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Autore: Lory402    14/02/2013    1 recensioni
Storia partecipante al contest "Memories..." indetto da SuN of TwiLiGhT sul forum di efp - ma abandonato, e rilevato da SunliteGirl
...L'amore è di sicuro una cosa meravigliosa… Ti travolge in un turbine di sentimenti nuovi e sconosciuti senza che tu te ne accorga… ti fa soffrire, ma poi ti rendi conto che non puoi più farne a meno… e…
Io non ho mai provato questo sentimento, eppure mi ritrovo fin troppo spesso nell'occhio del ciclone! Quindi, care ragazze innamorate, avete mai pensato a come si sente la vostra migliore amica, che tenete ore e ore al telefono parlando del vostro amore segreto, senza poi concludere nulla? Ebbene, la storia “d'amore” che racconterò, o meglio, LE storie, non parlano di me, bensì delle persone che in un modo o nell'altro sono legate alla mia vita, e delle loro situazioni, descritte proprio da chi in realtà non c'entra nulla…
Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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…E TUTTO QUELLO CHE SUCCESSE DOPO
 
Dopo un fine settimana scandito dai compiti di grammatica, ecco arrivare inatteso e decisamente in anticipo il Lunedì. Una settimana prima ci avevano avvertito dell’ arrivo di un nuovo membro nella nostra classe, ma non eravamo tanto sicuri sul giorno. Per questo motivo fu una vera sorpresa quando, alle 7.56, una ragazza dai lunghi capelli biondi e la carnagione dorata, che nessuno aveva mai visto, entrò nell' aula a noi riservata, si mise in piedi accanto alla cattedra e aspettò paziente l’ arrivo del prof senza pronunciare parola. Quando l’ insegnante di italiano varcò la soglia si ritrovò questa ragazza dagli occhi di ghiaccio a un palmo dal naso che lo fissava scalpitante. Si presentò brevemente, con parole a me ignote, l’ unica cosa che ricordo è la frase che rivolsi io alla mia vicina:
- Fede, ora non sei più l’ unica bionda della classe - In realtà non è che la mia amica fosse proprio bionda, i capelli castani si alternavano ad alcune ciocche color del sole su quella testa da dieci in matematica, ma lei era convintissima del suo colore. A questo proposito amava ripetere che sua nonna era parrucchiera, anche se io non ci trovo molto nesso logico (una volta esclusa la possibilità che glieli avesse tinti lei), questo fatto è venuto fuori anche parlando dei capelli della prof di spagnolo, alla fine per placare gli animi sono andata a controllare se effettivamente le si vedeva la ricrescita, appurato che non era bionda naturale, la discussione si era conclusa.
Dopo qualche tentennamento il prof spedì la ragazza nuova a sedere nell’ unico posto libero della giornata: penultima fila, alla sinistra del professore, con la finestra a forma di oblò a un solo banco di distanza. L’ unico neo era che quella distanza di poco più di 60 cm era occupata da un ragazzo moro chiamato Luca. La giovane non lo degnò di uno sguardo e provò a concentrarsi, o perlomeno a fingere in modo soddisfacente, sulla lezione di grammatica. Non si sarebbe detto dai suoi tratti occidentali e dalla padronanza dimostrata in seguito della lingua italiana, ma i suoi genitori erano di origine cinese.
Il ragazzo non era della sua stessa opinione in quanto a concentrarsi sulla lezione:
- Come ti chiami? - Le chiese subito.
- Emi - Rispose la ragazza non distogliendo lo sguardo dal professore. Lui continuò a fissarla, sì, era carina, molto, ma non si spiegava perché non gli dava confidenza, in fondo, era molto meglio parlare con lui che concentrarsi su grammatica, non è logico? Intanto il giovane la scrutava, registrando mano a mano tutti i particolari del suo viso, gli occhi a mandorla color del cielo - o forse del ghiaccio, dipendeva dalla luce - le labbra rosee e sottili, il naso minuto e quel minuscolo neo sotto la gota sinistra, lo… intrigavano? O forse era solo il fatto che non lo considerasse per nulla ad attirare la sua attenzione? Non lo sapeva, ma gli piaceva. Percorse tutto il suo viso, soffermandosi alla fine sui capelli che le ricadevano a ciocche sulla fronte e cadevano in dolci onde fino a metà schiena, presto però, una voce lo riportò alla realtà:
- Luca, la mia spiegazione sta forse disturbando la sua contemplazione estasiata della signorina? - La classe scoppiò a ridere. Il ragazzo tirato in causa si ritrovò ad arrossire, mentre l’ oggetto della sua attenzione lo guardava con sufficienza da sotto le ciglia pronunciate. Sbuffò e non lo degnò più di uno sguardo.
Intanto, in 1 E, una ragazza pensava alla sua situazione, a tutto quello che aveva fatto e ancora stava facendo. Ormai l’ unico a cui riusciva a nascondere ancora la sua relazione clandestina era proprio Mirco, il suo ragazzo, quello con cui doveva stare quando invece si “divertiva” con Luca, che è vero le piaceva, ma che da un po’ aveva anche capito di non amare. La verità era che nonostante un principio di infatuazione iniziale per Mirco, il loro “amore” era paragonabile a un guscio vuoto, soprattutto perché in realtà lui era più una copertura per la sua relazione con Luca che altro. Poi, parlando francamente, con quest’ ultimo era puramente attrazione fisica. Inutile negarsi ancora la realtà: l’ unico che riusciva a farle battere il cuore con ogni gesto, era Massimo! E allora, cosa fare? Lui ormai era già bello che sistemato con la sua “migliore amica”, e lei… lei che? L’ unica possibilità in quel momento era levarsi qualche peso dalla coscienza, pensò. A ricreazione Giada salì le scale, si diresse dal suo ragazzo e gli chiese scusa, cercò di dirgli con parole dolci che non poteva più continuare ad essere partecipe di quella farsa. Il tutto con l’ espressione del viso impassibile, solo la lucentezza degli occhi a tradirne la confusione derivata dal suo ragionamento. Lui l’ abbracciò. In realtà già sospettava da tempo la sua infedeltà, ma non era riuscito a troncare la relazione. Lei, con la sue parole, gli aveva fatto capire anche troppo chiaramente che i sospetti dei suoi amici erano fondati. Pochi secondi, e le voltò le spalle. Per lei il primo era sistemato, già sentiva il peso opprimente che portava nel petto affievolirsi. Possibile che un bacio, neanche suo, avesse creato tutta quella confusione in lei? Non ne era sicura, ma si diresse verso la mia classe a passo un po’ più deciso, scostando tutti i ragazzi che nella calca della ricreazione le ostruivano la via. Arrivò davanti alla porta che recava il cartellino 1 M, proprio alla sinistra del bagno, ed entrò. Cercò con lo sguardo Luca, ritrovandoselo alle spalle qualche secondo dopo.
- Giada, ti devo parlare - Anche lui aveva avuto modo di riflettere durante grammatica, storia ed inglese, e si era reso conto, forse anche grazie a Emi, che lei non era ciò che lui voleva.
- Te lo stavo per dire io… -
- Non possiamo più stare insieme! - Dissero all’ unisono tirando poi un sospiro di sollievo. Anche quella era fatta…
- Amici come prima? - chiese il ragazzo porgendole la mano.
- Volentieri - Rispose lei accettandola. Si salutarono felici, ma per entrambi c’ era ancora una “missione” da compiere. Lui doveva conquistare una ragazza dagli occhi di ghiaccio, e lei trovare il coraggio di affrontare quello che poteva essere o non essere l’ amore della sua vita, ma che in quel momento era l’ unica cosa che voleva.
Durante il weekend il caro Luca era riuscito ad impegnarsi tutti i giorni della settimana seguente: lunedì un gelato con Valentina, martedì pranzo con Chiara e così via, non aveva calcolato Emi, però. Lunedì pomeriggio era al parco a braccetto con il suo appuntamento, quando da dietro lo scivolo spuntò proprio la nuova compagna di classe, la quale non diede segni di essere infastidita come invece avrebbe fatto Luca: li guardò qualche istante, girò sui tacchi, e se ne andò. Il ragazzo colto in flagrante pensò a lungo a quella scena, voleva spiegare alla giovane che in realtà ciò che aveva visto non era niente, ma perché sentiva questo bisogno di giustificarsi proprio con lei? Non lo sapeva, in fondo la conosceva da poche ore, però l’ aveva colpito da subito. Forse, se un solo appuntamento avuto con un’ altra gli faceva quest’ effetto, era meglio trovare una scusa per gli altri.
Era pomeriggio, un pomeriggio caldo e senza nuvole. Il tempo di quei giorni era strano: a volte sembrava essere già estate, ma presto ritornava il freddo e pareva ritrovarsi in pieno inverno. In quel pomeriggio, una ragazza dai capelli castani sedeva alla sua scrivania intenta a scervellarsi per risolvere certi problemi di matematica, almeno ufficialmente, perché in verità vi dico(vediamo chi riconosce la citazione): questo era l’ ultimo dei suoi pensieri. Doveva decidersi, ma non ci riusciva. Aveva due possibilità davanti a sé, quella di far finta di niente non era contemplata, quindi le rimaneva da mettere in atto:
Possibilità 1 - Andare da Lucia, farle una scenata e urlare al mondo che amava Massimo - perché ora l’ aveva capito finalmente: lei lo amava -
Oppure…
Possibilità 2 - Implorare Massimo di perdonarla e di ritornare con lei.
Entrambe le opzioni avevano qualcosa che la spingeva a non sceglierle: se urlava a tutti che amava Massimo e questo la rifiutava sarebbe sprofondata nell’ imbarazzo più totale, e poi diciamocelo, lei non era il tipo da fare scenate. Se invece considerava la seconda ipotesi da tutti i punti di vista era davvero ridicola, in primo luogo perché lei non è assolutamente una ragazza che implora! E allora, che fare? Se lo chiedeva in continuazione senza trovare una risposta, intanto picchiettava nervosamente sulla scrivania con la matita HB che usava solitamente per risolvere gli esercizi sui libri.   
Ad un certo punto però, senza neanche rendersene conto, l’ ILLUMINAZIONE! La soluzione a tutti i suoi problemi le schiarì la mente in un lampo: una scenata di gelosia! Se la poteva fare lei, perché non anche Massimo? Dopo che lei e Luca si erano lasciati, quest’ ultimo aveva acquistato in poco tempo la fama di rubacuori, alla ragazza dunque non restava altro da fare se non mettere Massimo nelle condizioni di credere che alla fine il fascino del ragazzo in questione avesse conquistato anche Lucia, il suo nuovo passatempo (non aveva alcuna intenzione di considerarla come sua nuova ragazza). L’ unico problema che poteva sorgere a dispetto di questo piano era come fare a far cadere Massimo nella sua tela, e ancora una volta una provvidenziale lampadina nella sua testa si accese per toglierla dall’ incertezza. Tutto era pronto nella sua mente, non restava che metterlo in atto. Il giorno seguente, ogni cosa sarebbe andata al proprio posto.  
Così l’ indomani, alle 10:56, la Giada si presentò davanti alla porta della mia classe, certa che Lucia si sarebbe trovata lì intorno. Dopo poco infatti notò Luca dietro di lei parlare con un amico, Massimo a pochi passi di distanza e la sua amica davanti a lei girata di spalle. Proprio in quel momento una ragazza da dietro Luca chiamò Lucia per nome e questa si avviò correndo nella sua direzione, subito la pallavolista ringraziò il cielo per quell’ incredibile botta di fortuna e fece lo sgambetto all’ ex-amica che senza sospettare nulla cadde precisamente tra le braccia di Luca, modificando la voce la giovane chiamò Massimo che si girò ritrovandosi davanti una scena che mal interpretata poteva rappresentare un abbraccio tra Luca e Lucia. Inaspettatamente però il giovane sorrise e si voltò di nuovo. Inutile dire quanto colei che aveva architettato il piano rimase sconvolta e delusa.
Ritornando ai due ragazzi abbracciati, dopo essersi scambiati uno sguardo e qualche scusa se ne andarono per la loro strada. Lucia infatti si era fatta passare la cotta per Luca, ma perché questo accadesse la presenza di Massimo era stata fondamentale. La rinomata tecnica del “chiodo schiaccia chiodo”, infatti, potrebbe essere considerata anche crudele da alcuni, perché il ragazzo che serve a dimenticare l’ altro potrebbe dirsi usato, ciò però non toglie il fatto che, spesso e volentieri, funzioni. Massimo, il diretto interessato, non era, però, a conoscenza di certe dinamiche, quel povero ingenuo credeva ancora che la dolce e innocente Lucia provasse uno struggente desiderio d’ amore nei confronti di quel pallone gonfiato di Luca. Il caro Massimo, a cui Lucia è totalmente indifferente, nel corso di questa storia mai si era ritrovato ad avere neppure per l’ anticamera del cervello il dubbio che quella ragazza provasse una tenerezza per lui. Se poi consideriamo che proprio il giorno prima gli era giunta voce che la sua ex e quello smidollato di Mirco erano giunti al punto di non ritorno, allora è comprensibile che non pensasse ad altro. Del resto si sa: ogni volta che si cerca di dimenticare qualcosa, o qualcuno, questo ritorna nella nostra mente più prepotente di prima. Mentre costui si struggeva nella gelosia e nell’ indecisione però, il cervello della pallavolista lavorava frenetico alla ricerca di una qualche ragionevole, o quanto meno plausibile, spiegazione per ciò che le stava accadendo attorno. Mai, infatti, aveva pensato che un giorno si sarebbe ritrovata immersa in quella che sembrava la trama di una delle tragicomiche sitcom che trasmettevano alla TV, dove ogni cosa si sarebbe potuta risolvere con una frase che nessuno si azzardava a dire. Purtroppo la vita riserva sempre delle sorprese, alcune davvero molto spiacevoli e inaspettate.
Ogni giorno che si susseguì a quello narrato durò mille volte più del normale per i nostri afflitti protagonisti. Si era infatti giunti a una dura situazione di stallo per i poveri ragazzi che avvertivano ogni secondo carico di tensione, come se la tempesta di emozioni che opprimeva il cuore di ognuno stesse per scatenarsi da un momento all’ altro senza possibilità di evitare i danni collaterali che sicuramente avrebbero colpito tutti coloro che in quella storia erano coinvolti per un motivo o per un altro.
In un qualche modo però, anche per i beniamini di questa storia giunse, insperata, l’ ultima settimana di scuola. In quei sette giorni tanto attesi le cose cambiarono radicalmente per alcuni dei ragazzi, e questo portò anche gli altri a dover affrontare situazioni più che contorte. Quando infatti la fatalità della vita unisce il destino di esseri viventi scelti a caso è difficile che il saldo e pressoché invisibile filo dei legami umani si spezzi. Purtroppo a questo punto della narrazione le mie conoscenze in merito si fanno più rade, ma cercherò di ricostruire, per quanto posso, i fatti avvenuti in maniera soddisfacente.
Una ragazza dai lisci cappelli color del grano cammina svogliata verso il luogo del culto masochistico chiamato “scuola”, perché masochistico? Infondo per alcuni potrebbe non esserci una libera scelta, ma la cara Emi, avendo due anni in più rispetto ai suoi compagni di classe e vantando la più totale ignoranza del suo essere da parte dei genitori, potrebbe benissimo cambiare strada all’ ultimo momento e lasciarsi guidare pigramente dall’ istinto per le vie della città fino a ritrovarsi in un placido parco dimenticato da qualsiasi dio possa esserci tra le nuvole o lì intorno. Essendo nata in Cina come prima figlia femmina di una famiglia atea in fondo è normale che non conosca le credenze del cristianesimo. Purtroppo per la ragazza, mentre la tentazione di cambiare strada le pervadeva affascinante e seducente la mente, complice la forza dell’ abitudine, le gambe la portarono a varcare quei cancelli tanto disdegnati senza neppure rendersene conto. La settimana aveva ufficialmente inizio.
Non si sa quando ne dove, Mirco riuscì a trovarsi una ragazza. Non si conosceva pressoché nulla sul suo conto, questo fomentò a dismisura le voci di corridoio che non cessavano mai di girare, ma in fondo ormai si può considerare un personaggio secondario… Per questo è mio dovere non focalizzarmi su di lui in questo frangente, parlerò invece di Giada, e della sua nuova conquista…
Venni a conoscenza della neo fiamma di Mirco da Facebook, con la Giada invece successe una cosa particolare, mi sentivo una strana sensazione addosso, avvertivo nelle ossa che qualcosa stava per cambiare, ed evidentemente non ero l’ unica visto che il caro Massimo si agitava sulla sedia come se un’ anguilla avesse iniziato a ballare la samba nei suoi pantaloni dopo il suono della campanella.
In quei momenti di apparente calma capitava spesso che mi chiedessi se questa storia tanto travagliata avrebbe trovato fine prima dell’ inizio delle vacanze o se i miei compagni si sarebbero dovuti portar dietro il peso dell’ ignoranza ancora per un’ estate, la mia domanda ricorrente avrebbe trovato risposta prima di quanto potessi immaginare. Personalmente non sono a conoscenza di ciò che pensavano i miei compagni di classe durante quella stessa lezione, del resto ero così assorta nei miei ragionamenti contorti che l’ unica volta che mi risvegliai per un secondo dal mio torpore mentale fu quando la matita che mordicchiavo nervosamente da un po’ cadde a terra… Era la seconda ora, avevamo storia e un mio compagno di classe si stava sottoponendo all’ ultima interrogazione dell’ anno, balbettava indeciso quando ad un tratto dalle sue labbra uscì una frase che non credo dimenticherò facilmente:
- Beh… Allora… Sì, insomma, il papa a quel punto percosse Attila affinché tornasse indietro e… - Scroscio di risa, intrattenibile. Anche il prof sghignazzò un po’ dopo quell’ affermazione, se ve lo state chiedendo, il libro diceva “persuase”. In tutta sincerità non so se fu più divertente questo o quando un altro mio compagno di classe scrisse in una verifica di ripasso “La Magna Charta Libertatum è stata firmata da Filippo IV il Bello e Cola di Rienzo…” Ora, non pretendo che l’ esimio lettore comprenda l’ ilarità racchiusa in questa frase dato che ogni programma di storia è diverso, ci tengo solo a precisare che Filippo il Bello era francese, Cola di Rienzo italiano, e la Magna Charta Libertatum fu scritta in Inghilterra, tirate voi le somme. 
Ritornando ai nostri protagonisti, io, vedendo Massimo tanto irrequieto ed essendo certa che la Giada provasse la stessa irrefrenabile voglia di metter fine alle sofferenze che questa odissea di gruppo aveva conseguito, cominciai a stilare una lista mentale delle domande che più premevano per trovare risposta: chi, per primo, sarebbe crollato sotto il peso dell’ impossibilità di agire? Chi avrebbe resistito e aspettato gli altri, per essere l’ ultimo a cedere? Lucia si sarebbe dichiarata per prima a Massimo? E lui l’ avrebbe accettata solo per dimenticare la Giada, o perché infondo provava qualcosa per lei? Se lui l’ avesse respinta invece, aspettando una qualsiasi mossa da parte della Giada? Ma se quest’ ultima volesse che fosse Massimo a porre fine a tutto ciò? Ma se il ragazzo si dichiarasse alla Giada, e lei lo respingesse per paura? Paura di cosa poi?, verrebbe da chiedere, ma che volete? Il cervello umano è complicato, quello delle teenager innamorate ancora di più.
Purtroppo però non si fermano qui gli intrighi di classe a cui porre fine, Luca infatti non aveva ancora concluso niente con Emi, la quale aveva cambiato banco in queste settimane, finendo in fondo all’ aula, questo significava sempre meno occasioni di parlarle per Luca. Incredibilmente però qualche forza sovrannaturale infuse coraggio nel mio compagno di classe che appena uscito da scuola avvicinò la biondina suo sogno proibito, o almeno ci provò perché mentre stava per battere una mano sulla spalla della ragazza nel chiaro intento di attirare la sua attenzione tutta la baldanza che fino a qualche settimana prima aveva caratterizzato la sua esistenza venne a mancare e Luca si ritrovò con la mano stesa per aria come immortalato nel disperato atto di afferrare la figura di Emi che se ne andava senza sapere di essere il centro e la causa scatenante del dibattito interiore del moretto. Sorvolerò sul descrivere gli sguardi che la fiumana di ragazzi appena usciti da scuola lanciarono a Luca perché lo farei veramente sfigurare, più di quanto abbia già fatto di per sé, ovvio. A questo punto è mio dovere informare i gentili lettori che le azioni descritte in seguito a questo fatto non sono di norma, infatti, come semplice comparsa in questa storia dovrei limitarmi ad osservare gli avvenimenti e riportarli su carta per evitare che il ricordo di questi mesi si perda nella notte dei tempi, senza interferire o rivelare fatti personali ad altri personaggi, purtroppo però, quando vedo una scena tanto penosa io non riesco davvero a trattenermi.
- Ma che sei scemo? - Chiesi a Luca affiancandolo.
- Oh Giulia, sei tu… - Mi rispose lui ancora perso ad osservare l’ immagine di Emi che si allontanava.
- Si, sono io ma questo non centra niente! Mi spieghi che stai facendo? – Gli domandai al limite della pazienza.
- Niente - Affermò lui con la testa fra le nuvole.
- È proprio questo il problema! Perché non la rincorri? – A questo punto sembrò risvegliarsi un po’.
- Sai che mi piace? - Chiese giusto un po’ confuso.
- Luca… lo sanno tutti! - Risposi calcando sull’ ultima parola e osservandomi intorno allusiva per fargli capire al 100% cosa intendevo.
- Tutti tranne Emi a quanto pare… Ma che cavolo! Devi dirglielo, e in fretta anche! - Quasi urlai queste parole per quanto mi dava ai nervi la sua totale inattività. Vedendo poi che il mio amico, o qualunque cosa sia per me quel tipo per qui valga la pena aiutarlo, stava facendo un pensierino a proposito del correre dietro alla ragazza, decisi che le sue pene potevano finire, lo spintonai in avanti con una mano e quando si girò gli dissi chiaro e tondo che al massimo lei poteva rifiutarlo, così cominciò a correre, che poi si mettessero insieme o no a me non importava, almeno Luca avrebbe smesso di corrodersi il cervello in una chiara opera di autodistruzione ben congeniata, ormai però credo di aver capito che tutti gli innamorati presentano segni di autolesionismo.
Ritornando un po’ indietro nel tempo, e cioè precisamente alle undici in punto della stessa mattina ritroviamo gli amanti proibiti del quadrimestre in corso; ovviamente gli unici che proibivano il loro “amore”, o qualunque cosa fosse alla fin fine quello che provano l’ uno per l’ altra, erano loro stessi, quindi già da queste ultime righe avete capito quanto possono ritirarsi i cervelli dei giovani quando tra tutte le cose che già uno ha per la testa - che possono anche essere solo due ma che comunque riescono a portar via il sonno - ci si mette anche il fattore “amore”. Eppure no, quei due probabilmente solo se costretti sarebbero riusciti a chiarirsi in tempo utile, tradotto: prima delle vacanze.
Dal suono della campanella che segnava l’ inizio della ricreazione erano passati cinque minuti quindi, se la matematica non è un opinione, ne mancavano altri cinque alla fine di quel breve momento di svago. Al primo piano una ragazza dagli occhi nocciola sembrava indecisa, teneva un piede sulle scale che conducono di sopra ma non si azzardava a fare il passo decisivo; così pensò di scappare, e una via di fuga sembrava averla trovata, ma non si muoveva da lì.
Al secondo piano un ragazzo dai capelli di un tenue color caffè aveva poggiato un piede sul primo gradino in discesa della scala che porta di sotto, però tentennava, non compiendo il passo con tutta la gamba. Probabilmente lo avrete già intuito autonomamente ma io comunque ve lo rendo presente: quelle due anime in pena erano niente di meno che Giada e Massimo, separati da due sole rampe di scale che però nessuno si arrischiava a percorrere. Così la ragazza venne raggiunta da ciò che lei stessa aveva scelto come suo destino, la via di fuga che tanto agognava, Francesco.
Come affermato anche poco fa il ragazzo si avvicinava sorridente e spensierato, è vero, aveva chiesto lui alla Giada di uscire insieme, ma non osava sperare che lei avrebbe accettato, e invece, a due giorni dal loro primo appuntamento, si ritrovava già fidanzato ufficialmente con lei, la maggiore delle felicità per il nostro pel di carota… oh, scusate, non avevo detto che Francesco è rosso di capelli? Spero possiate perdonarmi questa piccola dimenticanza, andiamo avanti. Quando il giovane si ritrovò distante solo pochi centimetri dal corpo della sua fidanzata si sporse un poco in avanti col busto e baciò Giada sulla guancia con estrema dolcezza, la ragazza lo lasciò fare. Non aveva mai ricambiato le manifestazioni di affetto in cui Francesco ogni tanto amava dilettarsi, ma di certo non lo aveva mai allontanato e niente in tutta la sua persona avrebbe potuto far trasparire un solo segno di disprezzo o disagio, solo nel suo cuore c’ era qualcosa che si opponeva… forse.
La campanella suonò, Massimo aspettò ancora un attimo, i ragazzi della scuola gli passavano accanto e davanti senza che lui registrasse alcun movimento, osservava le scale, forse avrebbe fatto ancora in tempo ad andare… < Dove? Andare dove a fare cosa? > Si chiese quasi rabbioso per poi scuotere la testa e tornare in classe. Un’ altra occasione gli era scivolata fra le dita senza che facesse alcunché per fermarla.
Martedì, secondo giorno della settimana, non so esattamente per quale motivo, probabilmente per la somiglianza del nome, sin da piccola ho sempre associato questo giorno al pianeta Marte, Marte però è anche il nome del dio romano della guerra, quindi: perché gli animi non si dovrebbero scaldare proprio in questo giorno?       
È incredibile come noi umani avvertiamo lo scorrere del tempo in maniere estremamente differente a seconda delle situazioni in cui ci troviamo. Ci sono certi giorni in cui arriva sera e tu neanche te ne accorgi, e ci sono altri momenti in cui il tempo non passa mai, come quel Martedì. Le ore di lezione si alternavano incessantemente e i secondi si dilatavano come se una qualche entità superiore perfino al creato volesse prolungare quella mattina all’ infinito, ricordo bene che quando la campanella dell’ ultima ora finalmente ha emesso il suo acuto trillo di liberazione ho creduto fosse un’ allucinazione uditiva, ho cominciato a preoccuparmi quando tutti i miei compagni sono saltati in piedi già pronti ad uscire, se avevo le visioni ero davvero messa male, pensai. Fortunatamente quel giorno passò, per me come per tutti gli altri membri della scuola, incluso Francesco, prima che iniziassero ufficialmente le lezioni infatti avevo avuto modo di parlare a lungo con la Federica, proprio quel giorno decisi di proclamarla mia informatrice ufficiale, è incredibile come quella ragazza riesca a sapere tutto di tutti. Ritornando a noi: il nuovo ragazzo della Giada frequentava la mia stessa scuola, la sua classe si trovava al primo piano, e questo riduce di molto la scelta visto che a livello del terreno ci sono solo quattro aule contando anche quella della Giada, purtroppo però la sezione in cui era stato smistato il suo primo anno non mi era dato conoscerla, ancora.
Ritornando ai fatti correnti c’ è da dire che Francesco uscendo da scuola appariva il ragazzo più felice della terra, nonostante per noi questo umore sia tutto da attribuire alla Giada, ne i suoi compagni di classe ne altri amici che lo videro quel giorno notarono in lui qualcosa di anomalo o anche solo vagamente incoerente dall’ immagine che si erano fatti di lui, il nostro rosso amico era infatti un esempio di positività e capitava di rado che non sorridesse come un ebete. Magari la Giada stava con lui anche per questo motivo, è possibile che nei suoi ragionamenti contorti credesse che stando vicino a una persona tanto spensierata anche la sua mente e il suo cuore si sarebbero sentiti più leggeri. Forse per questo si sorprese quando, stando accanto al ragazzo, sentì un sentimento diverso dal sollievo farsi strada nelle sue viscere: l’ invidia. Si, perché la giovane non voleva altro che la possibilità di liberarsi dai pensieri che la affliggevano e la tormentavano in ogni ora di veglia, e il non riuscirci la faceva sentire solo frustrata, non capiva che la soluzione a tutti i suoi problemi era lì accanto. Ora potrei anche cercare di alleggerire la pillola per non riversarle addosso tutta la colpa del suo malcontento, ma purtroppo, si stava comportando da vera masochista, non posso aggiungere altro.
Ora vi dirò, Francesco è un caro ragazzo, ma tra i suoi pregi di sicuro l’ empatia non spicca, infatti, in una sua egoistica visione dei fatti, lui era talmente felice che nessuno poteva sentirsi diversamente, fu anche per questo che, prendendo la sua ragazza per mano e accompagnandola fuori dalla scuola, non si accorse di quanto fosse pensierosa in quegli attimi.
Nello stesso momento un ragazzo con lo zaino in spalla stava percorrendo la stessa via della giovane, era una strada leggermente in discesa, da una parte i campi secchi e non coltivati da anni facevano bella mostra di loro fino alla siepe che circondava una specie di villa di cui nessuno sapeva nulla, dall’ altra parte un istituto tecnico commerciale occupava i vari metri che partivano dalla mia scuola e finivano in una viuzza come un’ altra, di spazio a mala pena sufficiente per il passaggio di un autobus, che a sua volta si diramava sempre più verso il centro città. Camminando assorto nei suoi pensieri si accorse solo dopo qualche minuto di stare proprio dietro la Giada, mano nella mano di uno strano tizio che lui non aveva mai visto prima, e fu allora che qualcosa nel corpo di Massimo scattò. Avrebbe voluto gridare, urlare a quel ragazzo di allontanarsi da colei che ancora continuava a definire silenziosamente sua. Il suo corpo già reagiva ai quei pensieri, senza riflettere oltre stava per affrontare uno sconosciuto. Poi però… guardò la Giada, la vide sorridere. Sospeso in un punto imprecisato a metà tra il subconscio e il cuore si accorse che non era lo stesso sorriso che rivolgeva a lui. La giovane gli pareva quasi rassegnata. Forse s’ illuse, ma sperò che presto lei gli avrebbe parlato, rivolgendogli quello sguardo che mostrava settimane prima, e così si calmò. Del resto lui non era mai stato un tipo geloso, spesso si lasciava guidare dall’ istinto, ma non dall’ ira, svoltò a sinistra raggiungendo il suo amico Riccardo, dimenticando per un po’ tutto il resto. Eppure pareva ci fosse qualcosa di sbagliato… da qualche parte…
 
Il giorno dopo, Mercoledì, non successe pressoché nulla. Risate si alternavano a cori disillusi messi insieme per provare a chiedere pietà a prof che non vedevano l’ ora di assegnare altri compiti. A ricreazione ci ritrovavamo tutti chiusi all’ interno dell’ edificio della nostra scuola, sentendo l’ aria fresca solo attraverso le finestre. Sono strane, le nostre finestre, lo sono sempre state. Durante le lezioni, se rivolgevi lo sguardo verso quegli scorci di mondo esterno ti pareva di essere su una nave pronta a salpare, vista la caratteristica forma a oblò che solo noi di quella scuola possiamo osservare. In ogni caso mi sembra di averlo già fatto presente. In realtà l’ unico momento degno di nota fu quando, alla prima ora, durante geografia, un uomo sui trent’ anni entrò nella nostra classe, e con un lungo filo arrotolato sottobraccio si arrampicò sulla finestra per poi uscire nel sottotetto. Una volta che si fu allontanato dalla scuola, nessuno della classe aveva le idee chiare su quello che fosse venuto a fare, tutti però avrebbero potuto descrivere ogni suo movimento con precisione assoluta. Di certo non era passato inosservato.    
Giovedì? Solite lezioni, assegnazioni di compiti con cui disperarci durante le vacanze… In realtà qualcosa si modificò, impercettibilmente, ma la complicata rete d’ intrighi tessuta dai miei compagni perse un filo: la rassegnazione di Lucia. Nessuno sa il motivo, ma sembra che ad un certo punto… lei abbia smesso di guardare a Massimo come a un possibile fidanzato, probabilmente, si era solo resa conto della situazione reale.
Se devo essere sincera considero Venerdì il giorno migliore della settimana. Tre ore con il prof di lettere: la seconda, la terza e la quarta. Tecnica e ginnastica passarono incredibilmente inosservate… vista la partita di calcio che assorbì la seconda ora. Questo per conto dei ragazzi, ma che possiamo farci? Eravamo dieci femmine e quattordici maschi in classe… Comunque, personalmente, non mi interessai particolarmente a ciò che accadde in campo; in quel momento c’ ero solo io, un bottiglia d’ acqua e una vendetta da mettere in atto. Vendetta per cosa? Risposta più semplice non esiste: a seguito di un anno passato con la mia classe, anche voi pensereste che il rogo per i ragazzi non sarebbe sufficiente. Il prof mi diede addirittura il permesso: era praticamente fatta. Mentre tutti i ragazzi della mia classe meno due portavano avanti la partita, io mi avvicinavo al campo con la bottiglia d’ acqua piena e il sostegno morale delle mie compagne. Accompagnata dalle loro risate, mi lanciai all’ attacco, bagnandone quattro. Poi venne il turno di Massimo. Ricaricata a dovere la bottiglia non potevo far altro che sentirmi pronta. Mi avvicinavo al campo improvvisato e il mio obbiettivo era sempre più chiaro a tutti. Lo lasciarono solo: eravamo io e lui. Volse lo sguardo nella mia direzione e subito scattò. Si voltò, mettendosi a correre come un pazzo per tutto il cortile. Io mi lanciai immediatamente all’ inseguimento, purtroppo lui è sempre stato più veloce di me, così mi fermai prima che il cancello lo costringesse a curvare, lui proseguì e una volta che si fu totalmente voltato, con uno scatto mi trovai davanti al ragazzo. Tornò a casa bagnato quel giorno.
Ciò che successe con Luca si può proprio definire l’ esatto opposto: lui me l’ ha chiesto. Voleva che gli lanciassi l’ acqua addosso. Devo dire però che, dato il caldo soffocante di quella giornata, lo capisco… Certo, da desiderare un refrigero a levarsi la maglia e rotearla in aria mentre si percorre il perimetro del campo correndo, festeggiando per un solo goal, ce ne vuole! Successe anche questo però.
Poco dopo andai da Alex, anche se tutti lo chiamiamo “salsiccia”, troppo pacioccone e amante del cibo per non meritarsi codesto soprannome. Lui è più giovane rispetto al resto della classe, ha fatto la primina da bambino. Quell’ anno comunque è stato bocciato, così è ritornato in pari con l’ età. In ogni caso, mi diressi da lui con la bottiglia in mano, giocava a schiacciasette con altre ragazze della scuola. In principio mi limitai solo a schizzarlo, mi ero già voltata con la maggior parte dell’ acqua ancora in mano e stavo per ritornarmene dalle mie amiche, quando fece una cosa che si poteva evitare: mi provocò.
Uscì dal cerchio e fece qualche passo nella mia direzione, per poi mettersi a gridare:
- Ah! Lo sapevo tanto che non eri capace di bagnarmi di più! Non ce la fai! - Mi voltai lentamente, fingendomi indispettita.
- Vuoi che lo faccia? - Chiesi inarcando le sopracciglia.
- Tanto non hai il coraggio! - Ormai si metteva a ridere. Io tornai indietro molto lentamente, la sua resistenza fu minima e con molta semplicità portai la bottiglia sulla sua testa e gli svuotai addosso mezzo litro d’ acqua. Nessuno dei due parlò ma lui non sembrava esageratamente stupito dalla mia reazione, per questo mi voltai ancora una volta e tornai indietro, solo per scoppiare a ridere pochi secondi dopo senza ritegno alcuno.
Sabato arrivò presto, e con quel giorno molte cose giunsero alla fine.
La 1 M non era al completo: Luca e le due gemelle della nostra classe, ad esempio, erano a una festa organizzata dalla scuola frequentata da loro in precedenza. Le prime tre ore di quella mattina probabilmente ancora dormivo; totalmente incuranti delle materie di quel giorno i miei compagni non portarono praticamente nulla a scuola. A ricreazione uscimmo in cortile. Non eravamo i primi a calpestare quel prato, e dopo di noi tante altre classi ci raggiunsero. Nessuno rientrò più a scuola quell’ anno, siamo stati tutti in cortile fino all’ ultima campanella. Molti avevano portato dei palloni per giocare, trombette e qualunque altra cosa per far capire anche a quelli dell’ istituto tecnico vicino alla nostra scuola che da quel giorno… eravamo liberi!
Credo non dimenticherò facilmente i giochi e le risate di quel Sabato 10 Giugno, ovviamente, ci sono persone che ricorderanno quella data per altri motivi. La Bianca e Massimo per esempio… di sicuro non sono stati sommersi dal baccano di quegli attimi.
Da poco era suonata la quinta ora quando Massimo riuscì a liberarsi dalla pressante quanto asfissiante presenza di quelli che in altre circostanze avrebbe definito i suoi migliori amici. Ci mise giusto qualche istante ad individuare la posizione della sua preda in quella massa informe di studenti euforici all’ inverosimile che sfioravano la crisi epilettica per via dello stress accumulato nel periodo scolastico. Si diresse da lei a passo di marcia, la prese per un polso incurante delle sue lamentele e delle occhiatacce di coloro che fino a poco prima discorrevano con la giovane. Mantenendo una velocità sostenuta trascinò la Giada in quel sottoscala proibito che aveva visto gli incontri clandestini della ragazza con Luca, ovviamente a insaputa del giovane presente al momento. La ragazza brontolò, molto, ma non provò neppure ad allontanarsi da Massimo quando questo la fece adagiare al muro di cemento spoglio, probabilmente non ne avrebbe avuto il coraggio.
- Prima di tutto dimmelo… Perché? - Chiese il giovane mostrando tutto il suo tormento derivato dall’ ignoranza.
- Pensavo di essermi innamorata di un altro… - Ammise la sua interlocutrice, afferrando immediatamente il significato della domanda.
- Ed era davvero così? - Riprese Massimo, mettendo la ragazza davanti a una domanda che per tanto aveva evitato… Abbassò lo sguardo lasciando che la frangetta nascondesse quella misera stilla salata sfuggita al suo controllo.
- No… - Era la prima volta che lo ammetteva a se stessa.
- Ho mollato Francesco - Disse subito dopo parlando velocemente e fissando il ragazzo negli occhi.
- Perché hai sentito il bisogno di informarmi? - Solo domande poteva rivolgerle, perché solo quelle erano rimaste nella sua mente.
- Ok, senti… Non è facile per me ammettere di aver sbagliato, capito? - La Giada cercò conferma negli occhi interrogativi di Massimo, per poi proseguire anche senza il suo consenso. Prese un profondo respiro.
- Credo… Io mi sono accorta… - Cercava le parole senza sosta ma improvvisamente le si era seccata la gola e il battito cardiaco era accelerato tanto che udiva solo quello. Fu in quel momento che la semplicità del ragazzo fu determinante.
- Ti amo… ancora - Annunciò sorridendo. Lui aveva preso la sua decisione… e sarebbe arrivato fino in fondo. La giovane lo guardò con occhi lucidi. Non riuscì a trattenersi e qualche perla le inumidì le guance, prontamente raccolte dalle labbra del ragazzo che non esitò oltre per farle assaggiare il salato proprio delle lacrime di tristezza… ma anche di quelle di gioia… e lei rise. Rise perché non c’ era altro da fare. Rise perché il suono prorompente della campanella e le urla disumane dei ragazzi avrebbero coperto quelle due parole ormai superflue.
Un altro bacio. E la campanella si fermò. Nessuno avrebbe notato la loro assenza infondo…
E del resto, avevano molto tempo da recuperare…        
 
 
Fine
 
 
 
Sì, era corta corta ^^ E l' ho pubblicata proprio per San Valentino.
A questo punto voglio ringraziare la Denise che l’ ha letta in “anteprima” (visto che ti ho citata? <3) e la Silvia, l’ amica di cui parlo nelle note d’ autore, con cui ho sviluppato una parte della trama in un delirante pomeriggio di “studio” xD
E infine un pensiero per “el Guacho Mannaro” che si è gentilmente prestato ad ispirarmi Emi ^^
Me lo lasciate un piccolo commento per farmi sapere com' è questa storia?  ^3^
 
 
 
 
 
 
 
  
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