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Autore: Subutai Khan    15/02/2013    3 recensioni
Vecchianza per tutti.
I giovinciuelli di Nerima crescono, si accoppiano, figliano e invecchiano.
Vediamo un po' cosa combinano. Perché non penserete che bastino un po' di acciacchi per fermare questi tizi scatenati, spero.
E preparatevi a conoscere Misaki ed Akira.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Ryoga Hibiki, Ukyo Kuonji
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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23 maggio 1995.
“Ranma, Ranma! Vieni, c’è qualcuno che vuole conoscerti”.
Ti ascolto moglie, non hai bisogno di assordare l’intero corridoio. Poi le infermiere, per qualche motivo non ben precisato, guardano male me.
Spalanco per bene la porta, visto che di passare per la minuscola fessura che mi consentiva di sentire non se ne parla. Sarò anche un maestro di arti marziali di eccellente livello, ma diventare elastico ancora mi manca.
Ed entro.
La mia Akane mi sorride radiosa.
Eccola, la stringe fra le braccia.
Mia figlia. Nostra figlia.
Ben arrivata, Misaki.
Mi avvicino al letto. Do una carezza sulla testolina della piccola e una sulla guancia della sua prode mamma.
Sono orgoglioso di lei. È stato un parto difficile, con un travaglio durato un’intera giornata. Stamattina ha cominciato ad accusare le contrazioni e l’abbiamo subito portata qui, all’ospedale. Ma la bimba non si decideva ad uscire. Spingeva, spingeva come una forsennata ma non usciva.
Ad allungare l’orecchio da una stanza vicina si poteva pensare che stessero squartando Akane con una sega elettrica da tanto che urlava.
Ma è andato tutto bene, alla fine. Non è stato facile, ma il mio maschiaccio è in grado di fare questo ed altro.
“I nonni dove sono?”.
“Sono rimasti in sala d’aspetto. Fremono dalla voglia di vederla ma mi hanno concesso l’onore di essere il primo. E mi sembra anche il minimo”.
“Guardala, non è un tesoro anche se sta dormendo?”.
“Ha preso tutti i lati migliori di sua madre. Spero solo quelli, che di tornado in casa me ne basta uno”.
Sorride nonostante la frecciata. Si vede benissimo che scoppia d’amore per quel fagottino rosa. Vedi di non rubarmi la mia porzione, ci ho messo del mio.
Faccio per prenderla in braccio ma Akane la scosta. Con gentilezza mi dice che vorrebbe tenerla ancora un po’. Acconsento senza proteste, non ho nessuna voglia di rompere questo idilliaco quadretto con i putti e i rami d’edera.
Chi l’avrebbe mai detto che Akane Tendo sarebbe stata una mamma così affettuosa? Io no di certo, ma si sa che sono l’ultimo scemo del villaggio per queste cose e quindi faccio poco testo.
Mi siedo sulla sedia posta a lato del letto, ovviamente mettendo lo schienale davanti, e mi accuccio nell’osservarle. Sono un tale concentrato di bellezza e poesia che farebbero venire la carie anche ad un oni.
“Ciao, Misaki. Io sono mamma Akane e quest’omone brutto e cattivo vicino a noi è papà Ranma. Adesso puoi solo ciucciarti il dito e piangere, ma fra qualche anno scoprirai quant’è bello e vasto il mondo. Conoscerai un sacco di gente meravigliosa, stringerai amicizia, ti innamorerai e sarai felice. Io e papà ti saremo sempre accanto e ti accompagneremo passo passo in questo splendido viaggio. E nessuno si permetterà di dirti cosa devi fare, come devi essere, chi devi amare. Se vorrai farci il piacere di continuare la tradizione di famiglia e di studiare l’Arte noi ti sosterremo. Se vorrai diventare un pescecane della finanza come quella sagoma di tua zia Nabiki noi ti sosterremo. Se deciderai che vuoi giocare a baseball o a calcio per il resto della tua vita noi ti sosterremo. Non ci saranno limiti, non ci saranno imposizioni. Io e Ranma, in tanti campi, siamo cresciuti con un laccio attorno al collo e non permetteremo che nostra figlia subisca lo stesso peso. Sarai libera. Potrai fare quello che vorrai, quando vorrai. Bada solo a non tornare a casa troppo tardi, e non perché sia inappropriato per una signorina ma perché ci faresti morire di crepacuore dalla preoccupazione. E se la persona per cui perderai la testa si chiamerà Ai invece di Yusuke... beh, non sarà un problema. Quel che conta è che tu sia sempre te stessa, in qualunque situazione e di fronte a qualunque altra persona. Ti voglio bene, mia pietra preziosa”.
...
Io... io sono commosso. Questo discorso ha svegliato in me sensazioni che non mi credevo capace di provare.
Amore paterno e orgoglio per il sangue del mio sangue.
Voglio tenerla. Devo avere un contatto fisico con lei o rischio di esplodere.
“Akane, per favore... dammela”.
Si volta verso di me, stupita dalla forza che pare abbia messo in quelle parole. Devo essere particolarmente buffo perché trattiene a stento una risata.
“Ranma, diventare genitore ti ha reso strano”.
Sarebbe un buon inizio per un bel battibecco dei nostri. Però è meglio evitare, innanzitutto perché non voglio che il primo ricordo di Misaki sia questo, e poi perché gliene devo una per la storia del tornado.
“Forse. Ora, gentilmente, posso prendere in braccio mia figlia?” fingo di suonare scocciato. Non riuscirei ad arrabbiarmi neanche di fronte alla peggiore delle onte. Non adesso.
“Certo. Per metà questo gioiello è merito tuo”.
Quando la stringo...
No, non sto piangendo. È che mi è entrata una bruschetta nell’occhio.

8 luglio 2037.
E così alla fine sei giunto, maledetto.
Il momento dell’abbandono. Il momento dell’addio. Il momento in cui tutto finisce.
Lo so che non volevi e che, avessi potuto scegliere, saresti rimasta ancora qui con me. Quaranta e passa anni di matrimonio lo hanno testimoniato a pieni polmoni.
Purtroppo qualcosa ha deciso diversamente.
“Sua moglie ha subito un ictus ischemico causato da una cardioembolia. Abbiamo effettuato, come da regolare iter terapico, una trombolisi ma purtroppo non sembra sufficiente, all’attuale stato clinico. Naturalmente proseguiremo con le cure e...”.
“Del suo tecnicese non m’interessa nulla. Mi dica solo due cose: se è grave e se si salverà”.
“Perché hanno mandato me invece di quella faccia di bronzo di Kasawa? Io non sono capace di mentire ai parenti. Sono costernato nel doverle comunicare questa notizia ma sì, è grave e difficilmente si salverà. Anche dovesse succedere ne porterà su di sé le conseguenze”.
“Quali... quali conseguenze?”.
“Al momento è presto per stabilirlo con precisione, ma potrebbe... oh santi kami, odio dover dare queste notizie. Potrebbe... perdere totalmente la sensibilità in metà corpo, o peggio rimanere paralizzata...”.
Avrebbero potuto schiacciarmi con la torre di Tokyo che sarebbe stato meno doloroso.
Quest’annuncio mi è stato dato una settimana fa. Da quel momento non hai più aperto gli occhi.
È solo questione di tempo, oramai. I dottori si sono fatti cupi duranti gli esami e non li sento mai parlare di guarigione, solo di situazione stazionaria nel migliore dei casi.
Da una parte, sarò onesto, la cosa non mi meraviglia poi troppo. Siamo anziani ormai e queste disgrazie, alla nostra età, succedono. Dall’altra mi sento morire ogni volta che metto la testa dentro la tua stanza.
Come adesso.
Mi avvicino al letto e con lentezza sistemo una sedia per accomodarmici. Da decenni ho perso quella brutta abitudine di mettermi in posizioni strane e ho imparato a stare composto come una persona normale.
Non posso fare a meno di accarezzarti e, tipo flash, rivedo questa stessa mano che compie lo stesso gesto il giorno in cui è nata Misaki. Con solo più vene varicose.
Stesso ospedale. Stesso paziente.
Destino, sei crudele.
A proposito di Misaki, dove...
“Papà”.
Oh, eccola finalmente. Non ho la forza di girarmi verso di lei, non ho la forza di fare niente. Pertanto non muovo un muscolo mentre arriva ai bordi del letto e afferra la mano di sua madre.
È evidente che stringe alla ricerca di una risposta che, puntualmente, si fa attendere. Io ho smesso di avere speranze già da un po’ e penso che, per quanto atroce, dovresti fare lo stesso. Sarà più facile lasciarla andare.
Sei bravo a fare il baldanzoso nella tua testa, Ranma. Ne vogliamo riparlare di fronte al fatto compiuto?
Tsk. Eccola, quella fiamma all’altezza del petto che prende a bruciarti ogni volta che pensi all’idea del distacco dalla donna della tua vita.
“Mamma, io... io... perché? Non voglio che tu te ne vada e sono sicura che neppure tu lo vuoi. Guarda papà. Lo stai distruggendo. Ha passato gli ultimi sette giorni vivendo fra queste mura asettiche e... no no, cancella tutto. Sono ingiusta nei tuoi confronti, scusa. Non posso rinfacciarti niente. Sei stata la madre più generosa, altruista e amorevole del mondo. E per ringraziarti di tutto quello che hai fatto per me risponderò, a distanza di quarantadue anni, al discorso che mi hai fatto quando sono venuta alla luce. Ovviamente non lo ricordo coscientemente ma me l’hai riferito tante di quelle volte che potrei recitarlo quasi a memoria. Ebbene, devo bacchettarti perché sei stata bugiarda. Avevi dipinto la strada che mi attendeva come un immenso parco giochi fatto solo di allegria e facce amiche. So che hai mentito per il mio bene, ma col senno di poi l’ho trovato scorretto. Non mi hai preparata ad eventi come la morte dei nonni o le delusioni sentimentali. Ok, ora con Haga-kun va tutto bene ma c’eri quando ho passato intere nottate a piangere perché mi avevano respinta. Sì, c’eri. Accanto a me, ad accarezzarmi questi capelli rossi e a buttarti anima e corpo nell’opera consolatoria. Ogni singola volta. Anche in età avanzata non mi hai mai fatto mancare il tuo supporto e la tua presenza, nonostante gli acciacchi e la tosse cronica. Finora ho camminato con una stampella insostituibile che sta prendendo la via dello Yomi e lascerà due crateri incolmabili in me e in suo marito. Spero di essere stata quello che ti aspettavi, anche se non ti eri fatta particolari attese. Almeno sono sicura di averti resa felice quando ho preso in mano il dojo, portando avanti il lavoro vostro e di nonno Soun. Ti risplendevano gli occhi quando praticavo e saperti soddisfatta di quanto vedevi mi riempiva di gioia. Sapere che eri orgogliosa di me e di cosa avevo scelto per la mia vita... non hai idea di quanto mi facesse sentire realizzata. E anche se non ho mai smesso di farti penare e preoccupare e disperare so, so per certo che mi hai voluto bene fino all’ultimo. Mancherai alla tua pietra preziosa, che senza di te sarà un po’ meno lucida”.
...
La piantate, voi donne, di rendermi un ammasso di lacrime?
   
 
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