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Autore: Pqzqzy    18/02/2013    0 recensioni
Fino a che punto bisogna immergersi nell'oscurità per poter dar la caccia a ciò che vi si cela?
Cosa bisogna conoscere di quel mondo per non farsi sopraffare da esso?
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con
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***Angolo dell'autore***
Cronologicamente questa storia avviene prima del primo capitolo che ho pubblicato. Non avevo intenzione di proseguirla ma avevo un po' di idee per la testa che volevo mettere per iscritto. Spero di riuscire a continuarla come si deve e che possa piacere a qualcuno.
Buona lettura.




Quella notte non riuscii a chiudere occhio.

Sapevo che prima o poi sarebbe toccato anche a me, solo che non pensavo sarebbe stato così presto.

Sarebbe stato meglio riposare ma l'agitazione mi rendeva nervoso, quasi quanto le lezioni di combattimento con Fratello Aklor.

L'indomani mi addendeva il rito di iniziazione. Sarei passato dai corsi base a quelli avanzati. Avrei finalmente smesso di preparare infusi o stupide brodaglie per passare finalmente alle pozioni e ai rituali. Sarei passato dal combattimento con asce, spade e frecce a quello con incantesimi e sortilegi.

Tutto ciò ammesso che fossi riuscito a superare il mio esame.

Molti di noi non vengono nemmeno giudicati idonei a provarlo.

Tutti noi veniamo scelti e portati all'abbazia prima dei due anni. Alcuni di noi vengono semplicemente raccolti dai membri dell'ordine dei Cacciatori delle Tenebre durante missioni o viaggi.

Spesso capita che un veterano parta per una missione e ritorni con un piccolo fagotto urlante e sparafeci, magari raccolto da un orfanotrofio e persino dalle macerie di una casa in fiamme.

A volte invece siamo noi la missione principale. Non mi hanno ancora spiegato in che modo ma a volte i veterani vengono a conoscenza della nascita di un bambino o una bambina con particolari capacità o con un'innata predispozione ad alcune arti magiche.

Fino a che non superiamo la nostra prova non ci dicono se siamo stati trovati o scelti.

Quella notte l'ansia mi logorava. Non potevo neanche alzarmi perchè temevo di svegliare gli altri ragazzi del dormitorio. Allora eravamo in quindici.

Ripassavo mentalmente gli insegnamenti dei monaci che mi avevano accudito e istruito sin dall'infanzia, continuando a immaginare alcuni dei possibili scenari che avrei potuto affrontare all'alba del giorno seguente.

La prova, nel suo complesso, è abbastanza semplice. Consiste nel trovare la sede principale dell'ordine, ovviamente senza morire. Non c'è limite di tempo e non ci vengono date indicazioni precise. Nessuno di noi sa davvero cosa si troverà davanti.

Quando vennero a svegliarmi non si stupirono nel trovarmi già perfettamente preparato e pronto a partire.

Ai novizi è concesso portare soltanto uno zaino quando lasciano l'abbazia, con dentro tutto ciò che riescono a trasportarvi.

Io mi ero tenuto sul leggero: avevo legato in vita un paio coltelli dalla lama corta ma affilata nascosti tra le pieghe dei miei indumenti e avevo infilato nello zaino un impasto di erbe che avevo preparato io stesso che impediva alle ferite di fare infezione, una tunica di scorta, una borraccia, una pietra focaia e una per affilare. Avevo deciso di non portare del cibo. Non sapevo in che luogo sarei stato mandato e l'odore delle pietanze avrebbe potuto attirare l'attenzione di animali predatori. Inoltre se non fossi riuscito a procurarmi qualcosa da mangiare, tanto valeva rinunciare al tentativo di diventare un membro dell'ordine.

Venni scortato fino al salone principale, dove solitamente erano disposti i tavoli per i pranzi.

Quella mattina invece, al centro della sala era posta una pietra piatta con delle rune incise sopra.

Tutti gli altri novizi e i membri anziani bisbigliavano tra loro, alcuni parlavano con orgoglio, altri con timore, altri ancora con invidia.

Io ero al contempo spaventato da ciò che mi attendeva e orgoglioso di essere stato scelto.

Al mio ingresso tutti piombarono nel più completo silenzio, come tante candele spente da un improvviso sbuffo di vento.

Di tutti i presenti solo due si avvicinarono a me, Kol e Ludor, rispettivamente di undici e tredici anni. Erano come fratelli per me.

Gli occhi arrossati dal pianto del più piccolo si soffermarono un secondo sui miei prima di abbracciarmi.

-Buona fortuna Alan. Tieni questo.- Disse infilandomi una boccetta di vetro chiusa da un tappo di sughero in una mano. Era molto piccola. Probabilmente poteva contenere al massimo un'oncia.

-Bevine un sorso per lenire i morsi della fame. Dovrebbe funzionare per poche ore, ma è meglio di niente.- Aggiunse, tentando un sorriso che non gli riuscì molto bene. Conoscendo l'abilità di prepare infusi di Kol quello probabilmente mi avrebbe causato nausea e febbre, se non peggio, ma accettai comunque commosso dal gesto dell'amico.

Ludor invece mi diede semplicemente una pacca sulla spalla, niente abbracci. Era geloso che fossi stato scelto prima di lui malgrado fossi di un anno più piccolo.

-Ti aspetterò alla sede principale. Non vedo l'ora di rivederti. Abbi cura di Kol.-

Lui si rilassò un po' e sorrise con affetto. -A proposito... Aggiungi a quella roba dello zenzero se ci tieni a conservare la vista.- Mi sussurò facendomi l'occhiolino, ben attento che Kol non sentisse. Poi mi legò al polso un bracciale con un ciondolo di legno su cui era incisa una runa. Appena chiuse il nodo sentii una vampata di calore propagarsi all'interno del mio corpo.

-Dove hai imparato a fare un talismano?- Chiesi, fissando il regalo incredulo.

-Ho convinto fratello Lakio a insegnarmi come fare... Non è stato semplice.- Aggiunse arrossendo e abbassando nuovamente il tono di voce.

-Ti aiuterà a sopportare il freddo. Attento che non entri mai in contatto con del fuoco, mi raccomando.-

-Grazie mille.- Strinsi il ragazzo più grande.

-Sono certo che a breve mi raggiungerai alla sede centrale. Ti ho lasciato un po' di unguento per le scottature. Avrebbe dovuto essere il mio regalo per la tua partenza. Non immaginavo che...-

-Grazie.- Mi zittì lui, sciogliendosi imbarazzato dall'abbraccio.

-Ora vai, prima che decida di prendere il tuo posto.- Concluse, con gli occhi un tantino lucidi.

Era preoccupato perchè non era la prima volta che salutava un confratello il giorno della sua partenza e non sempre essi avevano fatto ritorno.

Mi diressi al centro della sala e salii sulla pietra. Ne avvertivo il potere e il lieve ronzio.

Percepire la magia è un'abilità che non molti possiedono ed era il motivo per cui allora fui scelto per sostenere la mia prova. La settimana precedente, infatti, avevo accusato fratello Aklor di aver utilizzato un incantesimo durante un duello di spade per sopraffarmi. Temevo mi avrebbero sgridato per insubordinazione, invece si congratularono.

Comunque non era necessario possedere particolari abilità percettive per capire che pietra su cui poggiavo i piedi fosse incantata. Anche se non mi era ancora stata insegnata l'arte di leggere le rune disposte a cerchio lungo la superficie di quell'oggetto sapevo che non erano segni casuali o insensati.

I veterani si disposero intorno alla pietra e iniziarono ad intonare all'unisono la cantilena che avrebbe attivato quei simboli.

Fui avvolto da un fascio di luce abbagliante che mi costrinse a chiudere gli occhi. Quando li riaprii il paesaggio intorno a me era cambiato. Non mi trovavo più nella sala principale in pietra dell'abbazia ma in una radura innevata circondata da alberi di conifere.

La neve non era molto alta, probabilmente aveva nevicato per qualche ora durante la notte. I miei sandali non erano esattamente le calzature adatte per quell'ambiente.

Alcuni dicono che i membri dell'ordine ti mandano in un luogo che abbia a che fare con il tuo percorso, altri che è la pietra a scegliere dove mandarti. Io invece sono convinto che i novizi vengano spediti a caso, nel punto più stupido e pericoloso possibile.

Comunque poteva andarmi peggio. Fratello Aklor mi aveva raccontato che, ai suoi tempi, era stato spedito direttamente nella tana di un branco di lupi. Avevo deciso di prestare ascolto ai suoi consigli e non portarmi una sacca di carne essiccata e succulenta che potesse stuzzicare il loro appetito.

Iniziai a camminare nella direzione in cui ero voltato, sperano che almeno essa non fosse casuale.

Non sapendo dove mi trovassi nè l'ubicazione della mia destinazione una via o l'altra non avrebbe fatto differenza.

  
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