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Autore: Pqzqzy    20/02/2013    0 recensioni
Fino a che punto bisogna immergersi nell'oscurità per poter dar la caccia a ciò che vi si cela?
Cosa bisogna conoscere di quel mondo per non farsi sopraffare da esso?
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con
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Verso sera raggiunsi un piccolo villaggio di contadini costruito nei pressi dell'argine di un fiume. A giudicare dal suo letto probabilmente durante l'estate vi avrei trovato acqua a sufficienza, ma durante l'inverno con la sorgente probabilmente ghiacciata si era ridotto ad un rigagnolo fangoso.

Non vi erano guardie, nè muri di cinta, nè edifici particolarmente imponenti. Si trattava di uno sparuto gruppo di casupole circondate da piccoli orti che probabilmente servivano a sfamare a malapena i membri della famiglia che li possedeva.

Sicuramente la sede centrale dell'ordine non poteva trovarsi in quel luogo.

L'unica cosa che ero riuscito a scoprire su di essa era che si trattava di un edificio protetto da ogni genere di attacco, umano e non, e quindi sarebbe stato sicuramente fortificato e intarsiato di rune. Le capanne che mi trovavo di fronte non si avvicinavano nemmeno lontanamente alla descrizione che mi era stata fatta. D'altronde non mi aspettavo di riuscire a raggiungere la mia meta il primo giorno di viaggio.

Ero solo contento di essere sopravvissuto ai due cinghiali che avevo incontrato lungo il tragitto. Ho sempre adorato la loro carne succulenta e mi era dispiaciuto avanzarne così tanta.

Continuai a camminare aggirandomi intorno alle abitazioni dei contadini, imprecando per aver scelto delle calzature così poco pratiche in un terreno fangoso.

Dopo pochi minuti persi nel fango uno dei sandali e decisi di continuare a piedi nudi.

Raggiunsi il centro del paese, contrassegnato dalla presenza di un misero pozzo al centro di quella che poteva essere descritta con un particolare eufemismo una "piazza".

Lasciai cadere il secchio lì presente nell'oscurità, sperando che non fosse asciutto o congelato.

Lo sentì urtare la superficie e frantumare una lieve lastra di ghiaccio.

Sapevo di essere osservato ma non vi diedi particolare peso, considerando che probabilmente non ricevevano spesso visite da forestieri.

Appena estratto il recipiente lo avvicinai alle labbra spaccate dal freddo per berne un sorso.

-Fermo!- Urlò la voce di una bambina alle mie spalle. -Non bere quella roba! Il pozzo è maledetto.-

Appoggiai il secchio al bordo, più incuriosito che spaventato.

La persona che aveva appena urlato mi si avvicinò timidamente. Avrà avuto nove, al massimo dieci anni. Era la prima volta che mi trovavo così vicino ad una ragazzina. All'abbazia non avevo avuto mai occasione di incontrarne.

-L'acqua fa ammalare le persone. La mamma dice che non devo berla. Non dovresti nemmeno toccarla.- Io non le risposi. Fissavo le punte dei miei piedi nudi e infangati in totale imbarazzo.

-Chi sei?- Io alzai lo sguardo ma continuai a non rispondere. Non sapevo cosa avrei potuto dirle.

-Sai parlare?- Accennai ad un sì con la testa.

-Hai freddo?-

-S-sì.- Risposi finalmente io. L'amuleto che mi aveva dato Ludor aveva perso efficacia da circa un'ora e andava ricaricato, solo che non sapevo esattamente come.

-Si vede. Stai tremando. Ma come ti è venuto in mente di andare in giro in questo periodo conciato in questo modo?-

Io tornai al mio imbarazzato mutismo e abbassai nuovamente lo sguardo. Non potevo dirle che provenivo da un luogo in cui il clima era decisamente più temperato. Non mi aspettavo che mi avrebbero mandato così a nord i veterani e non ero preparato a questo.

Seguì la ragazza lungo una stradina battuta e segnata dalle ruote dei carri, da qualche zoccolo animale e da qualche zampata canina.

Raggiungemmo la sua casetta dopo meno di dieci minuti.

-Mamma!- Urlò lei prima ancora di bussare. -Sono tornata!-

I battenti alle finestre si aprirono e il volto di una donna preoccupata si affacciò al richiamo della figlia.

-Dove diavolo sei stata! Ti ho detto un'infinità di volte non devi andare in giro a quest'ora da sola!-

-Ma io non sono sola. Guarda.- Disse indicandomi. La donna strizzò gli occhi per mettermi a fuoco nella luce del sole calante. Probabilmente non ci vedeva molto bene da una certa distanza.

Aprì la porta con un'espressione a metà tra il preoccupato e l'incuriosito.

-O mio dio, ma tu sei un pezzo di ghiaccio!- Affermò la donna afferrandomi la mano. Le sue dita erano callose e segnate, probabilmente si occupava sia dei lavori nei campi che in quelli di casa.

-Siediti di fronte al camino figliolo.- Mi disse con un sorriso. Non ero abituato a tanta gentilezza da parte di sconosciuti, ma non la rifiutai.

-Chi sei, ragazzo?-

-Ehm... Sono Alan.-

-Non è molto saggio andare in giro di questi tempi vestito in questo modo, Alan.- Mi rimproverò lei con fare materno.

-Avevo dei vestiti più pesanti, ma mi sono stati sottratti da un brigante nel bosco.- Mentii io.

-Oh cielo, che cosa terribile. Siediti pure sulla sedia.- Disse lei, notando che avevo preso posto sul pavimento.

-No grazie... Qui starò più comodo.-

-Mamma, mamma, guarda cosa ho trovato!- Disse la bambina prima che la donna potesse controbattere. Estrasse da una tasca nel grembiule due grossi cachi che porse orgogliosa alla madre.

Lei la guardò preoccupata.

-Sei andata di nuovo nella foresta, vero?-

-Solo un pochino. Non mi sono allontanata molto. Ho trovato una pianta di cachi con ancora diversi frutti succosi. Ne ho mangiati un paio prima di tornare a casa.-

-Emma! Ma cosa ti ho ripetuto migliaia di volte?- Urlò la madre.

-Di non addentrarmi nei boschi da sola.- Cantilenò lei annoiata.

-Appunto. Ora fila in camera tua.-

La bambina obbedì e si allontanò con la coda tra le gambe. Mi salutò con un cenno della testa.

Io assistetti in silenzio alla scena, cercando di ostentare la mia presenza il meno possibile, fingendomi invisibile.

Guardai la donna indeciso, senza idea di cosa dovessi fare o cosa fosse giusto dire.

Lei si accorse del mio sguardo e mi rispose immediatamente con un sorriso, cambiando totalmente espressione.

-Non ti preoccupare. Mi spiace che tu abbia dovuto sentire tutto.-

Mi alzai in piedi subito, ma un po' troppo velocemente e mi girò la testa.

-Forse sarebbe meglio se me ne andassi... Vi ringrazio molto per...-

-Non ci provare neanche! Dove pensi di andare con questo freddo? Tu stanotte resti a dormire qui.-

-Io non...-

-Non ti azzardare a rispordermi giovanotto!- Mi interruppe lei di nuovo, questa volta con più durezza nella voce e con un tono che non ammetteva repliche, appoggiandomi una mano sulla spalla.

Balbettai un grazie e mi risedetti di fronte al fuoco, iniziando subito a pensare ad un modo per potermi sdebitare con loro.

Ero sfinito e mi addormentai dopo poco. Non avevo nè fame nè le forze per cenare.

Riaprì gli occhi in un letto non molto morbido, ma decisamente migliore di quello che avevo lasciato all'abbazia.

Dovevo essere davvero esausto per non essermi accorto di essere stato spostato.

Ai piedi del letto trovai degli abiti puliti e un paio di scarpe pesanti.

Ebbi un momento di panico quando mi resi conto che i miei pugnali mi erano stati sfilati dalla cintura.

Mi vestii velocemente e corsi nell'altra stanza.

Trovai la donna in cucina intenta ad usare uno dei miei coltelli per pelare un tubero.

-I bambini non dovrebbero andare in giro con queste armi.-

Disse lei, senza alzare lo sguardo dalla patata che stava preparando.

Non sapevo esattamente cosa risponderle, ma mi sentivo perso disarmato.

-Sono miei... Me li ridia.-

-E gli abiti che indossi erano di mio figlio. Direi che siamo pari, giusto?-

Presi a sfilarmi subito gli abiti ma lei mi interruppe.

-Non fare lo stupido, non era quello che intendevo. Puoi tenerli. Tanto mio figlio non li userà più. Tranquillo, ti ridarò i tuoi coltelli appena finito di preparare il minestrone.- Disse, distendendo i lineamenti del volto e alzando gli occhi dal suo lavoro.

-Hai voglia di darmi una mano?-

-Certamente!- Risposi, contento di potermi rendere utile.

Afferrai un'altra patata e il mio coltello e iniziai a lavorare. Tra il tempo trascorso di turno nelle cucine e quello passato ad imparare a preparare tisane e unguenti avevo una certa esperienza per quanto riguardava la preparazione del cibo.

-Grazie ancora di tutto... Non so come avrei fatto altrimenti.-

Probabilmente avrei dovuto cercare la carcassa dei cinghiali che avevo ucciso precedentemente e vedere se non erano state distrutte le loro pelli da altri animali e mi sarei dovuto arrangiare in qualche modo per rimanere al caldo. Il giorno precedente non pensavo avrei avuto bisogno di pelli visto che il talismano che avevo funzionava alla perfezione. Dovrò trovare un modo per ricaricarlo quanto prima.

-Non ti preoccupare... Non potevo non aiutarti. Mi ricordi molto mio figlio maggiore, sai?-

Non sapendo cosa risponderle abbassai lo sguardo e continuai il mio lavoro meccanico.

Vedendo però che non proseguiva a parlare interruppi il silenzio.

-Posso chiedere cosa gli è successo?-

-La stessa cosa che è successa a suo padre e a molte altre povere anime di questa città. Hanno bevuto l'acqua del pozzo maledetto. È iniziato con qualche giramento di testa, poi la febbre e nel giro di una giornata...-

Si interruppe, affondando il viso nelle mani. Sapevo che avrei dovuto dire qualcosa ma non mi venne in mente niente di utile. Provai quindi a cambiare argomento, maledicendomi per averla costretta a rivivere quei momenti.

-Adesso cosa posso fare?- Chiesi indicando la pila di patate pelate al lato del tavolo.

Lei sgranò gli occhi, asciugandosi una lacrima.

-Hai già finito? Ma come...?-

-Sono abituato a lavorare in cucina.- Tagliai corto io. In effetti probabilmente avevo esagerato.

Senza riflettere feci scivolare il coltello tra le dita, lo lanciai in aria facendolo roteare e lo ripresi al volo, praticamente senza guardarlo.

Lei mi fissò sbigottita con la bocca spalancata.

Io presi una manciata di ortica essiccata e iniziai a tritarla in polvere finissima, attendendo ulteriori istruzioni.

-Potresti andare a svegliare Emma? Mi servirebbe altra legna per il fuoco e mi farebbe piacere se la accompagnassi a prenderne un po'. Mi sentirei più sicura sapendola con te.-

-Certamente. Vado subito.- Dissi alzandomi e pulendo il mio coltello in un canovaccio sul tavolo.

-Aspetta. Prendi qualcosa per fare colazione.-

Disse lei, lanciandomi uno dei cachi raccolti dalla figlia. Invece di afferrarlo lo trafissi con il coltello dove rimase infilato.

Prima che la donna potesse dire qualcosa uscii velocemente dalla stanza, mordendo il frutto succoso usando l'arma come uno spiedino.

Finii in fretta la mia colazione ed entrai nella camera della bambina.

La stanza non aveva una porta ed era separata dal resto degli spazi da una parete a cui era appoggiato un piccolo armadio.

Feci qualche passo in avanti per poi fermarmi. Non avevo idea di come svegliare una bambina. Il metodo che usavano spesso all'abbazia di lanciarci una secchiata di acqua fredda non mi sembrava molto delicato.

-Emma?- Chiesi incerto a voce bassa.

-Emma!- Ripetei un po' più forte, facendo un passo verso di lei.

-Alan? È già ora di alzarsi?-

-Sì... Tua madre vuole che andiamo a prendere della legna. Alzati.-

-Uffa... Dammi un paio di minuti. Arrivo subito.- Disse lei, rigirandosi nel letto per uscire dalle coperte.

Aspettai appoggiato al lato esterno della porta d'ingresso che fosse pronta. Quando mi raggiunse ci incamminammo verso il bosco, dopo aver promesso per la milionesima volta che non ci saremmo addentrati troppo.

Povera donna, dover vedere la figlia uscire con uno sconosciuto alla volta del bosco non doveva essere il massimo per lei.

Promisi alla madre che avrei riportato a casa sua figlia a casa sana e salva entro l'ora di pranzo, in tempo per la zuppa. Allora non immaginavo che mantenere quella promessa sarebbe stato tanto difficile.
 


****Angolo dell'autore****
Io pensavo che avrei scritto solo uno o due altri capitoli. Invece ho già scritto il prossimo e non intravedo nemmeno lontanamente la fine. Mi piacerebbe leggere qualche recensione, almeno potrei correggermi in itinere. Spero vi piaccia
  
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