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Autore: Hoshi98    15/02/2013    6 recensioni
regno di Maxiria. Il sovrano è Kio, ma la rivolta serpeggia tra la popolazione. Tutti hanno nostalgia del re precedente, Refel, nonostante sia morto ormai da circa venti anni. La leggenda narra che, dopo l'affondamento della nave i due gemelli del re si siano salvati. Il sole e la luna, come le loro voglie. Riusciranno tra difficoltà e ostacoli a tornare sul trono che gli spetta, o verranno sopraffatti dal potere di Kio e di suo figli Aymek? è la mia prima storia... spero vi piaccia!
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quella sicurezza nell’arrivo di Zaffira del giorno precedente era sparita.
Era già tarda mattina e non si era ancora presentata, che lo avesse preso poco sul serio?
Quella notte lui aveva dormito poco, pensando a come sarebbe potuto tornare a fare la sua vita normale sapendo di essere il figlio del vecchio re e quindi legittimo erede al trono. Soprattutto pensava a Zaffira l’unica ragazza che gli avesse dato tutta quella confidenza al loro primo incontro.  Di solito lo reputavano uno spaccone capace solo di passare le serate nelle taverne. Lui in parte era davvero così, ma c’era anche un lato del suo carattere, coraggioso e ottimista che era accessibile solo a lui, perché non aveva ancora trovato un vero amico, uno con cui potersi confidare senza la paura di essere giudicato.
Dal primo approccio, Zaffira, le era sembrata diversa, non come una possibile conquista, ma come una vera amica.
Probabilmente si era illuso, ma in quella mattina mentre dava sfogo ai suoi più cupi pensieri e guardava le onde infrangersi sulle scogliere, appoggiato alla barca del padre, vide nitida la figura della ragazza venire verso di lui dalla parte opposta del mare, ovvero da Brelli.
Quando si avvicinò di più seppe con certezza che era lei.
 Si alzò e frenò l'impulso di correrle incontro per la felicità di rivederla. Questo voleva dire che gli aveva creduto.
Indossava una maglia rosa pallido, con i soliti pantaloni larghi, questa volta di un blu intenso, con una cinta di raso. Alcuni braccialetti d'oro le tintinnavano ai polsi e  portava i capelli lunghi e lisci legati in una coda. Milo pensò che sembrava una di quelle modelle scolpite nelle sculture, era stupenda, cercò di trovare una somiglianza in lui, in quel fisico così imponente, a differenza della sua gemella, così minuta. Si sentì inadeguato, ma decise di iniziare a parlare per primo
- Allora sei venuta, cominciavo a perdere la speranza! -
- Sì ho avuto dei problemi con mio padre che non voleva farmi uscire da sola, ma poi sono riuscita a convincerlo, anche se ovviamente non gli ho detto che sarei uscita dalla città, non avrebbe mai acconsentito, dice sempre che potrei incappare in qualche bandito nel bosco. -  
- Ha ragione il bosco pullula di brutti ceffi. Di certo se vedono un ricca mercantessa che passeggia da sola, potrebbero rapinarla e magari farle del male. Hai corso un grosso rischio a venire qui da sola. Ieri quando ti ho detto di incontrarci al mio villaggio non avevo pensato a quest’evenienza, sono stato uno stupido! -
- Non ho di certo bisogno della scorta per viaggiare nel bosco, stai tranquillo.  Ora penso sia meglio andare da questa vecchia signora di cui mi hai parlato, così potremmo farci spiegare bene questa storia. -
Milo notò con piacere che una volta superato il primo approccio iniziale in cui era dolce e delicata, rimaneva la prima qualità mentre la seconda veniva sostituita da un carattere coraggioso che li accomunava. Questo lo mise di buonumore mentre la accompagnava a casa sua, dove alloggiava anche la donna che gli aveva raccontato la storia.
Partendo dalla spiaggia fecero la strada che aveva fatto Zaffira  per arrivare al mare, al contrario, in modo da attraversare tutto il villaggio e dirigersi verso la casa di Milo. L'agglomerato di case di pescatori era quasi deserto, perché  tutti gli uomini erano fuori con la barca a pescare e molte donne erano al fiume per raccogliere l'acqua e lavare i vestiti.
I genitori del ragazzo erano tra queste due categorie, quindi nella casa che raggiunsero dopo dieci minuti di camminata c'era solo la vecchia.
La casa di Milo era la più grande del villaggio, costruita di solido legno con quattro stanze, ed un piccolo giardino sul retro dove la madre coltivava alcune verdure. Nonostante la sua grandezza e solidità non poteva competere con quella a due piani e ristrutturata di recente di Zaffira.
Appena si entrava c’era una stanza centrale con un solido e rustico tavolo di legno di quercia con quattro sedie ed un camino sul quale non bruciava nulla perché era primavera.
Nella stanza centrale c’erano quattro porte che portavano alla camera da letto di Milo, a quella dei suoi genitori, alla stanza per il cucito della madre, dove venivano accatastate anche le reti e fungeva anche da magazzino, e alla stanza dove dormiva la donna.
Entrarono dalla porta di quest’ultima e un inebriante profumo di erbe invase le loro narici. La vecchia era distesa su di un amaca e sembrava assopita. Milo constatò che non si era mai preoccupato della donna e non si era neanche interessato al suo nome. Per lui era solo una presenza che in cambio di vitto e alloggio puliva e sistemava la casa, in orari in cui non c’erano e mangiava sempre in camera sua, dove non si era mai chiesto cosa facesse. Provo un impulso di vergogna nei suoi confronti, ma poi decise che dovevano parlarle a tutti i costi.
- Scusatemi - le disse svegliandola . - Salve, sono Milo, figlio di Retin. -
La vecchia lo interruppe alzando una mano ed avvicinandosi a loro esponendo il suo volto alla luce che emanava il camino che anche lei aveva in camera, però il suo era acceso.
Indossava un vestito marrone che le arrivava fin sotto le caviglie, sopra di esso aveva un grembiule grigio. L’unico gioiello che possedeva era un anello da mignolo, d’oro. Il suo volto era solcato da molte rughe che dimostravano un età tra i settanta e gli ottanta anni, i suoi occhi di un colore tra il grigio e il celeste erano penetranti, un tempo doveva essere stata una donna bellissima.
Lei  disse quasi con sdegno:
- so chi sei, anche se tu non sai chi sono io e non ti è mai importato saperlo, ma ora visto che ti  sei degnato di venirmi a parlare dopo due anni di convivenza ti dirò come mi chiamo, io sono Petra. -
Milo rimase inebetito dopo il suo intervento e Zaffira preferiva ascoltare la loro conversazione in silenzio, non voleva intromettersi, la vecchia sedendosi di nuovo:
- se sei venuto qui,  però c’è un motivo, o sbaglio?  Parla ragazzo e poi lasciami riposare. -
Milo nonostante la freddezza della donna si decise a rispondere.
- Si è vero, c’è un motivo, sono venuto qui insieme con la mia amica perché la storia che ci avete raccontato due sere fa mi ha molto colpito, e ho scoperto una cosa che devo assolutamente dirvi. - - - Su avanti parla - disse Petra evidentemente ansiosa di stendersi di nuovo sulla sua amaca.
- Ho notato una strana voglia sulla mia mano destra, ed anche sulla mano sua mano proprio come avete descritto voi nella vostra storia. –
Intanto anche Zaffira si era avvicinata.
Petra rimase sconvolta, si vedeva, era rimasta come pietrificata e con gli occhi sbarrati. Si sedette, come chi teme di svenire. Mentre riprendeva il controllo di sé chiese a Milo e a Zaffira di mostrarle le mani. Una volta visti i loro palmi era decisamente più interessata.
- Come ti chiami?- chiese alla ragazza mentre si rialzava con le difficoltà dovute alla vecchiaia e si dirigeva verso una cassa che arredava la sua stanza insieme all’amaca, al camino ed un tavolo. La aprì e prese due pergamene arrotolate.
- Zaffira. -
Soffiò via la polvere da quelli che sembrava un documento e lo appoggiò sul tavolo con molta cura. Fece cenno ad i due ragazzi di avvicinarsi. L’odore di erbe che avevano sentito all’inizio si fece più forte.
 Arrivarono al tavolo e lo videro meglio nonostante fosse ancora arrotolato. Era scritto in una calligrafia fitta e frettolosa, come se fosse la brutta copia di qualcosa.
La donna abbassò involontariamente la voce:
- Questa è una copia segreta del testamento del re Refel, ovviamente non dite a nessuno che io li posseggo, altrimenti rischio la condanna a morte per tradimento. -
- Allora perché non l’avete mostrato al re? -chiese Zaffira
- Perché manca la firma di Refel e è scritto in una lingua a me sconosciuta, non potevo mostrarlo a troppe persone, a parte voi, che so che avete validi motivi per appoggiare il vecchio re, essendone i figli.-  - Guardate -
Sciolse la fragile cordicella che legava il documento e lo allargò sul tavolo, in bella vista. Entrambi i ragazzi lo osservarono attentamente. Era in una lingua che almeno per Milo era sconosciuta perché non sapeva né leggere né scrivere, a parte le cose non strettamente necessarie al suo lavoro. Neanche Zaffira lo riusciva a decifrare, nonostante sapesse leggere e scrivere, sia la lingua ufficiale del Regno di Maxiria che si parlava nella  regione centro e sud dell’isola, che l’idioma del nord, sotto il controllo di principi locali, comandati principalmente da Pirel, che era considerato il capo dei ribelli. Però quella lingua e la ricordava, l’aveva vista una volta da piccola. Allora disse
- So che lingua è, la usavano il vecchio re e la sua corte nei documenti ufficiali, se non erro si dovrebbe chiamare, appunto reale. -
- La sai decifrare? – poi aggiunse -  tanto so che Milo non sa neanche leggere, si capiva dall’espressione che ha fatto prima - disse Petra, con sarcasmo.
Milo finse una faccia leggermente imbronciata, che non riuscì a mantenere per molto tempo.
- Mi dispiace non so farlo, ma penso di conoscere qualcuno che ci può riuscirci -  - mio padre! - 
  
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