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Autore: FALLEN99    13/02/2013    7 recensioni
Ginevra è una 14enne grigia e chiusa in se stessa, che deve affrontare per la prima volta l'inferno chiamato: Liceo Scentifico.
I suoi genitori non l'aiutano, la sua sicurezza vacilla, e alcuni avvenimenti sovrannaturali cambiano la sua vita. Tipo l'improvvisa comparsa di Stefano, un bellissimo ragazzo che sembra conoscere Ginevra da secoli. Ma tutto non è mai ciò che sembra, ogni cosa ha un prezzo, anche il più seducente dei ragazzi, e Ginevra capirà di essere caduta in una rete mortale troppo tardi.
Può davvero l'amore vincere una maledizione che dura da millenni?
Dal capitolo XVII:
" Il ragazzo la strinse a sé più forte, ormai ogni distanza fra loro era annullata dalla forte attrazione che li legava come catene indistruttibili. Ora tutto per Ginevra era perfetto, ogni cosa aveva perso importanza, e l’unica cosa che contava erano loro due. Ginevra e Stefano. Stefano e Ginevra.
Gli amanti dannati che nemmeno il tempo aveva saputo dividere. "
Un AMORE
impossibile
Una GUERRA
violenta e sanguinosa
Una MALEDIZIONE
che sta per essere spezzata
Solo un amore impossibile può essere eterno; e solo il sangue può tenerlo vivo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Poison saga'
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XV
 

Il profumo di biscotti al cioccolato invase la piccola cucina, mentre Rebecca si apprestava a tirare le sue creazioni fuori dal forno. Si chinò, mentre i suoi occhi malinconici, un tempo di un azzurro così intenso da far invidia al cielo, guardavano orgogliosi le masse di impasto marrone che emanavano una scia di profumo dolciastro. Incrociò le braccia, mentre un sorriso dolce le compariva pian piano sul volto. Un volto che aveva conosciuto tutto nella vita, segnato da un segreto che la opprimeva da ormai cinquant’anni; da quando l’aveva sposato. Da quando la sua vita era cambiata per sempre.
Il cardigan a fiori le accarezzava i fianchi generosi, mentre una gonna grigia sfiorava il pavimento lindo. Non c’era mai stata una volta che fosse stato sporco, che anche solo un granello di polvere intaccasse l’intoccata perfezione di quella casa. Tutto doveva essere perfetto; in caso di un Suo ritorno. Rebecca prese dalla credenza una tazza in ceramica gialla, fin troppo vivace per il bianco che avvolgeva la pareti. La mise con lentezza sulla tovaglia a fiori bianchi, che si abbinava perfettamente al grande quadro di orchidee candide che trovava posto all’ingresso della sala. Appena ebbe finito di sistemare la tazza sulla tovaglia aprì il frigorifero, mentre faceva una panoramica di ciò che vi era dentro. Afferrò lentamente una bottiglia di latte; evidentemente già aperta, dato che il tappo cadde sul pavimento appena la mano ossuta dell’anziana lo ebbe toccato.
Rebecca sospirò, Ginevra doveva aver bevuto un bicchiere di latte nella notte, come era suo solito. Si alzava nel cuore della notte e le veniva sete; mai una volta che non l’avesse fatto.
La donna si chinò, mentre raccoglieva il tappo e versava una sana dose di latte nella scodella.
“Meglio abbondare” si disse, mentre l’orlo del latte sfiorava tremolante il bordo della tazza.
Chiuse la bottiglia e la rimise nel frigorifero, sempre con quella lentezza che da ormai sessantacinque anni condizionava la sua vita. Si abbandonò alla sedia di vimini davanti alla grande porta finestra, dove i primi raggi del mattino facevano capolino attraverso lo schermo di vetro. Dal suo appartamento si aveva una vista su tutta la città, e le persone sembravano ormai ricordi sbiaditi di insetti minuscoli.
Ginevra da piccola si divertiva sempre a contare i passanti, mentre la nonna annotava di volta in volta il numero su grandi fogli lindi, mentre disegnava il viso raggiante della nipote affacciarsi dalla portafinestra. Aveva sempre avuto una grande predilezione per Ginevra, che era, assieme a Susanna, la sua unica nipote.
Quella ragazza le ricordava moltissimo suo nonno, ormai inghiottito dal tempo molti anni prima.
“Gli stessi occhi d’oceano” diceva sempre Rebecca, che attribuiva l’intenso blu dei fondali oceanici agli occhi del marito e della nipote.
Sorrise, mentre si raccoglieva i capelli, ormai ridotti a finissimi filamenti argentei dal tempo, in uno chignon basso, che le sfiorava appena il colletto della camicia a scacchi.
Prese dal divano in pelle bianca i ferri da maglia, suoi fedeli compagni dalla giovinezza; non l’avevano mai tradita. Cominciò ad intrecciare i sottili filamenti di tessuto, che sembravano pezzi confezionati di un puzzle.
Ormai conosceva a memoria come doveva fare, sapeva già la posizione che tutti i fili dovevano assumere, affinché quando tirasse il tutto essi si incastrassero perfettamente come la tela di un ragno. E, dati suoi anni di esperienza, si poteva permettere di non guardare il suo lavoro, ma di tenere gli occhi fissi su Milano; che pian piano si stava risvegliando sotto i forti colori del sole.
***
L’oscurità avvolgeva la stanza di Ginevra nel suo abbraccio buio, non lasciando distinguere nulla se non la sua enorme massa tenebrosa. La ragazza aprì lentamente gli occhi, mentre le urla del padre riecheggiavano vivide nella sua mente; quasi le stesse gridando in quel momento.
‹‹Stupida! Credi che io mi sia guadagnato da vivere andando a corsi di Storia avanzata e stando fuori tutto il pomeriggio con le amiche?!›› le sue grida erano feroci e arrabbiate, frutto della notizia del corso di Storia che Ginevra gli aveva comunicato a cena.
‹‹Io ci ho messo sudore per arrivare dove sono! E credi che da giovane mi sia perso in queste cose frivole?!›› il padre aveva sbattuto il pugno sulla tavola, facendo vibrare le forchette usurate di tutti i presenti.
Susanna era scoppiata a piangere, ed era stato allora che il padre era esploso:
‹‹Taci, tu! Piccola piattola, non fai altro che portare spese alla nostra famiglia. L’asilo di qua, i vestiti di là! Stai mandando in miseria la famiglia!›› le aveva urlato l’uomo in faccia, mentre Alessandra cercava di proteggere la figlia dall’ennesima scelerata del marito.
‹‹Smettila!›› Ginevra aveva trovato la forza nei meandri del suo corpo, quasi ci fosse stato dentro di lei una bomba pronta ad esplodere. ‹‹Ma ti senti?! Sei solo uno sporco muratore che gioca a fare la famiglia! Forse, prima di mettere in cinta mamma, avresti dovuto farti passare la sbornia; mi avresti risparmiato di nascere e vivere nella tua lurida vita!›› per un attimo le era sembrato che il padre annuisse, ma era stata solo un’impressione.
L’uomo si era alzato e si era posizionato davanti alla figlia.
‹‹Piccola mocciosa, come ti permetti?!›› un forte schiaffo le era arrivato dritto alla mascella, facendola volare a terra. Il dolore era talmente intenso che Ginevra aveva temuto di non poter più aprire bocca. Si era divincolata per il dolore sul pavimento, dove il padre la guardava divertito. Si era chinato dietro di lei e le aveva sussurrato all’orecchio:
‹‹Visto cosa succede alle mocciose impertinenti?›› poi si era piazzato davanti alla televisione, ed a breve la sbornia si era fatta sentire, facendolo cadere in un sonno infinito. Ginevra era stata portata da Alessandra a casa di Rebecca, mentre piangeva sul sedile posteriore della macchina. Non le era mai successo che il padre si comportasse in modo così violento.
Ma la cosa che le aveva dato più fastidio era stato il silenzio della madre; limitatasi a mettere a letto Susanna e a portare Ginevra dalla nonna.
Così aveva trascorso la notte lì, immersa nella familiarità della nonna.
Si strofinò gli occhi con il dorso delle palpebre; mentre osservava il buio totale della camera.
Una pace innata le stava crescendo dentro, assieme alla forte sensazione di benessere che l’oscurità le trasmetteva. Si mise a sedere sul letto, mentre cercava di rendere presentabili i capelli neri.
“Ben risvegliata, Ginevra” la voce roca le invase la mente; e per un attimo pensò fosse stata l’oscurità ad emetterla.
“Non ho tempo per questi scherzi; quindi fammi il piacere di uscire dalla mia mente!” si urlò, mentre capiva quanto era stupida in quel momento: stava colloquiando con se stessa.
Si alzò dal letto, mentre il calore delle lenzuola lasciava posto al freddo dell’inverno.
“Non potrò mai andarmene…” la voce; ancora.
“Ora smettila!” avanzò a tastoni nella stanza; mentre cercava l’interruttore.
“No, Ginevra, non posso smetterla.” La voce sembrava più intensa, ed il tono era cambiato da divertito a serio.
“Senti, la vuoi smettere di parlarmi nella mente? Dio quanto sono stupida, sto parlando con me stessa!” finalmente trovò l’interruttore, ma quando lo premette l’oscurità teneva ancora in ostaggio la stanza.
“Non stai parlando con te stessa, ma con Me” molteplici fitte le assalirono la mente, mentre si piegava dall’intenso dolore.
“Dannazione, accenditi!” continuò a premere l’interruttore, nella vana speranza che la luce rischiarasse le pareti crema della stanza da letto.
“Ascoltami, ragazzina! Liberami!” la voce era irosa, e sembrava imprecare contro i confini della mente della ragazza.
Per un attimo ebbe la sensazione che qualcosa la sfiorasse, poi la luce tornò a funzionare e davanti a lei apparve il grande specchio squadrato che caratterizzava la sua stanza da letto nella casa della nonna.
Come la luce arrivò la voce sparì, e la sua immagine apparve nello specchio che aveva davanti.
Due enormi occhiaie le costeggiavano la parte inferiore degli occhi, e i capelli sembravano aver preso vita loro.
“Sto da schifo” pensò, mentre si avviava verso la cucina. Il corridoio largo e perennemente bianco la accompagno fino alla sala, dove l’odore inebriante di biscotti la accolse. In un attimo tutti i suoi pensieri sparirono, mentre la scia di profumo la conduceva alla tavola.
‹‹Buon giorno, piccola›› la voce calda della nonna la fece tornare alla realtà; il suo tono caldo e melodioso non aveva nulla a che fare con la voce roca nella sua mente.
‹‹Ciao, nonna.›› come un lampo prese posto; mentre i suoi occhi erano puntati sui biscotti, che regnavano sovrani nel centro del tavolo.
‹‹Dormito bene?›› le chiese l’anziana, non distogliendo lo sguardo dalla città; quasi avesse il compito di vegliarla. ‹‹Cerfo, dormifo beniffimo›› le rispose Ginevra, mentre l’impasto dolciastro le riempiva la bocca, facendole emettere parole simili a barriti di un elefante.
Rebecca distolse per un attimo la sguardo dalla portafinestra; ispezionando la nipote trangugiare i biscotti uno ad uno.
‹‹Tesoro! Lasciane un po’ anche per me, sai, anch’io, come tutti gli essere umani ho bisogno non solo di mangiare ma di cucinare›› la riprese l’anziana; ma la sua voce sembrava non riuscire ad arrivare alle orecchie della giovane, troppo occupata ad assaporare i biscotti.
‹‹Che hai detto nonna?›› chiese poi, mentre si puliva le labbra con il tovagliolo.
Rebecca sorrise scuotendo la testa, pensando a tutte le volte che aveva dovuto riprendere l’ingordigia di Ginevra. Ma, per quella volta voleva lasciar correre, dopotutto la sera aveva già sentito troppi rimproveri dal padre.
Era bastata una sola occhiata con Alessandra per farle capire cosa era successo; suo figlio era sempre stato un tipo instabile, specialmente dalla scomparsa di suo padre, nonché il marito di Rebecca. Aveva avvolto Ginevra in un solido abbraccio; quello di cui aveva bisogno la sera prima: sicurezza. Quella che mai Ginevra aveva avuto nella sua vita; quella che mai nessuno si era preoccupato di darle.
‹‹Non ho detto nulla di importante, tesoro. Finisci pure tutti i biscotti››
Rebecca le sorrise, mentre Ginevra la guardava con occhi dolci. Per un attimo, in quegli occhi, rivide Pietro. I suoi capelli che sembravano finissimi filamenti d’ebano, la sua pelle tanto chiara quanto splendente; ma soprattutto i suoi occhi d’oceano, che l’aveva conquistata dal primo istante che li aveva visti. Troppo belli e magnetici per potergli resistere.
‹‹Che hai, nonna?››
‹‹Nulla, tesoro, è che mi fai ricordare tuo nonno…››
Rebecca scosse la testa, quasi a scacciare l’opprimente immagine del marito Pietro dalla mente.
Ginevra ebbe una fitta al cuore, ogni volta che si menzionava suo nonno si sentiva terribilmente in colpa, quasi fosse il suo ricordo vivente: testimonianza dolorosa della sua esistenza. Si ritrovava spesse volte ad immaginare la nonna piangere sulla sua lapide, dove andava puntualmente ogni domenica, e dove cambiava sempre i fiori.
Sempre le monotone orchidee bianche, simbolo di purezza e riposo eterno; che l’anziana si preoccupava di cambiare una volta al mese. I loro petali erano così morbidi e puri, sempre con il perenne bianco che avvolgeva la vita di Rebecca da quando Pietro vi era entrato. Ginevra, quando le capitava di giocare con Susanna ad assegnare ad ognuno un colore, dava alla nonna il bianco; infinito come lo era la premure dell’anziana.
‹‹Nonna, ma ti manca il nonno?›› Ginevra si mise comoda sulla sedia, appoggiando la schiena allo schienale e incrociando le gambe. Le piaceva quando la nonna le raccontava di lui, e di come si erano conosciuti, quasi avesse davanti a se un monitor dove comparivano le scene che Rebecca narrava con tanto di particolari.
‹‹Sempre. Ogni giorno. Ogni attimo.›› fece una pausa, quasi quella rivelazione le fosse costata molto. ‹‹E sai perché?›› domandò.
Ginevra aggrottò la fronte.
‹‹è ovvio, era tuo marito.›› disse, quasi innervosita dalla domanda.
Dopotutto non era più una bambina come Susanna, e certe cose le capiva.
‹‹Certo, anche per quello. Ma sai il vero motivo?››
Ginevra fece spallucce. ‹‹No.››
‹‹Perché mi ha strappato il cuore dal petto, e se l’è portato nella tomba. Dove giace ancora oggi›› Rebecca intrecciò l’ultimo file nella sua complessa ragnatela di lana, e finalmente ottenne il risultato del suo lavoro: una sciarpa blu cangiante, con scritto in un tenue azzurrino “Perché i tuoi occhi d’oceano possano brillare anche nell’oscurità”.
‹‹Nonna, è bellissima.›› Ginevra le si avvicinò, mentre la lunga scia la attraeva come un magnete.
Rebecca alzò lentamente la sciarpa, mentre anch0essa poteva contemplare il suo lavoro.
‹‹Hai ragione tesoro; è bellissima. E merita un altrettanto bellissimo proprietario. Non credi?››
Ginevra si accomodò sul divano in pelle bianca, mentre la sua morbidezza infinita la avvolgeva come ad abbracciarla.
‹‹Sì, è davvero bella…››incrociò le gambe, mentre si sdraiava sul divano.
‹‹E la persona più adatta a portare questa inestimabile bellezza sei tu.›› le donna le sorrise, mentre si alzava lentamente dalla sedia in vimini. Prese posto affianco della nipote, mettendola a sedere sulle sue gambe che nonostante gli anni riuscivano ancora a sorreggere il peso di Ginevra senza problemi.
Le accarezzò i lunghi capelli corvini, mentre le accostava delicatamente la sciarpa al collo.
‹‹Ma perché proprio a me la devi dare? Susanna impazzirebbe per un regalo del genere, io ho già una sciarpa.›› cercò di protestare, ma ormai la sciarpa avvolgeva il suo corpo come un serpente.
‹‹Perché tu hai bisogno di fare rispendere i tuoi occhi d’oceano anche nell’oscurità›› si guardarono negli, quello d’oceano di Ginevra in quelli sbiaditi di Rebecca.
‹‹Ora va a prepararti, o farai tardi a scuola›› Rebecca le sorrise.
‹‹V-vado.›› la ragazza si alzò in piedi e si diresse verso il bagno. Il buio avvolgeva il corridoio, e le sue brame sembravano voler inghiottire anche il resto della casa.
Per un attimo Ginevra ebbe la sensazione che i suoi occhi brillassero, come le aveva scritto la nonna sulla sciarpa. Ma fu solo una sensazione; non erano reale i bagliori cobalto che vedeva davanti a se.
Come non era reale la sagoma di Stefano dietro di lei, con i suoi occhi più neri dell’oscurità fissi sulla sua schiena. I suoi occhi erano fatti d’oceano, quelli di Stefano d’oscurità.
Voleva forse la nonna dirle che doveva stargli lontano?
Che l’oceano e l’oscurità non potranno mai stare assieme?
E che un corvo e una colomba non possono solcare liberi il cielo; vincolati da un amore eternamente maledetto?

Ehi, ciao a tutti e buon pomeriggio. come state???
Io abbastanza bn, influenza passata ma il catarro mi segue ovunque XD
Che ne dite? Troppo lungo o corto questo capitolo?
Dite che sto andando troppo lento con la storia? che DOvrei accellerare le cose??
Vi piace la figura della nonna???
A me molto, mi ricorda la mia!
Detto questo, nel prossimo capitolo succederà una cosa molto, ma molto importante, che darà la svolta lla storia.
Curiosi???
Okay, opra vi voglio chidere di passare a leggere queste magnifiche storie, e magari lascairci una piccola recensione; ve le consiglio!
sono
 Un Amore Tra I Ghiacci di Winter Sky
e
Angel. di The Storm__
OKay, ora vado, e vi prego di leggere queste magnifiche storie,
ora evaporo.
bye
 




   
 
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