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Autore: Gageta    17/02/2013    2 recensioni
Anno 1960.
Nella poco conosciuta cittadina di Snape, Inghilterra, nasce Sophie Stones.
All’apparenza una strega come tante altre, Sophie cresce insieme alla madre, aspettando il momento in cui potrà finalmente riunirsi a suo padre e fare ciò per cui è stata preparata fin da bambina: conquistare il mondo magico.
Tra magia, amicizie, amore e battaglie Sophie continuerà ad andare avanti per la via più buia finché qualcuno non la cambierà per sempre, riuscendo a smascherare il suo oscuro segreto.
«Non vi saranno altri Smistamenti alla scuola di Hogwarts» annunciò Voldemort. «Non vi saranno più Case. Lo stemma e i colori del mio nobile antenato, Salazar Serpeverde, basteranno per tutti, non è vero, Neville Paciock?»
«Non credo che siano tutti d’ accordo con voi su questo punto». […]
Sophie avanzava verso di lui, la folla che si faceva da parte per lasciarla passare. Aveva gli occhi arrossati come di chi aveva appena pianto molto e il viso stanco di chi non dormiva da giorni. Ma era tranquilla e determinata. Alzò lo sguardo verso di lui e lo guardò, fiera.
«Forse, prima di prendere decisioni affrettate, dovreste considerare alcune cose. Non credete… padre?»
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, Nuovo personaggio, Severus Piton, Voldemort
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Malandrini/I guerra magica, II guerra magica/Libri 5-7
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Figlia della Notte

Capitolo X

Una vincita inaspettata

L

o spogliatoio era immerso nel silenzio.

Nessun rumore turbava la tranquillità del luogo, a parte le urla provenienti dall’esterno. Gli della stanza, e i componenti della squadra di Serpeverde lì riuniti non davano segni di percepirli. Erano tutti seduti sulla stessa panca e guardavano il medesimo punto davanti a loro, e cioè il loro capitano Rupert Williams, che camminava nervosamente avanti e indietro per la stanza.

Solo una persona era estranea a sé stessa in quel momento: Rose Dounby fissava le proprie mani, morsicandosi le labbra per l’ansia. Tra i ragazzi riuniti nello spogliatoio era forse l’unica che riusciva a sentire tutto quello che avveniva fuori. Riusciva a sentire le urla di gioia del resto della scuola. Sentiva gli inneggi alle due squadre che si sarebbero sfidate quel giorno: Grifondoro e Serpeverde.

I cori che si innalzavano nell’aria erano gioiosi e ansiosi. Tutti, quel giorno, erano curiosi di sapere quale sarebbe stato il risultato della sfida tra le due Case. Tutti, meno che lei.

Era la sua prima partita e, come sarebbe capitato a chiunque nella sua situazione, era agitata. Si erano allenati duramente tutta la settimana, ma lei non si sentiva ancora pronta. Sapeva che tutti i suoi compagni di squadra avevano fiducia in lei e in quello che sapeva fare, e forse era proprio ciò il motivo del suo nervosismo. Sapeva che se non sarebbe riuscita ad aiutare la squadra li avrebbe delusi tutti, soprattutto Rupert, l’unico che aveva avuto fiducia in lei fin dall’inizio.

Proprio il capitano, in quel preciso istante, cominciò a parlare.

Rose non riuscì ad ascoltarlo, troppo intenta a rimuginare i propri pensieri.

Ad un tratto tutti i ragazzi si alzarono di scatto. Rose si guardò intorno, spaesata.

Mulciber le si avvicinò e le sorrise. «Allora, sei pronta?»

Rose sospirò di rimando e si alzò anche lei. Annuì poco convinta.

«Qualcosa non va?» le chiese il ragazzo, notando il viso pallido dell’amica.

Rose rimase un attimo interdetta, fissando la porta dello spogliatoio dove la squadra si stava ammassando, in attesa di uscire. Sì, aveva qualcosa che non andava. Si chiese per quale motivo avesse scelto di entrare a far parte della squadra. Forse, non era ancora pronta ad affrontare una situazione del genere. Ripensò a tutto quello che aveva fatto per arrivare fin lì. Ripensò ai duri allenamenti dei giorni prima e a quanto si era impegnata per far sì che quella partita non andasse persa invano.

Guardò Mulciber negli occhi e annuì nuovamente, questa volta con più convinzione. «Facciamo vedere a quei Grifondoro di che pasta siamo fatti…» sorrise.

«È questo lo spirito che voglio!» esclamò il ragazzo.

Al di là della porta dello spogliatoio le grida dagli spalti si intensificarono.

L’acuto suono di un fischietto risuonò nell’aria. La porta dello spogliatoio si spalancò. La squadra entrò in campo.

∞∞∞

 

«Ciao ragazze!» salutò Lily allegramente.

«Guarda un po’ chi si vede…» commentò Mary McDonald con una strana smorfia sul volto.

Lily, però, parve non farci caso e si accomodò sul divanetto vicino al fuoco della Sala Comune, il solito posto che occupava. «Venite oggi alla partita?» chiese poi sovrappensiero.

Le due ragazze Grifondoro si guardarono negli occhi, poi guardarono Lily che, ignara, giocherellava con un cuscino di velluto rosso.

«Sì, ci andremo. E tu? Con chi ci andrai?» la sfidò Marlene, sapendo già quale sarebbe stata la sua risposta.

Lily rimase un attimo paralizzata, fissando le due compagne di dormitorio. Poi arrossì violentemente e abbassò lo sguardo.

Mary sospirò e scosse la testa, lasciandosi cadere su un divanetto vicino.

«Come non detto…» bofonchiò Marlene con una punta di indignazione nella voce. «Ci andrai ancora con la tua amica?» disse, sottolineando l’ultima parola con forza.

«Magari non tiferà neanche per Grifondoro. Anzi, perché non chiedi a Silente di rifare lo smistamento? Se finisci a Serpeverde forse sei più contenta…» ribatté Mary, con la speranza che Lily negasse la sua affermazione e ribattesse dicendo che sarebbe andata alla partita con loro.

Ma non fu così.

Lily strinse i pugni e alzò lo sguardo guardando le due compagne con sorpresa. «La smettete? Certo che tiferò Grifondoro! Come potete pensare che io voglia essere una Serpeverde?»

Mary e Marlene si scambiarono un’occhiata. «Bè, sai... passi tutto il tuo tempo con Piton e la Stones…»

«E allora?» ribatté Lily.

«E allora? E allora? E allora cosa?». Mary spalancò le braccia, come a voler sottolineare le sue parole. «Ma ti senti quando parli? Sai quello che dici, o no?»

Lily rimase un attimo stupita dalla risposta dell’amica. Cominciò a percepire intorno a sé aria di litigio. Si morse un labbro, cercando le parole più adatte per tornare a discutere su toni più calmi. «Sentite… io non voglio litigare…»

Le altre due Grifondoro sbuffarono all’unisono. «È dall’inizio dell’anno che non fai altro che dirci “sarà per la prossima volta”, ignorando i nostri inviti e preferendo quel branco di Serpeverde a noi!».

«Io… io non preferisco loro a voi… è solo che… bè, Severus è il mio migliore amico e Sophie…»

«È la tua migliore amica?» la sfidò Mary.

Lily arrossì nuovamente e cominciò a tormentarsi le mani, nervosa. «È mia amica, ecco. È da più di un anno che io e Sev cerchiamo di convincerla a stare con me, e ora che ci sono riuscita…» si bloccò, senza sapere come continuare la frase.

«Come non detto» commentò Marlene.

«Quindi siamo le tue amiche di riserva? È questo quello che vuoi dire?» chiese Mary, assottigliando gli occhi.

Lily scosse la testa ma rimase in silenzio, senza sapere come ribattere, mentre gli occhi cominciavano a diventarle lucidi.

Marlene fece un cenno all’altra e le due se ne andarono in silenzio, senza salutare.

Appena prima di uscire dal buco nel ritratto, però, Marlene si voltò tristemente verso Lily.

«Quando avrai le idee più chiare noi siamo qui, ricordatelo. E ricordati anche che dei Serpeverde non ci si può fidare. Magari quando te ne accorgerai rimpiangerai di averci rifiutate adesso» concluse, e se ne andò.

Lily sospirò, mentre una lacrima le rigava il volto.

Era così difficile scegliere. Che poi, perché avrebbe dovuto? Non potevano essere tutti amici? Cominciava ad odiare le divergenze tra la Casa di Grifondoro e quella di Serpeverde. E anche i pregiudizi tra di esse. Non era vero che i Serpeverde erano inaffidabili, Sophie e Severus ne erano la prova. E anche Avery e Mulciber non erano da meno. In fondo, li aveva conosciuti e non erano niente male.

Sbuffò, mentre sentiva il lontano orologio della Torre rintoccare le dieci e mezza. Si alzò sovrappensiero e si avvolse nella sciarpa e nel mantello che riportavano i colori della sua Casa, Grifondoro.

Poi si avviò verso il buco nel ritratto, preparandosi ad assistere alla partita che avrebbe visto le due Case scontrarsi.

∞∞∞

Sophie aspettava nell’Ingresso, seduta in una nicchia nella parete, rigirandosi l’orlo del mantello verde tra le dita. Era arrivata in anticipo e neanche i compagni Serpeverde erano ancora arrivati. Il fatto era che il testo per Lumacorno si era rivelato più facile del previsto e aveva finito prima. Non sapendo che fare si era preparata e si era trovata una nicchia vicino all’ingresso dove ora aspettava da più di venti minuti.

Nel frattempo aveva visto passare di fronte a sé quasi metà della scuola. Prima tra tutte la squadra di Quidditch di Grifondoro al completo. Tra i componenti della squadra era spiccato particolarmente il giovane Potter, che si divertiva a giocherellare con un Boccino d’oro preso da chi sa dove. E il bello era che tutti lo guardavano ammirati, come se fosse stata la loro pietra preziosa, colui che li avrebbe portati alla vittoria. In quel momento le era parso che per Rose e la sua squadra non sarebbe stato per niente facile vincere la partita di quel giorno. Non sapeva perché, ma aveva l’impressione che James Potter avrebbe riservato alla scuola intera una bella sorpresa.

Sentì il rumore di alcuni passi avvicinarsi.

Alzò di scatto la testa, sperando di vedere qualcuno dei suoi amici, ma invano.

Le due ragazze Grifondoro, Marlene McKinnon e Mary McDonald, scendevano le Scale d’Ingresso, parlando tra loro animatamente. Quando la notarono nella nicchia smisero immediatamente di parlare e la guardarono con odio. Sophie inclinò la testa da un lato e le fissò con una smorfia divertita sul volto. Non sapeva precisamente il motivo di tanto astio, anche se il solo fatto che fosse una Serpeverde diceva tanto, ma era quasi sicura che il motivo principale fosse un altro.

Mentre le due le passavano davanti, Mary le sibilò «Goditi la partita Stones…»

Sophie le guardò accigliata poi rispose «Anche tu McKinnon…».

Esattamente come pensava. Le due si erano nuovamente arrabbiate perché Lily si era rifiutata un’altra volta di stare con loro. Sorrise. C’era uno strano piacere ad essere invidiata da due orgogliose Grifondoro.

Se qualcuno glielo avesse detto solo un anno prima, Sophie si sarebbe messa a ridere e lo avrebbe liquidato senza tante storie. Eppure era successo. Quello che aveva pensato tanto impossibile era accaduto: Lily Evans, la giovane Grifondoro amica di Severus, era diventata amica sua. E non un’amica qualunque, tanto per far piacere a Severus. No, erano diventate amiche, nel vero senso della parola. Era strano, ma Sophie si trovava bene in sua compagnia. Forse perché negli ultimi mesi si era abituata alla sua presenza, o forse perché… bè sì, perché era lei.

Lily era una ragazza solare, che sapeva regalare allegria a chiunque le stava intorno. E la stessa cosa era successa a Sophie. Lily le trasmetteva allegria e spensieratezza, tanto che poteva perfino dirsi cambiata.

Altri passi risuonarono nell’atrio, ma questa volta Sophie era pronta e non fu sorpresa di scoprire che non erano i suoi amici Serpeverde, o meglio, non i Serpeverde che aspettava lei.

Regulus Black e un altro paio di ragazzi della sua età stavano attraversando l’atrio. Il giovane fratello di Sirius era particolarmente felice quel giorno. Sophie sapeva, grazie ai mezzi discorsi che aveva origliato senza volerlo in Sala Comune, che Regulus era particolarmente attirato dal Quidditch e, come Rose l’anno prima dopotutto, avrebbe voluto provare ad entrare in squadra l’anno seguente. Regulus le passò davanti e quando la notò le sorrise timidamente. Sophie lo salutò con un cenno del capo e il ragazzo abbassò lo sguardo rosso in viso.

Sophie sorrise sommessamente alla reazione del ragazzo e portò lo sguardo sulla ragazza che stava scendendo le scale in quel momento.

Lily Evans si guardò un attimo intorno, cercandola, e quando la vide le si avvicinò.

«Finalmente! Stavo quasi pensando di dover andare alla partita da sola…». Fu il salutò di Sophie.

Lily le sorrise «Figurati… di solito quando dico una cosa la mantengo…».

Sophie la guardò negli occhi e si accorse che la ragazza sfuggiva al suo sguardo, come se volesse nasconderle qualcosa. «C’è qualcosa che no va?» chiese.

Lily alzò distrattamente lo sguardo verso l’amica, poi scosse la testa velocemente, senza poter evitare però di arrossire lievemente.

Sophie si strinse nelle spalle, poi capì. «Ho visto passare le tue amiche prima…»

«Ah… ti hanno detto niente?» chiese Lily titubante.

Sophie sorrise sommessamente. «Mi hanno detto di godermi la partita».

Severus scese le scale in tutta fretta, cercando di farsi largo tra la folla di ragazzi che, come lui, si stava dirigendo verso l’Ingresso. Tra i ragazzi privilegiavano i colori rosso e oro di Grifondoro e il verde e l’argento di Serpeverde. Chiacchieravano tutti sull’imminente partita e passando, Severus colse alcuni stralci di frasi o scommesse su chi avrebbe vinto.

Quando finalmente raggiunse il Salone d’Ingresso il ragazzo si fermò, cercando con lo sguardo le due amiche. Dopo qualche minuto le avvistò in un angolo, che chiacchieravano amabilmente.

Con un sospiro di sollievo si avvicinò alle due e le salutò allegramente.

«Eccolo qui!» replicò Lily in risposta con un largo sorriso dipinto sulle labbra.

«La prossima volta vedi di prepararti prima, anziché stare fino all’ultimo a studiare…» aggiunse Sophie, atona.

«Scusatemi…» borbottò Severus.

«Avery non viene con noi?» chiese poi Sophie, non vedendo arrivare l’amico dietro Severus.

«No, Avery è già al campo. Ha accompagnato Mulciber» spiegò Severus.

Dopo di che si unirono al resto degli studenti e uscirono all’aria fredda del mattino.

Camminarono fianco a fianco nel parco di Hogwarts parlando del più e del meno. Ad un certo punto Sophie ripensò alla squadra di Grifondoro passata prima nell’atrio. «Ma, Lily, che tu sappia, che cosa nasconde Potter? Prima è passato con la sua squadra e sembrava abbastanza sicuro di sé… anzi, anche troppo secondo me».

Lily sembrò sorpresa della domanda. «Non lo so… so solo che è il nuovo Cercatore, tutto qui».

Severus, che al solo sentir nominare il ragazzo aveva storto il naso, commentò «Data la sua arroganza credo che si sentirà il re del mondo solo per essere parte della squadra…»

Le ragazze risero al commento dell’amico.

Si ritrovarono alla fine davanti all’ingresso del campo di Quidditch. Dopo una breve discussione salirono le scale sulla loro destra e si ritrovarono nell’ala est degli spalti del campo. In seguito a un suggerimento di Lily, i tre salirono più su e presero posto a circa metà scalinata. Da lì si riusciva a vedere tutto il campo, anche se, forse, l’aria fredda che sferzava loro il viso non era tanto piacevole.

Sophie si strinse nel mantello e si sistemò la sciarpa, cercando di coprirsi il più possibile. Ci mancava solo che si prendesse qualche malanno.

Nel giro di una decina di minuti gli spalti si riempirono di gente, e alcuni gruppi di ragazzi appassionati cominciarono a intonare cori di incoraggiamento alle proprie squadre. Sophie vide in giro per le tribune cartelli colorati di ogni tipo. Ne notò uno in particolare, proprio dall’altro lato di fronte a sé. Era uno striscione rosso e oro e vi era scritto sopra: “Potter sei tutti noi”. Fu con una mezza risata che scoprì che dietro di esso c’erano Mary McDonald e Marlene McKinnon. Con un cenno fece notare la cosa a Lily, che si morse un labbro e sorrise timidamente.

Sophie non sembrò fare caso all’imbarazzo dell’amica e commentò amaramente «E tu dovresti stare con quelle? Guarda quanto si rendono ridicole a urlare a quel modo…». Ed era vero: le due giovani Grifondoro stavano urlando a squarciagola il nome della loro squadra e agitavano le braccia in alto a ritmo del coro.

Lily, del canto suo, si strinse nella sua sciarpa rossa e oro e evitò di commentare.

Avery si unì al gruppo di amici poco dopo, dicendo che la partita stava per iniziare e che lo avevano cacciato dallo spogliatoio.

Infatti non dovettero aspettare molto, che un fischio risuonò per il campo, e gli studenti cominciarono a inneggiare ancora più forte di quanto non stessero facendo prima. Sophie si ritrovò a sbuffare infastidita, cercando di coprirsi in modo da non dover diventare sorda per il troppo rumore.

Vide la squadra di Serpeverde entrare in campo, dalla parte opposta rispetto a dove si trovava lei, e scorse senza fatica la figura minuta di Rose, che stonava tra quegli armadi che si ritrovava come compagni di squadra. Erano tutti in fila indiana, preceduti dal capitano, Rupert Williams. Contemporaneamente entrò in campo anche la squadra di Grifondoro, esattamente sotto alla tribuna dove sedeva Sophie, tanto che la ragazza si accorse della loro presenza solo quando raggiunsero la metà campo.

I due capitani si strinsero la mano, poi i giocatori delle due squadre inforcarono le proprie scope e vi si misero a cavalcioni, pronti a partire.

Il professor Boris, responsabile di tutto ciò che riguardava il Quidditch nella scuola e in quel momento arbitro della partita, si fece avanti nel campo fino a raggiungerne il centro. Con un’ultima occhiata alle due squadre alzò il fischietto e un nuovo fischio risuonò per il campo, mentre lanciava la Pluffa in alto.

Sophie si preparò a sorbirsi ore di noiosissima partita, e incrociò le braccia al petto.

Il Cacciatore di Serpeverde Bruce Jarrel fu il più veloce e riuscì ad afferrare la Pluffa per primo. Si fiondò quindi verso gli anelli dei Grifondoro. A metà strada venne però intercettato dal Cacciatore dei Grifondoro, che gli bloccò la strada. Bruce non si fece prendere dal panico. Al contrario, cercò tutt’intorno a sé finché non vide poco distante il compagno Rupert, anche lui braccato da un Cacciatore dei grifoni. Appena questi riuscì a liberarsi del Grifondoro, grazie a un Bolide inviato verso l’avversario direttamente da Mulciber, Bruce passò la Pluffa al capitano.

Rupert riuscì a schivare per un soffio un altro Bolide lanciato da un Grifondoro e si precipitò verso l’anello centrale, protetto dal portiere, il quale lo osservò stupito, cercando di capire quali fossero le sue reali intenzioni.

Sophie acuì la vista, cercando in tutta quella confusione l’amica Serpeverde. Si accorse quindi, che Rose non era andata avanti come i suoi compagni, ma era apparentemente rimasta indietro, continuamente tenuta sott’occhio da un giocatore della squadra avversaria.

Sophie non fece in tempo a chiedersi il perché di quella scelta quando, mentre Rupert era ormai a un soffio dalla porta avversaria, Rose si appiattì sulla propria scopa e partì a razzo verso il capitano.

Il ragazzo avversario che la stava tenendo d’occhio rimase un attimo sorpreso dalla reazione della ragazza, e fu lento a partire per inseguirla. Nel frattempo, infatti, Rose era già a metà campo, schiacciata contro le tribune, probabilmente per non farsi vedere dai giocatori Grifondoro.

Sophie rimase spiazzata, quando con un agile mossa Rupert si girò e lanciò la Pluffa verso Rose che afferratala sfrecciò vero l’anello destro e con un semplice tirò centro perfettamente il cerchio d’orato, lasciando di stucco il portiere Grifondoro.

Gli spalti popolati dai Serpeverde sembrarono vibrare sotto le urla gioiose dei ragazzi che saltarono in piedi dalle loro panche e cominciarono ad agitare i propri striscioni e a ripetere in coro il nome di Rose, che aveva già fatto il giro di metà campo a tutta velocità, in segno di vittoria.

Sophie fu forse l’unica a rimanere seduta, con gli occhi sbarrati per lo stupore. Non poté però fare a meno di applaudire all’amica. Questa volta l’aveva proprio sorpresa.

Grazie alla sua abile mossa, Rose diede vita alla partita e speranza ai Serpeverde, studenti sugli spalti e giocatori in campo. La partita sembrò scorrere più vivacemente e Sophie si lasciò travolgere dall’euforia dei compagni, tanto che si ritrovo in piedi ad applaudire quando Bruce Jarrel riuscì a segnare per la seconda volta.

Lei e Lily si divertirono a commentare la partita e il più delle volte si ritrovarono in disaccordo su vari aspetti. Sophie, infatti, sembrava essersi dimenticata che l’amica era lì per tifare la sua Casa, Grifondoro.

La partita sembrava filare liscia come l’olio per i Serpeverde, che accumulavano punti su punti, grazie alle abili mosse di Rose, che stava acquistando mano a mano che i minuti passavano sempre più popolarità e stima nei Serpeverde di ogni età.

Dopo un po’ però, Sophie si accorse che qualcosa non andava. Guardò per tutto il campo e infine lo trovò.

Il giovane Potter era a cavalcioni della sua scopa e si guardava intorno con frenesia, cercando evidentemente il Boccino d’oro.

Sophie sorrise. I Serpeverde erano in vantaggio di cento punti. Ancora cinquanta e recuperare il Boccino non sarebbe più servito a niente per i Grifondoro. Si ritrovò a incrociare le dita perché Potter non vedesse la piccola pallina d’orata ancora per un po’.

Non l’avesse mai fatto.

Nel giro di qualche secondo, Potter spalancò gli occhi e si gettò in picchiata verso il terreno. Sophie rimase un attimo senza respiro.

«Attenzione ragazzi! Potter sembra aver visto qualcosa!» esclamò il cronista di turno.

Sophie spalancò gli occhi e cercò. Alla fine lo vide. Il boccino d’orato era a poca distanza dal terreno, che svolazzava velocemente, zigzagando nell’aria.

Quando anche il cercatore di Serpeverde si gettò all’inseguimento era ormai troppo tardi. Con un accelerata pazzesca James Potter gli fu davanti e con mano salda afferrò il Boccino d’oro.

Sophie, in piedi per l’ansia fino a quel momento, si lasciò cadere sulla panca, mentre gli spalti dei Grifondoro esultavano, rischiando di romperle i timpani.

James Potter fece il giro del campo, stringendo allegramente la pallina d’orata tra le dita.

«E Grifondoro vince la partita per duecentocinquanta punti a centocinquanta!» urlò il cronista.

Al suo fianco, Avery si lasciò andare in imprecazioni, stringendo i pugni per la vittoria soffiata. «Non è possibile! Come diamine ha fatto? Uff…»

Sophie si prese la testa tra le mani e si afflosciò sulla panca, mentre Lily esultava insieme agli altri Grifondoro. Si dovette trattenere dall’urlarle qualcosa per farla star zitta, tanta era la rabbia che si sentiva addosso.

Guardò James Potter atterrare tra i festosi compagni e non poté fare a meno di ripensare al momento in cui l’aveva visto passare nell’atrio: forse la prossima volta era meglio se evitava di pensarle, certe cose.

 

 

Angolo autrice:

*tira un sospiro di sollievo*

Non ci credo… l’ho pubblicato? Cioè, ho pubblicato finalmente il nuovo capitolo?

Ah… ehm… sì, insomma, me la sono presa un po’ comoda. Però non vi ho abbandonato! Che sia chiaro, non lo farò se non previa dichiarazione. Quindi non temete, prima o poi vi metterò anche il prossimo capitolo.

*schiva i pomodori*

Ok. Che dire? Non so neanche io perché ci ho messo così tanto. Mi sa proprio che ho avuto un bel blocco… Ma lasciamo perdere, l’importante è essere qui ora no?

Bene, e ora commentiamo il capitolo.

Mi dispiace, ma ho dovuto farlo. Purtroppo, che ci piaccia o no, Potter rimane sempre un ottimo Cercatore e la partita ho dovuto (per questa volta, sia chiaro) lasciarla vincere a lui. Ma Rose avrà il suo riscatto naturalmente, non temete.

Direi che con il prossimo capitolo possiamo anche passare all’estate e poi inizieremo con il terzo anno. Ci sarà un piccolo salto di tempo, ma dopotutto se faccio troppi capitoli per anno, primo, poi non so più che inventarmi per gli altri anni, secondo, diventa una storia ancora più lunga di quanto non lo sia già.

Come sempre ringrazio chi ha recensito e tutta quella brava gente che ha messo la storia tra preferiti/seguiti/ricordati (ma sapete che siete davvero tanti? xD).

Per ultimo, bè, se vi capita di fare un giretto per il forum di EFP, scoprirete che ho organizzato un contest (e sì, proprio io), intitolato “Esercizi di Stile contest”, con scadenza l’8 aprile. Se foste interessati…

Ok basta farsi pubblicità.

Vi saluto e vado a vedermi un bel film con la mia famiglia. Vi faccio gli auguri per passare una bella settimana e, a risentirci,

Gageta98

(ho anche scoperto come si scrive il mio nome in greco^^ - Γαα)

 

 

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