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Autore: andromedashepard    14/02/2013    4 recensioni
Andromeda Shepard aveva pensato a lungo a cosa sarebbe successo dopo la Missione Suicida. Sapeva che ad attenderla ci sarebbe stato il tribunale militare dell'Alleanza, dove avrebbe dovuto rispondere della distruzione della colonia Batarian di Arathot, ma era intenzionata a ritagliarsi una piccola fetta di libertà prima di consegnarsi spontaneamente. Aveva pianificato tutto nei dettagli per quella piccola vacanza, finalmente avrebbe passato un pò di tempo da sola con Thane prima del verdetto, ma un'improvvisa sparizione complica le cose...
[IN REVISIONE]
#Dopo Mass Effect 2 #FemShep/Thane
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Comandante Shepard Donna, Thane Krios
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Andromeda Shepard '
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My Immortal
 

“You used to captivate me
By your resonating light
Now I'm bound by the life
you left behind
Your face it haunts
My once pleasant dreams
Your voice it chased away
All the sanity in me”
[x



14 Giugno 2185
Waddington , Lincolnshire – Gran Bretagna.

 
Andromeda Shepard era appoggiata al davanzale della finestra, avvolta in un plaid; sorseggiava una pregiata qualità di thè ai mirtilli da una tazza che non era sua. Si era presa la libertà di intascarsela dopo l’ultima visita al Supporto vitale, appena un mese prima.
La finestra si affacciava sul giardino poco curato del cottage dove viveva da allora. Era quasi estate, ma la temperatura era primaverile. Una leggera brezza scompigliava i suoi lunghi capelli ramati, facendoli ondeggiare con grazia. Shepard fece un sospiro, rivolgendo un’ultima occhiata speranzosa al cielo nuvoloso prima allontanarsi per andare a fare una doccia.

-          Ehi, Shepard… ancora nessuna notizia? – James Vega la interruppe, notando, dalla sua espressione accigliata, che era di nuovo uno di quei giorni.

Lei semplicemente scosse il capo e si chiuse in bagno. Ne uscì dopo due ore abbondanti e si andò a mettere subito a letto, nonostante non fosse neppure ora di cena. James era preoccupato. Aveva accettato di buon grado quel lavoro, aveva accettato di andare a vivere in un posto assurdo solo perché stimava Shepard più di qualunque altra persona nella Galassia, e vederla in quelle condizioni lo turbava parecchio. Dov’era la donna forte, coraggiosa, determinata che lui credeva che fosse? Eppure aveva sentito tante voci a riguardo e tutte confermavano la teoria che Shepard fosse una leggenda vivente. Ma la donna che aveva iniziato a conoscere da poco meno di un mese non aveva nessuna di quelle caratteristiche.

Una chiamata al suo factotum lo distrasse dalla decima partita di poker su extranet che stava per vincere consecutivamente.

-          Tenente James Vega? – esordì una sconosciuta voce femminile.
-          Sono io, chi parla?
-          Dottoressa Liara T’Soni. Ma la prego di saltare i convenevoli e venire al punto – l’Asari sembrava piuttosto agitata - Può allontanarsi da Shepard per una mezz’ora?
-          Non credo di poterlo fare, sorvegliare il Comandante è il mio compito – rispose lui grattandosi il capo, sorpreso.

Aveva sentito parlare di Liara un paio di volte, Shepard l’aveva descritta come una buona amica, una in gamba, ma il motivo di quella chiamata gli restava ancora oscuro.

-          Senta, la zona è sicura. Ho le mie buone ragioni per dirle che può stare tranquillo. Non metterei mai Shepard in pericolo.
-          Che cosa vuole da me?
-          E’ piuttosto… imbarazzante. Sono, per così dire, rimasta a piedi in mezzo alla campagna – il tono di voce dell’Asari, prima determinato,  vacillò.

James trattenne a stento una risata.

-          Senta, dottoressa T’Soni… non sono sicuro di poterla aiutare – provò a dire, nella speranza che lei capisse le sue ragioni.
-          La prego, è importante. Devo assolutamente vedere Shepard e nella situazione in cui mi trovo non credo di poter raggiungere la sua abitazione. Mi faccia almeno parlare con lei.
-          Questo è fuori discussione. L’ultima volta che l’ho svegliata mi ha colpito in pieno viso con un datapad. Non è un’esperienza che vorrei ripetere – James sospirò, indeciso sul da farsi.
-          Allora venga a prendermi! Non dovrei essere troppo lontana dalla vostra abitazione. Le invio le mie coordinate.

Il tenente sapeva che nulla avrebbe potuto contro una donna in difficoltà e dovette rassegnarsi ad accettare, suo malgrado. Lasciò un messaggio per Shepard su un datapad e si infilò il suo chiodo in pelle vecchio stile e un paio di anfibi. Si assicurò di sigillare tutte le probabili vie d’uscita e poi raggiunse la sua moto, parcheggiata nel retro del cottage. Impostò le coordinate che aveva ricevuto dall’Asari sul factotum e partì. Il paesaggio della campagna inglese gli metteva sempre una strana malinconia addosso, avrebbe volentieri fatto a cambio con quello dei sobborghi di Omega, per quanto fossero squallidi e malfamati. James si sentiva fuori posto in mezzo a quelle lande bucoliche, troppo lontane dal sudiciume della guerra e dal via vai di gente di tutte le specie al quale era abituato. Dopo una ventina di minuti, scorse, sul ciglio della strada, una piccola navetta in avaria. Parcheggiò la moto e scese a dare un’occhiata.

-          Tenente! – l’Asari si sollevò in piedi rivelando la sua figura, passandosi una mano unta di olio sulla fronte.

Era stata per tutto il tempo china sul cofano, a tentare invano di sistemare il guasto al motore, con l’unico risultato che si era solo procurata delle pennellate nere sul viso stile Turian.

-          Caray! – esclamò Vega, stupito alla vista dell’Asari conciata in quel modo.

Liara non si scompose e fece alcuni passi in sua direzione, allungando una mano per presentarsi.

-          Non me ne voglia, dottoressa, ma ho appena lavato le mani – rispose James, sollevando le braccia scherzosamente.
-          Ha ragione, mi scusi – l’Asari abbozzò un sorriso imbarazzato e ritrasse la mano unta di grasso.

Poi i suoi occhi cerulei andarono a posarsi sullo strano mezzo di trasporto sul quale era arrivato Vega.

-          E quello che sarebbe? – domandò, avvicinandosi a studiarlo da vicino.
-          Questo gioiellino è un’Harley Davidson del XX secolo – rispose lui fiero, dando una pacca sul serbatoio della moto.

Liara sollevò un sopracciglio, rivolgendogli un’occhiata scettica.

-          E io dovrei salire su quella cosa? – domandò lei, indicando il mezzo.
-          Senta, sono venuto a prenderla contro ogni buon senso…
-          E va bene, va bene… - Liara dovette arrendersi e tornò alla navetta a recuperare i suoi averi.

Quando tornò carica di valige, attirò immediatamente lo sguardo incredulo di James.

-          Quelle, per ovvi motivi, dovranno restare qui, temo – disse, curvando appena le labbra in un sorriso.

Liara sbuffò e riportò le cose meno indispensabili al suo mezzo, assicurandosi di chiudere bene il bagagliaio. Poi si convinse a salire sulla moto, reggendo meglio che poteva la valigia con una mano mentre con l’altra tentava di aggrapparsi a James. Quando Vega mise in moto, Liara sussultò e restò sconvolta dal fracasso del motore. Tentò di mantenere l’equilibrio per tutto il tragitto e quando finalmente l’Harley varcò la soglia del cottage di Shepard, lei poté fare un lungo sospiro di sollievo, ripromettendosi che non sarebbe salita mai più su un mezzo così rozzo e rumoroso.

Liara scese dall’Harley lisciando le pieghe del suo spolverino bianco, mentre James, fischiettando, si apprestava a raggiungere la porta principale caricando la valigia dell’Asari su una spalla. Quando anche Liara varcò la soglia, rimase subito colpita dall’arredamento del cottage.

-          Per tutti i Prothean…  - si lasciò sfuggire, accarezzando uno degli antichi quadri all’ingresso – questa casa sembra un museo.
-         Mi segua – incalzò James – ha sicuramente bisogno di darsi una ripulita. Sono sicura che Shepard non avrà niente da ridire se la faccio sistemare nella stanza degli ospiti.

Liara annuì e seguì James senza staccare gli occhi da ogni singolo pezzo d’antiquariato di cui era piena quella casa. Quando entrò nella piccola stanza a lei riservata, rimase a contemplare a lungo la carta da parati a fiori che rivestiva le pareti, la plafoniera in stile liberty, l’armadio intarsiato in legno di noce, la toilette di marmo rosa che stava in bella vista sotto una piccola finestra. Non aveva mai visto niente del genere e si sentiva profondamente affascinata da tanto antico splendore.

-          Dottoressa T’Soni? – James la richiamò alla realtà.
-          Tenente? – rispose lei, senza staccare gli occhi dalla maestosa testiera del letto.
-          Non vuole lavarsi?
-         Oh, ma si certo…  - Liara si morse un labbro, rendendosi conto di quanto la sua curiosità prendesse sempre il sopravvento. Avrebbe potuto sporcare facilmente la preziosa coperta in cotone ricamato che ricopriva il materasso e non se lo sarebbe mai perdonato.

Si fece accompagnare al bagno e, dopo essersi ripulita a dovere, cercò di orientarsi attraverso i corridoi della casa per ritrovare James. Vega la aspettava in cucina. Era seduto a un piccolo tavolo rotondo e aveva appena acceso una sigaretta. Liara scacciò il fumo con una mano e prese posto accanto a lui.

-          Allora, dottoressa T’Soni, vuole spiegarmi il motivo della sua visita? – domandò lui, accavallando le gambe.
-          Niente che la riguardi, Tenente. Devo solo fare quattro chiacchiere con Shepard.
-          Ha attraversato mezza Galassia solo per una chiacchierata? Esistono altri mezzi, sa…
-          Inoltre – incalzò lei – avevo voglia di vederla.
-          Capisco. Beh, è chiaro che non ha intenzione di dirmi di cosa si tratta – James sospirò, inalando un’altra boccata di fumo.
-          Da quanto sta dormendo? – domandò Liara, decisa ad evitare l’argomento.
-          Non saprei, forse un’oretta…
-          E pensare che ai tempi della Normandy SR1 dovevo costringerla a mettersi a letto perché diceva di avere sempre da fare – sospirò lei, sorridendo.
-          Non è più quella persona, dottoressa T’Soni.

Liara sventolò una mano a mezz’aria.

-          Mi chiami pure Liara – disse – Perché sostiene che Shepard non sia più “quella persona”?
-          Ok, Liara – rispose James, enfatizzando il suo nome – Non posso dire di conoscere Shepard bene quanto lei, ma da quello che ho visto in queste tre settimane mi sembra di avere a che fare con una vedova in pena piuttosto che con l’eroina della Galassia – James pronunciò queste parole abbassando, per ovvi motivi, il tono di voce.

A dispetto delle apparenze, si leggeva chiaramente nei suoi occhi quanto fosse preoccupato per Shepard e Liara se n’era accorta. Fosse stato altrimenti, non avrebbe esitato a schiaffeggiarlo per ciò che aveva appena detto. L’Asari fece una pausa, tamburellando nervosamente con lo stivale sul parquet usurato dal tempo.

-          Te ne ha parlato? – domandò poi, rivolgendogli un’occhiata preoccupata mentre passava a toni più informali.
-          Più o meno, ma non vuole entrare nei dettagli. Se ne sta sempre con quella tazza in mano… Non le piace neanche il thè, ma insiste a riempire il bollitore almeno cinque volte al giorno – James rispose abbozzando un sorriso triste.

Liara gli rivolse un sorriso rimando, uno di quei sorrisi amari che vengono fuori quando non ci sono altre parole per affrontare una determinata, spiacevole situazione.

-          Lei è forte, si riprenderà alla grande – disse, tentando di convincere per prima se stessa.
-          Non ne ho dubbi, mi chiedo solo quando deciderà di rompere il muro che ha costruito attorno a sé e lasciarsi aiutare, o almeno provare a sfogarsi con qualcuno – James spense il mozzicone di sigaretta, strofinandolo sul posacenere ormai colmo.

Liara si alzò e si avvicinò all’unica finestra della stanza, osservando il mite paesaggio della campagna inglese. Doveva solo cercare di stare calma finché Shepard non si fosse svegliata, poi, finalmente, avrebbe potuto riabbracciarla e parlare con lei. La quiete che si respirava in quel posto era impressionante. Abituata com’era al frastuono di Illium, Liara si sentì a disagio con tutto quel silenzio. Era come essere sempre costretti a restare soli con se stessi, a fare i conti con i propri pensieri, le proprie paure. E questo a Shepard non poteva certo fare bene.

-          Come mai ha deciso di venire proprio qui? – chiese a James.
-          Credo perché questo posto le ricorda la sua infanzia su Mindoir. Mi raccontò che viveva in una fattoria in mezzo alla campagna, ma che non avrebbe avuto il coraggio di tornare lì. In più, era sempre stata curiosa di visitare la Terra.
-          Capisco – Liara si voltò a guardare nuovamente fuori dalla finestra - Beh, questo è proprio da lei. E’ sempre stata una persona nostalgica, anche se non lo dava molto a vedere. Dovevi scavare a fondo per mettere a nudo le sue debolezze.
-          Non lo diresti adesso.
-          Abbi un po’ di rispetto, per la Dea! – Liara sbottò, stanca di sentirlo mettere in cattiva luce, Shepard, benché sapesse che era tutto vero.
-          Escusa!  - James alzò le mani in segno di resa – Ma se non l’avessi capito, io rispetto Shepard più di quanto tu possa pensare, elei lo sa.

Liara evitò di rispondere, conscia di aver agito d’impulso. Non era di certo lei quella che aveva il compito di far rispettare l’onore di Shepard, dato che Shepard era viva e vegeta e sapeva benissimo occuparsi di se stessa. Prese nuovamente a tamburellare col piede sul pavimento, innervosendo James che nel frattempo aveva iniziato un’altra partita a poker dal suo factotum, per evitare ulteriori silenzi imbarazzanti.

-          Senti Liara, non è detto che Shepard lanci un datapad in testa anche a te. Forse vedere un’amica le farà piacere… Perché non provi a svegliarla? – propose dopo alcuni minuti, incerto.

Liara non se lo fece ripetere due volte e, dopo aver ascoltato le indicazioni di James, si apprestò a raggiungere la camera di Shepard.  James la fermò un attimo prima di lasciarla andare, alzandosi a porgerle un pacco di sigarette e un accendino.

-          Probabilmente le serviranno – disse.

 Liara annuì e uscì dalla stanza. Ancora una volta, si soffermò ad osservare l’arredamento della casa, sfiorando con una mano le preziose rifiniture in legno che dividevano orizzontalmente le pareti. Quando giunse di fronte alla porta della stanza esitò appena prima di bussare, poi si fece coraggio e colpì piano la porta in legno massiccio che la separava dalla sua vecchia amica.

-          James, vattene! A meno che non ci sia un fottuto Razziatore in giardino voglio essere lasciata in pace! – sentire la voce di Shepard, seppure irritata come non mai, fece sorridere Liara.
-          Andromeda, sono io, Liara.

Seguì un silenzio che le sembrò interminabile, poi la porta davanti a lei si spalancò. Quello che vide non era ciò che si aspettava. Di fronte a lei c’era una donna diafana, dai lunghi capelli ramati, con occhiaie marcate sotto un paio di occhi verdi che avevano decisamente perso la brillantezza di un tempo. Indossava un pigiama a righe bianche e rosse che lasciava intravedere un fisico molto dimagrito, sul quale le cicatrici di battaglia risaltavano ancora di più, facendola assomigliare a una sorta di cadavere ambulante. Liara restò a fissarla per alcuni, lunghi secondi, poi si lanciò al suo collo, abbracciandola forte. Andromeda, ancora intontita dal sonno e sorpresa per quella visita inaspettata, esitò prima di abbracciarla a sua volta. Restarono strette, l’una nelle braccia dell’altra, per un lunghissimo momento. Poi Liara si allontanò appena.

-          Shepard, dobbiamo parlare.



 

Salve :3 
Son passati 10 giorni dalla fine di "Siha" e già mi manca. Avrei voluto continuarla ad oltranza, ma era giusto iniziare a scrivere un'altra storia a sè. Ed ecco che ritorno con "Reunited", cercando di immaginare cosa può essere successo a Shepard e tutta la sua combriccola dopo la Suicide Mission. In realtà sappiamo ben poco dalle fonti ufficiali, ma io ho scelto di prendermi la libertà di cambiare qualcosina a mio favore. Se avessi dovuto restare coerente col fatto che Shepard viene tenuta prigioniera in una base dell'Alleanza, non avrei avuto praticamente niente da scrivere. Idem per Liara, a quanto pare in ME3 confessa di non esser mai andata a trovare Shepard, ma d'altronde quelli della BioWare dovevano semplicemente tenere Shepard occupato per sei mesi, non si sono preoccupati di cosa sarebbe potuto accadere nel frattempo XD Ecco perchè il "What if". Beh, spero con tutto il cuore di ritrovare gli stessi lettori della precedente storia e spero di non deludervi. *abbraccio collettivo*

 

   
 
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