuo forte. Al contrario del tatto.»
«Senti, io quello che devo dire lo dico.»
«Sì si. Nessun dubbio, ma se non gli dai l’opportunità di esserti amico non saprai mai se ne vale la pena.»
«Fidati, so che non ne vale la pena.»
«Sei proprio una causa persa.» dice sconsolata.

Nei due giorni successivi Alessio non mi parla, e decido di non dire a mia mamma che esco con lui. Così sto a casa, su twitter, dove i tweet si fanno più depressi del solito.
È Giovedì, neanche oggi Alessio mi ha parlato. Non capisco come possa essere così offeso per una cavolata del genere. Sa come sono fatta, vede che non cerco nessun amico. Gliel’ho ripetuto tante di quelle volte la settimana scorsa. Si vede che non l’ha capito, ma non volevo illuderlo più di quanto avessi già fatto. Meglio così, se mi deve fare queste scenate, è meglio che non siamo diventati amici. La seconda cosa che odio di più, dopo puttane e fighetti, sono le scenate. Invece mia mamma le ama, ogni volta che io o mio papà facciamo qualcosa inizia a sbraitare con voce stridula, a gesticolare, sbattere mani su ogni superficie che le è vicina. Quando fa così me ne vado dalla stanza, peggiorando la situazione. Mia mamma mi sta proprio urlando contro, sbattendo il palmo sulla mia scrivania, al momento. Annuisco.
«Esco con Alessio.»
E me ne vado. Non mi blocca solo perché si è presa una cotta per Alessio. Non volevo usare questa scusa, per rispetto verso di lui. Non volevo usarlo, mentre è arrabbiato con me. Ma proprio non ce la facevo più a sopportarla.
Solita strada, ed entro nella solita biblioteca. Solita stanza, come al solito vuota. Solita sedia, e solita posizione da lettura: libro appoggiato al tavolo, gambe composte, palmo destro che sorregge la testa, mano sinistra che sfoglia le pagine. Noto che la mia vita è fatta di cose solite. Io amo la routine, ed odio i cambiamenti. Forse è per questo che non voglio essere amica di Alessio, sarebbe un cambiamento. E non di quelli piccoli. Sono le cinque circa, e sento qualcuno che entra nella mia stanza. Ancora mio papà? Quante volte deve leggere quella maledetta enciclopedia? Non stacco gli occhi dal libro per non distrarmi. La persona entrata si siede nella sedia davanti la mia e poggia un libro sul tavolo. Trattengo lo sguardo abbassato. Non sono una persona curiosa, ma vedo una sagoma davanti al mia, ed attrae spesso il mio sguardo, che cerco di controllare. Dopo la terza volta che cerco di vedere questa persona senza guardarla chiudo il libro e alzo gli occhi. Rimango immobile nel ritrovarmi davanti Alessio, chino su un libro. Gli tiro un pugno sulla spalla.
«Cosa ci fai qui?» sussurro arrabbiata.
«Leggo.»
«L’ho visto. Ma non dovresti essere qui!»
«Perché no?»
«Ti avevo detto che non volevo nessuno!»
«E io me ne sono fregato di quello che hai detto. Come tu fai sempre con me.»
«Non è...» rifletto un attimo, e un sorriso mi compare involontariamente «Touchè.»
Anche lui sorride «Questo vuol dire che possiamo uscire?»
«No. Io ti scrivo un messaggio quando esco di casa per venire qui. Se vuoi mi raggiungi, se non vuoi fa lo stesso.»
«E dopo ci facciamo un giro in centro.»
«No.»
«E invece sì.»
«Vedremo.»
Riprende a leggere, soddisfatto. Gli alzo la copertina e vedo che sta leggendo “Cime tempestose”, avevo intenzione di leggerlo anch’io. «Me lo presti quando hai finito?» annuisce, senza alzare gli occhi dal libro «Come facevi a sapere che sarei venuta?»
Alzò la testa «Ma non ero io quello che non doveva disturbare? Comunque da lunedì mattina, quando mi hai detto che venivi qui sono venuto ogni pomeriggio, e ti ho cercata.»
“Oh, che cosa dolce.” Penso dentro di me. No aspetta, ho appena associato dolce a un ragazzo? Oddio. Rido sforzatamente «Stalker.»
Entrambi torniamo ai nostri libri. A un quarto alle sei chiude il libro «Andiamo a farci un giro.»
«Perché?»
«Perché devi vedere un po’ di mondo.»
«Il mondo fa schifo.»
«È vero, ma è l’unico che abbiamo.»
Oltre ad essere il primo a parlarmi, il primo a voler essere il mio amico, è anche il primo che mi lascia senza parole.
Nonostante mi lamenti più di una volta mi prende per mano e mi trascina fuori dalla porta. Usciti mi sembra voglia lasciarmi la mano, così mollo la presa. Invece la gira per intrecciare le dita come fanno i fidanzati, allora la stringo con forza per tenerla com’era prima. Mi guarda e io mi mordo il labbro facendo spallucce. Così camminiamo per la via pedonale tenendoci per mano come fanno i bambini che stanno in fila per due all’uscita dalle elementari. Alla prima occasione stacco la mano, per andare a vedere la vetrina dell’unico negozio in cui compro roba da vestire in tutta Livorno: Bershka. Lo guardo, scuotendo la testa verso il negozio. Lui senza dire nulla apre la porta, facendomi entrare. Immagino mi stia dietro, seguendomi e senza toccare i vestiti. Invece mentre io scorro i vestiti che stanno a destra lui scorre a sinistra. Ogni tanto mi chiama per mostrarmi delle cose fantastiche. Una volta una camicia semi trasparente con borchie nel colletto, un’altra una canottiera larga nera con una stampa degli iron maiden, un’altra ancora mostra una gonna a fascia con una zip sul davanti. Mi stupisco di come sia riuscito a capire il mio stile così velocemente, e come riesca a trovare tutte cose che mi piacciono.
«Hai dei soldi?» chiede ad un certo punto
«Sì, perché?»
«Perché ti compri questo.»
Si gira verso di me, mostrandomi un bellissimo vestito, ma attillato e corto.
«E io quello quando dovrei metterlo?» chiedo scioccata.
«Boh. Al polo, per esempio. O anche per andare a mangiare un pizza.»
«Io non esco praticamente mai la sera.»
«Bene. Recupererai il tempo perso.»
«No.»
«Almeno provalo.» mi allunga la stampella, senza perdere il suo sorriso speranzoso. La afferro.
«Che taglia è?» Guardo l’etichetta, 42. «Hai preso quella giusta. Come facevi a saperlo?»
Tossisce «Ehmm... Sono andato a occhio.»
Vado verso i camerini, metto il vestito ed esco. Alessio è davanti la tenda, quando esco rimane a bocca aperta.
«Sono ridicola. Sapevo di non doverlo mettere.»
Faccio per rientrare nel camerino, ma Alessio mi blocca per il polso e mi obbliga a girarmi verso lo specchio. Guardo il mio riflesso e per la prima volta nella mia vita mi sento davvero bella. Il rosa antico del vestito si mescola delicatamente alla mia pelle pallida, i capelli biondo platino cadono lunghi sulla spalla sinistra, dandomi l’aria di una bambola di porcellana. Le fasce di cui è fatto il vestito mi avvolgono, senza segnare i fianchi per me troppo larghi e la pancia per me troppo pronunciata. Arriva a metà cosce, mostrando le gambe che fino a quel momento ho sempre avuto paura di scoprire, perché mi sembravano storte.
«Ti rendi conto di quanto sei bella?»
Non rispondo. Mi avvicino allo specchio, appoggiando un dito sulla superficie fredda e liscia. Ancora non riesco ancora a credere che stia riflettendo me.
«Lo prendo.» dico ridendo.
Sto per entrare nel camerino, quando mi blocco. Torno allo specchio e mi guardo i piedi. La magia svanisce quando vedo i vecchi e logori Dc Martens, che fanno a pugni con il vestito.
«Che c’è?» chiede Alessio
«Non ho scarpe da mettere.»
Alessio ride «Porremmo rimedio anche a questo.»
«No. Non posso prenderlo.»
«Ok.» lo guardo stupita, pensavo avrebbe insistito «Lo compro io.» continua, serio.
«Scherzi?»
La sua espressione non cambia minimamente «No. So la taglia e il modello. Prendo io.»
«Per favore.  Mi sentirei in debito.»
«Tu compri le scarpe. Io il vestito.»
«Ho altra scelta forse?»
«No.»
Ridiamo tutti e due, quando ci siamo calmati lo ringrazio. Andiamo alla cassa e compro il vestito. Poi andiamo in un negozietto di scarpe lì vicino. Mi compro un paio di stivaletti in camoscio con tacco 10 cm. Non sono le prime scarpe col tacco che metto. In occasione come cresime e comunioni di famiglia ne rubavo un paio a mia mamma, avendo lo stesso numero. Quindi riesco  camminarci, in modo più o meno stabile. Quando usciamo ci troviamo davanti mia mamma. Si avvicina, nonostante io cerchi di scappare. Fruga nelle borse e si eccita per i miei nuovi acquisti. Lei ama fare shopping, mentre a me non fa né caldo né freddo. Si illude che io abbia imparato l’importanza dei vestiti. Scambia qualche parola cinguettando con Alessio, e poi va alla macchina. Alessio mi accompagna fino allo scooter, lui abita lì vicino, quindi va a casa a piedi. Quando è il momento di salutarci mi abbraccia, io ricambio, un po’ impacciata. Forse alla fin fine, nonostante mia sia opposta, un po’ amici lo stiamo diventando.
  
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