Buonsalve! Eccomi qui, con il nuovo capitolo. Non ci ho messo tanto questa
volta dai. Niente, spero tanto che vi piaccia. ^_^
Buona lettura!
Capitolo 7
Va' dove ti porta il cuore
Susanna
Tamaro
Venerdì 28 Ottobre 2011
-andava bene il caviale Beluga?-
- si. Bells?-
-e il manzo Wagyu?-
-era ottimo, anzi eccellente! Ma Bells, mi ascolti?-
-che c’è?- alzo la testa dai miei fogli e vedo Jenny fissarmi come solo
lei è in grado di fare. Dall’alto del suo metro e cinquantacinque, con i
capelli neri e ricci e gli occhi blu allungati, quasi a mandorla, Janet Lindsay
è la donna più tenace, testarda, caparbia e persuasiva che esiste sulla faccia
della terra.
-come che c’è? Non hai sentito una sola parola di quello che ti ho
detto?-
-si Jenny ti ho sentito, ma non…-
-“non” cosa? Non farai niente? Non andrai a trovarlo? Non la smetterai con questo giochetto
stupido?-
-non è un giochetto stupido. È la mia vita e decido da sola cosa posso o
non posso fare- mi alzo e aggiro il bancone del bar per versarmi un’altra bella
tazza di caffè, l’ennesima. Sono le 10:15 e il ristorante è ancora chiuso,
anche se sento i ragazzi in cucina manovrare con pentole e padelle, accendere i
fuochi e sistemare la sala. Sono al Seasons
il ristorante di Jenny, in ordine il terzo ristorante che gestisco.
Le volto le spalle ma la sento sbuffare sonoramente e non posso fare altro
che alzare gli occhi al cielo.
-e sentiamo…uscire con un uomo del quale non ti interessa un cazzo solo
per farla pagare a Edward non lo chiami “giochetto stupido”? Per me è così, è
solo un giochetto stupido Bella-
Dio, è da quando le ho raccontato che ho telefonato a Jacob per
organizzare un uscita che me ne dice di tutti i colori. Speravo che essendo mia
amica da tanti anni ormai appoggiasse ogni mia scelta, soprattutto in questo
caso speravo che mi stesse vicina o che la pensassimo alla stesso modo. Jenny e
io ci siamo conosciute lo stesso giorno che ho incontrato Edward. Anche lei
come me lavorava nel servizio di catering che quella sera fu ingaggiato per
servire alla villa dei Cullen. Lei lavorava strenuamente in cucina mentre io mi
rompevo la schiena per servire ai tavoli. Da quel giorno non ci siamo più perse
di vista e siamo diventate grandi amiche nel corso degli anni. Ed è per questo
che invece di inveirmi contro speravo che appoggiasse le mie decisioni. Lei ha
visto nascere la mia storia con Edward praticamente da subito e mi è stata
sempre accanto. Dal giorno del matrimonio fino al momento del parto. Dal giorno
in cui le ho raccontato del tradimento fino al momento del divorzio. Sa quello
che ho provato e sa quanto ho sofferto, perciò non credevo che la prendesse
male quando l’ho chiamata e le ho raccontato che sarei uscita con Jacob venerdì
sera, questo venerdì sera, praticamente tra dieci ore.
-senti, accettare un invito a cena non ha mai ucciso nessuno e non penso
che Jacob sia un serial killer travestito da istruttore di Yoga-
-che ne sai? Magari ha un accetta nascosta sotto quei dieci strati di
muscoli-
La mia occhiataccia deve essere abbastanza eloquente perché smette di
parlare all’istante. Ma, come dicevo, Jenny è la donna più testarda che conosca
e due occhi iniettati di sangue non la fermerebbero nemmeno se si trovasse
davanti ad un boia.
-non è l’uscita che ti contesto, Bella. È il motivo che ti ha spinta a
farlo-
-oh, vuoi dire il piccolo e insignificante dettaglio che il mio ex marito,
nonché padre di mia figlia, si è dimostrato essere un puttaniere degno dei
peggiori playboy d’America? Dovrei chiedere a Oprah se è interessata a fargli
un intervista. “Ex marito irretisce la ex moglie, facendole credere che è
interessato ad un riavvicinamento mentre invece va a letto da tre anni con
un'altra donna”-
-e non solo…-
-già stavo quasi per dimenticarlo. ‘E non solo’ - sbuffo sentendo una
fitta nel petto quando le parole di Tania tornano vivide nella mia mente “lui è mio, lo è sempre stato e
sempre lo sarà. È mio quando viene a scaldarsi nel mio letto ed è mio quando va
via dopo una notte passata a fare l’amore. In questi anni
ha avuto altre donne, ma ogni volta torna sempre da me, perché sono io quella
che vuole. Lui
non ti ama…”
‘Lui non ti ama’ già, non mi
ama.
-si, ho capito quanto ti ha fatto male. Ma perché, invece di uscire con
un altro uomo, non hai reagito come qualunque altra donna avrebbe fatto al
posto tuo? A quest’ora dovresti essere a casa, sotto le coperte a ingurgitare
chili di gelato e a piangere davanti a film strappalacrime. Vederti così dura
e… determinata ma allo stesso tempo… rabbiosa-
-rabbiosa? Che razza di termine è?-
-dico solo che non capisco perché tu debba reagire in questo modo. Non
l’hai mai fatto in questi tre anni, nonostante sapessi, e più volte l’hai visto
con i tuoi stessi occhi, che Edward usciva con altre donne. Perché adesso si?-
-come ‘perché adesso si?’ perché mi ha preso per il culo ecco perché!
Perché mi ha fatto credere che volesse qualcosa da me, che provasse dei
sentimenti nei miei confronti. Ed invece era tutto falso. Tutto quanto! Il
bacio a casa dei suoi e l’uscita al parco con Sophie. Che cosa voleva da me,
cosa?- sbotto esasperata portandomi le mani nei capelli – voleva una donna che
lo aspettasse a casa con la tavola pronta, che gli pulisse sotto al culo, che
gli ritirasse i vestiti in tintoria? Che fosse disponibile a fare l’amore e a
scaldargli il letto, quando poi aveva un amante pronta ad aprire le gambe ad
ogni ora del giorno nascosta chissà dove in uno dei grattaceli di New York?-
-questa è meglio se la prendo io- dice Jenny rubandomi la tazza del
caffè da sotto il naso – sei già abbastanza agitata, non peggioriamo le cose
eh?-
-come ti pare- faccio un gesto con la mano come a liquidare l’argomento
e torno a sedermi sullo sgabello di fronte al suo.
-non fraintendermi Bella…- la sua voce è più che un sussurro quando
torna a parlare – io non giudico il fatto che tu abbia piantato in asso Edward
dopo quello che hai scoperto. Ma non penso che buttarsi subito in una nuova
relazione ti possa rendere felice-
-non ingigantiamo le cose adesso, okay? Non esco con Jacob con
l’intenzione di sposarmelo domani. Esco con lui perché mi sono proibita così
tante cose in questi anni, in nome dell’amore che mi legava a Edward, che
adesso voglio ricominciare a vivere, tutto qui. Magari l’uscita con Jacob sarà
un disastro, magari gli chiederò di riportarmi a casa a metà serata, ma non
voglio starmene rinchiusa in casa a piangere per un amore che ormai ho perso
definitivamente-
-mmh… okay-
Conosco quell’okay. È l’okay che dice quando vuole chiudere un discorso
che in realtà vorrebbe continuare all’infinito. Ma lei conosce me e quindi si
limita a dichiarare chiuso l’argomento, perché sa che nessuno mi smuoverà dalla
decisione che ho preso. E nessuno lo farà infatti. Stasera uscirò con Jacob che
a Jenny piaccia o no. Su una cosa ha ragione però: non sono mai stata
determinata come questa volta. E non so perché abbia reagito in questo modo in
effetti. La mia mente fa a cazzotti con il mio cuore. Ho una guerra dentro che a stento riesco a gestire.
Chi la spunterà?
Il mio cuore sanguina
ancora per l’ennesima batosta che Edward gli ha inflitto. È diventato un muscolo privo di vita che a
stento arranca alla ricerca disperata di quell’emozione, di quella felicità che
lo faccia tornare a battere come prima. La mia mente invece è un vulcano in
eruzione. Ragiona con spietata freddezza e giudica in base ai miei sentimenti
feriti. È lei che mi ha spinto ad
alzare il telefono e chiamare Jacob.
Jacob,
quando ha risposto per poco ha pensato che fosse uno scherzo -Bella? Ma sei
davvero tu?- e poi è stato zitto ad ascoltare quello che avevo da dirgli. Ha
accettato subito la proposta di uscire, tant’è che non vedeva l’ora di
organizzare una serata – per me va bene anche domani- mi ha detto e a quelle
parole sono scoppiata a ridere. Poi ho pensato che sarebbe stato più “pratico”
se fossimo usciti una sera in cui Sophie non fosse stata a casa, perciò ci
siamo accordati per questo venerdì.
Sophie andrà dalla zia
Alice. Edward non può prendersi cura di lei al momento…
-senti, arriveremo
verso le 20:30, ti va bene si?- accantono per un attimo il pensiero precedente
e mi concentro sul fatto che ceneremo qui da Jenny stasera. La mia mente
viaggia da sola è vero, ma non sono del tutto rincoglionita d’uscire con una
persona che non conosco senza avere un bel salvagente attaccato sotto al
sedere. Qui da Jen mi sento a casa, conosco lo staff e lo chef è anche la mia
migliore amica, perciò quale altro posto avrei dovuto scegliere? Per un attimo
mi sfiora l’idea di rispondere “da Steve” ma solo l’immagine di mangiare da lui
mi mette i brividi.
-va benissimo.
L’appuntamento è il tuo, fai come vuoi- dal tono tagliente che ha usato capisco
che è ancora offesa con me, ma non ho la forza per ribattere e ricominciare a
litigare.
Riprendiamo in mano il
nostro lavoro ma Jen continua a borbottare come una pentola di fagioli. Ad un
tratto sbuffa così sonoramente da far cadere a terra alcuni dei miei fogli.
-che c’è?- scoppio
capendo che non riesce più a starsene zitta.
- è che non capisco
come fai ad essere così calma!-
-riguardo a cosa?-
-riguardo al fatto che
appena sei arrivata eri accerchiata da una dozzina di giornalisti. Pensavo che
saresti andata fuori di testa e invece eccoti qui, bella, calma e tranquilla a
compilare quei fogli senza neanche il minimo cedimento-
-okay, ho capito.
Questi è meglio se li metto via va bene? Tanto non vuoi parlare di lavoro,
giusto?- ripiego ogni cosa al suo posto nella cartellina dei documenti che
ripongo subito nella mia borsa -ho parlato con i legali dei Cullen e mi hanno
detto che non devo preoccuparmi di niente. I giornalisti possono farmi tutte le
domande che vogliono, io sono fuori da questa storia-
-e che mi dici di
Edward? Non hai intenzione di andare da lui?-
-per dirgli cosa
esattamente? Non saprei nemmeno da che parte cominciare. E poi in questo
momento non so quanto la mia presenza possa essergli di conforto-
Che ci pensi Tania a consolarlo penso inviperita.
Il pandemonio è
scoppiato la notte di martedì. Mercoledì mattina la notizia viaggiava già come
un razzo tra una testata ed un'altra dei TG, tant’è che anche mio padre mi ha
chiamata tutto preoccupato. Il caffè mi è andato di traverso quando, seduta al
tavolo in cucina, il telegiornale del mattino annunciava con una notizia in
primo piano che il Socio di maggioranza della M&E Corporation, tale Mike
Newton, era scappato con tutti i soldi dell’azienda mandando in rovina i suoi
dipendenti, il suo Socio in affari Edward Cullen e tutti gli azionisti. Mi sono
subito attaccata al telefono per parlare con gli avvocati, non volendo
interpellare Edward in prima persona; erano esattamente più di quarantotto ore
che rifiutavo le sue chiamate. Gli avvocati comunque non hanno saputo dirmi
nulla di più rispetto a quello che aveva annunciato il telegiornale, solo che
Edward si dichiarava estraneo a quanto successo e che al momento si trovava a
casa dei suoi. Ricordo che pensai a quanto tutto questo casino non avrebbe
giovato per niente alla salute di Carlisle già compromessa di suo.
-e quindi? Come stanno
le cose adesso? Si è saputo niente della fine che ha fatto quel farabutto?- la
voce di Jenny è talmente bassa che faccio fatica a comprenderla. Si guarda
circospetta attorno forse preoccupata che possa spuntare un giornalista da
sotto una tovaglia bianca da un momento all’altro.
-l’FBI sta ancora
indagando- dico imitando il suo tono- ma sembra che abbiano scovato una pista
che li porta dritti dritti in Costa Rica. Forse Mike è fuggito laggiù-
-Perché ha fatto un
gesto del genere? Ha distrutto la vita di centinaia di persone- Sospiro
ricordando parola per parola quello che il signor Brown, l’avvocato di Edward e
anche mio avvocato di fiducia, mi ha comunicato proprio ieri sera.
-pare che Mike, troppo
preoccupato per l’aria che si respirava ultimamente a Wall Street, per via
delle azioni in continuo ribasso a favore di un nuovo colosso nel campo
dell’energia rinnovabile Canadese, abbia preferito abbandonare la barca prima
di vederla affondare con lui dentro-
- si, ma tutti quei
soldi? Come diamine ha fatto a farli sparire così in fretta?-
-non lo sanno ancora.
Il signor Brown ha detto che mi terrà informata. Se dovesse esserci qualche
novità mi avviserà sicuramente. A tal proposito, so che non c’è nemmeno bisogno
di chiedertelo, ma vorrei che tenessi per te quello che ti ho appena detto-
-certo, certo. Hai la
mia parola- dice portandosi una mano sul cuore.
-bene. Posso riavere la
mia tazza di caffè adesso?- mi guarda indecisa se restituirmela o meno, ma poi
sbuffa e me l’avvicina al petto.
-ma Edward? Che
conseguenze avrà su di lui tutto questo? È indagato?-
-logicamente l’FBI gli
sta con il fiato sul collo- dico mandando giù una sorsata-hanno paura che possa
lasciare il paese e raggiungere Mike chissà dove-
-pfff, ma è ridicolo!
Edward non farebbe mai una cosa del genere-
-certo. Ma questo lo so
io, lo sai tu. Lo sanno i suoi avvocati e il resto della sua famiglia. Ma loro
non possono permettersi di abbassare la guardia. Lo scherzetto di Mike ha
mandato in rovina un sacco di persone. Per non parlare poi di chi ha investito
soldi sull’azienda e adesso che è fallita ha perso ogni singolo centesimo-
-che pezzo di…-
-già, proprio un bel
pezzo di merda. Fare questo a Edward…proprio non me lo sarei mai aspettata.
Erano amici da così tanto tempo!-
-dovrà essere distrutto
poverino- nei suoi occhi compare un velo di lacrime. Jenny vuole molto bene a
Edward.
-ma perché non metti da
parte l’orgoglio e non vai da lui?- mi supplica.
-oh Jen non
ricominciare!- sbuffo esasperata.
-sei la donna più
testarda che esiste sulla faccia della terra! Ma perché fai così?-
-perché devo fare così. Riavvicinarmi adesso mi
distruggerà lo so. Se vado da lui per stargli accanto… io, io non ce la farei
Jen, non ce la farei proprio. Già piango tutte le notti per quello che è
successo e…- tiro su con il naso una lacrima che tenta di sfuggire alla mia
maschera di durezza- anche solo rivederlo sarebbe un ennesimo colpo al cuore.
Riesci a capirlo? Riesci a capirmi?-
-si- butta fuori l’aria
come se l’avesse trattenuta per un eternità- si, ti capisco-
- è anche per questo
che non ho disdetto la cena con Jacob. Non voglio e non posso cedere alla
tentazione di andare da lui-
È una tentazione così
forte che non mi fa dormire la notte, anche se penso seriamente che mi stia
comportando da stupida. L’uomo che amo sta affrontando l’inferno per aver perso
lavoro, soldi e dignità tutti in colpo solo, ed io non sono con lui. Ripeto,
sono una donna stupida ed egoista, ma sono anche una donna ferita. Se andassi
da lui, adesso, non so quanto tempo ci metterei ad accantonare tutto e a
dimenticare quello che mi ha fatto per stargli accanto, come la maggior parte
delle persone che lo conosce sta facendo in questo momento. Uscire con Jacob è
un diversivo a questo senso di oppressione che ogni volta che sono in macchina
mi porta a svoltare verso la direzione opposta a casa mia per andare da Edward.
Ieri non so come diamine sia potuto succedere, mi sono ritrovata a pochi
isolati da casa sua. Ho combattuto con me stessa per dieci minuti buoni prima
di invertire la marcia e tornarmene da dove ero venuta.
-perciò stasera uscirò
con Jacob- riprendo nuovamente convinta- farò qualcosa per me stessa, per una
buona volta nella vita. E se… beh se mi troverò a pensare a Edward più del
lecito, o comunque più dell’uomo che avrò di fronte stasera, ti prometto, anzi
no… giuro che mi alzerò dal tavolo e dichiarerò conclusa la serata-
********
Di fatti la serata
comincia nei migliori dei modi…
Il campanello di casa
suona esattamente alle 19:45 e mi concedo solo una veloce occhiata allo
specchio della camera da letto prima di correre in salotto, prendere il
cappotto, afferrare le chiavi di casa e richiudermi la porta alle spalle. Il
vestito che indosso stasera è in pizzo nero, foderato dal collo fino alle
ginocchia(diciamo pure un tantino più su) ma con le maniche trasparenti. Quando
mi vede Jacob per poco non si ritrova con la mascella per terra. Esagerato penso, anche se la lusinga di
apparire bella agli occhi di un uomo mi fa sentire qualcosa dentro, all’altezza
dello stomaco, che non provavo davvero da tanto tempo. Jacob è altissimo e con
i miei tacchi (neri anche quelli) gli arrivo a malapena alla spalla.
-sei splendida stasera
Bella- con uno di quei gesti che credevo appartenessero solo agli uomini del
passato, mi prende la mano e con un leggero inchino vi poggia le labbra sopra.
Una volta alzato mi aiuta ad infilare il cappotto beige con un sorriso a
trentadue denti dipinto sul viso.
Saluto Frank il
custode, un uomo sulla sessantina con il sorriso più bello e caloroso del
mondo, che mi ricambia con un sorrisino divertito, appunto. Anche lui suppongo
sia rimasto stupito dalla mia mise un tantino provocante, o forse di più dal
fatto che un uomo sia venuto a prendermi sotto casa, quando per ben più di tre
anni il deserto del Gobi è stato più popolato del mio pianerottolo.
Una volta fuori mi apre
la portiera della sua auto, un Porsche Cayenne nero di ultima generazione
tirato a lucido, che mi lascia a bocca aperta. Tant’è che mi chiedo come faccia
un istruttore di yoga a mantenere una macchina come questa. Forse Jenny ha
ragione, forse Jacob non è chi credo che sia.
Mi do uno schiaffo
mentale per aver concesso alla mia amica di corrompere così tanto il mio
cervello e la conseguente opinione che mi ero fatta su di lui.
Jacob è un bravo ragazzo e soprattutto è un onesto
lavoratore. Questa macchina può averla comprata con i soldi che mette da parte
da tutta una vita. Magari ha anche un altro lavoro! Oppure è diventato
ricchissimo in seguito all’eredità che gli ha lasciato una sua vecchia zia. O meglio
ancora, se l’è fatta prestare da un amico. Non partiamo con il piede sbagliato! Mi dico mentalmente mentre lui
aggira l’auto per entrare dal lato guida.
Ci immettiamo nel
traffico e gli do subito le indicazioni per arrivare al ristorante di Janny. Il
ristorante non è tanto distante da casa mia, si trova esattamente al Columbus
Circle, ma non possiamo fare a meno di parlare del più e del meno nel
frattempo, frasi sciocche per lo più, buttate qui e li giusto per non cadere
nell’imbarazzo che un viaggio silenzioso susciterebbe in entrambi.
“hai visto che freddo
in questi giorni? Dici che nevicherà?” “è probabile, si”
“mi è piaciuta l’ultima
lezione” “come mai non sei venuta questa settimana?” “ohh.. ho avuto un sacco
di cose da fare-”
“così
è arrivato anche
Halloween eh?” “già” “tua figlia
sarà molto impaziente” “mmh, non vede l’ora di
sfoggiare il suo vestito da zucca stregata”
Cose così insomma, ma
che mi danno il tempo di perdermi nei ricordi. È inevitabile per me fare un
confronto (se non altro perché non ho altri metri di paragone) con quella che
considero una delle serate più belle della mia vita, la sera in cui Edward ed
io siamo usciti per la prima volta. Già in quell’occasione capii che sarebbe
stato l’uomo della mia vita e non mi ero sbagliata più di tanto dopotutto.
Arriviamo al ristorante
con qualche minuto d’anticipo e una volta dentro faccio subito le presentazioni
del caso. Gli presento Phil, maître di sala validissimo, Jessica, cameriera
instancabile e Ben responsabile dei vini; i miei amici più fidati qua dentro.
Jacob saluta tutti con un sorriso caloroso che automaticamente fa spuntare
anche a me. Dopo numerose strette di mano ci accomodiamo al tavolo mentre mi
guardo attorno pronta a vedere Jenny uscire dalle cucine e venire a salutarci,
dopotutto me lo aveva promesso, ma il ristorante è del tutto pieno e il lavoro
di là deve essere smisurato.
-Jess, ehi Jess- la
chiamo affinché si avvicini- sai che fine ha fatto Jen?-
-si, è attaccata al
telefono da più di cinque minuti. Ma le ho detto che siete arrivati
tranquilla-strizzo per un attimo gli occhi stupita e curiosa.
-vi posso portare il
menù?-
-si, grazie- ma come? Il ristorante è pieno zeppo e lei
sta attaccata al telefono?
Jacob mi mette sin da
subito a mio agio e per un attimo davvero riesco a dimenticare dove mi trovo,
cosa provo e tutto quello che mi è successo in quest’ultima settimana. Ma il
pensiero di Jen e l’ansia di vederla comparire da un momento all’altro mi fa girare
ogni secondo verso le cucine. Jacob coglie immediatamente il mio sguardo
furtivo e “giustamente” mi chiede di raccontargli di Jenny e della nostra
amicizia.
-Jenny e io ci siamo
conosciuti ad una festa, lavoravamo entrambe nel servizio di catering che
quella sera si occupava di servire le vivande. Io facevo la cameriera mentre
lei lavorava in cucina. Da quel giorno siamo rimaste sempre in contatto e
adesso eccoci qui- ometto di spontanea volontà il fatto che la festa fosse
stata organizzata dalla famiglia del mio ex marito e che è proprio li che noi
due ci siamo conosciuti.
-così, da semplice
cameriera ti sei ritrovata a dirigere tutto questo. Com’è successo?- mi chiede
mentre affonda la forchetta nel suo antipasto.
-emmh, la famiglia del
mio ex marito possiede questo ristorante, al momento del divorzio sono
diventata comproprietaria-
-e Jenny? Come ha fatto
a finire qui dentro?- mi chiede sollevando entrambe le sopracciglia con un
sorrisino malizioso.
-si, è vero mi hai
scoperta- dico alzando le mani in segno di resa- sono stata io ad inserirla.
Avevo la possibilità di farlo e l’ho fatto. Ma lei credimi ne ha tutte le
capacità-
-mhh, lo credo bene.
Questo salmone è fantastico!-
Continuiamo a cenare
tranquillamente tra un bicchiere e un altro di vino e tra una risata e un’altra
di complicità. Lui è veramente un ragazzo speciale. Mi racconta praticamente
tutta la sua vita ed io non posso che rimanerne lusingata. Mi sento un po’ in
colpa però… uscire con lui pur sapendo che non potrà mai esserci nulla di più
tra di noi. Almeno non nell’immediato. È da quando è venuto a prendermi sotto
casa che lo penso e più passa il tempo e più davvero capisco che Jacob è una
persona che potrebbe davvero interessarmi se il mio cuore non fosse già
occupato.
Cuore che sussulta per
la prima volta nella serata, quando vedo una figura vestita in nero varcare la
soglia del ristorante. Ha un cappotto pesante con il collo alzato a proteggere
il viso, ma potrei aver bevuto anche un intera bottiglia di vino, quei capelli
e quella camminata li riconoscerei tra mille.
Cosa diavolo ci fa Edward qui?
Solo a pensare che si
trova a meno di dieci metri di distanza da me, mi fa schizzare letteralmente il
cuore in gola.
Cristo, lo sapevo. Lo
sapevo che mi sarei sentita così. Come una sottiletta fusa tra due fette di
pancarrè: completamente inconsistente. Le mie gambe cominciano a tremare e sul mio viso il sorriso che c’era fino a
poco prima si congela all’istante. Lo vedo dirigersi verso le cucine e la mia
fronte si contrae stupita. Per fortuna Jacob non sembra essersi accorto di
niente perciò non dice nulla quando mi congedo dal tavolo con la scusa di dover
riferire una cosa importante a Phil che si è proprio diretto in quella
direzione.
In realtà mi metto a
seguire Edward, a debita distanza naturalmente, per capire cosa ci fa qui e
come mai stia andando proprio da Jen. Entra guardandosi furtivamente intorno ed
io sono costretta ad abbassarmi dietro un tavolo per non farmi vedere, tant’è
che riesco a spaventare i signori seduti a mangiare.
-signorina! Si sente
male?- mi chiede un signore di mezza età con i capelli bianchi già pronto ad
alzarsi per venire in mio soccorso.
-oddio, no. Sto
benissimo. Mi è semplicemente caduta una lente a contatto, non si preoccupi è
tutto sotto controllo- mi rimetto subito in piedi fingendo una tranquillità che
non ho e con passo spedito raggiungo la porta dietro la quale pochi secondi
prima è sparito Edward.
La scosto un pochino e
lo vedo tra le braccia di Jen che commossa lo stringe forte a se.
-mi dispiace davvero
tanto per tutto quello che ti è successo Edward. Come stai?-
-diciamo che ho vissuto
momenti migliori- e il suo viso sciupato coperto da una leggera peluria scura
ne è una conferma. Non l’ho mai visto con gli occhi così infossati e con il
viso così trascurato. Mi chiedo se una parte di questo suo malessere sia dovuta
anche alla nostra litigata oltre al fatto che si sia ritrovato senza più un
lavoro e indagato per truffa nel giro di ventiquattro ore. Il mio cuore fa una
capriola nel petto quando lo vedo portarsi una mano nei capelli.
-per fortuna che ti sei
lasciato convincere a venire, vorrei poter fare di più oltre che fornirti una
cena calda da asporto però- gli dice lei, depositando un pacchetto sulla sua
mano. Allora era con lui che stava parlando al telefono prima…
-beh una cosa c’è. Puoi
dirmi… come… come sta? L’hai vista oggi?- nel mio petto si incrina qualcosa
quando sento queste parole. Ma come? Sta vivendo uno dei momenti più difficili
della sua vita e lui si preoccupa per me?
Jen si prende un attimo
in più prima di rispondere, forse si sta mordendo la lingua dal bisogno di
dirgli che sono esattamente nella sala ristorante a mangiare tranquillamente in
compagnia di un altro uomo.
Dio, Jen, ti prego non lo fare. Mi ritrovo ad implorare mentalmente.
Ma è tutto inutile
quando Ben vedendomi accovacciata sulla porta semi aperta ha la brillante idea
di chiamare il mio nome ad alta voce.
-Bella! Ma cosa fai?-
lo maledico in tutte le lingue del mondo prima di guardare i visi di Edward e
Jen squadrarmi stupiti. Mi volto pronta a scappare e mentre mi allontano sento
la voce di Edward dire - lei era qui e non mi hai detto niente?- ma ormai sono
troppo lontana per sentire la risposta della mia amica che a questo punto sono
sicura gli confesserà ogni cosa. Vorrei imboccare l’uscita ma non posso
lasciare Jacob come uno stupido ad aspettarmi al tavolo senza avere nemmeno la
decenza di dirgli “ciao”. Perciò torno a sedermi e quando lo faccio lo vedo
tirare un sospiro di sollievo.
-Dio, Bella! Stavo per preoccuparmi.
È successo qualcosa? Stai bene?-
-si- rispondo atona
senza nemmeno guardarlo in faccia.
-a me non pare. Sembra
che tu abbia visto un fantasma-
E il fantasma lo vedo
eccome! Puntare dritto verso il nostro tavolo!
-scusami Jacob ma non
mi sento tanto bene. Ho bisogno della toilette- mi alzo prima che abbia il
tempo di dire qualcosa e praticamente fuggo nel bagno delle signore come se
avessi un mastino alle calcagna. Per fortuna non c’è nessuno così mi rinchiudo
in una delle cabine sperando che Edward non abbia l’ardire di entrare qui
dentro.
-Bella!- sobbalzo
quando sento la sua voce chiamarmi dopo aver dato una mandata alla porta. Ci ha
chiusi dentro.
Sono in trappola, cazzo!
-Bella esci
immediatamente da quel bagno- adesso è tranquillo come se mi invogliasse a
comprare un gelato.
-non fare la bambina.
Esci per favore- non ricevendo una risposta da parte mia però, riprende a
parlare – okay, fallo pure, ignorami! Tanto è quello che stai facendo da cinque
giorni perché dovrei sperare in qualcosa di diverso?-
Sento il rumore di una
busta scontrarsi contro il marmo del lavabo- solo che… sai una cosa? Adesso non
hai la possibilità di staccare il telefono, adesso ascolterai tutto quello che
ho da dirti-
Ecco, ora mi dirà le
stesse parole che mi ha detto Tania, magari rivisitate a suo piacimento, e il
mio cuore si spezzerà ancora una volta.
-non voglio sentirti!-
urlo sbattendo un pugno contro le mattonelle fredde consapevole di non avere la
forza per sopportare altro dolore.
-e invece mi ascolterai!
Esci fuori-
Lo faccio. Apro la
porta del bagno e mi ritrovo davanti al suo viso a meno di trenta centimetri di
distanza. È poggiato con il braccio destro allo stipite della porta e
praticamente ha creato una gabbia tutt’intorno a me. Il suo viso sciupato e
segnato da troppe notti insonni, mi provoca una fitta di dolore. Vorrei
cancellare via con un gesto della mano le ombre viola che ha sotto gli occhi.
Il contatto ravvicinato con questi ultimi però mi fa indietreggiare, colpita
dall’intensità del suo sguardo, e mi ritrovo a incrociare le braccia al petto
persuasa di tenergli testa.
-cosa ci fai qui? È
stata la nanerottola malefica a dirti di venire?-
-cosa ci faccio io?
Cosa ci fai tu qui! Con quel babbeo poi!- dice puntandomi un dito contro.
-io… io ho un
appuntamento con quel babbeo, come l’hai chiamato tu- mi guarda aggrottando la
fronte tanto che le sue sopracciglia vanno a formare una linea retta.
-sono venuto perché me
l’ha chiesto Jen, si. Sai, è preoccupata per me. E a quanto pare è preoccupata anche
per te, visto che ha insistito così tanto affinché venissi solo perché vedessi
quello che stai combinando. Cosa stai cercando di fare esattamente, Bella? Stai
cercando di punirmi?-
-ti do una notizia se
ancora non l’avessi capito: la mia vita non ruota intorno a te, sai?-
Bugiarda! Che bugiarda che sei! Mi ammonisco da sola.
-e comunque, perché lo
pensi? Sentiamo…-
-non lo so, vedo solo
che è così. Mi hai lasciato in mezzo a una strada senza darmi nessuna
spiegazione. Hai evitato deliberatamente di rispondere alle mie chiamate. Mi
hai detto che ti faccio schifo dopo che per un intero pomeriggio mi hai fatto
credere il contrario. E adesso, come se il mio cuore non fosse già ridotto in
poltiglia, mi punisci ulteriormente uscendo con un altro uomo?- la sua voce è
andata via via ad aumentare; le ultime parole le ha quasi urlate.
Si allontana dalla
porta e in fretta raggiunge la cabina opposta alla quale sferra un calcio che
mi fa trasalire dal terrore -perché?- sbotta portandosi entrambe le mani nei
capelli- perché mi fai questo? Non capisci quanto tu sia importante per me?-
-zzt!- scoppio
incredula – adesso sono importante
per te?-
-si, diamine! Lo sei!
Una persona che reputavo un amico, quasi un fratello, tre giorni fa è sparito
con tutti i soldi dell’azienda in cui lavoravo, in cui avevo messo tutto me
stesso. Non so cosa succederà, come riuscirò ad andare avanti, so solo che ho
un buco enorme nel petto. La mia vita è un disastro, ma lo sai che ti dico? Non
me ne importa- prende un profondo respiro – non me ne importa perché è come se
la mia stessa vita, non fosse reale, capisci? Se non sei con me. Se non ci sei,
se non la divido con te. Non so cosa temevo e non so cosa aspettavo… ma adesso
non temo più nulla e non voglio più aspettare. Sono qui, Bella. Sono qui - con
voce rotta dall’emozione si indica il petto con le mani.
Le sue parole sono come
un balsamo lenitivo sulle mie ferite ma non posso cedere alla tentazione di
dirgli che anche io sono qui, che ci sono sempre stata e che ci sarò per sempre
per lui. Perciò mi costringo a mettere da parte i sentimenti per parlare con
razionalità.
-Edward non posso- dico e il suo viso si
trasforma in pura incredulità -come puoi dirmi una cosa del genere – riprendo-
quando entrambi sappiamo che non è me che vuoi realmente?-
Dei colpi alla porta
chiusa ci fanno sussultare entrambi ed Edward urla un poco garbato - è
occupato!- prima di tornare a guardarmi stupito.
-cosa stai cercando di
dirmi Bella? Ti ho appena confessato che non posso vivere senza di te e tu
sostieni che… beh non l’ ho ben capito con esattezza cosa sostieni-
-o andiamo Edward non
prendermi in giro! I segnali erano più che evidenti ed io come una stupida ci
sono cascata ancora una volta-
-ma quali segnali? Di
cosa stai parlando?- dice afferrandomi improvvisamente per le braccia.
-sto parlando di te che
vai a letto con un’altra donna tra tre anni!-
Si allontana di scatto
quasi come se il contatto con la mia pelle l’avesse ustionato - cosa?- sbotta alla fine incredulo.
-oh, non fingere con me
Edward. Lo so benissimo qual era il tuo piano. Volevi che tornassimo insieme e
tenere in piedi anche la relazione che hai con Tania da ben tre anni!-
-Tania? Io non ho
nessuna relazione con Tania! Non la vedo da anni. Anzi no, questo non è vero,
l’ho vista per cinque minuti pochi mesi fa, ma l’ho mandata al diavolo quando
ha cercato di infilarmi la lingua in bocca-
-ah! Allora lo
ammetti!- sento un rossore colorarmi il collo e salire fino alle guance.
-non sto ammettendo
niente perché in verità non c’è nulla da ammettere. Io non ho fatto niente-
-non è quello che mi ha
detto lei-
Impallidisce
all’improvviso e la sento, la scarica di brividi che lo coglie dappertutto, la
sento anche io.
-quando?-
-a Central Park. Io e
Sophie eravamo in fila per prendere lo zucchero filato quando me la sono
trovata alle spalle. E mi ha detto tutto, perciò non serve che tu menta ancora-
abbassa la testa portandosi le mani a coppa sul naso e questo è un segnale che
mi fa capire quando abbia ragione.
- io me ne vado- dico
furiosa.
Prendo la direzione
della porta ma una sua mano mi blocca il braccio impedendomi qualsiasi
movimento. Mi spinge forte contro il lavabo e nei suoi occhi adesso vedo un
fuoco che non avevo mai visto prima. Una luce che lo fa apparire minaccioso.
-quella schifosa…
puttana- dice tra i denti stringendomi forte le braccia tanto da farmi sentire
i solchi roventi dei suoi polpastrelli -
ti ha raccontato una bugia. Io non “vado a letto con lei da tre anni”.
Non abbiamo una relazione!-
-oh, e perché mai
avrebbe dovuto mentire? Quando è chiaro che qui l’unica che ha rischiato
qualcosa è lei- rispondo per nulla intimidita dalla sua mole possente che
incombe su di me.
-lo ha fatto per
vendicarsi di me! Ecco perché! Per vendicarsi di averla respinta qualche mese
fa. Ero ad un incontro di lavoro e me la sono ritrovato davanti. Lei... lei ha
cercato di sedurmi ma io l’ho mandata a quel paese. Non devi credere a una sola
parola di quello che ti ha detto. A nessuna!-
-è troppo tardi Edward-
lo strattono con tutta la forza che ho in corpo per riuscire a liberarmi tanto
che ingaggiamo quasi una lotta.
-le credo!- dico
esasperata mentre lui cerca di portami un braccio dietro la schiena per
immobilizzarmi – sei solo un lurido bugiardo!- gli tiro un orecchio per farlo
allontanare ma ottengo solo l’effetto contrario. Mi ritrovo il suo viso e il
suo profumo meraviglioso proprio a portata del mio naso, tanto che per un
istante vorrei arrendermi sul serio alla sua volontà che al momento è pari alla
sua forza.
-no! Devi credermi, per
me esisti solo tu. Per me sei sempre esistita solo tu-
-lasciami!- urlo dopo
che un suo ginocchio piantato in mezzo alle gambe mi immobilizza i movimenti.
Sono sempre più schiacciata tra il marmo freddo del lavandino e il suo corpo al
contrario caldissimo.
-Bella, ascoltami,
credimi. Ti sto dicendo la verità – lotto ancora strenuamente affinché mi
liberi le braccia; non le sento più tanta è la forza con cui le sta stringendo.
Tento di tiragli una ginocchiata alle parti basse ma fallisco miseramente.
- oh maledizione!
Accidenti a te, vuoi ascoltarmi?- urla guardandomi fisso negli occhi- io… io ti
amo!-
Smetto di lottare ma
non perché non ne abbia più voglia, semplicemente perché le sue parole mi fanno
perdere ogni forza. Sento qualcosa rimbombare dentro la cassa toracica così
forte da rendermi sorda ad ogni altro rumore. Il mio cuore batte più veloce
delle ali di un colibrì. Avverto delle mani toccarmi il viso, le spalle, le
braccia, ma è come se stessi per evaporare. Odo il mio nome come un eco lontano
e sul mio campo visivo compaiono tante stelline. Improvvisamente il calore che
mi opprimeva il petto scompare ed io capisco che i colpi che sentivo rimbombare
in realtà provengono da dietro la porta chiusa. Qualcuno sta bussando così
forte che tra breve butterà giù la porta.
-Bella? Bella stai
bene? Cos’hai? Vuoi un bicchiere d’acqua?- si,
per gettarmela in faccia penso cinica riacquistando pian piano il contatto
con la realtà. Riconosco senza dubbio la voce di Edward chiamarmi allarmato ma
è quella all’esterno a preoccuparmi di più.
-aprite! Aprite
immediatamente! Bella? Brutto stronzo cosa le stai facendo? Se non apri entro
dieci secondi chiamo la polizia, mi hai sentito?- Jacob è furioso.
Probabilmente preoccupato del mio ritardo è venuto a cercarmi ma sentendo le
nostre urla è sicuramente giunto alla conclusione sbagliata.
-Bella, digli di andare
via. Digli che stai bene, noi due non abbiamo ancora finito-
-no, invece- la mia
voce è così gelida che stento a riconoscerla- noi due abbiamo proprio finito-
sul suo viso vedo una fitta di dolore.
-fermati ti prego-
Incredula e con
equilibrio precario mi dirigo verso la porta ignorando la sua ultima supplica.
Jacob non aspetta nemmeno un secondo prima di abbassare la maniglia e gettarsi
furioso su Edward. I volti attoniti di Jen e degli altri camerieri assistono
alla scena e solo in seguito al mio urlo allarmato si fanno avanti per
dividerli.
-lascialo stare! Edward
è l’ex marito di Bella- si intromette Jen per provare a calmare Jacob che in
questo momento si tiene la mano alla bocca dove Edward gli ha sferrato un pugno
così forte da fargli uscire il sangue.
-non m’importa chi
diavolo è. Marito o no, non la può trattare in questo modo- mi guarda
preoccupato e con una carezza al braccio mi incita ad uscire dal bagno.
-vieni ti riporto a
casa- lo seguo attonita. Non sapendo bene cosa fare opto per la scelta più
facile: andare a casa e rifugiarmi nella mia fortezza. Mi lascio alle spalle il
viso allucinato di Jen e gli occhi allarmati di Ben e Phil. Mi lascio alle
spalle il viso ferito dalle botte di Edward e il dolore con cui mi guarda
andare via circondata dalle braccia di un altro uomo.
Cosa diavolo è
successo? Mi ha detto che mi ama?
Quel “ti amo” mi è
piombato addosso come un fulmine a ciel sereno ed io sono andata nel panico.
All’improvviso ho visto tutto bianco e non sono stata più padrona delle mie
emozioni. Jecob mi aiuta a camminare, anzi mi trascina; barcollo come se fossi
ubriaca. E in effetti mi sento così: le mie ossa sono diventate morbide e
malleabili, e ogni cosa intorno a me sembra essere sfuocata, tranne alcuni
particolari che attirano la mia attenzione: gli occhi di una signora che mi
guardano altezzosi quando ci fermiamo a recuperare i cappotti, le dita
incrociate di due innamorati, Jess trasportare un enorme Astice su un vassoio,
le porte scorrevoli del ristorante compiere il solito e lento movimento, apri e
chiudi, apri e chiudi.
Le varchiamo anche noi
quelle porte e una volta fuori sento come se il bisogno di bagnarmi la faccia
con dell’acqua fredda sia diventato insostenibile. L’ombra del Columbus Circle
porta con se l’odore opprimente degli scarichi delle auto e l’aria gelida
quello della neve. Dio, quanto vorrei immergere le mani in una montagnola di
neve gelata e portarmele al viso, per sentire un po’ di sollievo. Sento ancora
la voce di Edward nelle orecchie ma cerco di scacciarla via. Quando siamo
davanti alla macchina, Jacob mi abbraccia e poggia una guancia sui miei
capelli, caldi ed elastici e poi li fiora con la bocca. Non posso fare a meno
di irrigidirmi.
-mi dispiace-
-e di cosa esattamente?-
gli chiedo staccandomi. Non vedo nessun motivo perché lui debba scusarsi.
-mi dispiace di averlo
preso a botte. È pur sempre il tuo ex marito- ah. Beh, avrei preferito di gran
lunga che non lo facesse, ma non lo biasimo per essersi preoccupato in seguito
alle nostre urla e per avermi “difeso”, anche se Edward non mi stava facendo
niente. Non l’avrebbe mai fatto, non è nella sua indole alzare le mani contro
una donna.
-io…non so cosa dire,
davvero. Per esserti preoccupato così tanto, intendo. “Grazie” è la sola parola
che mi viene in mente in questo momento-
-lo avrei fatto con
chiunque. Non devi ringraziarmi-
Aspetta qualche secondo
prima di riprendere a parlare e quando lo fa lo sento sospirare, come se avesse
bisogno di prendere un grosso respiro per farsi coraggio -ascoltami- dichiara
sommessamente – quello che ho visto di la è un uomo ferito. Ma non ferito dalle
mie botte, quelle guariranno nel giro di qualche giorno. Io, ho visto il dolore
puro nei suoi occhi ed è lo stesso che vedo adesso nei tuoi. No, lasciami
finire…- dice zittendomi- ma ho visto anche tanto amore ed anche se a
malincuore, mi trovo costretto a dire che vedo la stessa cosa adesso, qui
davanti a me- mi rivolge un sorriso obliquo quasi di rassegnazione. Questo
sorriso non ha niente a che fare con quello a cui sono abituata, probabilmente il labro spaccato ne impedisce i movimenti penso. Ma no, è proprio rassegnazione quella
che vedo nei suoi occhi e le sue parole me ne danno la conferma- forse, non so,
ho sbagliato a chiederti di uscire. Forse sei tu, ad aver sbagliato ad
accettare. Ma non mi pento di averlo fatto: in questo modo ho capito che non ho
alcuna speranza di conquistare il tuo cuore. Sei una donna meravigliosa Bella,
davvero, e mi dispiacerà dover smettere di fantasticare su noi due, su un
possibile futuro, su una possibile notte passata insieme. Dio se ci ho
pensato!- dice con un risolino facendo ridere anche me.
-ma non posso competere
con lui, vero?- mi domanda stringendo gli occhi, quasi come se speri fino alla
fine di ricevere una risposta diversa da quella che sa già. Ed io mi ritrovo a
scuotere la testa confermando che no, non può competere con Edward. Nessuno può
farlo.
-bene- annuisce- adesso
che abbiamo chiarito le cose, sono molto più tranquillo sai?- tira un sospiro
di sollievo talmente goffo che non posso fare a meno di sorridere.
- mi sembra che
possiamo andare a casa-
Mi guida con la mano
verso lo sportello ma poi si blocca prima di aprirlo.
-vuoi andare a casa,
oh…?- dice indicando con il mento l’ingresso del ristorante. Mi sta chiedendo
se voglio andare via o se voglio tornare da Edward. Ed ecco che ci risiamo, la
lotta infinita continua. Il mio cuore mi dice di correre da lui, il “ti amo” di
prima che ancora vibra nei miei ventricoli è un richiamo davvero difficile da
mettere a tacere. Mentre la mia mente mi dice di andarmene a casa, farmi una
bella doccia, infilarmi sotto le coperte e aspettare che la notte mi porti
consiglio.
-voglio andare a casa
Jacob - dico dopo aver preso la mia decisione e da codarda quale sono, non ho
difficoltà ad ammettere di aver preso quella più facile.
Se solo avessi saputo
che da li a qualche ora me ne sarei pentita amaramente…
Mi arrampico sul sedile
del passeggero e aspetto che lui salga dall’altra parte. L’atmosfera tra noi
adesso è meno tesa rispetto all’andata.
Si, penso mentre le luci di New York illuminano a giorno le strade
trafficate della città, domani. Domani farò
tutto quello che devo fare. Domani penserò
razionalmente a quello che è successo e saprò prendere una decisione. Farò i conti con il suo ti amo e con
la sua versione dei fatti. Con i suoi “è bugiarda” e “non vedi crederle”. Gli
concederò il beneficio del dubbio perché è questo che si fa con la persona
amata.
Si.
Domani.
Ma “domani” non arriverà mai. Esattamente alle 00.50, ricevo una
telefonata che mi fa piombare nel panico più totale.
Quando sento gli
squilli del telefono il nome di mia figlia lampeggia nella mia testa come un
insegna al neon. È successo qualcosa a
Sophie! Penso rabbrividendo di paura
mentre allungo un braccio per prendere il cordless dal comodino. Trattengo il
fiato quando schiaccio il pulsante della risposta.
-pronto?-
-salve, parlo con la
signora Isabella Cullen?- la voce dall’altra parte è così squillante che sono
costretta ad allontanare per un attimo il telefono dall’orecchio. Sono la signora Cullen? Mi chiedo
stupita. Cosa devo rispondere? È un indovinello? Non lo sono più da tre anni
ormai. Nell’incertezza decido che tra Swan e Cullen non c’è tanta differenza,
voglio solo sapere perché mai questa donna mi ha chiamata nel bel mezzo della notte.
-si sono io. Chi
parla?-
-signora sono un
infermiera del Roosevelt Hospital, abbiamo trovato il suo numero di telefono
nel portafogli… -
-nel portafogli di chi?
Mi scusi- la interrompo sentendo il sangue gelarmi nelle vene. Sto cominciando
ad andare nel panico.
-nel portafogli di suo marito-
-Edward? Cos’è successo
a Edward?- sento una zompata di dolore attraversarmi il cuore.
-mi dispiace signora,
ma suo marito è rimasto coinvolto in un incidente, è in ospedale al 1000 Tenth
Avenue, quinto piano, reparto di neurologia. Faccia presto!-
Alluuraaa, che ve ne pare? Non fatemi del male vi prego.
Piuttosto,
fatemi sentire le vostre opinioni. Che sarà mai successo al nostro povero
Edward?
Spero di riuscire a scrivere il nuovo capitolo nel più breve
tempo possibile, so… Alla prossimaaaaa! Baci!
E grazie mille come sempre per le vostre recensioni! Vi
adoro!