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Autore: Clairy93    17/02/2013    10 recensioni
Trieste. 1942.
Nel pieno di una guerra all'apice della sua degenerazione, i destini di due giovani, Massimo e Vera, si incroceranno in una calda giornata di settembre. Lui, giovane tenente dell'esercito italiano. Lei, diciannovenne ebrea.
Una storia di sacrifici, di dolore e paura dalla quale però l'amore può trionfare persino sulle ideologie inconfutabili e sui pregiudizi.
Genere: Guerra, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali, Olocausto
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Mi avevano portato via anche la luna'
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Le prime luci del mattino proiettano piccoli cristalli iridescenti sulle pareti della stanza.
Stropiccio gli occhi assonnati e mi metto a sedere, notando il letto vuoto e disfatto dei miei genitori.
Papà è già al lavoro insieme a zio Simone, sono entrambi impiegati statali, e mamma deve essere in cucina dai rumori che avverto dalla stanza accanto.
Raccolgo i capelli in una coda e mi sciacquo il volto.
Raggiungo la cucina e schiocco un bacio sulla guancia di mia madre la quale, come ogni sabato mattina, controlla accuratamente la dispensa trascrivendo su un ritaglio di carta tutto ciò che deve essere acquistato.
“Ci siamo solo noi due questa mattina?” le chiedo mentre mi accomodo sulla sedia.
“Zia è fuori a estirpare quelle orribili piante rinsecchite...”
Mamma mi porta una tazza colma di latte con dei biscotti e mi fa cenno spazientita di spostare i gomiti dal tavolo. Come spesso ripete: non saremo ricchi ma non per questo non bisogna rispettare le buone maniere.
“Gabriele sta ancora dormendo ma dovrò svegliarlo e mandarlo a fare la spesa.”
“Mamma, posso andarci io! E’ l’unico giorno di riposo per Gabriele, è giusto che si rilassi.”
“Vera, non sono tranquilla quando esci da sola...”
“Esco da sola tutti i giorni per andare al lavoro, mamma!”
“Perciò immagina la mia costante apprensione.”
Arriccio il naso.
“Mamma, sai che sono sempre prudente. Vorresti chiudermi in casa per il resto dei miei giorni?”
“Tesoro, certo che no…” si avvicina e mi dà un bacio sui capelli “Sono la tua mamma e mi preoccupo.”
“E sai che non ti fa bene angosciarti...” mi volto e sfoggio un sorriso rassicurante “Vado solo al negozio di alimentari.”
Le sfilo il foglio di carta dalle dita leggendo rapidamente le voci trascritte ed esco di casa salutando mia madre e zia Baba che mi sorride e mi lancia un bacio.

Metto sulle spalle il mio maglione per ripararmi dalla brezza mattutina e passeggio serenamente per le strade ammirando il cielo terso e limpido della mia città.
Appena chino lo sguardo mi fermo all’istante e strabuzzo gli occhi dallo stupore.
Sono in prossimità della graziosa villetta di fronte alla quale passo ogni mattina e sulla soglia di casa intravedo la governante che discute con…il tenente Massimo!
Non posso crederci. Accidenti ma cosa è venuto a fare?
La governante gli sbatte la porta in faccia e trattengo un sorriso mentre mi volto rapida e mi allontano spedita. Ma non riesco a compiere nemmeno un passo…
“Vera?!”
Rimango immobile per un istante. Vorrei cominciare a correre ma qualcosa mi fa supporre che non andrei molto lontano.
“Vera!”
Sento sempre più vicino il fragore della ghiaia calpestata dai suoi stivali.
Mi mordo il labbro e, dopo un lungo sospiro, mi volto sfoggiando un sorriso innocente che mi muore sulle labbra non appena osservo l’espressione accigliata di Massimo.
“Perché mi hai mentito Vera?”
“Non capisco di cosa tu stia parlando…”
D’accordo, mossa decisamente disperata. E dal suo sguardo sosterrei anche fallita miseramente.
“Lo sai benissimo! Ho bussato alla porta della tua presunta abitazione e una simpatica signora mi ha riferito che non conosce nessuna Vera. Non lo trovi strano?”
“Io non ti devo nessuna spiegazione. E poi cosa fai, mi sorvegli?”
Il suo atteggiamento mi irrita così decido di alzare i tacchi e andarmene.
Massimo è svelto e mi afferra per un braccio.
Io stringo il pugno e lo osservo inflessibile, cercando di ignorare la sua presa decisa sul mio polso.
Massimo se ne accorge e allenta la stretta, guardandomi mortificato.
“Ti ho ingannato Massimo, hai ragione. E mi dispiace. Non pensavo ci saremo rivisti e ho voluto farti credere che provenissi da una famiglia benestante. In realtà vivo poco lontano da qui, insieme alla mia famiglia in una piccola casa che condivido con i miei zii e mio cugino.”
“Ma perché mentirmi? Non avrebbe fatto alcuna differenza Vera.”
“Non ci ho pensato, ho agito d’impulso! Penserai sia la persona più matta che tu abbia conosciuto…”
“No, forse non la più matta!” ci guardiamo e sorridiamo “E poi sono felice di averti rivista.”
“Sei venuto apposta per incontrarmi?”
Massimo annuisce e finge di guardare da un’altra parte passandosi una mano tra i capelli scuri.
“Non potevo sopportare di non rivederti più Vera.”
Sembra che una scarica di felicità si propaghi piacevolmente dentro di me mentre ammiro i suoi occhi scuri fissarmi con tanta dolcezza. Forse questo mi permette di ignorare la mia agitazione e raccogliere il coraggio per proporgli di accompagnarmi nelle mie commissioni.
“Speravo me lo proponessi. Altrimenti non avrei saputo quale pretesto inventarmi per stare in tua compagnia.”

Ci avviamo e sono felice di aver incontrato Massimo.
Se i miei genitori sapessero che un soldato, e non vorrei trascurare il suo incredibile fascino, è venuto a cercarmi perché desideroso di rivedermi non smetterebbero di rivolgermi infinite domande e ne farebbero un affare di stato. 
E sento uno strano fermento dentro di me, forse proprio perché non posso farne parola ed è la prima volta che mi ritrovo in una situazione così… emozionante.
Massimo è alto, robusto…accanto a lui mi sento protetta. Il suo sorriso è sincero e mi dimostra attenzioni che mai nessuno prima d’ora mi aveva riservato.
“Ho qualcosa di imbarazzante sul volto? Continui a guardarmi.” chiede Massimo sorridendomi.
“No non hai niente. Ero quasi certa che non ti avrei più rivisto.”
“E il fatto che io sia qui, ti rende felice oppure no?”
“Sono contenta che tu sia venuto a cercarmi.”
“Ero molto indeciso inizialmente. Ammetto che credevo tu non mi sopportassi.”
“Forse all’inizio...” gli dico divertita, guardandolo di soppiatto per osservare la sua reazione.
“Ah sì? Proprio non riesco a capire cosa non ti piaccia di me.”
Massimo sfoggia un sorriso beffardo.
“Forse sei un po’ presuntuoso…ma credo sia solo per proteggere la tua immagine da tenente severo ed inflessibile che affascina molto le fanciulle.”
“In realtà vorrei conquistarne una in particolare ma temo di non piacerle…”
Sento le sue dita sfiorare le mie mentre i suoi occhi mi catturano dolcemente.
Abbasso lo sguardo e ritraggo la mano.
“Forse devi solamente permetterle di conoscerti meglio…”
Massimo mi sorride e mi indica un edificio alla sua destra.
“Questa è la caserma Vittorio Emanuele II. Io vivo qui.”
Un breve viale alberato conduce all’ingresso principale che delimita un’ampia piazza d’armi racchiusa da vari corpi di fabbrica. Le pareti sono rivestite da una muratura scandita da eleganti finestre ad arco. Al centro del cornicione osservo il grande stemma araldico della caserma.
“Cosa rappresenta lo stemma?”
Massimo sbottona un distintivo metallico dal bavero della sua giacca e me lo porge.  
“Lo stemma della caserma è riprodotto su questa medaglia. Riassume la storia del nostro reggimento. Questa metà riprende le insegne della Casa Savoia e invece questa parte raffigura la città di Trieste. Qui compare la corona turrita e questi nastri rappresentato le medaglie al valore militare concesse al reggimento. E se ti avvicini…riuscirai a leggere anche questa piccola iscrizione…”
Porto il distintivo più vicino e socchiudo gli occhi per leggere la didascalia.
“Fedele Sempre. Giusto?” sollevo il capo scoprendomi particolarmente vicina al volto di Massimo.
“E’ corretto.” mi risponde sorridendomi “E’ il motto del nostro reggimento.”
Ci rimettiamo in cammino raggiungendo il negozio di generi alimentari.
Massimo non fa altro che guardarmi mentre elenco al venditore i prodotti di cui ho bisogno e intravedo il suo sorriso sbarazzino dipinto sul volto.
“Allora signorina sono…374 000 lire.” dichiara l’uomo e spalanco gli occhi esterrefatta apprendendo la cifra totale.
“Ma signore, ne è sicuro? Mi pare una cifra esagerata per una spesa tanto modesta.”
“Signorina mi dispiace, siamo in guerra. I prezzi aumentano e non posso farci niente.”
Controllo il borsello e osservo tristemente il denaro al suo interno.
“Allora sono costretta a non acquistare qualcosa, non ho soldi a sufficienza.”
Tuttavia Massimo interviene prontamente e mi fa cenno di rimettere le banconote all’interno della borsa.
“Pago tutto io signore. E anzi, mi dia anche altre due pagnotte per piacere!”
“Ma sei matto?” gli chiedo sbalordita afferrandolo per un braccio e facendolo voltare verso di me “Lascia stare Massimo, per favore!”
“Hai detto che siete una famiglia numerosa, mi sorprendo come questa misera spesa possa bastarvi. Permettimi di farti un favore Vera.”
“Ti ringrazio ma non voglio il tuo aiuto, non saprei come restituirti il denaro.”
“Ragazzi potreste rimandare le vostre discussioni?" ci rimprovera il rivenditore "Io devo lavorare e state facendo aspettare gli altri clienti.”
Mi volto ed effettivamente alle nostre spalle si è formata una schiera di persone alquanto stressata per l’attesa.
Massimo mi sorride persuasivo e faccio un passo indietro abbassando lo sguardo.
“Non dovevi Massimo, ora sono in debito con te.” dico tristemente non appena usciamo dal negozio.
“E dai Vera, pensalo come un regalo.”
“Ti ringrazio, sei stato davvero gentile…”
“E’ stato un piacere.” mi dice allegro “Posso riaccompagnarti a casa?”
Annuisco abbozzando un sorriso.
Dopotutto non era necessario me lo chiedesse…Sono certa avrei accettato in ogni caso.

“Io abito in quella casetta laggiù.” dico a Massimo ormai in prossimità della mia dimora.
Massimo mi rivolge uno sguardo d’intesa e alzo gli occhi al cielo divertita.
“Sì quella è la mia vera casa!”
Massimo si incammina ma non appena osserva che non sono al suo fianco, mi guarda perplesso.
Gli sorrido dispiaciuta e lui mi si avvicina ridacchiando.
“Ho già capito Vera, non preoccuparti.”
“Scusami Massimo, ma non hai idea di quanto possono essere insistenti i miei genitori. Non vorrei ti facessero scappare…”
“Ci vuole ben altro mia cara Vera. E poiché dobbiamo salutarci, ne approfitto per invitarti a uscire con me domani sera. Cosa ne pensi?”
La sua proposta mi sorprende e per un momento mi sento smarrita.
“Io non…non lo so Massimo…”
“E dai Vera, non ti fidi di me?”
“Certo che mi fido ma…non è quello il motivo.”

Stupida, stupida Vera! Ma cosa caspita mi è passato per la mente?

“…Ho capito qual è il problema.” afferma Massimo avvicinandosi al mio viso.
“Lo sai?” chiedo agitata mentre i suoi occhi neri mi scrutano implacabili e mi incatenano al suo sguardo.
Massimo annuisce e mi sorride.
“Hai paura che ti porti in qualche postaccio pericoloso, non è così?”
Non riesco a trattenere una risata e chino il capo divertita.
“Dubito che lo faresti Massimo. Ma se ci provi, prometto che me la paghi.”
“Allora il tuo è un sì!” annuncia Massimo raggiante.

Perfetto, mi sono incastrata con le mie stesse mani…

“Ci incontriamo qui alle dieci. E non tardare signorina!”
Sfiora la punta del mio naso con un dito e si allontana gioioso.
“Massimo aspetta! Devo dirti una cosa!”
“Me la dirai domani allora!” mi urla di rimando.
“Ma è davvero importante!”
“Motivo in più per non darmi buca!” strizza l’occhio divertito e si volta salutandomi allegro con la mano.
Dovrei raggiunge Massimo, dirgli che ho cambiato idea, spiegargli che non posso uscire con lui e concludere questa farsa. Eppure non mi muovo, lo guardo semplicemente allontanarsi e sparire dietro l’angolo.
Devo essere completamente impazzita, penso mentre mi dirigo verso casa.

Apro la porta e appoggio la spesa sul tavolo della cucina salutando la mia famiglia.
Mi accorgo però che eccetto il ticchettio del pendolo, in casa regna il silenzio.
“Mamma?” controllo le stanze e il cortile sul retro. Nessuno è in casa.
Torno in cucina e noto un ritaglio di carta spuntare dalla borsa che ho posato sul tavolo. Lo sfilo e non appena riconosco la scrittura inconfondibile di mia mamma, mi porto una mano alle labbra e sobbalzo.
Esco svelta di casa e corro più veloce che posso.
Non ho più fiato e le gambe mi tremano ma raggiungo appena in tempo l’imponente sinagoga di Trieste.
Scorgo la mia famiglia poche file più avanti e mi avvicino a mia madre che mi rivolge un’occhiata di rimprovero.
“Mi vuoi spiegare perché ci hai messo tanto?” mi sussurra innervosita.
“Mi dispiace mamma, non ricordavo che oggi è lo shabbat. Appena ho trovato il tuo biglietto ho fatto il prima possibile per raggiungervi.”
A stento il mio respiro torna regolare e mi sistemo i capelli scompigliati dalla corsa.
“Non era mai capitato che ti dimenticassi dello shabbat Vera. Sai quanto è importante per noi! Non è proprio da te questo errore...” mormora indispettita.
“Mamma ti prego non farne un tragedia!” sibilo tra i denti “Ho solo fatto tardi…ho trovato tanta gente al negozio…”
Mamma mi osserva sospettosa e io strabuzzo gli occhi per implorarla di smetterla. Ho il sospetto che riesca a leggermi dentro…
Sento un pizzico sul fianco e scorgo Gabriele che mi saluta e gli sfioro l’avambraccio sorridendogli.
Cerco di concentrarmi sulla liturgia ma non riesco a ignorare lo sguardo assillante di mia madre.
“Non ti sei stancata a fissarmi?”
Mamma scuote la testa e i suoi occhi divengono due fessure che mi squadrano insistenti.
“Tu mi stai nascondendo qualcosa. Non sei brava a mentire Vera…”
Alzo gli occhi al cielo e sbuffo spazientita.
“Mamma smettila, ti prego. Non ritarderò più te lo prometto, ma per favore non tormentarmi!”
Durante lo svolgimento della cerimonia non faccio altro che pensare.
Avrei dovuto rivelare subito la verità a Massimo. Tuttavia non riesco a nascondere la mia trepidazione per il suo invito di domani sera.
Il problema sarà come convincere i miei genitori a lasciarmi andare.
Semplice, non mi permetteranno mai e poi mai di uscire!
Dovrò mentirgli e odio dire loro bugie, anche se in queste ultime ore sembra che io non abbia fatto altro…
Ma domani sarà l’ultima volta.
Racconterò la verità a Massimo e accetterò tutte le conseguenze che ciò comporta.
Perlomeno non dovrò più cercare di nascondere la verità, né a lui e né alla mia famiglia.
E Massimo sparirà dalla mia vita, dopotutto perché vorrebbe avere ancora a che fare con me, con un’ebrea?

   
 
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