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Autore: Kia_Giu    14/02/2013    0 recensioni
-Joe, il mio amore-
-E Carlo?- le chiesi.
-Come?- chiese lei che non mi aveva sentito.
-E il nonno?- chiesi quindi io.
-Oh...lui non sapeva niente di Joe, ma non l'ho mai tradito- mi disse. Io annuii e cercai una scusa per andarmene ma non me ne veniva in mente nemmeno una.
-Joe, era il mio vero e unico amore, naturalmente volevo un bene dell'anima anche a Carlo, ma il mio cuore è sempre stato di Joe...Conosciuto ad Auschwitz.- mi disse. Io non potei far altro che provare tristezza per lei. Ne aveva passate davvero tante, però non sembrava triste. Anzi, sembrava proprio felice. Mia nonna aveva passato poco meno di un anno ad Auschwitz, però sapevo che quelli erano stati i mesi più brutti della sua vita, come poteva essere altrimenti?
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Guardai il messaggio, era Christian. 

Hei amore<3 ti prego parlami, ti prego, voglio spiegarti tutto per bene, stasera.

Feci una smorfia, era il mio ex. Lo avevo lasciato perché mi aveva tradita con un'altra ragazza, va bene che quando mi aveva tradita era ubriaco, però la cosa comunque non mi andava giù. Non sarebbe dovuto ubriacarsi sapendo di essere fidanzato. Ora si sarebbe proprio arrangiato, io non lo avrei MAI perdonato. Un po' mi dispiaceva, anzi, mi dispiaceva tantissimo, perché mi mancava, mi mancavano le sue carezze, le sue parole dolci e i suoi baci già da soli tre giorni che avevamo rotto. Però dovevo resistere, altrimenti l'avrebbe preso come un segno a tradirmi ogni sera che usciva con i suoi amici e ciò non mi andava per niente bene. Scrissi alla mia migliore amica: Angela. Lei mi rispose subito dicendomi di lasciarlo perdere, come ogni volta mi dava ragione, più che altro perché sapeva bene che mi mancava e che senza il suo supporto non sarei mai riuscita a dimenticarlo, in fondo stavamo insieme da più di un anno e la settimana prossima avremmo fatto una anno e undici mesi se non l'avessi lasciato. Guardai più volte i vecchi messaggi di Christian, tutti dolci, o divertenti, e comunque sempre malinconici, anche se c'era scritto sopra un semplice “sì <3” o un “no”.
Mi si stavano inumidendo gli occhi quando mi chiamò mia mamma dal piano terra, già irritata di mio scesi le scale.
-Che c'è?- le chiesi.
-Amore, devi farmi un piacere- mi disse porgendomi una teglia con sopra una torta soffice e morbida, probabilmente la torta paradiso.
-Quale?- chiesi io prendendo la teglia.
-Devi andare dalla nonna e portarle questa torta, le farà piacere- mi disse sorridendomi. Io sbuffai.
-Devo studiare storia- mentii, la verità era che non mi piaceva andare dalla nonna, era stravecchia, e per farmi capire dovevo sempre urlare. Inoltre non mi piaceva la compagnia dei vecchi e mia nonna non era l'eccezione.
-Giulia, vai SUBITO- disse mia madre che non voleva una risposta negativa, mi toccò acconsentire e uscii di casa con la torta in mano e andai da mia nonna a piedi, tanto non abitava lontano da lì. Dopo un quarto d'ora arrivai e suonai al campanello, mia nonna mi venne ad aprire dopo un bel po' e appena mi vidi mi sorrise, mi sforzai anche io di fare un sorriso anche se in quel momento sarei dovuta essere a casa a parlare con la mia migliore amica del mio ragazzo e non lì ad ascoltare mia nonna. E poi neanche si capiva bene quando parlava. Camminava lentissimamente e ci vollero ben tre minuti buoni per arrivare in cucina, che era a due metri di distanza.
-Come stai?- le chiesi educata come al solito, era pur sempre mia nonna, non le potevo dire su di tutto.
-Come hai detto, cara?- mi chiese.
-STAI BENE?- le chiesi urlando.
-Sì sì..grazie cara..tu come stai?- mi chiese.
-Bene- risposi, poi la nonna mi disse di andare in salotto e io obbedii anche se ne avrei fatto volentieri a meno. Ogni volta che la nonna andava in salotto significava che aveva voglia di parlare e ogni volta non la finiva mai. Io di solito me ne andavo quando lei cominciava a raccontare, tanto c'era sempre mia madre ad ascoltarla, ma quella volta mia madre non c'era e non potevo andarmene, e non potevo neanche usare la scusa dello studio: non avrebbe capito. Lei si sedette sulla sedia a dondolo e cominciò a dondolarsi con calma, io invece mi sedetti sopra una poltroncina color porpora. Il caminetto accanto a noi era acceso.
-Allora cara, che cosa mi racconti di bello? Come va con i ragazzini?-
-Bene- risposi a monosillabi ad alta voce, lei per fortuna mi sentì.
-Eh immagino, sei una bella ragazza- mi disse sorridendomi dolcemente.
-Tutta me quando ero giovane- disse poi. Sperai stesse scherzando, certo mia nonna non era il massimo della bellezza, bassa, come me, magra, come me, occhi verdi, come me. M somigliava troppo per i miei gusti. Perlomeno non avevo ancora rughe e capelli bianchi.
-Quindi hai già il ragazzino?- mi chiese. Ma farsi gli affari suoi non poteva? Evidentemente no.
-Sì, cioè no..-
-Come?- chiese la nonna.
-No- dissi.
-Come mai?- chiese
-Abbiamo litigato- spiegai.
-Male, molto male..-commentò lei. Ma che ne sapeva lei? Insomma, era mia la vita, mica sua.
-Non bisogna litigare, ci si pente la maggior parte delle volte- disse. E ci aveva azzeccato in pieno, e la cosa mi dava ancora più fastidio.
-Sai, le persone non ci mettono molto ad andarsene- disse poi. Probabilmente lo diceva perché era stata nei campi di concentramento durante la seconda guerra mondiale e non si era resa conto che ora era tutto finito e che la gente non se ne andava facilmente.
-Anche se sembra che vada tutto bene, le cose brutte accadono e bisogna sempre godersi i momenti più belli, prima di rimpiangerli- disse con la mente probabilmente da un'altra parte. Guardai l'ora: non vedevo l'ora di andarmene da lì. Volevo andare dalla mia amica e organizzarmi per uscire e andare a conoscere altri ragazzi con cui distrarmi, invece dovevo fare compagnia a mia nonna. Mi faceva tanta pena perché era sempre sola, ma io di voglia di andare da lei proprio non ne avevo. Poi non sapevi mai quanto ti teneva, se andavi nei giorni giusti stavi al massimo una mezz'oretta, ma altrimenti tirava avanti per ora e ti occupava tutto il pomeriggio.
-Sai, mi ricordo ancora il mio Joe...-disse sorridendo malinconica. Adesso chi era Joe? Di certo non era il nonno, lui si chiamava Carlo e poi era morto quando io ero ancora piccola. Non mi ricordavo molto di lui.
-Joe, il mio amore-
-E Carlo?- le chiesi.
-Come?- chiese lei che non mi aveva sentito.
-E il nonno?- chiesi quindi io.
-Oh...lui non sapeva niente di Joe, ma non l'ho mai tradito- mi disse. Io annuii e cercai una scusa per andarmene ma non me ne veniva in mente nemmeno una.
-Joe, era il mio vero e unico amore, naturalmente volevo un bene dell'anima anche a Carlo, ma il mio cuore è sempre stato di Joe...Conosciuto ad Auschwitz.- mi disse. Io non potei far altro che provare tristezza per lei. Ne aveva passate davvero tante, però non sembrava triste. Anzi, sembrava proprio felice. Mia nonna aveva passato poco meno di un anno ad Auschwitz, però sapevo che quelli erano stati i mesi più brutti della sua vita, come poteva essere altrimenti?
-Sono stati dei mesi terribili- disse la nonna infatti.
-Ma sai, ne è valsa la pena...perché è lì che l'ho conosciuto-

  
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