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Autore: onelux    20/02/2013    1 recensioni
[Django Unchained]
L'inverno fu proficuo ma proficuo non vuol dire facile.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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La fiamma delle lanterne era l’unica cosa che riscaldava la piccola tenda.

Fece scaldare la lama del coltello su una delle fiammelle fino a che non la ritenne abbastanza disinfettata; pulì ancora un ultima volta quella piccola ferita che sembrava aver smesso di sanguinare. Vicino a sé aveva preparato una benda ed una compressa con le parti rimanenti della camicia.

Afferrò saldamente il braccio del dottore per evitare che facesse movimenti improvvisi mentre usava il coltello.

Non era la prima volta che si prendeva cura delle ferite di qualcuno.


Nessun bianco faceva curare da un medico uno schiavo, era quindi normale che gli schiavi si prendessero cura dei loro stessi compagni di sventura. Ed era logica conseguenza che fossero a conoscenza di qualche rudimento di assistenza. Di conoscenze tramandate più che altro e apprese con la pratica.


Ma stavolta era diverso. Non aveva mai assistito una persona che non fosse un nero, e per quanto fosse da Schultz considerato un amico e un suo pari, si sentiva improvvisamente responsabile, per la prima volta, della vita di un bianco.

Realizzò che una vita di schiavitù di violenze di soprusi, non solo lo aveva fatto sentire diverso dai bianchi. Ma per la prima volta si rese conto quanto nella sua anima fosse radicato l’odio per essi.

Di come l’odio genera odio.

Tremava. Non sapeva per cosa. Il freddo.La paura di sbagliare. La paura di non essere all’altezza.

Forse un ricordo della paura di venire punito, se avesse sbagliato.

Guardò negli occhi l’uomo che aveva sotto di se.

Tra le sue mani.

Vide in quegli occhi lucidi di febbre e semichiusi dalla stanchezza non un uomo, ma un amico.

La responsabilità che aveva era la vita di un amico, non di un bianco.

Infilò la punta del coltello nella ferita.

 

Il sangue cominciò nuovamente ad uscire, scese a coprire l’altra sua mano, fece in fretta a cercare la pallottola e, fortunatamente senti subito la presenza di quel pezzo di metallo nel muscolo. Allargò la ferita e vide il luccichio del proiettile nel sangue, lo mantenne in punta di coltello e lo tirò fuori.

 

Il sangue dalla ferita scorreva come un fiume in piena. Il tempo di prendere un tampone fatto di stoffa, premerlo sopra la lacerazione, che già la pelliccia su cui giaceva King si era insanguinata.

 

Django prese un profondo respiro. E cominciò a fasciare il braccio.

Compresse il più possibile la ferita per fermare l’emorragia.

Guardò il dottore. “Come va?” … Nessuna risposta. Chinò la testa sul torace dell'uomo e senti il battito. C’era.

Non forte e potente ma c’era. Questo contava. Si pulì le mani dal sangue e dal sudore, tocco il viso di King e lo trovò insolitamente caldo per il freddo che faceva.


Sistemò l’uomo nelle coperte, spostò la parte sporca di sangue, lo adagiò in una posizione più comoda. Si sdraiò nelle coperte di pelo anche lui e lo strinse a sé. Faceva troppo freddo per stare distanti.

Come lo cinse con il braccio lo sentì mormorare qualcosa. Ma non capiva le parole, forse era tedesco, forse era un miscuglio di lingue, forse erano solo suoni senza senso.

Ma una cosa la sentiva. La paura nel tono della voce.


Sarebbe stata una lunga notte.


  
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