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Autore: Roxar    18/02/2013    12 recensioni
Lui sa che lei non sa.
«Orsù, compari, dovrete convenire con me che gli scrittori avevano un certo culo nelle faccende amorose».
Lei non sa che lui sa.
«Chi mai potrebbe mandarti questi telegrafici post-it anonimi, Lily? Sicura che non sia una trovata di “Vanity Witch”?»
Lui sa e non ci sta.
«Violeresti la legge numero 15: Uso improprio dei gufi».
Lui sa ma non ce la fa.
«Compare, tu stai cercando di dirmi che tenterai di conquistare la Bertuccia con biglietti anonimi? Ti prego, ti prego, lasciami qui a morire dal ridere fino a che non mi si torceranno le budella in gola».
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Dal capitolo 2: PS: La tua fantasia è come te: imbarazzante.
Dal capitolo 4: «Il prezzo. Ho scordato di staccare il cartellino col prezzo dal regalo per Evans».
Dal capitolo 5: Da quel giorno, la sessualità di Sirius Black venne ampiamente messa in discussione.
Dal capitolo 8: «Puoi evitare di svenire? Ho bisogno di conforto».
Dal capitolo 9: «Vuoi complimentarti per la mia ragazza-procione?»
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: I Malandrini, James Potter, Lily Evans, Un po' tutti | Coppie: James/Lily, Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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11. Capitolo X.

Sono solo parole. Ma anche pugni, graffi e ferite inattese.

 

 

 

 

Ci provò davvero.

Si distese supina, prona, su entrambi i lati, ma il sonno non la sfiorò neppure per sbaglio e fugacemente.

Le parole di quella lettera bruciavano ancora come acido corrosivo nelle vene, che le stringeva lo stomaco e le accartocciava il cuore.

Pensò più volte che Remus avesse volutamente attentato alla sua quiete mentale o che avesse contraffatto la pergamena, saturandola con qualche assurda maledizione volta ad ucciderla lentamente e brutalmente.

 

Lily Evans si agitò inquieta.

 

«Lily», la voce di Mary giunse tetra e opaca come quella di uno spettro, «se non la smetti di rigirarti vengo lì, mi Trasfiguro in ragazzo e... insomma, smettila, per le mutande luride di Merlino, io voglio dormire!» bisbigliò inviperita.

 

«Perdonami» soffiò laconicamente, acciuffando il pezzo di pergamena stropicciata e correndo in bagno.

Regolò l’intensità della lampada ad olio fino a che la stanza non si animò di ombre grottesche e sinistre.

La fiamma tremò e la pergamena parve tremare ai barbagli del fuoco.

 

La rilesse ancora una volta, incapace di conciliare il contenuto con la mano che l’aveva vergato.

Eppure, inutile illudersi: la pergamena era originale e quella era proprio la grafia di James.

James.

Le venne naturale chiamarlo così, senza cattiveria, senza cattivi sentimenti, senza nulla.

Le venne altrettanto naturale tracciare una linea di confine tra James e Potter, tra il ragazzo della lettera e quello che era solita frequentare.

Accarezzò la lettera e le fu impossibile non riconoscere Anonymous, tra quelle righe.

 

E per la prima volta, il dubbio la sfiorò: e se James non avesse mai avuto intenzione di burlarsi di lei? E se James fosse Anonymous e Potter solo una faccia dello stesso dado?

La lettera premuta tra l’indice e il palmo, Lily infossò la testa tra le mani, sbuffando esasperata.

Per fortuna, avrebbe avuto una settimana per riflettere, lontana da Potter, lontana da Hogwarts.

 

Pasqua era vicina e lei aveva davvero bisogno di riposare.

 

 

 

 

°        °        °

 

 

 

 

James Potter ultimò i bagagli e fece un rapido inventario, avendo come la sensazione che qualcosa continuasse a mancare.

Perciò si guardò attorno e i suoi occhi incontrarono il cestino del bagno, incorniciato da uno spiraglio di porta e lo stipite.

Più volte, nei giorni precedenti, aveva provato il lancinante desiderio di recuperare quella lettera vergata in un momento di sconforto, un momento di rabbia, in cui avrebbe voluto picchiare selvaggiamente qualcuno e invece si era sfogato con la penna per arma e i sentimenti conflittuali per nemici.

Nessuno, in quei tre giorni, aveva toccato il cestino. Gli Elfi erano assai rigorosi in questo: nessun sacco veniva portato via fino a che non fosse stato riempito interamente. Agivano all’insegna del risparmio, loro.

Combattendo contro la parte più razionale di sé – che gli urlava letteralmente di non affondare la mano nelle carni aperte e sanguinanti – si inginocchiò lentamente accanto al cestino, scuotendolo e smuovendo le cartacce al suo interno.

Ma quella palla gialla e pergamenata non affiorò. Snervato, lo capovolse e si ritrovò circondato di rifiuti.

Scavò, cercò, senza trovare nulla.

Impossibile, si disse.

Allora sollevò il viso e fissò attentamente le piastrelle decorate a motivi leonini, come se potessero dargli la risposta.

Poi, la sua mente acuta si applicò e fece due più due.

Trattenne il fiato e tremò.

Poi gridò un nome.

 

 

 

 

°        °        °

 

 

 

 

Remus Lupin si sentì pervadere da un brivido freddo e malvagio.

È solo il freddo, Remus, non vedere cose che non esistono.

Si strinse la sciarpa attorno al collo, coprendosi la bocca. Il parco, a quell’ora del mattino, era assolato e pieno di studenti.

Peter aveva chiesto a Frank che aveva chiesto a Remus di reperire Sirius e comunicargli che la madre di Peter avrebbe avuto immenso piacere nell’averlo come loro ospite per le vacanze pasquali.

Era risaputo che la madre di Peter fosse un’accanita arrampicatrice sociale, che sfruttava le conoscenze del figlio per puntare agli alti ranghi del mondo magico.

Peccato che l’ambiziosa mezzosangue non fosse al corrente della scaramuccia tra Sirius e la sua famiglia.

Conoscendo Sirius, Remus ipotizzò che il ragazzo avrebbe accettato ugualmente l’invito, anche solo per prendersi gioco di quella donna; e lui, il giovane ragazzo-lupo, aveva intenzione di impedire che questo accadesse, giacché non avrebbe affatto giovato al già debole ego di Peter.

Aveva intenzione, infatti, di invitarlo a casa sua, ma dubitava fortemente che il ragazzo avrebbe accettato: i loro rapporti, negli ultimi tempi, si erano esauriti all’essenziale, nonché alla fredda e formale cortesia.

 

Dovette perlustrare attentamente il parco almeno due volte per rinvenire Sirius, comodamente sdraiato all’ombra di un abete, che fischiettava qualcosa ad occhi chiusi.

Gli smilzi ciuffi d’erba gli lambivano le guance, in delizioso contrasto con i capelli neri come carbone, lucidi, impeccabilmente puliti.

 

A Sirius Black potevano toccare tutto, ma non i capelli.

Si vociferava che impedisse alle sue ragazze di inoltrare le loro dita in quella compatta e ondulata massa nera, anche e soprattutto mentre amoreggiavano.

 

Remus si grattò il naso. Prudeva sempre quando era imbarazzato o nervoso.

 

«Ehi, Sirius».

 

Il ragazzo aprì languidamente gli occhi e le foglie stormirono; un raggio di sole colpì le iridi grigie per un attimo soltanto, facendole brillare. Poi le foglie si ricompattarono e il sole svanì dal suo viso.

 

«Cosa?»

 

«Ti va di venire da me, per Pasqua?»

 

«Così che tutti possano dirmi che abbiamo una storia? Onestamente, Remus, hai già rovinato abbastanza la mia vita hogwartsiana».

 

Remus arrossì.

 

«Ma io—»

 

«Taci, sii dignitoso».

 

Si squadrarono. Sirius sorrise condiscendente.

 

«Tua madre fa il pasticcio di carne?»

 

«Forse».

 

«Quello con la carne saltata nel vino bianco e le verdurine rosolate ad hoc

 

«Probabilmente».

 

«E farà anche quelle deliziose patate al forno, dorate, croccanti fuori e morbidissime dentro?»

 

«Mi hai preso per un maitre? Casa mia non è un ristorante ed è molto poco educato che l’ospite decida il menù al posto del padrone di casa» ribatté Remus, piccato.

Si voltò e s’allontanò a passo di marcia.

 

«Pretendo quel pasticcio!» urlò Sirius.

 

E Remus si sentì un po’ più leggero.

 

 

 

 

°        °        °

 

 

 

 

Lily non aveva neppure iniziato a stipare le sue cose nel baule.

Continuava a starsene con la testa tra le mani e la lettera tra le dita.

E i palmi erano così sudati che l’inchiostro si era disciolto sulla pelle e le parole erano diventate sbavature quasi intellegibili. Ma che importanza aveva? Lei, quelle parole, le aveva imparate a memoria, suo malgrado.

 

Non era una vera lettera. Erano pensieri buttati là, vergati in fretta, cancellati, corretti.

La fissò nuovamente, domandandosi perché mai, poi, fosse così turbata.

Sì, d’accordo, Potter aveva speso qualche parolina gentile, ma chi le garantiva che fossero vere? E se fosse stata tutta una messinscena?

 

«Ma certo!» sbottò, scattando in piedi.

 

E questo spiegava perché poi Remus voleva vederla con urgenza. Per confessarle che era stata l’ennesima trovata di Potter, naturalmente!

Si sentì così sciocca. Come aveva potuto cascarci così? Si era quasi, quasi, lasciata convincere che Potter in realtà fosse solo la maschera di se stesso.

 

Intascò la pergamena e decise di spezzare il tacito accordo preso con Remus.

Avrebbe affrontato quell’idiota, per primo, e poi, se fosse rimasto tempo, avrebbe pensato a Remus.

 

 

 

 

°        °        °

 

 

 

 

«Allora proprio non vuoi capire, eh, imbecille?!»

 

Lo spinse, aggredendolo alle spalle. James, nonostante la grazia innata, inciampò nei suoi stessi piedi e ruzzolò sul pavimento. Gli occhiali andarono in frantumi.

Non ne fu affatto entusiasta.

 

«Hai il ciclo, Evans? Avevo una ragazza, tempo fa, che mi spaccò il labbro solo perché doveva sfogare il dolore alla pancia; che cosa amorevole, vero?» parlò lentamente, rassettandosi i pantaloni sgualciti e striati di polvere.

All’altezza delle ginocchia la stoffa era così impregnata che anche dopo molte pacche continuò a sfoggiare un opalescente ovale biancastro.

Gazza, caro vecchiaccio di merda, usi mai quella scopa per pulire? O te la rigiri—

 

«Cosa pensavi di fare? Pensavi che sarebbe bastata un’accozzaglia di cose scritte a casaccio per convincermi che tu, in realtà, provieni dalla Candida Rosa1

 

«Candida Rosa? Ma io veramente sono nato a Godric’s Hollow e ci vivo tuttora» ribatté ingenuamente, sorridendo apertamente.

Tuttavia, una tempesta infuriava oltre il suo sorriso da spaccone.

Di quale lettera stava parlando quella pazza scatenata? Quella che...?

 

«Remus. Te l’ha consegnata lui» non si sforzò neppure di imprimere alle parole il tono di una domanda.

 

«Ma certo che è stato lui! L’hai mandato tu, no?»

 

No.

 

«Ovviamente. Io agisco sempre accompagnato dai miei compari, non lo sai? Pensa che quando vado al bagno Sirius mi tiene la porta e Remus mi passa la carta igienica».

 

Lily sollevò le sopracciglia e aggrottò la fronte. Aveva un’espressione buffa, ma James era troppo furioso per poterne ridere.

 

«Tieni, comunque, è roba tua». Estrasse il foglio, lo appallottolò e glielo tirò addosso.

La pergamena lo colpì tra i capelli e balzò sulla sua spalla prima di rotolare sul pavimento.

James rimase perfettamente immobile, con una strana luce negli occhi.

La boria scivolò via dal viso di Lily.

 

«Ma—»

 

«Mi domando come ho potuto amarti. Sul serio, mi domando come ho potuto sprecare così tanto tempo dietro a... una come te».

 

Il viso di Lily avvampò.

«Una sanguesporco, è questo che vuoi dire?»

 

«No», replicò con un sorriso indulgente, «una stronza, questo voglio dire. Una piccola, saccente ragazzina, sempre pronta a berciare su cosa puoi o non puoi fare, che agita il culo sul suo prezioso piedistallo e ti fissa come se fossi l’ultimo dei vermi. Ecco chi è Lily Evans».

 

Lily schiuse la bocca diverse volte e tentò di parlare, ma non riuscì mai a trovare qualche cosa da dire.

Non fu facile ammetterlo, ma le parole di James la ferirono in profondità, come mai avrebbe potuto pensare.

E realizzò qualcosa che la scosse. Quando era lei ad insultare lui, provava uno strano senso di soddisfazione e potere, come se lei fosse autorizzata a farlo.

Ma quando, per la prima volta, accadde il contrario, si sentì ferita, si sentì come se qualcuno l’avesse picchiata ingiustamente.

Aveva sempre dato per scontato che Potter la desiderasse così intesamente da non essere capace di rivolgerle parole dure e cattive; lo considerava un ragazzo spaccone, certo, ma anche di indole molle, incapace di offendere o ferire.

Ma ora, Potter appariva come il più duro e sprezzante degli esseri umani.

Sentì gli occhi bruciare e la gola inondarsi di saliva.

È solo la stanchezza, solo i postumi della notte insonne, tutto qui.

 

«Sirius me lo diceva spesso; diceva di lasciarti in pace, che io ero troppo stupido per l’argutissima Lily Evans. Remus, oh, Remus invece diceva che dovevo cercare la tua amicizia, che eri una bella persona. E, sai, forse può sembrare strano, ma io ho sempre dato molto più ascolto a Remus che a Sirius; Remus, tra noi, è quello assennato, quello studioso, quello intelligente, quello saggio. Quello che mi ha... tradito, anche. Va bene», esclamò d’un tratto e tutta la cupezza defluì dal suo viso, lasciando posto ad un’espressione ilare «io non ho più niente da dirti. Buona vita, Lily Evans».

 

Raccolse la palla di carta dal pavimento e andò via, il sole che filtrava dalle arcate e gli danzava sui capelli neri come carbone.

Lily girò i tacchi e puntò al dormitorio; aveva dei bagagli da preparare e finalmente Potter aveva deciso di sparire dalla sua vita. Finalmente aveva acconsentito alla sua richiesta, seppur con anni di ritardo.

 

 

 

 

°        °        °

 

 

 

 

Il piano era: aspettare Remus, prenderlo a male parole e andarsene.

La realtà fu: balzare addosso a Remus, atterrarlo con un placcaggio perfetto, picchiarlo con soltanto un paio di montanti ben piazzati sul viso, urlargli di quanto fosse stato stronzo, pezzo di sterco e molte altre cose poco carine – che i lettori immagineranno senza difficoltà alcuna – e finalmente rialzarsi per andare via, infuriato.

 

 

 

 

°        °        °

 

 

 

 

«Stai fermo, per le mutande di Merlino!»

 

Sirius l’aveva redarguito almeno dieci volte e per dieci volte Remus era sobbalzato bruscamente. L’alcol bruciava come l’inferno sui tagli che i pugni di James gli avevano procurato.

Se ne stavano entrambi in bagno, Remus seduto sulla tavoletta chiusa del water, con il gomito poggiato sul lavandino e Sirius in piedi davanti a lui, le dita umide di alcol e qualche filamento di ovatta appiccicato alla pelle.

 

«Allora», iniziò, picchettando delicatamente il batuffolo sullo squarcio al sopracciglio, «mi dici o no perché James ti ha conciato così?»

 

«Te l’ho detto, ho fatto una cosa stupida».

 

«Remus, tu sei stupido. Comunque, devo stare tutto il tempo a riempire i tuoi puntini di sospensione? Cazzo, parla e falla finita!»

 

Remus sbuffò ed esalò un lamentoso ahia!.

 

«Aveva scritto una lettera per Lily. Io l’ho raccolta e l’ho data a lei».

 

Le dita di Sirius rimasero sospese nel vuoto.

 

«Questo non si fa, Remus, non-si-fa. Insomma, mi stupisci; tu sei tante cose, ma non infame. Perché diavolo non ti sei fatto gli affari tuoi?»

 

«Volevo aiutarlo. Pensavo che se Lily avesse visto il vero James, il nostro James, avrebbe cambiato idea... Le avevo detto di venire da me, dopo aver letto quel foglio, e invece...»

 

«E invece la piccola idiota è corsa a difendere il suo orgoglio a spada tratta, povera cucciola; si sarà sentita presa in giro da James».

 

Seguì un momento di silenzio, poi Remus annuì piano. Sirius, nel frattempo, passò a detergere il taglio al labbro – una sanguinolenta linea obliqua, dalla quale fiottava ancora parecchio sangue – ordinando  all’amico di star fermo.

Remus, incredibilmente, obbedì senza ribattere.

 

«Fatto» esalò Sirius qualche minuto dopo, mentre, con mano ferma, apponeva un cerotto al taglio al sopracciglio.

Remus sollevò la testa per ringraziarlo, ma ciò che vide furono solamente gli occhi grigi e immobili di Sirius fissi su di lui.

Il suo respiro batteva sulla sua bocca schiusa; sapeva di arancia. Sirius aveva una vera ossessione per le caramelle all’arancia.

E poi accadde tutto con una lentezza esasperante.

Sirius si era chinato lentamente su di lui, le sue mani premute contro le mattonelle, i muscoli appena accennati delle spalle gonfi sotto la camicia abbottonata per metà.

Le sue labbra avevano toccato esitanti quelle di Remus; un contatto fievole, della durata di un secondo. Sirius aveva sondato il terreno e quando aveva capito d’essersi inoltrato in un territorio a lui ostile e sconosciuto si era ritratto, veloce, perplesso.

In tutto quello, aveva continuato a fissarlo insistentemente negli occhi, come a carpire una risposta ad una domanda che Remus non comprendeva.

E Remus, d’altra parte, era rosso in viso e perfino i tagli scarlatti si confondevano.

 

«Scusa, Remus, ma odio non ricordare le cose, lo sai2».

 

Remus non aveva la più pallida idea di quello che Sirius stava dicendo, ma l’educazione fu istintiva e lo portò ad annuire.

 

E come se non fosse accaduto nulla, Sirius gettò i batuffoli di cotone nel cestino e andò via.

 

 

 

 

°        °        °

 

 

 

 

Lily pressò i maglioncini e i pantaloni, chiudendo quindi il coperchio con un tonfo secco.

Poi si tastò le guance. Le sporadiche lacrime di rabbia si erano già asciugate sulla pelle, alcune erano precipitate sui suoi vestiti.

 

Si impose di non pensare a quel... quel... lui, insomma, e decise di ripassare le lezioni di Trasfigurazione, desiderosa di non fare nuovamente una pessima figura o di risentire la sua risata sguaiata...

 

«Lily, basta!» si redarguì ad alta voce proprio mentre Mary e Marlene rientravano in camera.

 

«Sai che quando una persona inizia a parlare da sola ci sono dei problemi, vero?»

 

«Oh, taci» sibilò, afferrando il mantello. Camminare le avrebbe fatto bene. Le avrebbe snebbiato il cervello e la patina di rabbia che lo rivestiva sarebbe evaporata sotto i raggi caldi del sole d’aprile.

O almeno, così sperava.

 

 

 

 

°        °        °

 

 

 

 

Vorrei non amarti, ma non riesco a farne a meno.

 

Se tu potessi veder Perché sei così cieca? Sono anni che mi piaci, anni che mi ignori.

 

Non ignorarmi. Devi proprio farlo? Non riesci a capire quanto questo sia insopportabile?

 

Ti sogno spesso. Ti vogl Ti vorrei.

Vorrei che tu mi vedessi per quello che sono. È così difficile? Perché non posso essere semplicemente James?

 

Perché non usciamo ins Dovresti almeno sperimentare la mia compagnia. Quando ero Anonymous ti piacevo. Perché non posso continuare a piacerti?

 

Cercami L’estate scorsa sono venuto a Spinner’s End. Sono rimasto sotto casa tua. Nonostante la pioggia e il fr Ho fissato a lungo una finestra, credo fosse la tua. C’era una tenda bianca con qualche disegno, non sono riuscito a capire quale.

Quando ho sentito la tua voce la pioggia non c’era più Ad un certo punto ti ho sentita parlare, pensavo ti fossi accorta di me. Invece stavi solo parlando con i tuoi.

Assomigli a tua madre. Hai i suoi stessi capelli rossi.

Ho parlato con tuo padre Tuo padre è un brav’uomo. Hai i suoi occhi.

 

Non riesco a stare con nessuna. Penso a te Ogni volta mi distraggo, sono assente.

La verità è che le altre non sono te.

 

Sirius dice di lasciarti perdere. Ma come faccio? Forse dovrei ascoltarlo.

Remus dice che devo continuare a provarci. Non sa quanto fa male A chi devo dare ascolto? Dimmelo tu

 

L’altra notte ti ho sognata. Eravamo felici e c’era un bambino con noi. Con occhi verdi come i tuoi Era nostro. Era meraviglioso, tutto Che cosa stupida.

 

Io getto la spugna. Questo è un prezzo troppo alto per me.

Tanto si tratta solo di avere pazienza, no? Qualche altro mese e poi non ci rivedremo mai più.

Cazzo Sarà meglio per tutti, non credi? Tu avrai la tua vita, io la mia. Forse

Mi mancherai Non ti penserò, neppure una volta. Troverò una brava ragazza e mi costruirò una famiglia mia. I miei figli non avranno i tuoi occhi

 

Mi viene da piangere Devo essere forte. I Potter sono forti. I Potter sono determinati.

I Potter soffrono sempre

 

Mia madre sta male. Morirà. Ho paura Mio padre non ce la fa. Nemmeno io

Il vaiolo di drago la sta uccidendo. Presto saremo soli. Sarò solo

 

Quando la scuola finirà, che fine faranno i miei amici?

Non voglio restare da solo Forse Remus lavorerà qui, Sirius andrà via e Peter pure.

Frank si sposerà con Alice. Mi dispiace. Ti chiedo scusa, Frank; non dovevo arrabbiarmi così.

Non siamo più stati amici, dopo quella volta

 

E di te? Che ne sarà di te?

Amerai un altro? Ami già un altro?

Ti ho difesa, due anni fa. Non ho potuto farne a meno. Voglio sempre difenderti. Quanto tempo sprecato

 

Ti amo. TI AMO. TI AMO. TI AMO.

L.E.

TI AMO. AMAMI

 

 

 

 

 


 

 

NdA: *arriva in scivolata sul palcoscenico, sventolando una bandiera che riporta la scritta: VOGLIO ESSERE UN CAPITAN OVVIO*

La parte conclusiva del capitolo è la famosa (non)lettera di James.

*butta via la bandiera e torna a fare l'autrice seria*

Dite la verità: non vi aspettavate un aggiornamento anticipato, eh? Sono una fanwriter lunatica, lo so. Oggi mi girava così. Il capitolo era bell'e pronto che mi pareva brutto attendere sino a domani.

Ma non fateci l'abitudine, guys.

Oh, io ho delle note da dare (tanto per fare qualcosa di diverso).

            1. Espressione usata da March per descrivere James, che mi ha così fatto ridere che ho proprio dovuto inserirla. Un omaggio alla stessa March, per ringraziarla delle recensioni, dei banner e del fangirling compulsivo che ogni tanto ci prende su FB.

            2. Riferimento al bacio che Sirius, da ubriaco, diede a Remus al terzo anno, accennato qualche capitolo addietro.

 Bene, ora che ho fatto il mio dovere, passiamo a ciarlare del capitolo.

Dopo tanta insistenza, come vedete, ho scritto la benedetta lettera/accozzaglia di pensieri di James. Siatene contenti. (Io non lo sono)

Poi, permettetemi di dirvi una cosa: avrete sicuramente pensato che Lily è una paranoica senza speranza e avrete sicuramente scosso la testa, sospirato, riso, qualsiasialtracosa... ebbene, l'ho fatto pure io.

Non che mi diverta a ritrarre Lily come una deficiente, sia chiaro, ma è per farvi capire quanto sia cocciuta e determinata.

Ma era anche per dare a James l'occasione di riscatto che gli ho negato nel capitolo precedente, dafuq.

E, ah, io sono perfettamente d'accordo con lui, per inciso.

Ebbene, detto questo, io proporrei di chiudere qui queste note, anche perché ho finito le cose da dirvi, quindi pace, amore e amen.

AH! Quasi dimenticavo, che sciocca! Ringrazio di cuore le persone che hanno recensito lo scorso capitolo (12 *^* Ma siete la tenerezza!), ma anche chi ha recensito gli altri capitoli e a cui non ho risposto (non lo faccio per cattiveria, davvero, ma questo è un periodo DDD: ; universitarie, capitemi), sappiate che vi voglio bene.

Ultimissima cosa: se notate errori, imprecisioni o roba così, non esitate a farmeli notare!

Bene, il mio dovere è compiuto, ci si ribecca martedì prossimo!

 

 

Passo e chiudo.

   
 
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