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Autore: ste87    18/02/2013    14 recensioni
"Sposto ancora lo sguardo e per poco non mi affogo con quello che sto bevendo quando mi accorgo chi è seduto due tavoli più in la. Non posso evitare di agitarmi ogni volta che lo vedo, se poi lo scopro in compagnia di altre donne è anche peggio. Con lui faccio sempre finta che non mi importi con chi si frequenta e che può fare quello che vuole della propria vita, ma non posso negare di sentire una fitta dilaniante alla base del cuore quando ci comportiamo come due estranei. Ma ormai è questo che siamo diventati, due estranei che si fanno costantemente la guerra per non rischiare di far riaffiorare dei sentimenti che ci farebbero solo soffrire. Lo so io, lo sa lui e lo sanno le persone che ci stanno intorno, almeno quelle a cui teniamo di più." Bella e Edward sono divorziati e genitori di una bambina di nome Sophie. Cosa li ha portati alla separazione? E soprattutto riusciranno a ricucire un rapporto lesionato da tempo? Non vi resta che leggere!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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CAP 7

                                     

Buonsalve! Eccomi qui, con il nuovo capitolo. Non ci ho messo tanto questa volta dai. Niente, spero tanto che vi piaccia. ^_^

Buona lettura!

 

Capitolo 7

Va' dove ti porta il cuore 

 Susanna Tamaro

Venerdì 28 Ottobre 2011

-andava bene il caviale Beluga?-

- si. Bells?-

-e il manzo Wagyu?-

-era ottimo, anzi eccellente! Ma Bells, mi ascolti?-

-che c’è?- alzo la testa dai miei fogli e vedo Jenny fissarmi come solo lei è in grado di fare. Dall’alto del suo metro e cinquantacinque, con i capelli neri e ricci e gli occhi blu allungati, quasi a mandorla, Janet Lindsay è la donna più tenace, testarda, caparbia e persuasiva che esiste sulla faccia della terra. 

-come che c’è? Non hai sentito una sola parola di quello che ti ho detto?-

-si Jenny ti ho sentito, ma non…-

-“non” cosa? Non farai niente? Non andrai a trovarlo? Non la smetterai con questo giochetto stupido?-

-non è un giochetto stupido. È la mia vita e decido da sola cosa posso o non posso fare- mi alzo e aggiro il bancone del bar per versarmi un’altra bella tazza di caffè, l’ennesima. Sono le 10:15 e il ristorante è ancora chiuso, anche se sento i ragazzi in cucina manovrare con pentole e padelle, accendere i fuochi e sistemare la sala. Sono al Seasons il ristorante di Jenny, in ordine il terzo ristorante che gestisco.

Le volto le spalle ma la sento sbuffare sonoramente e non posso fare altro che alzare gli occhi al cielo.

-e sentiamo…uscire con un uomo del quale non ti interessa un cazzo solo per farla pagare a Edward non lo chiami “giochetto stupido”? Per me è così, è solo un giochetto stupido Bella-

Dio, è da quando le ho raccontato che ho telefonato a Jacob per organizzare un uscita che me ne dice di tutti i colori. Speravo che essendo mia amica da tanti anni ormai appoggiasse ogni mia scelta, soprattutto in questo caso speravo che mi stesse vicina o che la pensassimo alla stesso modo. Jenny e io ci siamo conosciute lo stesso giorno che ho incontrato Edward. Anche lei come me lavorava nel servizio di catering che quella sera fu ingaggiato per servire alla villa dei Cullen. Lei lavorava strenuamente in cucina mentre io mi rompevo la schiena per servire ai tavoli. Da quel giorno non ci siamo più perse di vista e siamo diventate grandi amiche nel corso degli anni. Ed è per questo che invece di inveirmi contro speravo che appoggiasse le mie decisioni. Lei ha visto nascere la mia storia con Edward praticamente da subito e mi è stata sempre accanto. Dal giorno del matrimonio fino al momento del parto. Dal giorno in cui le ho raccontato del tradimento fino al momento del divorzio. Sa quello che ho provato e sa quanto ho sofferto, perciò non credevo che la prendesse male quando l’ho chiamata e le ho raccontato che sarei uscita con Jacob venerdì sera, questo venerdì sera, praticamente tra dieci ore.

-senti, accettare un invito a cena non ha mai ucciso nessuno e non penso che Jacob sia un serial killer travestito da istruttore di Yoga-

-che ne sai? Magari ha un accetta nascosta sotto quei dieci strati di muscoli-

La mia occhiataccia deve essere abbastanza eloquente perché smette di parlare all’istante. Ma, come dicevo, Jenny è la donna più testarda che conosca e due occhi iniettati di sangue non la fermerebbero nemmeno se si trovasse davanti ad un boia.

-non è l’uscita che ti contesto, Bella. È il motivo che ti ha spinta a farlo-

-oh, vuoi dire il piccolo e insignificante dettaglio che il mio ex marito, nonché padre di mia figlia, si è dimostrato essere un puttaniere degno dei peggiori playboy d’America? Dovrei chiedere a Oprah se è interessata a fargli un intervista. “Ex marito irretisce la ex moglie, facendole credere che è interessato ad un riavvicinamento mentre invece va a letto da tre anni con un'altra donna”-

-e non solo…-

-già stavo quasi per dimenticarlo. ‘E non solo’ - sbuffo sentendo una fitta nel petto quando le parole di Tania tornano vivide nella mia mente “lui è mio, lo è sempre stato e sempre lo sarà. È mio quando viene a scaldarsi nel mio letto ed è mio quando va via dopo una notte passata a fare l’amore. In questi anni ha avuto altre donne, ma ogni volta torna sempre da me, perché sono io quella che vuole. Lui non ti ama…”

‘Lui non ti ama’ già, non mi ama.

-si, ho capito quanto ti ha fatto male. Ma perché, invece di uscire con un altro uomo, non hai reagito come qualunque altra donna avrebbe fatto al posto tuo? A quest’ora dovresti essere a casa, sotto le coperte a ingurgitare chili di gelato e a piangere davanti a film strappalacrime. Vederti così dura e… determinata ma allo stesso tempo… rabbiosa-

-rabbiosa? Che razza di termine è?-

-dico solo che non capisco perché tu debba reagire in questo modo. Non l’hai mai fatto in questi tre anni, nonostante sapessi, e più volte l’hai visto con i tuoi stessi occhi, che Edward usciva con altre donne. Perché adesso si?-

-come ‘perché adesso si?’ perché mi ha preso per il culo ecco perché! Perché mi ha fatto credere che volesse qualcosa da me, che provasse dei sentimenti nei miei confronti. Ed invece era tutto falso. Tutto quanto! Il bacio a casa dei suoi e l’uscita al parco con Sophie. Che cosa voleva da me, cosa?- sbotto esasperata portandomi le mani nei capelli – voleva una donna che lo aspettasse a casa con la tavola pronta, che gli pulisse sotto al culo, che gli ritirasse i vestiti in tintoria? Che fosse disponibile a fare l’amore e a scaldargli il letto, quando poi aveva un amante pronta ad aprire le gambe ad ogni ora del giorno nascosta chissà dove in uno dei grattaceli di New York?-

-questa è meglio se la prendo io- dice Jenny rubandomi la tazza del caffè da sotto il naso – sei già abbastanza agitata, non peggioriamo le cose eh?-

-come ti pare- faccio un gesto con la mano come a liquidare l’argomento e torno a sedermi sullo sgabello di fronte al suo.

-non fraintendermi Bella…- la sua voce è più che un sussurro quando torna a parlare – io non giudico il fatto che tu abbia piantato in asso Edward dopo quello che hai scoperto. Ma non penso che buttarsi subito in una nuova relazione ti possa rendere felice-

-non ingigantiamo le cose adesso, okay? Non esco con Jacob con l’intenzione di sposarmelo domani. Esco con lui perché mi sono proibita così tante cose in questi anni, in nome dell’amore che mi legava a Edward, che adesso voglio ricominciare a vivere, tutto qui. Magari l’uscita con Jacob sarà un disastro, magari gli chiederò di riportarmi a casa a metà serata, ma non voglio starmene rinchiusa in casa a piangere per un amore che ormai ho perso definitivamente-

-mmh… okay-

Conosco quell’okay. È l’okay che dice quando vuole chiudere un discorso che in realtà vorrebbe continuare all’infinito. Ma lei conosce me e quindi si limita a dichiarare chiuso l’argomento, perché sa che nessuno mi smuoverà dalla decisione che ho preso. E nessuno lo farà infatti. Stasera uscirò con Jacob che a Jenny piaccia o no. Su una cosa ha ragione però: non sono mai stata determinata come questa volta. E non so perché abbia reagito in questo modo in effetti. La mia mente fa a cazzotti con il mio cuore. Ho una guerra dentro che a stento riesco a gestire.

Chi la spunterà?

Il mio cuore sanguina ancora per l’ennesima batosta che Edward gli ha inflitto.  È diventato un muscolo privo di vita che a stento arranca alla ricerca disperata di quell’emozione, di quella felicità che lo faccia tornare a battere come prima. La mia mente invece è un vulcano in eruzione. Ragiona con spietata freddezza e giudica in base ai miei sentimenti feriti. È lei che mi ha spinto ad alzare il telefono e chiamare Jacob.

Jacob, quando ha risposto per poco ha pensato che fosse uno scherzo -Bella? Ma sei davvero tu?- e poi è stato zitto ad ascoltare quello che avevo da dirgli. Ha accettato subito la proposta di uscire, tant’è che non vedeva l’ora di organizzare una serata – per me va bene anche domani- mi ha detto e a quelle parole sono scoppiata a ridere. Poi ho pensato che sarebbe stato più “pratico” se fossimo usciti una sera in cui Sophie non fosse stata a casa, perciò ci siamo accordati per questo venerdì.

Sophie andrà dalla zia Alice. Edward non può prendersi cura di lei al momento…

-senti, arriveremo verso le 20:30, ti va bene si?- accantono per un attimo il pensiero precedente e mi concentro sul fatto che ceneremo qui da Jenny stasera. La mia mente viaggia da sola è vero, ma non sono del tutto rincoglionita d’uscire con una persona che non conosco senza avere un bel salvagente attaccato sotto al sedere. Qui da Jen mi sento a casa, conosco lo staff e lo chef è anche la mia migliore amica, perciò quale altro posto avrei dovuto scegliere? Per un attimo mi sfiora l’idea di rispondere “da Steve” ma solo l’immagine di mangiare da lui mi mette i brividi.

-va benissimo. L’appuntamento è il tuo, fai come vuoi- dal tono tagliente che ha usato capisco che è ancora offesa con me, ma non ho la forza per ribattere e ricominciare a litigare.

Riprendiamo in mano il nostro lavoro ma Jen continua a borbottare come una pentola di fagioli. Ad un tratto sbuffa così sonoramente da far cadere a terra alcuni dei miei fogli.

-che c’è?- scoppio capendo che non riesce più a starsene zitta.

- è che non capisco come fai ad essere così calma!-

-riguardo a cosa?-

-riguardo al fatto che appena sei arrivata eri accerchiata da una dozzina di giornalisti. Pensavo che saresti andata fuori di testa e invece eccoti qui, bella, calma e tranquilla a compilare quei fogli senza neanche il minimo cedimento-

-okay, ho capito. Questi è meglio se li metto via va bene? Tanto non vuoi parlare di lavoro, giusto?- ripiego ogni cosa al suo posto nella cartellina dei documenti che ripongo subito nella mia borsa -ho parlato con i legali dei Cullen e mi hanno detto che non devo preoccuparmi di niente. I giornalisti possono farmi tutte le domande che vogliono, io sono fuori da questa storia-

-e che mi dici di Edward? Non hai intenzione di andare da lui?-

-per dirgli cosa esattamente? Non saprei nemmeno da che parte cominciare. E poi in questo momento non so quanto la mia presenza possa essergli di conforto-

Che ci pensi Tania a consolarlo penso inviperita.

Il pandemonio è scoppiato la notte di martedì. Mercoledì mattina la notizia viaggiava già come un razzo tra una testata ed un'altra dei TG, tant’è che anche mio padre mi ha chiamata tutto preoccupato. Il caffè mi è andato di traverso quando, seduta al tavolo in cucina, il telegiornale del mattino annunciava con una notizia in primo piano che il Socio di maggioranza della M&E Corporation, tale Mike Newton, era scappato con tutti i soldi dell’azienda mandando in rovina i suoi dipendenti, il suo Socio in affari Edward Cullen e tutti gli azionisti. Mi sono subito attaccata al telefono per parlare con gli avvocati, non volendo interpellare Edward in prima persona; erano esattamente più di quarantotto ore che rifiutavo le sue chiamate. Gli avvocati comunque non hanno saputo dirmi nulla di più rispetto a quello che aveva annunciato il telegiornale, solo che Edward si dichiarava estraneo a quanto successo e che al momento si trovava a casa dei suoi. Ricordo che pensai a quanto tutto questo casino non avrebbe giovato per niente alla salute di Carlisle già compromessa di suo.

-e quindi? Come stanno le cose adesso? Si è saputo niente della fine che ha fatto quel farabutto?- la voce di Jenny è talmente bassa che faccio fatica a comprenderla. Si guarda circospetta attorno forse preoccupata che possa spuntare un giornalista da sotto una tovaglia bianca da un momento all’altro.

-l’FBI sta ancora indagando- dico imitando il suo tono- ma sembra che abbiano scovato una pista che li porta dritti dritti in Costa Rica. Forse Mike è fuggito laggiù-

-Perché ha fatto un gesto del genere? Ha distrutto la vita di centinaia di persone- Sospiro ricordando parola per parola quello che il signor Brown, l’avvocato di Edward e anche mio avvocato di fiducia, mi ha comunicato proprio ieri sera.

-pare che Mike, troppo preoccupato per l’aria che si respirava ultimamente a Wall Street, per via delle azioni in continuo ribasso a favore di un nuovo colosso nel campo dell’energia rinnovabile Canadese, abbia preferito abbandonare la barca prima di vederla affondare con lui dentro-

- si, ma tutti quei soldi? Come diamine ha fatto a farli sparire così in fretta?-

-non lo sanno ancora. Il signor Brown ha detto che mi terrà informata. Se dovesse esserci qualche novità mi avviserà sicuramente. A tal proposito, so che non c’è nemmeno bisogno di chiedertelo, ma vorrei che tenessi per te quello che ti ho appena detto-

-certo, certo. Hai la mia parola- dice portandosi una mano sul cuore.

-bene. Posso riavere la mia tazza di caffè adesso?- mi guarda indecisa se restituirmela o meno, ma poi sbuffa e me l’avvicina al petto. 

-ma Edward? Che conseguenze avrà su di lui tutto questo? È indagato?-

-logicamente l’FBI gli sta con il fiato sul collo- dico mandando giù una sorsata-hanno paura che possa lasciare il paese e raggiungere Mike chissà dove-

-pfff, ma è ridicolo! Edward non farebbe mai una cosa del genere-

-certo. Ma questo lo so io, lo sai tu. Lo sanno i suoi avvocati e il resto della sua famiglia. Ma loro non possono permettersi di abbassare la guardia. Lo scherzetto di Mike ha mandato in rovina un sacco di persone. Per non parlare poi di chi ha investito soldi sull’azienda e adesso che è fallita ha perso ogni singolo centesimo-

-che pezzo di…-

-già, proprio un bel pezzo di merda. Fare questo a Edward…proprio non me lo sarei mai aspettata. Erano amici da così tanto tempo!-

-dovrà essere distrutto poverino- nei suoi occhi compare un velo di lacrime. Jenny vuole molto bene a Edward.

-ma perché non metti da parte l’orgoglio e non vai da lui?- mi supplica.

-oh Jen non ricominciare!- sbuffo esasperata.

-sei la donna più testarda che esiste sulla faccia della terra! Ma perché fai così?-

-perché devo fare così. Riavvicinarmi adesso mi distruggerà lo so. Se vado da lui per stargli accanto… io, io non ce la farei Jen, non ce la farei proprio. Già piango tutte le notti per quello che è successo e…- tiro su con il naso una lacrima che tenta di sfuggire alla mia maschera di durezza- anche solo rivederlo sarebbe un ennesimo colpo al cuore. Riesci a capirlo? Riesci a capirmi?-

-si- butta fuori l’aria come se l’avesse trattenuta per un eternità- si, ti capisco-

- è anche per questo che non ho disdetto la cena con Jacob. Non voglio e non posso cedere alla tentazione di andare da lui-

È una tentazione così forte che non mi fa dormire la notte, anche se penso seriamente che mi stia comportando da stupida. L’uomo che amo sta affrontando l’inferno per aver perso lavoro, soldi e dignità tutti in colpo solo, ed io non sono con lui. Ripeto, sono una donna stupida ed egoista, ma sono anche una donna ferita. Se andassi da lui, adesso, non so quanto tempo ci metterei ad accantonare tutto e a dimenticare quello che mi ha fatto per stargli accanto, come la maggior parte delle persone che lo conosce sta facendo in questo momento. Uscire con Jacob è un diversivo a questo senso di oppressione che ogni volta che sono in macchina mi porta a svoltare verso la direzione opposta a casa mia per andare da Edward. Ieri non so come diamine sia potuto succedere, mi sono ritrovata a pochi isolati da casa sua. Ho combattuto con me stessa per dieci minuti buoni prima di invertire la marcia e tornarmene da dove ero venuta.

-perciò stasera uscirò con Jacob- riprendo nuovamente convinta- farò qualcosa per me stessa, per una buona volta nella vita. E se… beh se mi troverò a pensare a Edward più del lecito, o comunque più dell’uomo che avrò di fronte stasera, ti prometto, anzi no… giuro che mi alzerò dal tavolo e dichiarerò conclusa la serata-

********

Di fatti la serata comincia nei migliori dei modi…

Il campanello di casa suona esattamente alle 19:45 e mi concedo solo una veloce occhiata allo specchio della camera da letto prima di correre in salotto, prendere il cappotto, afferrare le chiavi di casa e richiudermi la porta alle spalle. Il vestito che indosso stasera è in pizzo nero, foderato dal collo fino alle ginocchia(diciamo pure un tantino più su) ma con le maniche trasparenti. Quando mi vede Jacob per poco non si ritrova con la mascella per terra. Esagerato penso, anche se la lusinga di apparire bella agli occhi di un uomo mi fa sentire qualcosa dentro, all’altezza dello stomaco, che non provavo davvero da tanto tempo. Jacob è altissimo e con i miei tacchi (neri anche quelli) gli arrivo a malapena alla spalla.

-sei splendida stasera Bella- con uno di quei gesti che credevo appartenessero solo agli uomini del passato, mi prende la mano e con un leggero inchino vi poggia le labbra sopra. Una volta alzato mi aiuta ad infilare il cappotto beige con un sorriso a trentadue denti dipinto sul viso.

Saluto Frank il custode, un uomo sulla sessantina con il sorriso più bello e caloroso del mondo, che mi ricambia con un sorrisino divertito, appunto. Anche lui suppongo sia rimasto stupito dalla mia mise un tantino provocante, o forse di più dal fatto che un uomo sia venuto a prendermi sotto casa, quando per ben più di tre anni il deserto del Gobi è stato più popolato del mio pianerottolo.

Una volta fuori mi apre la portiera della sua auto, un Porsche Cayenne nero di ultima generazione tirato a lucido, che mi lascia a bocca aperta. Tant’è che mi chiedo come faccia un istruttore di yoga a mantenere una macchina come questa. Forse Jenny ha ragione, forse Jacob non è chi credo che sia.

Mi do uno schiaffo mentale per aver concesso alla mia amica di corrompere così tanto il mio cervello e la conseguente opinione che mi ero fatta su di lui.

Jacob è un bravo ragazzo e soprattutto è un onesto lavoratore. Questa macchina può averla comprata con i soldi che mette da parte da tutta una vita. Magari ha anche un altro lavoro! Oppure è diventato ricchissimo in seguito all’eredità che gli ha lasciato una sua vecchia zia. O meglio ancora, se l’è fatta prestare da un amico. Non partiamo con il piede sbagliato! Mi dico mentalmente mentre lui aggira l’auto per entrare dal lato guida.

Ci immettiamo nel traffico e gli do subito le indicazioni per arrivare al ristorante di Janny. Il ristorante non è tanto distante da casa mia, si trova esattamente al Columbus Circle, ma non possiamo fare a meno di parlare del più e del meno nel frattempo, frasi sciocche per lo più, buttate qui e li giusto per non cadere nell’imbarazzo che un viaggio silenzioso susciterebbe in entrambi.

“hai visto che freddo in questi giorni? Dici che nevicherà?” “è probabile, si”

“mi è piaciuta l’ultima lezione” “come mai non sei venuta questa settimana?” “ohh.. ho avuto un sacco di cose da fare-”

“così è arrivato anche Halloween eh?” “già” “tua figlia sarà molto impaziente” “mmh, non vede l’ora di sfoggiare il suo vestito da zucca stregata”

Cose così insomma, ma che mi danno il tempo di perdermi nei ricordi. È inevitabile per me fare un confronto (se non altro perché non ho altri metri di paragone) con quella che considero una delle serate più belle della mia vita, la sera in cui Edward ed io siamo usciti per la prima volta. Già in quell’occasione capii che sarebbe stato l’uomo della mia vita e non mi ero sbagliata più di tanto dopotutto.

Arriviamo al ristorante con qualche minuto d’anticipo e una volta dentro faccio subito le presentazioni del caso. Gli presento Phil, maître di sala validissimo, Jessica, cameriera instancabile e Ben responsabile dei vini; i miei amici più fidati qua dentro. Jacob saluta tutti con un sorriso caloroso che automaticamente fa spuntare anche a me. Dopo numerose strette di mano ci accomodiamo al tavolo mentre mi guardo attorno pronta a vedere Jenny uscire dalle cucine e venire a salutarci, dopotutto me lo aveva promesso, ma il ristorante è del tutto pieno e il lavoro di là deve essere smisurato.

-Jess, ehi Jess- la chiamo affinché si avvicini- sai che fine ha fatto Jen?-

-si, è attaccata al telefono da più di cinque minuti. Ma le ho detto che siete arrivati tranquilla-strizzo per un attimo gli occhi stupita e curiosa.

-vi posso portare il menù?-

-si, grazie- ma come? Il ristorante è pieno zeppo e lei sta attaccata al telefono?

Jacob mi mette sin da subito a mio agio e per un attimo davvero riesco a dimenticare dove mi trovo, cosa provo e tutto quello che mi è successo in quest’ultima settimana. Ma il pensiero di Jen e l’ansia di vederla comparire da un momento all’altro mi fa girare ogni secondo verso le cucine. Jacob coglie immediatamente il mio sguardo furtivo e “giustamente” mi chiede di raccontargli di Jenny e della nostra amicizia.

-Jenny e io ci siamo conosciuti ad una festa, lavoravamo entrambe nel servizio di catering che quella sera si occupava di servire le vivande. Io facevo la cameriera mentre lei lavorava in cucina. Da quel giorno siamo rimaste sempre in contatto e adesso eccoci qui- ometto di spontanea volontà il fatto che la festa fosse stata organizzata dalla famiglia del mio ex marito e che è proprio li che noi due ci siamo conosciuti.

-così, da semplice cameriera ti sei ritrovata a dirigere tutto questo. Com’è successo?- mi chiede mentre affonda la forchetta nel suo antipasto.

-emmh, la famiglia del mio ex marito possiede questo ristorante, al momento del divorzio sono diventata comproprietaria-

-e Jenny? Come ha fatto a finire qui dentro?- mi chiede sollevando entrambe le sopracciglia con un sorrisino malizioso.

-si, è vero mi hai scoperta- dico alzando le mani in segno di resa- sono stata io ad inserirla. Avevo la possibilità di farlo e l’ho fatto. Ma lei credimi ne ha tutte le capacità-

-mhh, lo credo bene. Questo salmone è fantastico!-

Continuiamo a cenare tranquillamente tra un bicchiere e un altro di vino e tra una risata e un’altra di complicità. Lui è veramente un ragazzo speciale. Mi racconta praticamente tutta la sua vita ed io non posso che rimanerne lusingata. Mi sento un po’ in colpa però… uscire con lui pur sapendo che non potrà mai esserci nulla di più tra di noi. Almeno non nell’immediato. È da quando è venuto a prendermi sotto casa che lo penso e più passa il tempo e più davvero capisco che Jacob è una persona che potrebbe davvero interessarmi se il mio cuore non fosse già occupato.

Cuore che sussulta per la prima volta nella serata, quando vedo una figura vestita in nero varcare la soglia del ristorante. Ha un cappotto pesante con il collo alzato a proteggere il viso, ma potrei aver bevuto anche un intera bottiglia di vino, quei capelli e quella camminata li riconoscerei tra mille.

Cosa diavolo ci fa Edward qui?

Solo a pensare che si trova a meno di dieci metri di distanza da me, mi fa schizzare letteralmente il cuore in gola.

Cristo, lo sapevo. Lo sapevo che mi sarei sentita così. Come una sottiletta fusa tra due fette di pancarrè: completamente inconsistente. Le mie gambe cominciano a tremare  e sul mio viso il sorriso che c’era fino a poco prima si congela all’istante. Lo vedo dirigersi verso le cucine e la mia fronte si contrae stupita. Per fortuna Jacob non sembra essersi accorto di niente perciò non dice nulla quando mi congedo dal tavolo con la scusa di dover riferire una cosa importante a Phil che si è proprio diretto in quella direzione. 

In realtà mi metto a seguire Edward, a debita distanza naturalmente, per capire cosa ci fa qui e come mai stia andando proprio da Jen. Entra guardandosi furtivamente intorno ed io sono costretta ad abbassarmi dietro un tavolo per non farmi vedere, tant’è che riesco a spaventare i signori seduti a mangiare.

-signorina! Si sente male?- mi chiede un signore di mezza età con i capelli bianchi già pronto ad alzarsi per venire in mio soccorso.

-oddio, no. Sto benissimo. Mi è semplicemente caduta una lente a contatto, non si preoccupi è tutto sotto controllo- mi rimetto subito in piedi fingendo una tranquillità che non ho e con passo spedito raggiungo la porta dietro la quale pochi secondi prima è sparito Edward.

La scosto un pochino e lo vedo tra le braccia di Jen che commossa lo stringe forte a se.

-mi dispiace davvero tanto per tutto quello che ti è successo Edward. Come stai?-

-diciamo che ho vissuto momenti migliori- e il suo viso sciupato coperto da una leggera peluria scura ne è una conferma. Non l’ho mai visto con gli occhi così infossati e con il viso così trascurato. Mi chiedo se una parte di questo suo malessere sia dovuta anche alla nostra litigata oltre al fatto che si sia ritrovato senza più un lavoro e indagato per truffa nel giro di ventiquattro ore. Il mio cuore fa una capriola nel petto quando lo vedo portarsi una mano nei capelli.

-per fortuna che ti sei lasciato convincere a venire, vorrei poter fare di più oltre che fornirti una cena calda da asporto però- gli dice lei, depositando un pacchetto sulla sua mano. Allora era con lui che stava parlando al telefono prima…

-beh una cosa c’è. Puoi dirmi… come… come sta? L’hai vista oggi?- nel mio petto si incrina qualcosa quando sento queste parole. Ma come? Sta vivendo uno dei momenti più difficili della sua vita e lui si preoccupa per me?

Jen si prende un attimo in più prima di rispondere, forse si sta mordendo la lingua dal bisogno di dirgli che sono esattamente nella sala ristorante a mangiare tranquillamente in compagnia di un altro uomo.

Dio, Jen, ti prego non lo fare. Mi ritrovo ad implorare mentalmente.

Ma è tutto inutile quando Ben vedendomi accovacciata sulla porta semi aperta ha la brillante idea di chiamare il mio nome ad alta voce.

-Bella! Ma cosa fai?- lo maledico in tutte le lingue del mondo prima di guardare i visi di Edward e Jen squadrarmi stupiti. Mi volto pronta a scappare e mentre mi allontano sento la voce di Edward dire - lei era qui e non mi hai detto niente?- ma ormai sono troppo lontana per sentire la risposta della mia amica che a questo punto sono sicura gli confesserà ogni cosa. Vorrei imboccare l’uscita ma non posso lasciare Jacob come uno stupido ad aspettarmi al tavolo senza avere nemmeno la decenza di dirgli “ciao”. Perciò torno a sedermi e quando lo faccio lo vedo tirare un sospiro di sollievo. 

-Dio, Bella! Stavo per preoccuparmi. È successo qualcosa? Stai bene?-

-si- rispondo atona senza nemmeno guardarlo in faccia.

-a me non pare. Sembra che tu abbia visto un fantasma-

E il fantasma lo vedo eccome! Puntare dritto verso il nostro tavolo!

-scusami Jacob ma non mi sento tanto bene. Ho bisogno della toilette- mi alzo prima che abbia il tempo di dire qualcosa e praticamente fuggo nel bagno delle signore come se avessi un mastino alle calcagna. Per fortuna non c’è nessuno così mi rinchiudo in una delle cabine sperando che Edward non abbia l’ardire di entrare qui dentro.

-Bella!- sobbalzo quando sento la sua voce chiamarmi dopo aver dato una mandata alla porta. Ci ha chiusi dentro.

Sono in trappola, cazzo!

-Bella esci immediatamente da quel bagno- adesso è tranquillo come se mi invogliasse a comprare un gelato.

-non fare la bambina. Esci per favore- non ricevendo una risposta da parte mia però, riprende a parlare – okay, fallo pure, ignorami! Tanto è quello che stai facendo da cinque giorni perché dovrei sperare in qualcosa di diverso?-

Sento il rumore di una busta scontrarsi contro il marmo del lavabo- solo che… sai una cosa? Adesso non hai la possibilità di staccare il telefono, adesso ascolterai tutto quello che ho da dirti-

Ecco, ora mi dirà le stesse parole che mi ha detto Tania, magari rivisitate a suo piacimento, e il mio cuore si spezzerà ancora una volta.

-non voglio sentirti!- urlo sbattendo un pugno contro le mattonelle fredde consapevole di non avere la forza per sopportare altro dolore.

-e invece mi ascolterai! Esci fuori-

Lo faccio. Apro la porta del bagno e mi ritrovo davanti al suo viso a meno di trenta centimetri di distanza. È poggiato con il braccio destro allo stipite della porta e praticamente ha creato una gabbia tutt’intorno a me. Il suo viso sciupato e segnato da troppe notti insonni, mi provoca una fitta di dolore. Vorrei cancellare via con un gesto della mano le ombre viola che ha sotto gli occhi. Il contatto ravvicinato con questi ultimi però mi fa indietreggiare, colpita dall’intensità del suo sguardo, e mi ritrovo a incrociare le braccia al petto persuasa di tenergli testa.

-cosa ci fai qui? È stata la nanerottola malefica a dirti di venire?-

-cosa ci faccio io? Cosa ci fai tu qui! Con quel babbeo poi!- dice puntandomi un dito contro.

-io… io ho un appuntamento con quel babbeo, come l’hai chiamato tu- mi guarda aggrottando la fronte tanto che le sue sopracciglia vanno a formare una linea retta.

-sono venuto perché me l’ha chiesto Jen, si. Sai, è preoccupata per me. E a quanto pare è preoccupata anche per te, visto che ha insistito così tanto affinché venissi solo perché vedessi quello che stai combinando. Cosa stai cercando di fare esattamente, Bella? Stai cercando di punirmi?-

-ti do una notizia se ancora non l’avessi capito: la mia vita non ruota intorno a te, sai?-

Bugiarda! Che bugiarda che sei! Mi ammonisco da sola.

-e comunque, perché lo pensi? Sentiamo…-

-non lo so, vedo solo che è così. Mi hai lasciato in mezzo a una strada senza darmi nessuna spiegazione. Hai evitato deliberatamente di rispondere alle mie chiamate. Mi hai detto che ti faccio schifo dopo che per un intero pomeriggio mi hai fatto credere il contrario. E adesso, come se il mio cuore non fosse già ridotto in poltiglia, mi punisci ulteriormente uscendo con un altro uomo?- la sua voce è andata via via ad aumentare; le ultime parole le ha quasi urlate.

Si allontana dalla porta e in fretta raggiunge la cabina opposta alla quale sferra un calcio che mi fa trasalire dal terrore -perché?- sbotta portandosi entrambe le mani nei capelli- perché mi fai questo? Non capisci quanto tu sia importante per me?-

-zzt!- scoppio incredula – adesso sono importante per te?-

-si, diamine! Lo sei! Una persona che reputavo un amico, quasi un fratello, tre giorni fa è sparito con tutti i soldi dell’azienda in cui lavoravo, in cui avevo messo tutto me stesso. Non so cosa succederà, come riuscirò ad andare avanti, so solo che ho un buco enorme nel petto. La mia vita è un disastro, ma lo sai che ti dico? Non me ne importa- prende un profondo respiro – non me ne importa perché è come se la mia stessa vita, non fosse reale, capisci? Se non sei con me. Se non ci sei, se non la divido con te. Non so cosa temevo e non so cosa aspettavo… ma adesso non temo più nulla e non voglio più aspettare. Sono qui, Bella. Sono qui - con voce rotta dall’emozione si indica il petto con le mani.

Le sue parole sono come un balsamo lenitivo sulle mie ferite ma non posso cedere alla tentazione di dirgli che anche io sono qui, che ci sono sempre stata e che ci sarò per sempre per lui. Perciò mi costringo a mettere da parte i sentimenti per parlare con razionalità.

 -Edward non posso- dico e il suo viso si trasforma in pura incredulità -come puoi dirmi una cosa del genere – riprendo- quando entrambi sappiamo che non è me che vuoi realmente?-

Dei colpi alla porta chiusa ci fanno sussultare entrambi ed Edward urla un poco garbato - è occupato!- prima di tornare a guardarmi stupito.

-cosa stai cercando di dirmi Bella? Ti ho appena confessato che non posso vivere senza di te e tu sostieni che… beh non l’ ho ben capito con esattezza cosa sostieni-

-o andiamo Edward non prendermi in giro! I segnali erano più che evidenti ed io come una stupida ci sono cascata ancora una volta-

-ma quali segnali? Di cosa stai parlando?- dice afferrandomi improvvisamente per le braccia.

-sto parlando di te che vai a letto con un’altra donna tra tre anni!-

Si allontana di scatto quasi come se il contatto con la mia pelle l’avesse ustionato       - cosa?- sbotta alla fine incredulo.

-oh, non fingere con me Edward. Lo so benissimo qual era il tuo piano. Volevi che tornassimo insieme e tenere in piedi anche la relazione che hai con Tania da ben tre anni!-

-Tania? Io non ho nessuna relazione con Tania! Non la vedo da anni. Anzi no, questo non è vero, l’ho vista per cinque minuti pochi mesi fa, ma l’ho mandata al diavolo quando ha cercato di infilarmi la lingua in bocca-

-ah! Allora lo ammetti!- sento un rossore colorarmi il collo e salire fino alle guance.

-non sto ammettendo niente perché in verità non c’è nulla da ammettere. Io non ho fatto niente-

-non è quello che mi ha detto lei-

Impallidisce all’improvviso e la sento, la scarica di brividi che lo coglie dappertutto, la sento anche io.

-quando?-

-a Central Park. Io e Sophie eravamo in fila per prendere lo zucchero filato quando me la sono trovata alle spalle. E mi ha detto tutto, perciò non serve che tu menta ancora- abbassa la testa portandosi le mani a coppa sul naso e questo è un segnale che mi fa capire quando abbia ragione.

- io me ne vado- dico furiosa.

Prendo la direzione della porta ma una sua mano mi blocca il braccio impedendomi qualsiasi movimento. Mi spinge forte contro il lavabo e nei suoi occhi adesso vedo un fuoco che non avevo mai visto prima. Una luce che lo fa apparire minaccioso.

-quella schifosa… puttana- dice tra i denti stringendomi forte le braccia tanto da farmi sentire i solchi roventi dei suoi polpastrelli -  ti ha raccontato una bugia. Io non “vado a letto con lei da tre anni”. Non abbiamo una relazione!-

-oh, e perché mai avrebbe dovuto mentire? Quando è chiaro che qui l’unica che ha rischiato qualcosa è lei- rispondo per nulla intimidita dalla sua mole possente che incombe su di me.

-lo ha fatto per vendicarsi di me! Ecco perché! Per vendicarsi di averla respinta qualche mese fa. Ero ad un incontro di lavoro e me la sono ritrovato davanti. Lei... lei ha cercato di sedurmi ma io l’ho mandata a quel paese. Non devi credere a una sola parola di quello che ti ha detto. A nessuna!-

-è troppo tardi Edward- lo strattono con tutta la forza che ho in corpo per riuscire a liberarmi tanto che ingaggiamo quasi una lotta.

-le credo!- dico esasperata mentre lui cerca di portami un braccio dietro la schiena per immobilizzarmi – sei solo un lurido bugiardo!- gli tiro un orecchio per farlo allontanare ma ottengo solo l’effetto contrario. Mi ritrovo il suo viso e il suo profumo meraviglioso proprio a portata del mio naso, tanto che per un istante vorrei arrendermi sul serio alla sua volontà che al momento è pari alla sua forza.

-no! Devi credermi, per me esisti solo tu. Per me sei sempre esistita solo tu-

-lasciami!- urlo dopo che un suo ginocchio piantato in mezzo alle gambe mi immobilizza i movimenti. Sono sempre più schiacciata tra il marmo freddo del lavandino e il suo corpo al contrario caldissimo.

-Bella, ascoltami, credimi. Ti sto dicendo la verità – lotto ancora strenuamente affinché mi liberi le braccia; non le sento più tanta è la forza con cui le sta stringendo. Tento di tiragli una ginocchiata alle parti basse ma fallisco miseramente.

- oh maledizione! Accidenti a te, vuoi ascoltarmi?- urla guardandomi fisso negli occhi- io… io ti amo!-

Smetto di lottare ma non perché non ne abbia più voglia, semplicemente perché le sue parole mi fanno perdere ogni forza. Sento qualcosa rimbombare dentro la cassa toracica così forte da rendermi sorda ad ogni altro rumore. Il mio cuore batte più veloce delle ali di un colibrì. Avverto delle mani toccarmi il viso, le spalle, le braccia, ma è come se stessi per evaporare. Odo il mio nome come un eco lontano e sul mio campo visivo compaiono tante stelline. Improvvisamente il calore che mi opprimeva il petto scompare ed io capisco che i colpi che sentivo rimbombare in realtà provengono da dietro la porta chiusa. Qualcuno sta bussando così forte che tra breve butterà giù la porta.

-Bella? Bella stai bene? Cos’hai? Vuoi un bicchiere d’acqua?- si, per gettarmela in faccia penso cinica riacquistando pian piano il contatto con la realtà. Riconosco senza dubbio la voce di Edward chiamarmi allarmato ma è quella all’esterno a preoccuparmi di più.

-aprite! Aprite immediatamente! Bella? Brutto stronzo cosa le stai facendo? Se non apri entro dieci secondi chiamo la polizia, mi hai sentito?- Jacob è furioso. Probabilmente preoccupato del mio ritardo è venuto a cercarmi ma sentendo le nostre urla è sicuramente giunto alla conclusione sbagliata.

-Bella, digli di andare via. Digli che stai bene, noi due non abbiamo ancora finito-

-no, invece- la mia voce è così gelida che stento a riconoscerla- noi due abbiamo proprio finito- sul suo viso vedo una fitta di dolore.

-fermati ti prego-

Incredula e con equilibrio precario mi dirigo verso la porta ignorando la sua ultima supplica. Jacob non aspetta nemmeno un secondo prima di abbassare la maniglia e gettarsi furioso su Edward. I volti attoniti di Jen e degli altri camerieri assistono alla scena e solo in seguito al mio urlo allarmato si fanno avanti per dividerli.

-lascialo stare! Edward è l’ex marito di Bella- si intromette Jen per provare a calmare Jacob che in questo momento si tiene la mano alla bocca dove Edward gli ha sferrato un pugno così forte da fargli uscire il sangue.

-non m’importa chi diavolo è. Marito o no, non la può trattare in questo modo- mi guarda preoccupato e con una carezza al braccio mi incita ad uscire dal bagno.

-vieni ti riporto a casa- lo seguo attonita. Non sapendo bene cosa fare opto per la scelta più facile: andare a casa e rifugiarmi nella mia fortezza. Mi lascio alle spalle il viso allucinato di Jen e gli occhi allarmati di Ben e Phil. Mi lascio alle spalle il viso ferito dalle botte di Edward e il dolore con cui mi guarda andare via circondata dalle braccia di un altro uomo.

Cosa diavolo è successo? Mi ha detto che mi ama?

Quel “ti amo” mi è piombato addosso come un fulmine a ciel sereno ed io sono andata nel panico. All’improvviso ho visto tutto bianco e non sono stata più padrona delle mie emozioni. Jecob mi aiuta a camminare, anzi mi trascina; barcollo come se fossi ubriaca. E in effetti mi sento così: le mie ossa sono diventate morbide e malleabili, e ogni cosa intorno a me sembra essere sfuocata, tranne alcuni particolari che attirano la mia attenzione: gli occhi di una signora che mi guardano altezzosi quando ci fermiamo a recuperare i cappotti, le dita incrociate di due innamorati, Jess trasportare un enorme Astice su un vassoio, le porte scorrevoli del ristorante compiere il solito e lento movimento, apri e chiudi, apri e chiudi.

Le varchiamo anche noi quelle porte e una volta fuori sento come se il bisogno di bagnarmi la faccia con dell’acqua fredda sia diventato insostenibile. L’ombra del Columbus Circle porta con se l’odore opprimente degli scarichi delle auto e l’aria gelida quello della neve. Dio, quanto vorrei immergere le mani in una montagnola di neve gelata e portarmele al viso, per sentire un po’ di sollievo. Sento ancora la voce di Edward nelle orecchie ma cerco di scacciarla via. Quando siamo davanti alla macchina, Jacob mi abbraccia e poggia una guancia sui miei capelli, caldi ed elastici e poi li fiora con la bocca. Non posso fare a meno di irrigidirmi.

-mi dispiace-

-e di cosa esattamente?- gli chiedo staccandomi. Non vedo nessun motivo perché lui debba scusarsi.

-mi dispiace di averlo preso a botte. È pur sempre il tuo ex marito- ah. Beh, avrei preferito di gran lunga che non lo facesse, ma non lo biasimo per essersi preoccupato in seguito alle nostre urla e per avermi “difeso”, anche se Edward non mi stava facendo niente. Non l’avrebbe mai fatto, non è nella sua indole alzare le mani contro una donna.

-io…non so cosa dire, davvero. Per esserti preoccupato così tanto, intendo. “Grazie” è la sola parola che mi viene in mente in questo momento-

-lo avrei fatto con chiunque. Non devi ringraziarmi-

Aspetta qualche secondo prima di riprendere a parlare e quando lo fa lo sento sospirare, come se avesse bisogno di prendere un grosso respiro per farsi coraggio -ascoltami- dichiara sommessamente – quello che ho visto di la è un uomo ferito. Ma non ferito dalle mie botte, quelle guariranno nel giro di qualche giorno. Io, ho visto il dolore puro nei suoi occhi ed è lo stesso che vedo adesso nei tuoi. No, lasciami finire…- dice zittendomi- ma ho visto anche tanto amore ed anche se a malincuore, mi trovo costretto a dire che vedo la stessa cosa adesso, qui davanti a me- mi rivolge un sorriso obliquo quasi di rassegnazione. Questo sorriso non ha niente a che fare con quello a cui sono abituata, probabilmente il labro spaccato ne impedisce i movimenti penso. Ma no, è proprio rassegnazione quella che vedo nei suoi occhi e le sue parole me ne danno la conferma- forse, non so, ho sbagliato a chiederti di uscire. Forse sei tu, ad aver sbagliato ad accettare. Ma non mi pento di averlo fatto: in questo modo ho capito che non ho alcuna speranza di conquistare il tuo cuore. Sei una donna meravigliosa Bella, davvero, e mi dispiacerà dover smettere di fantasticare su noi due, su un possibile futuro, su una possibile notte passata insieme. Dio se ci ho pensato!- dice con un risolino facendo ridere anche me.

-ma non posso competere con lui, vero?- mi domanda stringendo gli occhi, quasi come se speri fino alla fine di ricevere una risposta diversa da quella che sa già. Ed io mi ritrovo a scuotere la testa confermando che no, non può competere con Edward. Nessuno può farlo.

-bene- annuisce- adesso che abbiamo chiarito le cose, sono molto più tranquillo sai?- tira un sospiro di sollievo talmente goffo che non posso fare a meno di sorridere.

- mi sembra che possiamo andare a casa-

Mi guida con la mano verso lo sportello ma poi si blocca prima di aprirlo.

-vuoi andare a casa, oh…?- dice indicando con il mento l’ingresso del ristorante. Mi sta chiedendo se voglio andare via o se voglio tornare da Edward. Ed ecco che ci risiamo, la lotta infinita continua. Il mio cuore mi dice di correre da lui, il “ti amo” di prima che ancora vibra nei miei ventricoli è un richiamo davvero difficile da mettere a tacere. Mentre la mia mente mi dice di andarmene a casa, farmi una bella doccia, infilarmi sotto le coperte e aspettare che la notte mi porti consiglio.

-voglio andare a casa Jacob - dico dopo aver preso la mia decisione e da codarda quale sono, non ho difficoltà ad ammettere di aver preso quella più facile.

Se solo avessi saputo che da li a qualche ora me ne sarei pentita amaramente…

Mi arrampico sul sedile del passeggero e aspetto che lui salga dall’altra parte. L’atmosfera tra noi adesso è meno tesa rispetto all’andata. Si, penso mentre le luci di New York illuminano a giorno le strade trafficate della città, domani. Domani farò tutto quello che devo fare. Domani penserò razionalmente a quello che è successo e saprò prendere una decisione. Farò i conti con il suo ti amo e con la sua versione dei fatti. Con i suoi “è bugiarda” e “non vedi crederle”. Gli concederò il beneficio del dubbio perché è questo che si fa con la persona amata.

Si.

Domani.

Ma “domani” non arriverà mai. Esattamente alle 00.50, ricevo una telefonata che mi fa piombare nel panico più totale.

Quando sento gli squilli del telefono il nome di mia figlia lampeggia nella mia testa come un insegna al neon. È successo qualcosa a Sophie!  Penso rabbrividendo di paura mentre allungo un braccio per prendere il cordless dal comodino. Trattengo il fiato quando schiaccio il pulsante della risposta.

-pronto?-

-salve, parlo con la signora Isabella Cullen?- la voce dall’altra parte è così squillante che sono costretta ad allontanare per un attimo il telefono dall’orecchio. Sono la signora Cullen? Mi chiedo stupita. Cosa devo rispondere? È un indovinello? Non lo sono più da tre anni ormai. Nell’incertezza decido che tra Swan e Cullen non c’è tanta differenza, voglio solo sapere perché mai questa donna mi ha chiamata nel bel mezzo della notte.

-si sono io. Chi parla?-

-signora sono un infermiera del Roosevelt Hospital, abbiamo trovato il suo numero di telefono nel portafogli… -

-nel portafogli di chi? Mi scusi- la interrompo sentendo il sangue gelarmi nelle vene. Sto cominciando ad andare nel panico.

-nel portafogli di suo marito-

-Edward? Cos’è successo a Edward?- sento una zompata di dolore attraversarmi il cuore.

-mi dispiace signora, ma suo marito è rimasto coinvolto in un incidente, è in ospedale al 1000 Tenth Avenue, quinto piano, reparto di neurologia. Faccia presto!-

 

Alluuraaa, che ve ne pare? Non fatemi del male vi prego. 

Piuttosto, fatemi sentire le vostre opinioni. Che sarà mai successo al nostro povero Edward?

Spero di riuscire a scrivere il nuovo capitolo nel più breve tempo possibile, so… Alla prossimaaaaa! Baci!

E grazie mille come sempre per le vostre recensioni! Vi adoro!  

   
 
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