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Autore: damnhudson    13/02/2013    2 recensioni
«La tua mamma almeno c’è.» Rispose la bambina, alzando di nuovo lo sguardo, notando che il bambino ora si avvicinava a lui, stranito.
«Tu hai un papà. Siamo pari, non pensi?»
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Finn Hudson, Santana Lopez
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo cinque.
 
Non poteva crederci Finn che l'estate fosse già finita, per un momento credette di avere l'ansia da prestazione, mentre sua madre gli ricordava quanto questo secondo anno fosse per lui importante. Da lì, si sarebbero visti i risultati di quei sogni raccontati a voce alta e con tanto entusiasmo. Finn Hudson aveva iniziato a vivere per un sogno che teneva sin da quando aveva più di otto anni, quando la sua carriera si fece chiara nella sua testa. Il suo cervello iniziò a lavorare veloce, mostrandogli se stesso negli anni. A vent'anni sarebbe entrato nella premier league del football, dove avrebbe incontrato e affiancato tutti i suoi giocatori preferiti. Si sarebbe sistemato a New York con sua madre e gli avrebbe regalato i biglietti gratis per tutte le partite in casa. Una tv nuova, persino. Il condizionatore che sputava fresco o caldo a seconda della stagione e una lavastoviglie, così da impedire a Carol si spaccarsi, letteralmente, le mani ogni volta che le inseriva nell'acqua fredda. Magari non sarebbe arrivato ad assumere una cameriera, ma ce l'avrebbe fatta a provedere a sua madre, restituendole il favore di tutti quegli anni in cui lei aveva fatto a meno di tante cose anche solo per compargli una barretta di cioccolato in più. Si era immaginato anche la vita con Santana: probabilmente solo dopo i trent'anni si sarebbero sposati, avrebbero avuto due bambini e uno di questi, se fosse stato maschio, l'avrebbero chiamato Bentley, mentre la bambina si sarebbe chiamata Sophia, il nome preferito della latina. Sua madre sarebbe rimasta con loro a vivere e Marisol sarebbe andata a trovarli, di tanto in tanto, portando i biscotti con le gocce di cioccolato di cui i suoi bambini sarebbero andati pazzi come faceva lui a sette anni. Verso i trentotto anni, Finn avrebbe smesso di giocare dedicando tutto il suo tempo alla sua famiglia, portandoli in vacanza al mare o in montagna o dove preferivano. Avrebbero costruito castelli di sabbia, tirato la neve o visto i leoni della Savana. Per Finn non c'era nulla di meglio che quel sogno ordito con tanta perfezione. Sistemò la tracolla sulle spalle e uscì di casa, solo dopo aver baciato sua madre sulla guancia, trovando Puck ad attenderlo verso la fine del vialetto, con la mascella serrata. Anche lui avrebbe fatto il suo provino quel giorno, le selezioni erano aperte e anche Mike Chang sarebbe stato lì. Avrebbero corso assieme e avrebbero trovato assieme una soluzione per evitare di rompere il fiato. Puckerman non disse nulla, un cenno col capo e le mani in tasca, mentre percorrevano a piedi la strada per scuola, pensando a tutte quelle vie secondarie in caso di fallimento.
*
Un Hudson allo specchio, talmente piccolo, in confronto agli altri presenti nello spogliatorio: quelli che facevano già parte della squadra e che avrebbero deriso i nuovi da bordo campo. Sebbene fosse alto per la sua età, Finn si sentiva piccolo. Ma non avrebbe lasciato andare il suo sogno per un piccolo complesso di inferiorità. Sospirò, mentre iniziava a togliere la felpa, restando a petto nudo davanti allo stesso specchio che gli mostrava le sue emozioni farsi spazio nel suo faccino teso. Si chinò con calma e prese la maglietta grigia con scritto "proprety of McKinley" che gli era stata passata poco prima e la infilò, sedendosi per far calare i jeans, come se non ci fosse nessun'altro nella stanza, successivamente le calze andando a rimpiazzare il tutto con i pantaloncini rossi e i calzettoni infilando infine le scarpe con dodici tacchetti sotto, che lo facevano stare così a suo agio. Sospirò, restando seduto e riprendendo a guardarsi intorno, mentre valutava una volta per tutte le strade che avrebbe potuto prendere nel caso questo provino fosse andato male. Non c'era altro che volesse fare della sua vita, Finn. Non aveva mai pensato a seconde scelte, perché era troppo preso a pensare a come sarebbe stato gratificante per lui portare a termine qualcosa. Forse avrebbe fatto il giocoliere, nel caso. Sarebbe comunque andato in giro per il mondo col circo, così avrebbe visto tutti quei paesi che non vedeva l'ora di vedere. Il suo sguardo si fermò su Mike Chang il quale futuro era già segnato. Se fosse o meno diventato un giocatore di football, da grande avrebbe fatto il dottore, come suo padre e lo zio prima di lui. Mike, in confidenza, gli aveva confidato che il suo lavoro preferito non sarebbe stato quello, ma nemmeno quello del giocatore di football, infatti lui avrebbe voluto diventare un ballerino a tutti gli effett, seguire dei corsi e fare una scuola ma l'argomento era tabù in casa sua. Ballava dunque chiuso in camera sua, senza che nessuno lo avesse mai visto.
Gli occhi caddero su Noah. Il suo grande amico Noah. Puckerman aveva tutto da perdere, praticamente se non fosse entrato in squadra. Quinn Fabray non lo degnava di uno sguardo e lo avrebbe notato ancora di meno se non fosse entrato in rosa. Non era particolarmente intelligente o sveglio. Noah Puckerman non avrebbe avuto altra via d'uscita se non il football. E poi tornò a pensare a sè, infilando la testa tra i palmi delle mani e chiudendo gli occhi. Contava su se stesso, ma sperava che, se la situazione si mettesse male, qualcuno dall'alto lo avrebbe aiutato. Se lo augurava insomma. Il battito del cuore iniziava ad accellerare, vedendo i veterani alzarsi e dirigersi verso il campo. Gonfiò il petto e mise un sorriso sul volto, saltellando sul posto iniziando a sentire quello che era il rumore dei tacchetti che sbattevano contro le mattonelle sporche dello spogliatoio.
«Femminucce - esordì il coach Tanaka, quando li ebbe tutti davanti in una fila ordinata davanti a sè. Un uomo panciuto, decisamente fuori forma era il loro coach, si chiamava Ken eppure nessuno di loro lì lo paragonava al Ken di Barbie. - c'è solo una cosa che potrà garantirvi un posto nella memoria degli allievi di questa schifosissima scuola: la squadra di football. Il fallimeno è duro da sopportare e tutti sapranno che lo siete stati. Quindi portate il vostro culo sul campo e dimostratemi di non essere femminucce! Dieci interi giri di capo, ragazzine!»
Finn si ritrovò ancora una volta a gonfiare il petto, incanalando in ogni modo possibile e immaginabile tutta l'aria che poteva permettersi, si affiancò a Noah e iniziarono a correre, mangiando giri di campo, in perfetto silenzio.
*
«Oddio! Ce l'hai fatta!» Esclamò Santana, buttandosi tra le braccia del ragazzo che però mostrava solo la più totale indifferenza. Non c'era una sola farfalla nel suo stomaco, nessun contatto gli dava la pelle d'oca. Sentiva l'abbraccio morirgli nel petto, come se non ci fosse mai stato. Nulla di nulla, totale indifferenza. Ed era brutto sentirsi così, ma purtroppo quella era la situazione che Santana si era andata a cercare. La lista degli ammessi in squadra era corta, ma conteneva il suo nome, quello di Noah Puckerman e quello di Mike Chang, i suoi amici più storici. Ed era dannatamente fiero di se stesso, anche se l'ultima persona con la quale voleva festeggiare era lì. Era molto nervoso, quando si trovava Santana vicino. Come poteva non capirlo? La stava ignorando dall'inizio delle lezioni, quando una voce al suo orecchio era arrivata non troppo cautamente.
Quando i immaginava la rottura, Finn faceva partire l'immaginazione in cui lui e Santana si urlavano contro, lei gli dava addirittura uno schiaffo e lui usciva dalla porta sbattendola, lasciando quella casa per sempre. Soprattutto, se la immaginava molto, troppo lontana. Invece era qui, tutto sudato. Probabilmente puzzava anche e Santana lo stava abbracciando e lui non sentiva nulla, che non fosse rabbia. Ne urla, ne cuori spezzarsi... Nulla. Silenzio, totale se non i respiri affannati dei suoi polmoni affatticati. Ed era triste. La situazione, non Finn. La tristezza non montava ancora sul suo corpo, per il momento. Sembrava non avesse ancora realizzato tutto quello che era successo. Non era nemmeno sicuro che fosse realmente successo quello che era arrivato al suo orecchio, poteva pensare che chi gli avesse messo la pulce nell'orecchio stesse solo tirandogli un tiro mancino, ma... il suo subconscio ci credeva, per chissà quale strana ragione.
Allora, con fare calmo e tranquillo, allontanò Santana, sempre senza dire nulla senza darle una plausibile ragione. E così, si allontanò pure lui, girandole le spalle. Non aveva ancora trovato le parole con cui lasciare quella che era ancora la sua ragazza, ma non vedeva l'ora di trovarle, così da uscire da quello stato d'apatia assordante che lo infastidiva e basta. Odiava essere così... piccolo. Odiava sentirsi in quella maniera. Finn Hudson era nato per essere qualcuno, non qualcosa. Non sarebbe stato il giochino di nessuno, nemmeno di Santana Lopez, anche se questa la amava con tutto il cuore: lui veniva prima di chiunque altro. Doveva preferirsi o la sua vita sarebbe terminata ancora prima di iniziare. Aveva obiettivi, strategie, voglia di vincere e non poteva farsi buttare giù, la sua scalata alla piramide sociale del McKinley era appena iniziata.
A pranzo, quando furono passate solo due ore dalla separazione con Santana, Finn la prese in disparte, cercando un tavolo in cui potessero essere visti il meno possibile dalle bocche indiscrete dei giornalisti o delle altre cheerleader. Il fatto che Finn facesse parte della squadra aveva fatto sì che le altre ragazze senza ragazzo iniziassero ad invidiare Santana, riempendo solo il suo ego ed aveva visto una sorta di interesse da parte di Quinn Fabray rifarsi vivo nel suo sguardo. Scosse la testa, togliendosela dalla mente, pensando che quella sarebbe stata la donna del suo migliore amico tra breve. Nel loro codice d'amicizia, queste cose non erano permesse e non avrebbe rotto un'amicizia per una ragazza con gli occhi verdi e i capelli biondi, Finn Hudson poteva avere di più, doveva...
«Sei così strano, oggi!» Inziò Santana, bevendo il suo beverone proteico, l'unica cosa che poteva mangiare/bere nel corso della sua giornata. A colazione, a pranzo, a merenda e anche a cena. Era un'attacco alla sua salute e Finn glielo ripeteva sempre.
«Strano come il fatto che tu abbia smesso di mangiare roba solida? - Si strinse nelle spalle, poco curante della situazione - Cose che succedono nella vita. » Con una forchetta prese una crocchetta di patata, fritta in un olio scadente e uttilizzato al massimo sette volte nel corso del mese. In sè la cosa faceva schifo, ma la crocchette erano molto buone e lo testimoniava il fatto che tutti mangiassero solo quelle a scuola.
«Sempre meglio di te che mangi quelle - indicò il suo piatto, guardandosi intorno, constatando che nessuno la guardasse e prendendone una al volo. Masticandola velocemente e inghiottendola, come se non ci fosse mai stato quel momendo. - schifezze.» Prese un altro sorso, per eliminare l'odore dal suo alito perennemente fresco di menta ma che ultimamente sapeva di fragola o qualcosa del genere a causa del suo beverone.
«Già, scusa... - Fece lui, con una smorfia sul viso, constatando quante cose fossero cambiate, persino il suo modo di parlare gli era estraneo. Era tutto meglio il primo anno e in questi pensieri c'era una nota di malinconia in Finn che quasi lo spingeva a voler restare. Ma non poteva. - Santana... Senti, devo parlar-»
Finn fu interrotto da Lewis, suo compagno di squadra che gli faceva l'occhiolino, vedendolo seduto al tavolo con Santana. Lei gli scosse una mano davanti alla faccia, facendogli segno di continuare. Lo sapeva cosa volesse dirle. Dovevano mettersi d'accordo per il colore del vestito del ballo di primavera. Era stato carino Finn a pensarci.
«Rosso! Mi sta benissimo. Il tuo cravattino sarà bellissimo, in rosso.» Fece lei, sorridendole preventiva. Ma Finn scosse la testa, mordendosi un labbro.
«E' finita, Santana. - Veloce e indolore, come gli era stato consigliato da Mike, che ogni tanto, dall'altro tavolo gli lanciava occhiate che sembravano parlare da sole. - Mi dispiace molto.» E si tenne per se il motivo di questa decisione, fin quando Santana non lo vide alzarsi e alzò la voce, chiedendogli perché. Una stretta al cuore, quella che Finn provò nei confronti della sua ex ragazza, la quale sembrava davvero non essere consapevole delle sue azioni. Un'ottima attrice. Finn prese un momento per passarsi una mano sui capelli, col vassioio poggiato sul tavolo ancora. I pugni stretti, con le unghie che si conficcavano nei palmi, provocandogli dolore. Fece un mezzo sorriso, quello che Santana adorava ma che mancava di convizione, di passione e di felicità. I suoi occhi non sorridevano. Erano troppo tristi. «Perché non si possono avere due relazioni in contemporanea, Santana. Ti auguro tutta la felicità del mondo e puoi stare tranquilla che, con me, il tuo segreto sarà al sicuro. Guardati le spalle dagli occhi indiscreti, però.»
Quelle furono le ultime parole che Finn disse direttamente a Santana, con un sorriso amaro sul volto, per tutto quell'anno in cui passarono il tempo ad ignorarsi. Il secondo anno si era rivelato uno schifo totale. Aveva fatto male a Finn, male a Santana. Ne erano usciti distrutti. Troppe cose da dirsi e mai dette. Troppi sentimenti mai espressi. Troppi sorrisi tirati. Troppi cambiamenti mai chiesti. Troppo dolore inespresso. Troppi silenzi, troppo tutto.
Ma un giorno tutto sarebbe cambiato, Finn e Santana avrebbero smesso di stare male l'uno per l'altro, un giorno avrebbero ripreso a parlare, mettendo da parte il rancore, sorridendo giocosi. Magari sarebbero tornati amici, ma per ora... il silenzio regnava sovrano e faceva male, ogni giorno di più.

 
(*)
Non nascondo che potrebbero esserci parecchi errori, perché non è corretto in quanto non ho il mio amato pc che ha deciso di abbandonarmi proprio questo mese. *RIP LUTTO.*
Comunque vi ho anche detto in una frase sola e senza virgole perché sono sparita per così tanto tempo. Un'altra frase senza virgole, faccio progressi. Pregherei di lasciarmi in pace uu. No, in realtà è palese che la mia voglia di scrivere mi abbia abbandonato come la voglia per fare qualsiasi altra cosa che non inizi per dormi e finisca con re. :D
Vabbè, non credo ci sia molto da dire su questo capitolo, riuscite a sentire il mio cuore spezzarsi? Io sì, ah, ma forse è perché è il mio. Spero come sempre di aver reso al meglio il mio piccolo Finn e la piccola Santana.
Inoltre credo che ci sarà un'altra pausa dopo la conclusione di questa ff, m'è passata la voglia dopo aver perso tutti i capitoli che avevo scritto. ):
Perdonatemi lo schifo, il ritardo e gli errori e lasciatemi andare a commentare role per gdr ♥
Grazie per la pazienza, siete tutti cuoricinosi, pure se mi avete lasciato una sola recensione allo scorso capitolo. LOL. ♥
   
 
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