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Autore: __deep    18/02/2013    3 recensioni
Perché un braccio squartato non può essere l'inizio – no di certo – ma non può essere neanche la fine.
Non è l'inizio perché la voce è un sussurro – sussurro che diventa voce, poi pianto – ed urlo, di terrore o di angoscia, ma non morte.
Non è la fine perché la morte è un veleno – ti uccide lentamente e ti uccide attimo per attimo – dipende da te e da lei, è un sadico gioco di coppia dove lei ha il coltello dalla parte del manico, è uno stallo alla messicana quando la tua arma non ha più proiettili – ma la morte non è un braccio squartato.

E se Voldemort non fosse mai stato Tom Riddle? E se Tom Riddle fosse stato solo una marionetta nelle mani di qualcuno più forte di lui? Qualcuno di più terribile?. Tanti gli interrogativi. Troppi. Ma la morte è una ruota che gira - una sadica ruota - e ad un certo punto te la troverai sempre davanti. E per Harry ed i suoi amici è giunto nuovamente il momento di confrontarsi con essa. Fra avventure in terre mai esplorate e magie arcane, fra ombre del passato e delitti misteriosi, riusciranno a sopravvivere? Forse. Lo scoprirete soltanto leggendo.
Titolo provvisorio
Genere: Drammatico, Introspettivo, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley, Tom O. Riddle | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Violenza | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Era la bambina del primo anno.
Quella che assistette al duello con i Mangiamorte, quando si procurò quella ferita.
L'unica testimone di come fosse andata realmente la vicenda.
Ed anche lei sentiva quelle voci.
Harry sentì tutte le sue convinzioni sbriciolarsi in quell'istante.
Non era un attacco mirato a lui.
Anche la ragazza aveva bevuto il preparato vladeniyevskij?
Oppure le teorie di Sixis erano errate?
Harry decise di non spaventare la ragazzina, già terrorizzata di per sé e che si reggeva a stento in piedi.
«Come ti chiami?»
«S-Sarah. Sarah Kyle... t-ti prego, aiutami...»
Scoppiò in lacrime e si appoggiò ad Harry, che fece forza sulle braccia per impedirle di cadere.
«Tranquilla, Sarah, tranquilla, sono qui... devi dirmi una cosa, hai capito?»
La ragazza annuì.
«Cosa senti?»
Lei sembrò al contempo spiazzata ed ancora più intimorita.
«S-solo voci... da q-quella parte...»
Indicò con la bacchetta il fondo della Sala.
«Che tipo di voci?»
«N-non lo so... n-non mi lasciano in p-pace... s-sibili...»
Ogni parola era evidentemente per lei un grande sforzo fisico e psicologico.
Ogni fibra del suo corpo trasudava terrore ed angoscia.
«Sentimi bene, Sarah.»
Harry aveva un tono impaurito, ma secco e crudo.
«Tu ora prendi la tua bacchetta e vai di corsa al piano di sopra. Devi bussare all'ufficio del professor Sixis, di Difesa contro le Arti Oscure, nell'aula ventisette. Digli che senti le voci, e digli di scendere qui. Se non è convinto, digli che riguarda me, e che è cosa urgente, capirà. Fatto questo, ti chiudi nel suo ufficio e non ne esci finché né io né lui torniamo insieme da te. Tutto chiaro?»
La ragazza intimorita fece di sì con il capo.
«Ora vai, e fa' in modo che Sixis sia qui nel più breve tempo possibile... io... resto di guardia.»
Sarah strinse la propria bacchetta e schizzò via, fuori la Sala Grande, diretta verso il piano superiore.
Harry aveva rivelato il segreto dell'Incanto Fidelius.
Aveva generato un nuovo Custode Segreto.
Ma non se ne pentì.
L'aveva fatto in una condizione di estrema urgenza, e Sixis l'avrebbe capito.
Non avrebbe potuto lasciare la ragazzina da sola in ogni caso, e quindi, volente o nolente, sarebbe stato costretto a svelarle il segreto dell'ufficio di Sixis.
Tornò a concentrarsi sulla Sala Grande.
La solitudine e la paura aleggiavano nell'aria, rendendola pesante.
Ogni passo era un piccolo terremoto, ogni passo risuonava tetro nell'ombra, ogni passo aumentava il mistero intorno a quelle voci, ed a quella stanza.
Andò ad esaminarne il fondo.
Nulla.
Intorno alle clessidre piene di gemme che segnalavano i punteggi delle Case; sotto alle grandi panche dove i ragazzi sedevano per i pasti; vicino ai tavoli adagiati ai muri; dietro le pareti e dentro le librerie: nulla.
Quella stanza era completamente deserta.
Nulla era nascosto da nessuna parte.
Harry si sentì un idiota.
Aveva creduto a quella ragazza, le aveva svelato il Segreto e l'aveva mandata da Sixis, senza prove concrete.
Solo a causa del suo terrore, del suo mal di testa e della sua non piena lucidità
Come avrebbe potuto qualcuno intrufolarsi ad Hogwarts?
Neanche Voldemort c'era riuscito.
Era improbabile, anzi, impossibile che qualcuno lo facese!
Quelle voci dovevano essere effetto del preparato Vladeniyevskij, senza dubbio.
Forse, ne era stato somministrato anche alla ragazza, perché no?
Lei era l'unica testimone dell'avvelenamento di Harry, e Voldemort poteva aver deciso di farla fuori perché troppo scomoda.
In quella stanza non c'era nulla, e la mente della ragazza – troppo debole per affrontare gli effetti del Preparato –
si era lasciata sopraffare dagli effetti della terribile pozione mortale.
Era tutta un'allucinazione. Non c'erano voci provenienti dalla sala, non in quel punto, non per quel... «ARGH!»
DOLORE.
D'improvviso: DOLORE.
Atroce, come quello della prima volta.
Sempre lì, al braccio, terribile e straziante.
Si appoggiò ad una delle clessidre, e fece forza sull'unico braccio sano per non cadere a terra malamente.
L'effetto sedativo dell'amanita muscaria si stava esaurendo.
A breve sarebbe tornato a sentire le voci.
Proprio quello che voleva.
Combatté il dolore con tutto sé stesso per ragionare sui possibili sviluppi della vicenda.
Da lì a breve avrebbe potuto sentire di nuovo le voci.
Lui aveva una mente più preparata della piccola Sarah, certo, e non sarebbe caduto nell'inganno dell'allucinazione.
Avrebbe distinto il vero dal falso.
Avrebbe appurato che le voci non provenivano da quella sala.
Avrebbe appurato che come sempre venivano dal nulla.
L'avrebbe fatto.
O forse no?
Lo divorò quel dubbio.
Sarebbe riuscito a distinguere il vero dal falso?
E, se sì, fino a quando?
Gli effetti del Preparato erano lenti e progressivi: si manifestavano col tempo, aveva detto Septimus.
Fino a quando sarebbe riuscito a ragionare?
La fitta era sparita.
Iniziò a sentire un bisbiglio.
Il tanto odiato, ripugnante vocio che da settimane torturava i suoi pensieri stava tornando.
Decise che sedersi ad aspettare Septimus sarebbe stata la scelta più saggia.
Stare lì, in piedi, appoggiato ad una clessidra di cristallo ad ascoltare le voci, non avrebbe di certo giovato al suo dolore, né alla sua ragione.
Mosse due passi zoppicando, ed inciampò, cadendo goffamente in avanti.
In un mantello.
Vicino la base di legno della clessidra c'era, gettato in terra, un grosso mantello nero, che fino ad allora si era mimetizzato nell'oscurità.
Harry lo afferrò e lo osservò attentamente.
Constatò che non poteva essere di uno studente di Hogwarts, per due motivi: era enorme – veramente enorme – e non sarebbe potuto andar bene neanche al più alto dei ragazzi della scuola; ed era completamente nero.
Solitamente, le divise di Hogwarts avevano dei ricami in rosso, o in bianco, e nella maggior parte dei casi avevano anche cucito sulla manica lo stemma della Casa d'appartenenza, mentre quello, invece, era completamente nero.
L'unico segno distintivo era una toppa sul fronte, posta al centro del petto, con una croce incisa su di essa. Harry lo rigirò lentamente fra le mani, poi lo posò nuovamente al suolo.
Cosa ci faceva quel mantello lì in terra? Cosa significava? Di chi era? Perché era lì?
Tante domande gli si ammassarono nella mente.
Di nuovo la fitta.
Ragionare diventava sempre più difficile.
Harry zoppicò ancora fino alla prima panca, e vi si stese, supino.
Sperava solo che Sixis avesse con sé dell'altra amanita muscaria.
Doveva trovare una cura, o sarebbe diventato pazzo.
Cercava conforto.
Non importava quanto effimera fosse, ma voleva solo un po' di pace.
Chiuse gli occhi.
La stessa maledetta visione.
Non si era neanche addormentato.
Aveva solo chiuso gli occhi, eppure lo scenario delle precedenti visioni gli comparve davanti come se fosse stato reale.
Era di nuovo la stessa scena.
Il Mangiamorte morto, l'altro che corre, lo afferra e scompare in una nuvola nera.
Vitious che impreca, Charlie che balbetta, Bill che esulta.
Ma cos'era che la sua mente voleva fargli notare?
La prima volta, era solo quella scena. La seconda volta, erano gli occhi bianchi del Mangiamorte morto. E quella volta?
Il Mangiamorte morto, l'altro che corre, lo afferra e scompare in una nuvola nera.
In una nuvola nera.
Nuvola nera.
Nera.
Il mantello.
Il mantello!
Il mantello del Mangiamorte!
Lo stemma sfocato sul petto; il colore nero notte: era lo stesso, identico mantello che aveva trovato pochi attimi prima in sala grande!
Forse non lo stesso, forse un modello simile, ma era lui!
Indossato dal Mangiamorte morto. Quello dagli occhi di ghiaccio.
La scena si distorse improvvisamente.
Tutto divenne sfocato nella sua mente.
Si alzò ansimante.
Era sudato fradicio.
Le voci erano tornate in tutta la loro dirompenza.
Distruttive, ossessive, perseguitanti.
Nella sua testa.
Ma erano diverse.
Provenivano da qualche parte.
Non erano voci provenienti dal nulla.
Erano in quella stanza.
Stava cadendo anche lui in un'allucinazione?
La sua mente non era abbastanza lucida per trovare una risposta a quell'interrogativo.
Harry si alzò, e si sistemò il pesante mantello della divisa.
Di riflesso, afferrò la bacchetta e la tese davanti a sé.
Avanzò verso le clessidre.
Era da lì, da quel punto, che sentiva provenire le voci.
Guardò le clessidre.
I suoi nervi, già a fior di pelle, cedettero.
Un lampo rosso, e mandò in frantumi quella gialla di Tassorosso.
I topazi contenuti al suo interno caddero rovinosamente al suolo, fra vetri rotti e legno bruciato.
Ansimante, puntò la bacchetta verso quella blu di Corvonero.
Anche il cristallo di quella clessidra implose, seminando zaffiri su tutto il pavimento della Sala Grande, in un enorme frastuono.
Probabilmente, mezza Hogwarts era già stata svegliata da quel baccano.
Urlò come un indemoniato:
«Ma dove cazzo è andato a finire quel maledetto Septimus?»
Harry si guardò le mani: una sanguinava leggermente.
Era stato ferito da uno dei pezzi di vetro volati via dalla clessidra appena esplosa.
Ma le voci non erano sparite.
Puntò ancora una volta la bacchetta sulla clessidra di Serpeverde.
Ne rimanevano due.
Le voci provenivano da una delle due.
Facendole fuori entrambe, ne avrebbe eliminato la fonte.
Ne era sicuro.
Lo Schiantesimo centrò in pieno la clessidra piena di smeraldi.
Harry si protesse il volto con un braccio per evitare le schegge di vetro che sarebbero schizzate ovunque, ma non sentì nulla.
Scostò piano il braccio dagli occhi.
La clessidra era intatta.
Lo Schiantesimo avrebbe dovuto mandarla in mille pezzi come le altre due, ma invece non le aveva fatto neanche un graffio.
Il cristallo non era neanche scheggiato.
Harry era accecato dallo stupore, e dalla rabbia.
Lanciò un altro Schiantesimo, ed un altro ancora, ed i fiotti di luce rossa si moltiplicarono: sei, sette, otto raggi color fuoco colpirono uno dopo l'altro la clessidra colma di gemme.
Quando anche il decimo Stupeficium andò a segno, Harry ripose la bacchetta e quasi crollò a terra.
Si rialzò lentamente.
Notò che la maledetta clessidra era ancora perfettamente conservata, e che le voci erano sempre lì.
Non erano svanite: né la clessidra, né loro.
Come aveva fatto la clessidra a rimanere intatta?
Perché non era andata in frantumi come le altre due?
Ma c'era qualcos'altro.
La clessidra era intatta, vero, ma non era al suo posto.
Si era spostata leggermente.
Cosa impossibile, dato che era universalmente noto che quelle clessidre erano state fissate lì con un Incantesimo di Adesione Permanente dai quattro fondatori stessi, ma che eppure era avvenuta.
Harry si avvicinò titubante ed ancora intontito.
Scorse qualcosa.
Qualcosa che era nascosto sotto la clessidra di Serpeverde, e che lo era stato fino a quel momento.
Un buco.
Uno squallido buco delle dimensioni esatte della base di legno della clessidra.
Con un dettaglio, però.
Una scala a chiocciola di legno marcio lo percorreva lungo tutto il suo perimetro, e scendeva giù, più giù, ed ancora più giù. Non se ne vedeva il fondo.
Un passaggio segreto.
Euforico, seppur sofferente, si crogiolò nella convinzione di aver trovato le fonti delle voci.
Erano lì, nascoste su uno dei gradini della scala di legno, erano lì nascoste.
Ne era sicuro.
Fu allora che mosse il suo unico passo falso.
La mente annebbiata, la convinzione di essere all'altezza del pericolo, la sua spavalderia, o chi lo sa cosa, lo portarono alla più stupida ed irrazionale decisione.
Entrò nel passaggio segreto.
Nessuno gli aveva mai rivelato l'esistenza di un passaggio segreto sotto la clessidra di Serpeverde, e lui dubitava che qualcuno ne fosse realmente a conoscenza.
Da quel passaggio provenivano le voci, secondo Sarah.
E da quel passaggio provenivano le voci anche secondo lui.
C'era la soluzione dell'enigma, in fondo a quella scala.
Harry prese coraggio e scese i primi gradini.
La scala scricchiolò sotto i suoi passi pesanti, ma non cedette.
Harry estrasse la bacchetta ed illuminò il percorso: non ne vedeva la fine.
Continuò a scendere, tenendo la bacchetta ben puntata di fronte a lui, e scese sempre più giù, dieci, venti, trenta metri. Ed ancora sotto.
Ogni suo passo riecheggiava nel vuoto.
Ogni scricchiolio era un brivido lungo la dorsale.
Le voci si fecero più intense.
L'eco iniziava a farsi meno rimbombante, segno della prossimità del suolo.
Quella scala sarebbe finita, prima o poi.
Ed avrebbe trovato la fonte delle voci.
Era sul punto di arrivare alla fine.
Era sul punto di arrivare alla fine, quando sentì quel rumore.
Secco, terribile, quasi l'esplosione di una bomba a pochi passi da lui, amplificato terribilmente dall'enorme eco che ruggì terrore e sgomento nell'oscurità.
Ma non era un attacco, no.
Veniva da sopra.
Affannato e lucido, Harry si voltò verso l'alto.
Avrebbe dovuto vedere chiaramente il buco da dove era entrato.
Avrebbe dovuto poterlo fare.
Ma non poté.
Perché qualcuno l'aveva sigillato.









Corse, corse a perdifiato, risalì la scalinata, prese a pugni la base di legno della clessidra, provò a spostarla con la forza, la Schiantò, ma nulla.
Era stata sigillata nuovamente al suo posto.
Sopra il buco. Sopra il passaggio segreto.
Ad Harry bastò un attimo per capirlo.
Era un'imboscata.
L'imboscata che temeva arrivasse, era arrivata.
La mente non era più annebbiata.
Le voci erano scomparse.
Proprio nell'attimo in cui il passaggio segreto era stato richiuso, le voci erano scomparse.
Con la mente lucida, ragionò su tutti gli eventi razionalmente.
Aveva scoperto che l'unica testimone al suo ferimento era stata anch'ella avvelenata col preparato Vladeniyevskij.
Aveva mandato a chiamare Sixis, dicendogli di raggiungerlo in Sala Grande, per investigare sulle voci, che sembravano avere una vera provenienza fisica.
Si era steso per riposare, ma aveva avuto di nuovo una visione.
Aveva scoperto che un mantello comparso misteriosamente nella Sala Grande era in realtà appartenuto ad uno dei Mangiamorte morti in battaglia, lo stesso che era il protagonista delle sue visioni.
Preso dalla rabbia ed impazzito a causa dei dolori, aveva sfasciato la Sala Grande, Schiantando le clessidre segnapunti e scoprendo un passaggio segreto sotto quella di Serpeverde.
Ansioso di sconfiggere le terribili voci ossessive, vi era entrato, scendendo la maledetta scala a chiocciola sulla quale si trovava tutt'ora.
E poi era stato bloccato lì.
Il tutto nel giro di pochi minuti.
Sixis non l'avrebbe trovato.
Avrebbe pensato ad un attacco in superficie.
Avrebbe trovato le schegge, le clessidre distrutte, le gemme infrante, le gocce di sangue dei suoi tagli, ed avrebbe pensato ad una sanguinosa battaglia, ed ad un suo rapimento.
Avrebbe mobilitato le Forze Magiche per trovarlo, senza immaginare che in realtà Harry era imprigionato a pochi metri da lui, sottoterra, in un assurdo passaggio segreto.
Non c'era speranza.
C'era speranza.
Non c'era speranza.
C'era speranza.
Tragica e sadica metronimia.
Tic-toc.
Tic-toc.
Scandita dal battito del suo cuore, continuava la litania.
Speranza. No. Speranza. No. Speranza. No. Speranza. No. Sper...
Ma era o non era un Grifondoro!?
Coraggio, iniziativa, valore!
Quello doveva caratterizzare le sue azioni!
Non codardia, timore ed insicurezza!
Ce l'avrebbe fatta.
Sarebbe fuggito.
O sarebbe morto tentando di farlo.
Non si arrese.
La mente gli funzionava di nuovo, questo era un dato di fatto.
Non era più offuscata.
Poteva ragionare.
Poteva uscirne, da quel baratro.
«Se non posso uscire dall'alto...»
Completò da solo la frase.
«...devo andare verso il basso.»
Immediata, la soluzione si focalizzò davanti a lui.
La scala.
La scala doveva pur finire.
Doveva pur portare da qualche parte.
E qualunque sarebbe stata quella parte, sarebbe uscito di lì.
Neanche un attimo dopo, si gettò a capofitto giù dalla scalinata.
Con passo leggero, percorse tutta la scalinata verso il basso con la bacchetta tesa davanti a sé.
Al minimo rumore estraneo, era pronto a colpire.
Scese ancora, superò anche il punto dove era arrivato prima che il passaggio venisse chiuso, e scese ancora più giù, più giù dei sotterranei di Pozioni, più giù forse anche della Camera dei Segreti, fino a quando non intravide la fine.
Un pavimento di pietra lavica, diviso in enormi piastrelle irregolari e ricurve, si estendeva in uno stretto corridoio che proseguiva in leggera discesa.
Quel posto dava l'idea di non essere visitato da secoli.
Il corridoio, già stretto di per sé, era reso ancora più impraticabile dall'incredibile quantità di librerie e scaffali adagiate ai suoi lati.
La puzza di muffa era insopportabile.
Harry scostò due enormi pezzi di roccia – probabilmente un tempo colonne, poi crollate – e si addentrò nel buio.
La bacchetta illuminò subito il suo cammino.
Mosse un passo lentamente in avanti.
Ogni passo risuonava nel vuoto come un colpo di mortaio.
Camminò per qualche minuto, voltandosi di tanto in tanto all'indietro per guardarsi le spalle.
Era sicuro di non star facendo esattamente il gioco di Voldemort? No.
Probabilmente era proprio quello che Voldemort voleva.
Attirarlo lì.
Ma cosa poteva fare?
Morire di fame imprigionato sotto la spessa base di legno incantata della clessidra?
Aspettare Voldemort ed aspettare la morte?
Avrebbe preferito morire con onore.
Ma perché dava per scontata una sconfitta?
L'aveva già sconfitto una volta, quando era al massimo delle sue forze.
Quando aveva ancora tutti e sette gli Horcrux.
Avrebbe potuto farlo anche in quel momento!
Avrebbe potuto batterlo ancora!
Ma... se Voldemort avesse avuto un altro Horcrux? Se avesse avuto un asso nella manica?
C'era il caos nella sua testa.
Ma decise di continuare.
Non poteva tirarsi indietro.
Forza e coraggio.
Una porta.
Si trovò davanti una porta.
Anch'essa di legno scuro e antico, come tutto ciò che si trovava in quella sorta di passaggio segreto fra l'altro, era sigillata con dei cardini resistenti di ferro ancora nuovo.
Evidentemente incantato per non arrugginire.
Chiunque aveva costruito quel posto, l'aveva costruito per farlo durare nel tempo.
Harry prese a calci la porta, che ovviamente non s'aprì.
Era bloccata con la magia.
Mormorò sottovoce un paio di formule.
Nulla.
La porta era non solo chiusa, ma sigillata.
E non era un semplice Colloportus, no, nossignore.
Qualcosa di più forte.
Poi l'idea.
Aveva funzionato con la maledetta clessidra, perché non avrebbe dovuto funzionare anche con quella misteriosa porta?
Tre Schiantesimi uscirono dalla sua bacchetta uno dopo l'altro, e colpirono i quattro cardini della porta, che schizzarono via.
La porta cadde al suolo con un botto.
La stanza che Harry si trovò davanti era quanto di più spettacolare, strano, mistico e misterioso avesse mai visto in vita sua.
Era in una grotta.
Scavata in una grotta sotterranea, attraversata da un minuscolo ruscello, col soffitto ricoperto di tetre stalattiti penzolanti.
Ogni singola parete di roccia era letteralmente rivestita di libri e tomi enormi, libr di Pozioni, di Magia Oscura, di argomenti sconosciuti e di lingue arcane.
Un enorme arazzo con su ricamato un arcaico stemma di Serpeverde era affisso al centro della grotta.
Al centro dell'enorme grotta, su una sorta di piccolo ponte che attraversava l'insignificante corso d'acqua, c'era un unica, grande scrivania, ricoperta anch'essa di tomi di tutte le stazze.
Harry si avvicinò titubante alla scrivania.
Cos'era quel posto?
Dava l'impressione di essere stato deserto per anni.
I libri erano marci di umidità.
Il tempo e la muffa ne avevano distrutto la maggior parte delle pagine.
Harry buttò lo sguardo al resto della stanza.
Sembrava un ufficio.
Un ufficio segreto, un ufficio nel quale il proprietario non voleva che nessuno entrasse, tanto da sigillarlo
magicamente e nasconderlo sottoterra.
Un ufficio che doveva contenere qualche tipo di mistero.
Mistero che però era stato miseramente perduto, divorato dal tempo.
Di tutto ciò che era conservato in quel nascondiglio, solo qualche libro era rimasto leggibile.
Centinaia di migliaia di pagine di cultura distrutte così.
Chissà cosa contenevano.
Probabilmente studi di anni ed anni.
Effettivamente, più che un ufficio, quel posto sembrava un laboratorio.
Un luogo dove uno scienziato si poteva essere rinchiuso per anni, per portare avanti alcuni studi segreti.
Un luogo che non doveva essere trovato, per non mandare a monte i propri sforzi.
Sì, doveva essere così.
Tutto quadrava.
Un attimo.
Chi era che aveva proseguito degli studi per decenni nascosto?
Chi era che aveva studiato anni ed anni nelle cantine di una scuola magica?
Chi era che aveva studiato Magia Oscura per nascondere i suoi studi al mondo?
Boleslav vladeniyevskij.
Harry rimase di sasso dopo il suo ragionamento.
Poteva essere quel posto stato un rifugio segreto del malvagio vladeniyevskij?
Septimus aveva detto che aveva vissuto a Xehexerei, che aveva proseguito lì i suoi studi.
Ma il diario di vladeniyevskij iniziava dopo due anni dalla sua fuga dal Perù.
Poteva nel frattempo essersi stabilito ad Hogwarts?
Essersi nascosto sottoterra, magari progettando di conquistare la scuola?
E se sì, come?
Ma soprattutto: perché avrebbe dovuto fuggire via, una volta costruito il proprio nascondiglio tanto sicuro?!
Una cosa era certa: se in quel nascondiglio aveva vissuto Boleslav vladeniyevskij, un tempo quel posto aveva contenuto informazioni essenziali ed importantissime.
Informazioni che forse avrebbero potuto salvare Harry e Sarah.
Informazioni perdute insieme alle pagine dei libri su cui erano scritte.
Di colpo, si sentì impotente.
Per un attimo, aveva trovato la soluzione.
E poi si era reso conto di quanto effimera essa fosse.
Se vladeniyevskij aveva elaborato un antidoto, la ricetta dello stesso era andata perduta.
Quel luogo era inutile.
Ma perché lo stemma di Serpeverde?
vladeniyevskij aveva studiato a Drumstrang, dove non esistevano Case.
Non poteva appartenere a Serpeverde.
Ma forse, nella sua folle e contorta mentalità, si sentiva parte delle Serpi anche non essendolo.
Insomma: spietato, arrogante, malvagio.
Il Cappello Parlante non avrebbe avuto molti dubbi sulla Casa a cui assegnarlo.
Harry decise di ispezionare quel posto.
Era remota la possibilità di trovare qualcosa di utile, ma una piccola percentuale di riuscita c'era lo stesso.
Prese in mano un enorme libro dalla scrivania di legno.
Manoscritto.
Quella serie di libri non erano stampati. Erano completamente manoscritti.
Studi sul Crine di Thestral, di S.S.
Harry lo aprì e notò che era conservato decentemente.
Le parole si riuscivano a decifrare, ma il linguaggio era talmente arcaico e la grafia talmente complessa da rendere quel lavoro di traduzione fin troppo stancante.
Posò il volume.
Il Veleno di Basilisco: le sue proprietà distruttive.
Anche quello era ancora conservato. Probabilmente i cassetti di legno della scrivania avevano aiutato la conservazione di quei pochi volumi.
Lo aprì.
Può avere capacità distruttive? Oltre la morte? Sì, secondo alcuni. Potrebbe essere usato, come ipotizzato da G.G. due giorni fa, per annullare temporaneamente la magia. Teoria pazza, ne sono sicuro. E' impossibile annullare la magia.
Nulla ancora. Solo testi inutili.
Perché il Basilisco ha ammazzato Morgana? Venti teorie
Un rettilofilo, si sarebbe detto.
Un fanatico del Basilisco.
Afferrò altri due libri più sottili.
Acero o quercia? Studi sui legni da bacchetta
Trecento anni di storia moderna, 658-1013
Storia moderna?!
Vladeniyevskij doveva essere un collezionista.
Quei volumi erano antichissimi.
Collezionare libri del genere voleva dire essere un abile ricercatore.
Sicuramente per trovarli ci aveva messo degli anni, forse addirittura dei decenni!
Libri di storia scritti nell'anno mille! Roba da far impazzire storici di ogni era.
Afferrò il tomo più piccolo del mucchio rimanente.
Diari sul Laboratorio: Passaggi Segreti
Anche quello totalmente inut... PASSAGGI SEGRETI?!
Harry lo aprì di scatto e prese a leggere le parole, scritte in inglese arcano, della prima pagina del Libro: In caso di fuga d'emergenza, il mio Laboratorio collega con la Sala Comune Corvonero tramite il tunnel dietro lo Scaffale Otto, e con il Sotterraneo tramite la scala. Scrivo ciò in per prevenire gli Incanti Oblivianti che potrei subire in battaglia.
Harry notò delle incongruenze.
Primo: Vladeniyevskij era russo. Perché scriveva inglese?
Secondo: perché Vladeniyevskij, vissuto nel '700, scriveva in lingue arcaiche?
Terzo: perché nessuno l'aveva ancora attaccato, se quello che voleva era portarlo in trappola?
Ma non diede molta importanza alle sue domande.
Aveva trovato il modo per uscire! Poteva andarsene!
Era lì, scritto, che quel... quel Laboratorio aveva delle uscite!
Uscite d'emergenza, che portavano fuori!
«Scaffale otto... scaffale otto...»
Si arrese.
Gli scaffali non erano numerati.
Non sapeva per certo quale fosse lo scaffale che portava all'uscita.
Si girò di scatto ed aguzzò lo sguardo da sotto le lenti impolverate degli occhiali.
Cercava la scala.
Ne scorse una.
Di legno fradicio anch'essa, era incastrata in un angolo della grotta, vicino due grosse stalagmiti.
Portava verso l'alto.
Harry poggiò timoroso il piede sul primo piolo, che sorprendentemente non cedette.
Passo dopo passo, iniziò a salire, salire verso l'alto, e giunto alla sommità della scala trovò una sorta di botola.
Non era chiusa a chiave.
Evidentemente era progettata per permettere fughe rapide.
Oltre la botola, la scala a pioli continuava ancora in una sorta di galleria scavata nella roccia.
Harry salì ancora una ventina di metri, fino a quando, dopo aver aperto un'altra botola, non si ritrovò in una stanzina.
Completamente in pietra, al centro c'era un grosso focolare, ovviamente spento. Un calderone enorme troneggiava arrugginito e sfondato su quello che un tempo doveva esser stato un tavolo alchemico.
Numerosi ingredienti ammuffiti si trovavano su un ripiano vicino, ed un'altra scrivania in roccia si trovava adagiata ad un muro.
Anche in quella saletta non mancavano i libri, che erano però più ordinati e meno illeggibili di quelli al piano inferiore.
Infine, un piccolo corridoio era visibile.
Era stretto quasi quanto quello sotto la clessidra, ed era anch'esso di grigia pietra lavica curva.
Senza pensarci due volte, Harry ignorò i libri che erano sulla scrivania, ignorò gli ingredienti alchemici, ignorò anche i curiosi abiti colorati che erano poggiati su uno scaffale, e si fiondò verso il corridoio.
Si mise di fianco e lo attraversò senza troppi problemi.
Era decisamente lungo.
Di tanto in tanto inciampò con il mantello in qualche sporgenza del muro o in qualche feritoia, e poi improvvisamente arrivò alla fine.
Sbatté violentemente contro un qualcosa di invisibile, e cadde all'indietro.
Davanti a sé vedeva chiaramente il resto del corridoio, che continuava in avanti, ma quando provò a muoversi in avanti una barriera quasi invisibile gli impedì di proseguire.
Un Incantesimo Scudo?
Harry toccò la superficie dell'ostacolo invisibile che lo ostruiva.
Non era una barriera magica.
Non aveva una consistenza nulla. Anzi, era familiare al tatto.
Era ruvida, con fori e sporgenze.
Legno.
La barriera invisibile era fatta di legno.
Legno presumibilmente fradicio e distrutto da tarli e umidità, come il resto del mobilio di quel nascosto laboratorio segreto.
Ad Harry ci volle solo un attimo per giungere alla soluzione migliore.
Aveva già funzionato due volte, perché non una terza?
Quel laboratorio doveva esser stato costruito in tempi talmente antichi che le magie che lo proteggevano erano calibrate per sostenere forze deboli, e non di certo potenti come gli Schiantesimi.
Forse era quella la spiegazione più logica.
Le magie arcane erano calibrate per sforzi minori, e quindi cedevano in breve ad incantesimi potenti.
In un attimo, tre raggi di luce rossa colpirono l'uno dopo l'altro la barriera invisibile, che cedette al terzo colpo.
Si infranse al suolo.
L'aula di Pozioni.
Davanti a lui, una volta abbattuta la barriera, Harry vide il sotterraneo di Pozioni.
Rimase con gli occhi fissi, scrutando nell'aula familiare immersa nell'oscurità, a guardarsi intorno.
Dopo pochi attimi, realizzò dove si trovava.
Nell'armadietto delle scorte.
Lo stesso armadio dove fu conservato il Libro del Principe Mezzosangue, lo stesso armadio dov'erano conservate le scorte magiche private del professore di Pozioni. Scorte che erano state Schiantate insieme alla barriera invisibile, e che ora giacevano carbonizzate al suolo.
Il laboratorio segreto era collegato all'Aula di Pozioni.
Sapeva come andarsene.
Sarebbe corso da Sixis, e gli avrebbe mostrato il Laboratorio Sotterraneo.
Avrebbero studiato ogni singola informazione contenuta nei libri lì conservati, ed avrebbero trovato la cura per il Preparato.
Avrebbe scoperto i segreti contenuti in quel luogo, ed avrebbe combattuto Voldemort alla pari.
Si sentì ottimista e carico.
Scalciò via i detriti carbonizzati della porta di legno che era saltata in aria e corse fino alla porta.
Chiusa.
Sorprendentemente, la porta dell'aula era chiusa.
E non dall'esterno.
L'aula era chiusa dall'interno.
D'istinto, Harry tese la bacchetta alle sue spalle ed illuminò l'aula che era in penombra.
Nulla.
Per un attimo aveva pensato ad un imboscata.
Ma perché?
Perché quella porta era chiusa dall'interno?
L'aula era sottoterra, e ovviamente non aveva finestre.
Non c'erano altre uscite se non quella porta.
Se era chiusa dall'interno con la magia, voleva solo dire che in quella stanza c'era qualcuno.
Qualcuno che probabilmente lo stava osservando.
Harry spense la luce che teneva accesa sulla punta della sua bacchetta ed aspettò l'attacco.
Che non arrivò.
Neanche quella volta qualcuno l'aveva attaccato.
Neanche quando era quasi disarmato e sicuramente indifeso.
Perché?
Subito bofonchiò un incantesimo sottovoce.
«Homenum Revelio»
Nulla.
Nessuna presenza umana nella stanza.
Cosa poteva voler dire?!
Quella porta era chiusa dall'interno!
Poteva esser stata chiusa solo da qualcuno che era stato in quella stanza.
Il passaggio segreto che portava al laboratorio sotterraneo era sigillato da anni: era impossibile che qualcuno l'avesse utilizzato.
Allora cosa signficava?
Chi aveva potuto chiudere l'aula dall'interno?
Harry si girò intorno.
Decise di non illuminare la zona.
Se qualcuno era nascosto, ed aveva evocato una Magia Oscura così potente da annullare gli effetti dell'Homenum Revelio, Harry avrebbe preferito agire nell'ombra.
Aguzzò lo sguardo nell'oscurità e scorse qualcosa.
Sulla scrivania dove solitamente sedeva il professore, c'era un profondo solco.
Come se un mattone ci fosse stato poggiato sopra per tanto tempo.
Così tanto tempo da scavare quasi un buco sul ripiano in legno.
Harry si avvicinò per guardare meglio.
Mosse qualche passo, poi inciampò goffamente e cadde in avanti.
Inciampò su qualcosa di grosso, nascosto nell'ombra.
Inciampò sul cadavere di Horace Lumacorno.



Fine del quinto capitolo




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Angolo dell'autore

Benissimo! Finalmente riesco a postare quest'altro capitolo a cui tengo tantissimo! Siete incuriositi? Siete terrorizzati? Siete impazienti di scoprire come continua la storia? Spero di sì! Per il momento è tutto!
Qui di seguito troverete una lista delle domande cui troverete risposta entro la fine della storia, per aumentare la vostra curiosità.
Un saluto dal vostro
Deep



Domande cui troverete risposta entro la fine della storia:

  • Perché Harry sente le voci?
  • Perché Harry ha dei dolori alla cicatrice di guerra?
  • Perché le visioni di Harry gli mostrano sempre la stessa identica scena?
  • Perché Sarah sente le voci?
  • Cos'è il Laboratorio Segreto trovato sottoterra?
  • Chi ha ucciso Lumacorno?
  • A cosa è dovuto il solco sulla scrivania di Lumacorno?
  • Perché Sixis tiene tanto al proprio ufficio?
  • Cosa ha spinto Sixis ad aiutare Harry?
  • Chi è il misterioso Mangiamorte protagonista delle visioni di Harry?
  • Perché quel mantello si trova sul pavimento?
  • Perché la clessidra ha ceduto agli Schiantesimi di Harry?
  • Perché Vladenyievskij scriveva in inglese arcaico invece che in cirillico?
  • Perché Vladenyievskij collezionava manoscritti antichi?
  • Com'è morto Vladenyievskij a Xehexerei?

Se attendete risposte, continuate a seguirmi!

   
 
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