Fanfic su attori > Cast Supernatural
Segui la storia  |       
Autore: allegretto    21/02/2013    5 recensioni
Ci vuole un incidente per far sì che tutti si rendano conto di quanto seriamente Jensen stia male. Ma come possono Jared, la famiglia Ackles e i suoi amici aiutarlo, quando lo stesso Jensen rifiuta ogni tipo di aiuto esterno? L'unico modo che essi conoscano, anche a costo di perdere per sempre la stima e l'affetto di questa persona!
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Jared Padalecki, Jensen Ackles, Misha Collins
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Personaggi: Oltre, ovviamente a Jensen e a Jared, compaiono al gran completo le famiglie Ackles e Padalecki, Danneel Harris e Genevieve Cortese, i produttori della serie Supernatural, gli attori Misha Collins e Jeffrey Dean Morgan, per arrivare infine a Jason Manns e Steve Carlson.

Avvertimenti: Le mogli non sono messe in un'ottica positiva. Niente di eclatante ma non fanno una bella figura. Posta idealmente nella pausa estiva tra la sesta e la settima serie, ha un andamento AU lungo il continuo della storia. Alcuni fattori possono essere cambiati in base ai vostri suggerimenti. Mi piacerebbe molto se interagiste con me su alcuni aspetti che vedremo strada facendo. Ringrazio anticipatamente quanti leggeranno, commenteranno e seguiranno questa storia. Alla fine di ogni capitolo inserirò alcune spiegazioni per quanto riguarda la legislazione americana che avrà un ruolo determinante soprattutto nei primi capitoli.

Disclaimer: Gli attori qui menzionati appartengono a loro stessi, perciò tutto quello di cui verrà scritto qui è pura fantasia (o almeno la maggior parte) e narrato solo per mio e vostro piacere.

 

 

Capitolo Uno

 

 

Jared sospirò e appoggiò la testa sulle mani mentre sua moglie continuava a lamentarsi del fatto che non fossero andati nell'Idaho dalla sua famiglia per passare parte delle vacanze estive a San Antonio, in Texas. Inoltre lei odiava quella città dove non c'era nulla da fare ed era come stare nel deserto, visto che il caldo era torrido e un sole inclemente impediva di fare una passeggiata rilassante.

Era sempre lo stesso vecchio discorso che usciva fuori tutte le volte che c'era una pausa nelle scene da filmare e Jared voleva passarle con i suoi cari.

Si morsicò la lingua per non ribattere che comunque anche i Padalecki erano la sua famiglia e in fondo erano stati in Idaho per il Ringraziamento e non vedeva i suoi genitori dall'estate precedente.

La tiritera continuava e alla fine Jared sbottò:”Se odi così tanto il Texas, perchè alla fine sei venuta?”

“Oh, si, non sarebbe stato strano per la tua famiglia se non ti avessi accompagnato?”, replicò Genevieve, sarcasticamente. “La maggior parte di loro mi odia già abbastanza, non diamogli altri argomenti per approfondire l'astio”, concluse lei.

“La mia famiglia non ti odia”, Jared ribattè, rassegnato.

Genevieve non rispose, mentre andava avanti e indietro nervosamente da un muro all'altro della loro camera da letto nella casa natale di Jared.

Prima che uno dei due esternasse la propria frustrazione, un colpo alla porta li bloccò entrambi.

“Avanti”, Jared disse.

La porta si aprì. Sull'uscio, Sherri, la madre di Jared.

Quando il figlio alzò lo sguardo per chiederle qualcosa, aggrottò le sopracciglia nel notare l'espressione preoccupata di sua mamma.

“Jared, Donna Ackles è al telefono”, Sherri lo informò. “E' agitata e ha bisogno di parlare con te adesso”

Jared annuì e si allungò per afferrare il ricevitore del telefono posto sul comodino. La madre lo fermò.

“Potresti parlarle dall'ufficio di tuo padre, magari”, esclamò, poi, con voce grave.

A Jared il cuore fece un balzo. Il tono e l'atteggiamento di sua madre lasciavano intuire che qualcosa di serio era successo. Con un cenno di assenso verso la madre, Jared corse fuori dalla sua stanza, si lanciò giù dalle scale per giungere nello studio, dove afferrò la cornetta mentre si sedeva pesantemente sulla sedia davanti alla scrivania di suo padre.

“Pronto? Donna, cosa è successo?”, chiese, immediatamente.

“Jared! Grazie al cielo, sei a casa. Tesoro, Jensen ha avuto un incidente con la macchina e noi...non sappiamo quali siano le sue condizioni”

“Santo cielo!”, Jared gridò. “Che è successo?”

Jared sentì Donna piangere. “Donna! In quale ospedale siete? Siete a Dallas?”, chiese il giovane, in preda al panico.

Donna riuscì soltanto a mormorare tra le lacrime che erano proprio in quella città.

“Cerco di arrivare lì da voi appena posso. Ok?”, disse, cercando di calmarsi in modo da pensare lucidamente.

Mentre stava parlando, accese il computer sul tavolo davanti a lui, entrò in internet per prenotare il primo volo in partenza per Dallas.

“E' al UTSMC a Dallas”, Donna cercò di dare più informazioni possibili. “Il problema è che il dottore voleva avere tutte le informazioni mediche di Jensen e si è fatto mandare via fax la cartella del medico che vi segue a Vancouver. Nel plico c'era anche l'informativa sulla privacy firmata da te come unico referente in questioni mediche. I dottori non ci hanno detto molto perchè secondo la legge lo possono dire solo a te e solo tu puoi prendere decisioni in questo ambito”

Jared gemette. Si era completamente dimenticato di quel documento.

“Ok, Donna. Prendo il volo che parte fra due ore. Atterra al DFW alle due del pomeriggio e poi dall'aeroporto prendo un taxi. Ci vediamo in ospedale”

“No, Jared, aspetta! Josh ti verrà a prendere. Farete più presto così”. Donna lo informò. “Sono felice che stai per arrivare!”

“Presto sarò lì con voi”, Jared promise. “Non ti preoccupare, Donna. Andrà tutto bene. Jensen è più forte di quello che sembra. Andrà tutto bene”, esclamò Jared, cercando di sembrare positivo per la sua interlocutrice anche se in cuor suo era spaventato da morire.

“Vado a prepararmi. Ci vediamo tra poche ore. State tranquilli”, esclamò Jared.

“Ok, grazie, Jared”, disse Donna Ackles, cercando di trattenere il pianto, sollevata dalle parole del ragazzo.

Jared posò il ricevitore e si allungò sulla sedia cercando di mettere ordine nei suoi pensieri. Poi saltò in piedi e salì su nella sua stanza e iniziò a prendere alcune magliette e un paio di jeans per metterli in uno zaino. Genevieve lo seguì nella stanza.

“Che succede?”, chiese, incuriosita da quello che stava facendo il marito.

“Jensen è rimasto ferito in un incidente d'auto”, Jared spiegò mentre velocemente prendeva alcuni effetti personali dal cassetto del comodino.

“E allora? Cosa ha a che fare questo con te?”, la moglie domandò mentre si sedeva sul letto. “Perchè devi andare là?”

Jared le lanciò un'occhiata gelida. “A parte il fatto che è un mio amico e sarebbe il minimo che possa fare, c'è il problema del documento che lui ed io abbiamo firmato a Vancouver per gestire con rapidità le emergenze e così i medici non dicono nulla ai genitori e non possono prendere decisioni, finchè non hanno parlato con me. Perciò...”

Genevieve sbuffò, annoiata. “Farlo per telefono?”, chiese, tirando fuori da una confezione di salviettine umidificate un paio di queste e passandosene una sul viso per sottolineare il fatto di essere tutta sudata.

La risposta velenosa di Jared non ci fu, perchè in quell'attimo sua madre lo informò che suo padre lo aspettava fuori in auto per portarlo all'aeroporto.

Jared annuì. “Grazie mamma”, esclamò, afferrando lo zaino e uscendo dalla stanza. Sherri lo fermò e lo abbracciò. “Chiamaci appena hai notizie e facci sapere se gli Ackles hanno bisogno di qualcosa” le disse. “Tuo padre ed io saremo là in poche ore. Telefonerò a Jeff e gli dirò di mettersi in contatto con te, se hai bisogno di delucidazioni mediche. Vai, ora. Vedrai che Jensen si rimetterà presto”, aggiunse poi la madre con le lacrime agli occhi.

Jared sorrise e fece una carezza sul volto della madre. “Grazie. Si, Jensen è forte come un toro. Eh si, servirà la consulenza di Jeff per capirci qualcosa”

Dopo un veloce bacio sulla guancia di sua mamma, Jared uscì di corsa dalla casa e si infilò nell'auto del padre.

Sherri chiuse la porta di casa e poi si diresse su al primo piano per chiedere alla nuora se volesse pranzare a casa o se preferisse accompagnarla al centro commerciale e mangiare al ristorante. La porta della camera era accostata, bussò piano prima di aprirla del tutto ma la donna si fermò sull'uscio quando vide Genevieve che stava chiudendo la sua valigia.

“Successo qualcos'altro?”, chiese sopresa la madre di Jared.

La nuora le scoccò un'occhiata gelida e poi afferrò la borsa, passandole accanto per andare verso le scale.

“Non starò qui da sola”, disse lei, mentre iniziava a scendere verso il pianterreno.

“Non mi sembra tu sia qui sola!”, esclamò la suocera, piccata.

“Oh, si certo, oltre al fatto che non farete altro che parlare tutto il tempo di Jensen e quello che accade a Dallas”, replicò lei, con astio.

Sherri prese un bel respiro profondo e cercò di controllarsi. “E' quello che accade nelle famiglie, sai. Preoccuparsi degli amici dei figli fa parte della vita di tutti i genitori!”

“Ahahah, amici! Certo, perchè Jensen è solo un amico....”, esternò sarcasticamente la donna più govane.

“Ancora con questa storia della gelosia, Genevieve? Mi sembra sia ormai un discorso chiuso, no?”, ribattè Sherri, lasciando tradire la sua rabbia.

“Oh, si. Mi ha sposato ma non è cambiato un bel nulla. Prima c'è Jensen, poi voi ed infine io, in ultima battuta”

“Bè, se tu dimostrassi un po' di attaccamento per noi, sono sicura che l'atteggiamento di Jared cambierebbe anche se, mi sembra, ti accontenti in tutto e per tutto”, sbottò Sherri, prima di andarsene.

Seduta in cucina, Sherri sentì sua nuora chiamare un taxi dal telefono di casa e poco dopo il tonfo della porta di casa le annunciò la sua partenza.

La gamba di Jared saltellava nervosamente, mentre guardava fuori dal finestrino dell'auto del padre durante la corsa verso l'aeroporto. Fu solo quando Gerry posò la mano sul ginocchio del figlio che Jared realizzò quanto velocemente andasse su e giù.

“Figliolo, mi farai un buco nel telaio dell'auto, se non la pianti!”, suo padre lo canzonò.

“Scusa, papà”, Jared esclamò. “Sono preoccupato e non vedo l'ora di arrivare a Dallas”

“E' naturale, Jared. Vedrai che andrà tutto bene”, disse il padre, cercando di essere rassicurante anche se dentro di sé sentiva la stessa angoscia del figlio.

“Stai tranquillo e appena puoi chiamaci. Ok?”, ordinò Gerry, non appena fermò l'auto davanti all'entrata del settore partenze dell'aerostazione di San Antonio.

Jared sorrise e salutò con la mano suo padre mentre si lanciava fuori dall'abitacolo. Non vedeva l'ora di essere su quell'aereo!

Sicuramente fu uno dei viaggi più lunghi che Jared avesse mai intrapreso nei suoi quasi trenta anni di vita. Non tanto per la durata del volo, non più di quarantacinque minuti, ma per l'ansia crescente che attanagliava il giovane.

Per evitare le lungaggini dell'uscita dal veivolo, Jared aveva spiegato all'hostess che doveva recarsi con urgenza in ospedale e così, non appena il portellone dell'aereo si era aperto, lui potè schizzare fuori senza indugio.

Nel momento in cui varcò le porte automatiche all'uscita del settore arrivi del DFW di Dallas, sentì un clacson rimbombare imperioso alla sua destra e quando si girò in quella direzione, scorse Josh, il fratello di Jensen, al volante di una station wagon. Con due falcate la raggiunse ed entrò dentro e senza alcun convenevolo, chiese:”Che diavolo è successo?”

Si accigliò, quando l'espressione di Josh, da lieta per aver preso a bordo Jared, si fece buia e tesa. “E' andato a piantarsi contro un albero! Ecco cosa è successo!”, Josh sbottò ad alta voce, dando una manata contro il volante.

Jared spalancò gli occhi dalla sorpresa. “Cosa ha fatto?”, gridò, portandosi una mano alla bocca per impedirsi di urlare.

Le mani di Josh sbiancarono per quanto stringeva forte il volante. “Se non fosse che è in un letto di ospedale in condizioni critiche, lo prenderei a calci!”, urlò di rimando il fratello di Jensen.

A Jared, la sua reazione parve un po' fuori dalle righe. Da quello che conosceva di lui, sia personalmente che attraverso i racconti di Jensen, sapeva che Josh era una persona calma e razionale. Semmai era Jensen che dava in escandescenze, se si arrabbiava. In quel momento, però, era furioso e per alcuni tratti assomigliava spaventosamente al fratello minore. Certo erano consanguinei ma con il Jensen furioso era meglio essere su un altro pianeta e soprattutto non essere oggetto della sua ira. Perciò intuì che ci fosse altro che facesse infuriare il giovane. E ciò lo angosciò ancora di più!

“Josh, cosa è accaduto? Calmati e spiegami. Non capisco...”, Jared esclamò, cercando di calmare l'altro.

“E' andato a sbattere contro un albero con il suo pick-up. A quanto pare andava molto veloce e dopo una curva è andato diritto, fermandosi contro questo platano”, cercò di spiegare Josh.

“Come è potuto succedere? Di solito è molto accorto quando guida Jensen!”, disse Jared, meravigliato.

Josh inspirò profondamente ed esalò lentamente e poi annunciò con voce grave: “Era ubriaco, Jay!”

Il silenzio invase l'auto. Jared inghiottì a vuoto.

“Le prime analisi dicono che aveva un tasso alcolico nel sangue spaventoso. Tre volte il limite consentito!”, spiegò, poi, Josh, cercando di abbassare il tono della voce.

“Maledizione!”, sbottò Jared, dando un pugno sul cruscotto. “A cosa stava pensando quell'idiota?”, aggiunse poi Jared.

“Appunto, non stava pensando affatto!”Josh urlò. Poi dovette accostare al ciglio della strada, perchè non era in condizioni di guidare.

“Josh, mi dispiace”, disse Jared, leggendo la preoccupazione sul viso del giovane accanto a lui. Si rendeva conto che doveva essere difficile per lui essere furioso con una persona di cui non sapevi esattamente quali erano le sue condizioni di salute, per cui dire qualcosa di spiacevole poteva poi essere difficile da sopportare in caso di condizioni avverse. Ora capiva l'atteggiamento di Josh e lo comprendeva pienamente.

Dopo alcuni istanti di silenzio, Jared chiese: “ Vuoi che guidi io?”, mettendogli poi una mano sul braccio.

Josh si riscosse dal torpore che lo aveva avvolto e disse: “No, grazie, Jared. Sono sì stanco e preoccupato ma appena ti diranno come sta quel deficiente di mio fratello, mi rilasserò un po'!”, rispose poi, rimettendo in moto l'auto e inserendosi di nuovo nel traffico caotico della città texana.

“Perchè, secondo te, aveva bevuto così tanto?”, chiese dopo un po' Jared, mentre erano fermi in coda in un sottopasso.

Josh sbuffò, frustrato. “La band di Steve Carlson aveva un concerto ieri sera”

“Merda!”, Jared borbottò. “Questo spiega tutto. Suppongo che Danneel fosse con il gruppo, vero?”

“Non lo sappiamo con certezza ma c'è da scommetterci”, Josh rispose.

“Cosa vuol dire che non lo sai? Danneel è troppo ubriaca per rispondere?”, Jared domandò stupito.

Josh serrò la mascella prima di rispondere. “Nessuno sa dove sia. E' andata a fare spese con un'amica e poi ha deciso di passare alcuni giorni da noi. Ha lasciato però il cellulare in casa ieri sera perchè era scarico, così noi non possiamo metterci in contatto con lei”

“Fammi capire: lei non sa che suo marito è ricoverato in ospedale in gravi condizioni?”, Jared esclamò, incredulo.

“Eh già!”, rispose Josh, ironico.

“Grandioso!”, ribattè, Jared, sospirando. “A proposito, la notizia non è ancora arrivata ai giornali, mi sembra, vero?”, chiese poi, di nuovo agitato.

“No. Mio padre ha cercato di mettere tutto a tacere anche se la stanza di Jensen è piantonata dalla polizia!”

“Dalla polizia?!”, lo interruppe Jared allarmato. “C'era qualcuno in auto con lui? Ci sono stati altri feriti?”, incalzò Josh.

Il fratello di Jensen non rispose, tanto era concentrato nel trovare parcheggio nell'enorme piazzale dell'ospedale. Solo quando riuscì a trovare posto alla grossa unifamiliare che guidava, Josh rispose: “Grazie al cielo in auto non c'era nessun altro, a parte Jensen. Ha, però, speronato un' altra auto, dopo aver fatto un sorpasso prima della curva e il conducente ha chiamato l'ambulanza quando si è accorto che la macchina era andata diritta invece di affrontare la curva”

Jared sospirò e si strizzò con il pollice e l'indice la base del naso “Fantastico. Ora capisco perchè è piantonato!”

“Non so se questo lo abbia denunciato o no. Ma la polizia lo può fare di ufficio”

“Già e a quel punto carriera e futuro andranno a finire nel cesso!”, ribattè Jared, sconfitto.

Josh non disse nulla. Aprì la portiera e scese dall'auto, seguito da Jared, il quale però poi rimase appoggiato alla fiancata della macchina come se il peso di quello che aveva appena appreso gli impedisse di andare avanti.

“Andiamo, Jared”, Josh disse, dandogli un buffetto sul viso. “La famiglia ti sta aspettando!”

Cinque minuti più tardi, Jared era nel mezzo di una riunione di parenti in lacrime di quella che lui considerava la sua seconda famiglia. Donna piangeva mentre lui la teneva abbracciata a sé, mentre Alan mostrava un sorriso tirato mentre stringeva la mano di Jared.

“Sono contento che tu sia arrivato, figliolo”, Alan esclamò.

“Da nessu'altra parte vorrei essere in questo momento”, Jared lo rassicurò. “Il dottore non è ancora arrivato?”

Donna cercò di trattenere le lacrime mentre si staccava da Jared. “E' stato qui quindici minuti fa . Gli abbiamo detto che eri imbottigliato nel traffico dell'ora di punta e lui ha detto che sperava tu non tardassi”

Jared si accigliò. “Non vi ha detto nulla?”

“Molto poco”, Donna replicò tristemente.

Jared le strinse la mano, “Ho detto che mi sarei occupato di questo appena arrivato e ora vado a cercare il medico. Tra poco sapremo tutto”, disse Jared, allontanandosi verso il banco accettazione. Dopo aver parlato con un'infermiera, raggiunse gli altri nel salottino e si sedette con loro su una poltrona. Non passarono neanche cinque minuti che Donna vide arrivare il medico.

“Jared, questo è il dottor Mitchell. Dottor Mitchell, questo è Jared Padalecki”, Donna disse, facendo le presentazioni.

Il dottore strinse la mano per primo. “Sono contento che sia arrivato, Mr Padalecki”

“Mi chiami Jared, per favore”, disse Jared, per accellerare la questione. “Può, per favore, dirci le condizioni di Jensen?”

Il dottor Mitchell annuì. “Certamente. Andiamo nel mio ufficio”

Jared annuì e facendo segno a ad Alan e Donna di seguirlo, si accodò al medico. Il dottore, però, si fermò non appena si accorse che i genitori di Jensen lo stavano seguendo.

“Mi dispiace, Jared”, si scusò il dottore. “La politica dell'ospedale stabilisce che io possa parlare solo con lei e non con altre persone della salute del mio paziente”

Jared, incosciamente nel camminare si era leggermente ingobbito per il peso di quella situazione, e al sentire le parole del medico, si erse in tutti i suoi quasi due metri di altezza ed esordì: “Può farci un bel falò della politica dell'ospedale! Questi sono i genitori di Jensen, la sua famiglia! Più di quello che sono io”. Lasciò passare poi alcuni istanti, per cercare di calmarsi e far comprendere al medico che poteva sembrare docile quanto un agnellino ma che era meglio non farlo arrabbiare. Poi continuò: “Capisco la vostra prassi ma io non vedo alcuna ragione per tenere all'oscuro queste persone e quindi possono benissimo venire con me a sentire quali sono le vere condizioni di salute del loro figlio!”

Il dottor Mitchell esitò un momento, prima di annuire. “E va bene. I genitori si possono unire a noi”

“Perfetto”, esclamò Jared. Poi lanciò un'occhiata a Donna ed Alan e quest'ultimo scoccò uno sguardo di ringraziamento a Jared.

“Ok. Allora io starò qui ad aspettare MacKenzie!”, sentenziò Josh, rimettendosi seduto a chiedersi dove fosse finita la sorella e perchè dovesse essere così intricata quella situazione, mentre i suoi genitori si allontanavano lungo il corridoio, per andare incontro alla verità.

Il 'Power of Attorney' è un documento legale scritto, in vigore negli Stati Uniti, che rappresenta la volontà di una persona, impossibilitata a metterla in pratica in caso di incidenti o malattie terminali o demenza, in ambito legale, economico e medico. Questa persona autorizza un'altra a prendere decisioni in vece sua ed è l'unica che può essere interpellata da medici, giudici e avvocati.

Se la persona indicata non è un genitore o un legittimo consorte, questi non possono far nulla! Questa legge è stata introdotta per evitare l'accanimento terapeutico in malati terminali o dare la possibilità alle coppie omosessuali di prendere decisioni, qualora nel loro stato non sia stato ancora approvato il matrimonio tra persone dello stesso sesso!

 

-il UTSMC è l'ospedale più efficiente a Dallas per quanto riguarda le patologie neurochirugiche e si trova a sud-ovest della città

 

- il DFW è l'aeroporto di Dallas-Fort Worth a nord-ovest dal centro della città.

  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Cast Supernatural / Vai alla pagina dell'autore: allegretto