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Autore: Kagome_    19/02/2013    4 recensioni
Dunstan, due occhi color rubino che hanno fatto tornare Leah a vivere, a sperare, ad amare.
Un lotta: non più tra licantropi e vampiri, tra bene e male... bensì tra la vita e la morte. Jane aveva raggiunto il suo scopo, l'aveva fatta soffrire non solo mentalmente, ma anche fisicamente; portandola sulla soglia del regno di Ade.
Una corsa disperata contro il tempo. L'Amazzonia unica fonte di speranza.
Una soluzione... che però ha un prezzo.
Sequel della fanfiction "Basta uno sguardo per tornare a vivere"
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leah Clearweater, Nuovo personaggio, Seth Clearwater, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga "Basta uno sguardo per tornare a vivere"'
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CAPITOLO 5

Durante la festa, finalmente, Jacob mi chiarì tutta la situazione, così iniziai a rilassarmi sul serio, fino quasi a dimenticarmi delle disgrazie di Leah. Ballavo con Cleber e non pensavo ad altro, mi stavo divertendo. In più c'erano davvero tutti, piccoli e grandi, alla fine perfino il ragazzo addolorato era venuto, Jake aveva detto che si chiamava Seth. Mi sembrava di aver intravisto anche il succhiasangue, Dunstan, che, come avevo appena scoperto, in realtà era buono e da poco tempo aveva iniziato una dieta “speciale”: si nutriva solo di sangue animale, proprio come l'altra ragazza, Renesmee, mezza umana e mezza fredda. Certo che questi americani erano veramente strani! Dunstan, scuro in volto, aveva sussurrato qualcosa all'orecchio di Jake, che aveva cercato di consolarlo, poi era sparito in una frazione di secondo, lasciando l'alfa dei nostri cugini con un braccio alzato, ad afferrare l'aria. Mi piaceva osservare gli altri, molto più che concentrarmi su Cleber, il mio ragazzo superapprensivo che ballava con me tendendomi per i fianchi, stretta a lui. Mi dispiaceva farlo soffrire, ma d'altra parte lui non dava segni di preoccuparsi, o comunque si calmava nel vedere i miei occhi che si illuminavano a guardare una nuova coppia, o una bambina che ballava con il padre. Poco gli importava che non si illuminassero per lui, perché l'imprinting era così, a Cleber bastava che io fossi felice. Con lo sguardo passavo in rassegna la gente, vidi anche Seth. Mi piaceva proprio... Forse un po' troppo, insomma, io ero di Cleber e lui era mio. Eppure, se avessi avuto l'imprinting con Seth nessuno avrebbe potuto farci niente... Ma no, non potevo, assolutamente no. Il mio destino era restare e servire il branco, non avevo nessun diritto di prestare attenzione ai miei comodi. Mentre ragionavo lui alzò gli occhi, come me osservava tutti. Finché non guardò proprio me, e, per un lunghissimo attimo, sperai di leggere qualche cambiamento, qualcosa che mi facesse capire che ero diventata il suo tutto, l'amore che avevo visto tante volte in Cleber. Però quell'istante finì e lui ritornò in fretta a concentrarsi sui suoi piedi. Mi si riempirono gli occhi di lacrime. Stupida, stupida, stupida! Cosa volevo?
-Ehi, che succede?-, Cleber, mi conosceva bene. E comunque non ci voleva molto per vedere che ero sul punto di piangere.
-Niente...-,mormorai, girando la testa. Lui mi sollevò il mento con un dito e mi chiese:
-Sei sicura?-. Era sospettoso. Sospirai e lo abbracciai, affondando la testa nel suo petto. Io non ero bassa, ma lui era comunque più alto di me, merito del gene dei lupi. Era caldo, mi dava un sensazione piacevole sentire le sue braccia forti intorno me a proteggermi, e il desiderio irrazionale che fossero altre braccia a stringermi mi diede la nausea. Io amavo Cleber, era stato così per tanto tempo. Punto.
-E' che... Mi dispiace tanto per Leah e il suo branco, quello che stanno passando è terribile...-, la pessima bugia mi fece vergognare ancora di più, ma Cleber era troppo buono per accorgersene.
-Se è così andiamo domani mattina subito a trovarla! Ma non fartene una colpa...-
 

***

 
Erano passati secondi? Minuti? Ore? Giorni? Chi lo sa’.
Ormai la percezione del tempo era una lontana fantasia, una flebile sicurezza che avevo ormai perso. Non riuscivo a capire dove mi trovavo, chi avevo intorno, in che posizione ero sdraiata o più semplicemente se il mio viso era rivolto verso l’altro o appoggiato ad un morbido cuscino, o perché no su un letto di carboni ardenti. Ero come disorientata: un lupo che perde la trebisonda è quasi comico. Intorno a me percepivo dei rumori, ovattati, di difficile comprensione; con tutte le mie forze cercavo di mettere a fuoco anche il più piccolo ed impercettibile suono, ma questo andava solo ad aggravare la mia situazione di stallo. Il male alla testa era insopportabile, un perenne martellare che rendeva confusi anche i pensieri più semplici e per non essere da meno le forze mi stavano lentamente abbandonando. Lo percepivo, ero sull’orlo di un baratro che mi richiamava con insistenza, invitandomi a chiudere gli occhi per sempre e a dimenticare i tormenti che affliggevano il mio corpo. Un solo pensiero riusciva a riportarmi a galla in quel mare oscuro che mi opprimeva e che mi trascinava con se: Dunstan. La perdita di energie giocava brutti scherzi, il suo ricordo come anche i lineamenti del suo viso mi apparivano sfuocati e tremolanti, come le immagini di una televisione rotta; con tutte le mie forze mi aggrappavo a quella voce suadente e dolce che mi cullava acquietando, anche se di poco, il fuoco che piano piano mi stava distruggendo dall’interno. Il respiro mi mancava, le fasciature mi soffocavano, i polmoni cercavano di racimolare più aria possibile, ma anche il più semplice gesto era come una lama, che inesorabile mi squartava il petto, facendomi contorcere dal dolore.
Ma dovevo resistere.
Come un suono il lontananza, sentii una porta aprirsi.
Delle voci.
-Ora vediamo se le è scesa la febbre- era una voce femminile. Quella donna. Per quel poco che riuscivo a carpire aveva un passo claudicante, quasi pesante, stanco, di sicuro era una donna anziana. Il suo respiro infatti tradiva una nota di affaticamento dovuta all’eccessivo sforzo che la camminata gli aveva procurato.
-Speriamo in bene- Jake? Come faceva a conoscere quella donna? E soprattutto chi era?
Dalla porta entrarono altre persone. Il mio udito aveva qualche problema, ma l’olfatto per lo meno funzionava. Infatti come un’onda la stanza venne invasa dal profumo più buono e dolce che avessi mai sentito: quello di Dunstan. La sua presenza mi dava sicurezza, era la mia ancora di salvezza, il mio scoglio. Ma al suo odore se ne mischiava ancora uno, che apparteneva ad uno sconosciuto, anche se la sua “fragranza” permeava già da tempo quel luogo.
-Allora?- chiese spazientito il mio amato.
-Stai calmo ragazzo, nessuno ti ha mai detto che la pazienza è la virtù dei forti?- bofonchiò la signora.
Sentivo la sua presenza, era molto vicina a me. L’impulso di aprire gli occhi era quasi doloroso, ma dovevo tenerlo a freno se non volevo piombare ancora nel nulla. Una mano fredda, rispetto alla temperatura già elevata del mio corpo, in più gravata dalla febbre, mi toccò la fronte. Un brivido pervase tutto il mio fisico.
-Mi dispiace- disse la donna, credo scuotendo la testa.
-Dannazione- sentii Dunstan e Jacob imprecare.
-Adesso che si fa Kendra?- finalmente la quarta presenza parlò, era la voce di una ragazza, giovane, che aveva chiamato presuppongo la vecchia signora.
-Deve esserci un’altra soluzione?!- esordì il mio amato, sbattendo violentemente un pugno sul povero tavolo, che per sua sfortuna doveva trovarsi proprio davanti a lui, e che sotto a quel colpo si incrinò rumorosamente.
-Anna, passami per favore quel libro che c’è alla tua destra- si sentì un leggero fruscio.
-Ecco- disse la ragazza.
-Su quel volume potrebbe esserci la soluzione?- chiese speranzoso Jake.
-L’unico modo per saperlo: è tentare- rispose Kendra.
I metodi che avevano utilizzato prima erano tutti falliti, quella dannata streghetta di Jane era riuscita nel suo intento, mi aveva umiliato, mi aveva sconfitto e in più mi aveva lasciato in fin di vita. Un mix perfetto per gonfiare a dismisura il suo ego già fin troppo maggiorato. Il solo pensiero mi faceva così arrabbiare, che tutti i muscoli si tendevano dall’impeto, ovviamente facendomi contorcere dal dolore e aumentando la fuoriuscita di sangue dalle varie ferita.
-Kendra che sta succedendo??- sentii la voce del mio amore allarmata.
-Non riesco a capire perché le ferite sanguinano più di prima- rispose frettolosamente la signora anziana –presto prendete quelle garze e tamponate delicatamente, dobbiamo ridurre l’emorragia!-
In una frazione di secondo tutti scattarono intorno al mio corpo, quelle dannate bende facevano un male infernale. Maledetta me che mi faccio infiammare dall’ira così facilmente. A contatto con la mia pelle il tessuto era come un disco abrasivo, che peggiorava solo il dolore straziante che già provavo.
-Ecco- continuò la donna, spruzzandomi una soluzione, che a contatto con la mia pelle diveniva gelatinosa e viscida, sulle molteplici ferite causate dai morsi di quell’arpia.
-Che cos’è?- chiese Anna incuriosita.
-E’ monossido di azoto trattato, rallenta la funzione delle ghiandole linfatiche, ritardando l’entrata delle molecole tossiche nel flusso sanguigno- spiegò tecnicamente il suo pronto intervento.
-Speriamo che funzioni!- disse Jake, stringendomi la mano sinistra nella sua.
-Amore resisti, devi combattere- sentii sussurrarmi all’orecchio da Dunstan.
Lo sto’ facendo amore mio. Lo sto’ facendo per te.
-Ragazzo, vieni qui a darmi una mano- lo rimbeccò l’anziana signora.
-Che devo fare?- chiese lui.
-Allora prima proveremo con l’arsenicum album 4, sperando che le abbassi la febbre e che soprattutto le combatta il veleno che ha in circola dall’interno, quindi passami quel barattolo che c’è su quella mensola-
-Ok-
-Anna per favore, vai a cercare Ayelèn, e insieme andate a raccogliermi queste erbe: carlina, convolvolo, corteccia di crespino, eupatorio, ginestra dei carbonai, polipodio, romice, sassifraga e scrofularia. Grazie- ordinò Kendra.
-Corro subito a cercarla-
-Ah… Anna. Alcune di queste erbe le trovi nella mia serra privata, prova a controllare, visto che è difficile che crescano in queste zone-
-Faccio più in fretta possibile- dopo una frazione di secondo, la porta si richiuse sbattendo.
Jake incessantemente mi teneva tamponate quelle miriadi di ferite che non avevano intenzione di richiudersi, e questo per colpa di quello stupido veleno di cui sono dotati i succhiasangue (ovviamente l’amore della mia vita era escluso da questa categoria!). Come se mi avesse sentito, Dunstan mi accarezzò i capelli dicendomi –Ti amo, ti prego torna da me-
-Ragazzo, prega che questo infuso funzioni- e con una siringa mi iniettò la soluzione.


ANGOLO AUTRICI
Eccoci quaaaaa!!! vi siamo mancate???? speriamo proprio di sì!
allora prima di scrivere qualcuna delle solite mie corbellerie, ho alcune cosucce che la mia adorata socia Anna mi ha incaricato di dirvi: prima di tutto si scusa del ritardo del capitolo, perchè ha avuto un periodo un po' dolorante, poi ringrazia calorosamente tutti i meravigliosi commenti che ci avete lasciato (un grazie enorme ve lo voglio fare anch'io... siete voi che alimentate la nostra voglia di scrivere!! <3) e infine Anna ci tiene a farvi sapere che lei è come una presenza invisibile, non la potete vedere ma lei legge tutto e conosce tutto (qui ci sta un sottofondo musicale da palle d'oca! ahahah)
bene detto questo vi voglio avvisare che questo capitolo è stato scritto da entrambe: la parte su Anna l'ha scritta appunto Anna (ahahahah esilarante come cosa!) e la parte in cui parla Leah l'ho scritta io ;)
spero che il cappy vi sia piaciuto... come sempre commentate commentate e commentate!!
vi voglio solo anticipare che il prossimo sarà un capitolo
scottante!
Be alla prossima!!
un grandissimo bacione! Ary & Anna

 

   
 
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