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Autore: LuceBre    14/02/2013    2 recensioni
Anna e Nicola.
Due fratelli con un forte legame.
Ognuno con i propri problemi. Alcuni più importanti, alcuni meno.
*
La conosceva quasi meglio delle sue tasche.
Gli bastava osservarla per capire subito il suo umore.
Gli bastava sentire la sua voce per capire il suo stato d'animo.
Gli bastava guardare dentro di se per capire come stava.
E questo valeva palesemente anche per lei.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Secondo capitolo.

 

“So che ci conosciamo solo da una settimana e al principio ti trovavo decisamente infantile e probabilmente mi sono comportato come un idiota con te. In realtà sei molto complicata, non si può mai prevedere che cosa farai e in certe cose sei proprio spaventosamente... mmm... sprovveduta. A volte mi verrebbe voglia di darti una scrollata.”
“Sì, in effetti si vede che non sei pratico di dichiarazioni d'amore” osservai.

 - An, vieni a cena che è pronto.
 - Sì, un attimo. Arrivo.

“Ma poi torni a essere spiritosa e intelligente e incredibilmente dolce” proseguì Gideon come se non mi avesse neppure sentito. “E la cosa peggiore è che basta la tua presenza per farmi sentire il bisogno di toccarti e di baciarti...”

Probabilmente questa era una della peggiori dichiarazioni della storia. Era ridicola. E lo sapeva benissimo pure lei.
Ma tutte le volte che la leggeva ne rimaneva felicemente colpita. Come se nella sua banalità ci fosse un qualcosa di particolare.
Se l'era pure segnata su un foglio così quando sentiva il bisogno di sorridere se lo riprendeva in mano.
Un'altra dichiarazione che amava era quella del signor Rochester.
Lo stile era completamente diverso.
Tra le due c'erano due secoli di differenza.
Due secoli in cui la cultura era diversa. Lo stile di vita era diverso. Il rapporto con le persone era diverso. La realtà stessa era diversa.
I protagonisti erano diversi. La trama era diversa.

“Lei, essere strano e quasi soprannaturale, è lei che amo come la mia carne. Lei povera e oscura, e piccola e brutta, lei supplico di accettarmi come marito.”

Questa se la ricordava addirittura a memoria. Quante quante volte l'aveva riletta, quante volte la sua mente aveva viaggiato sulla loro storia d'amore.
Non poteva dimenticarsi una frase del genere. Una frase che più reale non poteva essere.
Lui non era il solito innamorato pieno di frasi sdolcinate, piene di appellativi melensi e con immagini irreali.
Lui diceva la verità.
La pura e semplice verità.
Dimostrazione di quanto conoscesse la sua amata. Dimostrazione di quanto l'accettasse nonostante tutto.
An provava per lui una specie di cotta impossibile.
Amava il signor Rochester. Nonostante si dicesse fosse brutto. Nonostante si dicesse avesse un carattere impossibile e difficile. Ma coll'avanzare della storia il suo carattere cambiava e si notava quella dolcezza, quell'apprensione che adorava nei confronti della sua piccola Jane e l'aspetto fisico veniva completamento messo da parte, se non sostituito da puro fascino, dovuto proprio ai suoi modi di fare.
 - An, è pronto!
 - Mamma, sto arrivando. Dammi due secondi.
Era così tutte le sere. Doveva farsi chiamare un paio di volte prima che si alzasse dalla scrivania, perchè sì, lei si sedeva sulla scrivania. La trovava una posizione comoda e rilassante.
Con rammarico lasciò Blue lì sul tavolo per uscire e andare a cenare.
Si, con rammarico perché lei viveva con un libro in mano.
Ormai la sua famiglia, i suoi parenti, i suoi amici non le dicevano più niente. Si erano abituati a vederla lì tranquilla sulla sua scrivania, seduta in bagno, alla fermata dell'autobus, nelle ore buche a scuola a leggere un libro che lei divorava magari in neppure due giorni.
Il suo sogno era quello di avere una biblioteca personale. Una sala dove poter mettere tutti i libri che voleva, nell'ordine che voleva. Cambiarlo in corrispondenza all'umore. Fare quello che voleva con quei libri.
Essere padrona di quella stanza.
C'era un solo problema.
I genitori non volevano che comprasse questi suoi amati libri, ma che semplicemente li prendesse in biblioteca. Dicevano che non c'era il bisogno di comprare un libro quando lo si leggerà una volta sola.
Infatti loro non erano soliti a rileggere libri. Dicevano che non c'era gusto nel leggere qualcosa che si sapeva già come sarebbe andato a finire.
Lei non era d'accordo.
Lei amava rileggere. Da capo. Solo i discorsi. Pagine a caso.
Dava un senso diverso alla storia. Coglieva dettagli di cui inizialmente non si era neppure accorta.
Vedeva la bellezze delle parole. Diventava parte del libro.
Diventava il libro.
Si era ritrovata per questo a ordinare nella piccola biblioteca del suo paese più volte lo stesso libro. Poi, quando ormai si legava troppo a una determinata storia si sentiva in colpa se non aveva la sua copia personale. Se l'andava a comprare e metteva il nuovo acquisto sulla mensola.
Erano tanti, ma erano pochi.
Erano tanti rispetto a una persona normale. Erano pochi rispetto a quanti lei ne volesse.
Ma era felice.
I libri la facevano felice.
La facevano stare bene.

 - Allora, hai deciso cosa fare per Carnevale? E' tra meno di una settimana e se vuoi fare qualcosa è meglio che tu ti decida in fretta così puoi organizzarti bene. - chiese suo papà durante la cena.
 - Grazie papà per avermi ricordato la mia disastrosa situazione. Grazie.
 - An, sei sempre riuscita a trovare qualcosa. Per quale assurdo motivo quest'anno non dovresti farcela? Noi tutti sappiamo che ne sei in grado. - Si intromise suo fratello.
 - Voi lo sapete, non io. Io ho il vuoto nel mio cervellino bacato. Non c'è nulla a cui potrei attingere qualcosa. Nulla. Non so neppure più a chi chiedere. - Piagnucolò lei.
 - Qual'è la tua più grande passione? - domandò la madre cercandola d'aiutare. Forse le era venuta un'idea e probabilmente le sarebbe anche piaciuta. Ma doveva scoprire da sola cosa fosse.
Come aveva avuto da sola l'idea l'anno prima di vestirsi da albero, pure quest'anno doveva farcela da sola.
La conosceva abbastanza da sapere che le idee altrui non le sarebbero andate bene. Se non era farina del suo sacco, lei avrebbe sicuramente trovato qualcosa per cui lamentarsi.
 - Come se non lo sapeste. Leggere ovviamente. Leggere con della musica in sottofondo e con una tazza di te. - Le si illuminò il viso e cominciò a ridere. - Una tazza di te fumante. Capite? Una tazza di te.
Ormai non la smetteva di ripetere una tazza di te, di darsi della stupida e continuare a ridere tra se stessa.
Pure sua madre sorrideva. Forse era riuscita a capire la sua idea.
 - No, An. Noi non capiamo. - La interruppe Nic guardandola come se fosse una pazza aliena.
 - Una tazza di te. Come puoi non capire? Come ho fatto a non pensarci prima? Una tazza di te.
 - An, noi continuiamo a non capire. - Disse il padre ormai curioso.
 - Dove si fa il te? - Chiese Anna a loro.
 - Nel microonde. - Rispose Nicola.
 - Ma sei stupido? Nel microonde bolli l'acqua, ma non fai il te. Idiota.
 - Anna, le parole.
 - Ma papà, è solo idiota. E non l'ho detta in senso cattivo. - Lui la guardò male.
 - Cosa intendevi allora? - Domandò lui.
Lei ignorò queste ultime parole e provò a spiegare ciò a cui lei stava pensando.
 - Facciamo un esempio allora. Vengono ospiti a trovarci per merenda. Cosa si offre generalmente? Te e biscotti. Fin qui ci siete? - Annuirono. Ma suo fratello si intromise di nuovo.
 - Perché non puoi dircelo e basta? La stai tirando troppo per le lunghe. - la guardò sbuffando. - E smettila di divertiti così alle nostre spalle facendoci fare la figura degli idioti. Scusa papà.
 - Guarda che io non mi sto divertendo. - Lui la guardo storto. - Ok, forse un pochino. Ma vorrei che ci arrivaste anche voi come ci sono arrivata io. Dicevamo? Sì. L'acqua è stata messa a bollire. Ma dove? Non rispondermi nel microonde. Sto parlando del contenitore.
 - In una brocca. - Rispose la mamma.
 - Tu inviti gente e offri il te in una brocca? Mamma!
 - In una teiera. - Ritentò lei.
 - Esattamente. - Affermò An saltellando di gioia.
 - E cosa dovrebbe servirti una teiera? - Domandò ancora non capendo Nic-
Sentiva che era contenta. Che stava letteralmente sprizzando felicità da tutti i pori. E se magari si fosse concentrato un attimo avrebbe anche compreso cosa volesse farci con una teiera.
Ma aveva la testa altrove. Tra i suoi problemi. E nonostante sembrasse concentratissimo nella conversazione, stava ascoltando soltanto con un orecchio.
Per questo non capiva.
E se An fosse stata più attenta si sarebbe accorta che qualcosa, in quel preciso istante, non andava.
Ma era troppo presa dalla situazione.
 - Fratello, ma che domande. Io non ci faccio niente con una teiera. Io mi travesto da teiera.
Lui la guardò come per chiederle se fosse stupida. Ma lei, talmente felice, lo ignorò, o forse semplicemente non lo vide.
La madre non aveva pensato alla teiera. Lei aveva pensato alla tazza da te. O magari al libro. Le erano venute queste due idee. Ma pure quella le piaceva.
Sapeva che sua figlia avrebbe avuto, come voleva, un lampo di genio.
Ed il lampo di genio era arrivato. Forse un po' spinto, ma era arrivato.





 

Ciao mia bella gente!
Vorrei dire un paio di cose riguardo
questo capitolo.
1) In questo capitolo c'è tanto di me.
A partire dal fatto che pure io mi sono
travestita a Carnevale da teiera.
Quindi ci tengo particolarmente.
2) Questo capitolo, per quel poco che vale,
è un regalo per una persona
che mi è stata tanto accanto
senza nemmeno accorgersene
e che conosco da sei mesi esatti.
Love you, Mar.
Niente, ora posso dileguarmi.
Sempre con tutto il mio amore,
Vostra Luce.

   
 
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