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Autore: Northern Isa    22/02/2013    5 recensioni
Thor e Loki: fratelli più diversi non potrebbero esistere. Thor è tutto ciò che Loki non è, eppure vorrebbe essere: forte, irruente, prestante, degno figlio di suo padre. Da tempo Loki ha imparato che, per emergere agli occhi di tutti, deve smettere di cercare di assomigliare a Thor. Cosa meglio della magia può controbilanciare la sua mancanza di prestanza fisica? E quale posto più adatto di Durmstrang può insegnargli tutto quello che deve sapere per primeggiare una volta per tutte su Thor? Specialmente se l'Istituto per gli studi magici nasconde un terribile segreto che solo Loki riuscirà a carpire.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Frigga, Loki, Odino, Thor
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4:

«Principe Loki, è ora».
Il minore dei figli di Odino sollevò la testa e riconobbe Fulla, una delle ancelle di sua madre, nella donna che, comparsa sulla soglia della sua stanza, aveva appena parlato. Senza attendere una risposta, questa abbassò il capo con aria compassata e svanì nuovamente nel corridoio.
Loki espirò: il momento tanto atteso era giunto. Prima di raggiungere i genitori, il principe si dedicò a contemplare ancora una volta la sua stanza. Il suo sguardo percorse la superficie lucida di un grande tavolo intagliato, sul quale erano spiegate odorose pergamene recanti la grafia del suo precettore, il marmo pregiato del pavimento, gli scranni e il divanetto imbottito. Alzatosi in piedi, Loki continuò la sua esplorazione visiva, attraversando la cornice dorata di un’altra porta e recandosi nella sua stanza da letto. Lì osservò le colonne tortili del baldacchino del letto, le cortine blu che tanto avevano solleticato la sua fantasia, gli arazzi raffiguranti scene di caccia appesi alle parenti. L’apertura a sesto acuto di una finestra si allungava quasi fino al soffitto per aprirsi sul glorioso regno di Asgard, baciato dal sole del mattino.
Loki strinse le labbra, domandandosi quando avrebbe potuto godere nuovamente di quella vista. Padre aveva detto che sarebbe rimasto su Midgard per tutta la durata del periodo d’istruzione a Durmstrang, valeva a dire per tre anni. Loki non era mai stato tanto a lungo via dal palazzo reale. D’altra parte però non l’aveva mai trovato insopportabilmente soffocante come allora, e quella su Midgard era diventata una prospettiva di fuga sempre più allettante.
Il principe lanciò un’ultima occhiata fuori dalla finestra, dopodiché afferrò il mantello verde bottiglia che, una volta spazzolato e ripiegato, una serva gli aveva depositato sul letto, e lo indossò, fermandolo sotto la gola con due alamari argentati. Così abbigliato, Loki uscì dalle sue stanze e raggiunse quelle della madre.
Lì regnavano sempre il dolce odore degli unguenti usati da Frigga, misto a quello pungente dei mazzi di caglio zolfino infilati accuratamente in alcuni vasi. Loki aveva visitato quelle stanze sempre con piacere dal momento che in esse erano racchiusi alcuni dei ricordi della sua infanzia a cui era più legato.
«Figlio mio, eccoti qui» lo accolse Frigga, allargando le braccia e andandogli incontro.
«Sono pronto ad andare, madre» disse il giovane, abbassando un poco la testa.
Frigga rimase in piedi a pochi passi da lui, l’unico cambiamento nella sua figura fu l’aver premuto le mani contro il petto, apparentemente incapace di decidere cosa fare. Quando Loki fece per avviarsi verso la Sala del Trono, dove sapeva che suo padre lo stava aspettando, la dea lo trattenne delicatamente per un braccio e lo strinse a sé. Nell’attimo in cui i suoi capelli morbidi e profumati gli sfiorarono le guance, il principe sentì venire parzialmente meno la sua determinazione a lasciare gli Asi e Asgard.
«Andiamo, mio caro» gli disse Frigga. «Tuo padre ci aspetta».
Madre e figlio si avviarono così lungo il corridoio, camminando silenziosamente, finché non raggiunsero la Sala del Trono. Odino non occupava il seggio di Hliðskjálf, ma camminava senza meta ai suoi piedi. Accortosi dell’ingresso di Frigga e Loki, andò loro incontro. Fece un cenno in direzione della moglie, dopodiché la dea posò la mano sulla spalla del figlio, per poi voltargli le spalle e uscire dalla sala.
Quando Loki tornò a concentrarsi su suo padre, ebbe la sensazione che l’iride luminosa e implacabile del dio lo stesse esaminando fin nei suoi più reconditi pensieri.
«Bene, è giunto il momento che tu vada» sentenziò Odino. Sbatté la palpebra e Loki si riscoprì a sospirare di sollievo. «Sarà Lord Reidar, che tanto ha preso a cuore la tua istruzione, ad accompagnarti a Durmstrang».
Loki annuì: non avrebbe potuto desiderare compagno di viaggio migliore.
«Devo farti una raccomandazione» proseguì Odino, guardandolo con intensità. «Qualunque cosa accada su Midgard, nessuno deve conoscere le tue origini. Dovrai far credere di essere un midgardiano come tutti gli altri, mi sono spiegato?»
Il principe assentì ancora una volta, anche se un po’ indispettito. Nel fantasticare su ciò che l’avrebbe atteso a Durmstrang, aveva spesso immaginato l’adorazione che i suoi compagni avrebbero avuto per lui nel sapere che faceva parte di quel pantheon di divinità che adoravano e a beneficio delle quali facevano sacrifici. D’altra parte però, Loki si era aspettato che il padre lo precettasse in quel modo, perciò non si oppose.
«Sì, padre, obbedirò» rispose così il principe.
Odino lo scrutò attentamente ancora una volta, dopodiché parve convincersi della sua buona fede.
«Quand’è così, puoi andare. Cerca di fare tesoro di questa esperienza».
Loki e Odino si salutarono, poi Padre Tutto domandò se avesse avuto modo di accomiatarsi dalla madre e Loki rispose positivamente.
«Hai salutato anche tuo fratello Thor?»
Loki strinse le labbra e tentò in tutti i modi di dominarsi per evitare di far affiorare sul suo volto il senso di vergogna, rabbia, invidia e odio che lo assaliva ogni volta che pensava all’episodio con Mijolnir nella Sala dei Tesori.
«Sì, padre» mentì infine.
L’alto e imponente Heimdall stava ritto sul Ponte del Bifrost, le mani giunte intorno all’impugnatura della sua spada, il lungo mantello che, scosso dalla brezza del mattino, si arricciava intorno alle sue gambe, lo sguardo concentrato su qualcosa di talmente lontano che Loki non riusciva neanche a immaginare cosa fosse.
«Buon viaggio, principe Loki» disse il dio quando il giovane e Lord Reidar gli furono accanto. Detto ciò, sollevò la spada e, quando la riabbassò, da essa si sprigionarono lampi di luce accecanti. Loki si schermò gli occhi con una mano e intravide l’enorme cupola dorata che li racchiudeva muoversi sempre più vorticosamente. Contemporaneamente, anche il ritmo delle pulsazioni del principe si intensificava.
«Veglierò su di voi durante il vostro soggiorno su Midgard» disse ancora il Guardiano.
Nonostante la voce fosse risuonata profonda e piatta come al solito, Loki lesse nelle sue parole una volontà di confortarlo in qualche modo.
Ora la cupola dorata ruotava così in fretta che il principe non riusciva a distinguere nulla di ciò che aveva davanti a sé. Quando anche il rumore giunse all’apice, Loki avvertì una pressione enorme sul suo corpo e capì che il suo viaggio era finalmente iniziato.
Una volta atterrato, Loki ebbe qualche difficoltà a mettere a fuoco ciò che aveva davanti, e soprattutto a rendersi conto che si trattava di un mondo lontano e diverso da quello che era abituato a conoscere. Accanto a lui, Lord Reidar scosse il mantello e si strinse nel collo di pelliccia. Loki lo imitò, nel tentativo di contrastare il vento tagliente che stava spazzando il promontorio su cui si trovavano. Inspirò profondamente e l’odore di pino delle foreste resinose e di acqua salmastra gli si insinuò piacevolmente nelle narici. Davanti a lui si stagliava un prato sconfinato di erba quasi totalmente bruciata dal freddo, alle sue spalle si trovava il muro di conifere che sprigionava quell’odore intenso.
«Benvenuto su Midgard» esclamò allegramente Lord Reidar, dopodiché si mise in cammino. «L’Istituto non è così vicino, ci toccherà camminare un po’».
Loki lo imitò, tutto sommato non gli dispiaceva percorrere quello scenario dall’aspetto freddo e inospitale, nel quale tuttavia lui si trovava piuttosto a suo agio. Odiò ammetterlo – e fortunatamente non dovette farlo ad alta voce –, ma Midgard non era così orribile come aveva sempre pensato.
«Dimmi qualcosa in più su questo Istituto» lo esortò Loki.
Lord Reidar sorrise, come se al mondo niente lo divertisse di più di una bella scarpinata, poi iniziò a parlare.
«È stato fondato, non troppo tempo fa, dai Valorosi. I loro nomi sono Kuurth, Nul, Skim, Nerkodd, Mokk, Angrir e Greithoth. Si tratta di guerrieri benedetti da una magia molto potente. Simile alla vostra, in effetti».
Il nobile lanciò al principe un’occhiata sbilenca per controllare l’effetto che le sue parole avevano avuto su di lui, e non si meravigliò di vedere il volto di Loki illuminarsi improvvisamente.
«Sono divinità?» domandò il giovane, la cui curiosità era stata ormai stuzzicata.
«Non esattamente» rispose Lord Reidar, ridendo sommessamente. «Ma hanno avuto dei contatti con gli Asi, questo sì».
Loki sgranò ancora di più gli occhi, il nobile continuò:
«I Valorosi erano consapevoli della grandiosità dei loro poteri, così decisero di costruire un Istituto per trasmetterli ai midgardiani che avrebbero potuto accoglierli e apprenderli. Vedete, principe, non tutti su Midgard sono banali come si può pensare. Alcune persone sono speciali, nascono con un potere che scorre loro nelle vene e che si manifesta sin dalla più tenera età. È un potere a volte grande, a volte piccolo, ma che, se incontrollato, è inutile, se non addirittura pericoloso. I midgadiani hanno già di per sé la tendenza ad ammazzarsi tra di loro per liti futili, immaginate cosa sarebbero in grado di fare con la magia». Lord Reidar rise ancora, Loki non si unì a lui solo perché era troppo concentrato su ciò che gli stava raccontando. «Come vi dicevo, la magia che scorre in qualche Midgardiano gli dà un potere che lo eleva sugli altri, anche se non lo rende neanche lontanamente simile a un dio».
Loki strinse le labbra, fremente. Immaginava cosa avrebbe potuto fare lui che aveva i poteri magici ed era una divinità.
«Hai detto che gli studi durano tre anni… Cosa insegnano a Durmstrang?»
«Gli insegnanti e i precettori guidano gli allievi attraverso i segreti della magia, aiutandoli a comprenderli e a padroneggiare i loro poteri. Ognuno è esperto di una particolare branca della magia o disciplina, ma per i dettagli sull’organizzazione di Durmstrang, apprenderete tutto una volta che saremo arrivati lì».
«Saranno i Valorosi a farmi lezione?» domandò ancora Loki, che non riusciva a tenere a freno la lingua tanta era la voglia di scoprire il più possibile prima di giungere a destinazione. L’idea che fossero quei guerrieri straordinari a insegnargli tutto lo elettrizzava.
«No, principe. I Valorosi hanno lasciato la scuola dopo averla fondata e predisposto tutto ciò che era necessario. Vedete, la magia è in perenne evoluzione e non si smette mai di imparare; questo vale anche per maghi dagli straordinari poteri come i fondatori di Durmstrang. Probabilmente hanno deciso di esplorare nuovi mondi e accrescere ancora di più la loro conoscenza».
A Loki quella spiegazione sembrò ragionevole, anche se non riusciva a non provare una punta di delusione all’idea che sarebbero stati altri, sicuramente meno importanti dei Valorosi, a insegnargli ciò che avrebbe dovuto apprendere. Lord Reidar dovette aver interpretato correttamente la sua espressione, perché gli assicurò che i precettori di Durmstrang erano maghi e streghe estremamente dotati, scelti dai fondatori in persona. Animato un poco da quella notizia, Loki macinò alacremente il resto del percorso che li attendeva.
Oltre un varco tra due montagne così alte che le loro cime bianche e grigie per il ghiaccio perenne sembravano sfidare il cielo, Lord Reidar condusse il principe verso una distesa d’erba più verde di quella che aveva visto fino a quel momento. Sulla loro destra riluceva sotto i raggi del pallido sole la superficie quasi nera di un lago, sulla sinistra si trovava una foresta intricata e impenetrabile. Davanti a loro sorgeva un castello di pietra bigia che, a giudicare dalle fila delle finestre, doveva avere quattro piani. Avanzando verso di esso, Loki poté osservarne meglio i dettagli. A ogni angolo all’altezza delle finestre si trovava una scultura in pietra raffigurante un drago dalle fauci spalancate, le aperture erano circondate da una cornice di pietre più levigate e l’enorme portone di legno era frammentato dalla presenza di fila di borchie in ferro battuto. Queste erano le uniche decorazioni del castello di Durmstrang.
«Bene, giovane principe» disse Lord Reidar, fermandosi improvvisamente. «Eccoci arrivati. Il portone si aprirà al vostro passaggio senza che dobbiate chiamare nessuno, troverete ad accogliervi qualche insegnante e probabilmente diversi dei vostri compagni di studi. Godetevi questa esperienza e dichiarate il vostro nome quando tornerete ad Asgard: sono sicuro che tre anni di studio qui vi trasformeranno tanto da rendervi irriconoscibile».
Le pupille di Lord Reidar baluginarono per un attimo e Loki dedusse che si stava riferendo alle nuove abilità che avrebbe appreso nell’Istituto. Si accomiatò dal nobile, dopodiché avanzò con decisione verso il portone del castello. Come anticipato da Lord Reidar, questo si aprì al suo passaggio senza un cigolio.
La Sala Principale di Durmstrang era un ambiente molto vasto, dal pavimento costituito da larghe lastre di pietra e dotato di tre gradini in fondo che conducevano a una zona rialzata sulla quale era stato posto un lungo tavolo di legno, circondato da scranni. Il resto dell’ambiente era totalmente spoglio e piuttosto desolato, specialmente se confrontato alle sale splendenti del palazzo asgardiano.
Loki aveva appena varcato il portone del castello, quando un uomo e due donne di mezz’età gli andarono incontro. Tutti e tre indossavano lunghe vesti ricamate, quelle delle donne erano anche bordate di pelliccia.
«Ecco il nostro ultimo allievo»lo accolse il mago, con un ampio gesto delle braccia. Aveva il volto parzialmente coperto da una lunga barba fulva, striata in alcuni punti di grigio, dietro alla quale rilucevano due piccoli occhi azzurri. «Eravamo stati avvisati del tuo ritardo a causa del lungo viaggio. Bene, quel che conta è che adesso tu sia qui. Come ti chiami, giovanotto?»
Loki impiegò qualche istante per riprendersi dall’inusuale esperienza di essere apostrofato in modo tanto informale. Superato quell’attimo di fastidiosa sorpresa, il suo cervello iniziò immediatamente a lavorare sulla risposta da fornire. Aveva promesso a padre che non avrebbe rivelato la sua vera identità, ma non avevano concordato il nome che avrebbe dovuto fornire.
Una delle donne che accompagnava il mago, dai folti capelli biondi pettinati in due trecce arrotolate sulle tempie, si chinò per suggerire all’uomo la risposta.
«Oh, certo! Leif Gòdanson, vieni pure avanti».
Man mano che il mago parlava, il lungo tavolo all’estremità della Sala Principale si era riempito di maghi e streghe pieni di sussiego e ben vestiti.
L’uomo che per primo aveva accolto Loki, lo spinse delicatamente verso il tavolo. Il principe avrebbe ritenuto quel trattamento a dir poco sacrilego, se non fosse stato così impegnato a cercare di mandare a memoria il nome che avrebbe dovuto usare da quel momento in poi.
«Vieni con me, Leif»disse il mago dalla barba fulva. «Io sono Dag Dyrkason e sarò il tuo insegnante di Religione. Questi qui»continuò, indicando i suoi colleghi seduti al tavolo, «ti guideranno nello studio delle Rune, della Storia della Magia, degli Incantesimi, della Trasfigurazione, dell’Erbologia, delle Pozioni, dell’Astronomia, dell’Aritmanzia, della Divinazione, della Cura delle Creature Magiche e delle Arti Oscure».
Uno dopo l’altro, i maghi e le streghe rivolsero a Loki un educato cenno della testa. Al termine delle presentazioni, i piatti argentati davanti a loro si riempirono all’istante di ogni tipo di leccornia: c’erano arrosti, pesce, patate e dolci preparati nel modo più prelibato. Alla vista di tutto quel cibo, lo stomaco di Loki brontolò sonoramente.
«Vedo che sei affamano, Leif! Gli altri tuoi compagni saranno già a tavola, raggiungili». Loki ruotò il capo, chiedendosi dove fossero i ragazzi. I soli presenti nella Sala Principale erano gli insegnanti. «Oh, sono in cucina»rise Dyrkason, tenendosi la pancia. «Va’ da loro, su».
Loki ascoltò le indicazioni per raggiungere la meta designata, dopodiché uscì dalla Sala Principale fremendo di indignazione. Lui, un dio figlio di Odino, avrebbe dovuto mangiare in cucina? Che razza di abitudine folle era mai quella? Intanto aveva promesso a suo padre di non rivelare nulla di inopportuno, così si morse la lingua e continuò a camminare. Attraversò lunghi corridoi di pietra, freddi come la Sala Principale, e gallerie sormontate da volte a crociera, quando giunse a una porta di legno dalla quale proveniva un animato chiacchiericcio. Loki fece in suo ingresso in uno stanzone dall’aspetto decisamente meno austero e compassato degli altri ambienti che aveva visitato fino a quel momento, con un grande tavolo di legno alle spalle del quale scoppiettava un fuoco vivace che lambiva la superficie di un paiolo sospeso su di esso. Al tavolo erano seduti una trentina di studenti, tutti pressoché della stessa età. Un lato in particolare ospitava tutte le ragazze, di fronte alle quali sedevano i ragazzi. Tutti erano impegnati ad addentare cosciotti di qualcosa di arrostito che galleggiava su una brodaglia nel piatto davanti a loro.
Loki osservò la scena per qualche istante, sollevando appena il labbro superiore, quando i ragazzi si accorsero di lui e gli fecero cenno di sedersi.
«Allora? Sei sordo?»domandò un giovane particolarmente corpulento, seduto all’estremità di una panca, dopo che a Loki fu rinnovato l’invito una seconda volta.
Il principe si riscosse e si sedette accanto al ragazzo corpulento.
«Come ti chiami?»gli domandò quello.
«Lo… ehm, Leif Gòdanson»rispose l’altro, incespicando nelle parole.
«Io mi chiamo Fabian Fett»declamò il ragazzo robusto, porgendogli la mano. Loki avanzò la sua con qualche remora e Fabian gliela strinse. O meglio la tirò a sé, cingendola con particolare forza. «Diamo il benvenuto a Leif Gòdanson»declamò questi, per poi tornare a concentrarsi sul suo piatto.
Gli studenti salutarono brevemente, ma era evidente che il cibo fosse il loro interesse primario. Loki si approcciò alla brodaglia che gli era stata servita tentando di non ispirare: l’odore che emanava era nauseabondo. Ma cosa mangiavano in quella landa sperduta? E soprattutto, cosa bevevano? Loki non avrebbe mai immaginato che la cosa di cui avrebbe per prima sentito nostalgia sarebbe stato il cibo di Asgard. Sbocconcellò in silenzio qualcosa, per rendersi conto, dopo un po’, che c’era un’altra cosa in quella cucina che non gradiva: tutti lo ignoravano.
Stupidi piccoli Midgardiani, pensò il principe, soffiando tra i denti.
Una ragazza bionda e dall’aspetto piuttosto gradevole gli chiese di passargli le patate, subito dopo ricominciò a parlare con Fabian.
«Allora dicono che sia vero? C’è un dio tra gli allievi di Durmstrang, non è così?»
Loki per poco non si strozzò con la brodaglia che aveva appena ingollato e iniziò a tossire convulsamente finché non gli vennero le lacrime agli occhi. Dannazione, come potevano aver già saputo? Non era arrivato che da mezz’ora!
«È così»rispose Fabian tra un boccone e l’altro. «Ma non si sa chi sia, pare che la sua identità sia un segreto».
Il suono del sollievo che usciva dai polmoni di Loki in forma di sospiro venne coperto da una fragorosa risata. Il principe pensò immediatamente a suo fratello, ma Thor non poteva essere lì. Chi stava ridendo era un ragazzo vestito in modo curato e dai lunghi capelli lisci e castani.
«Mi avete scoperto»disse questi, continuando a sorridere e sollevando le mani in segno di resa, facendo così cadere il tovagliolo con un gesto calcolato. «Sono io, Bergimus».






NdA: Qualche noticina prima di ringraziarvi tutte. Fulla era, nella mitologia norrena, un'ancella di Frigga, il caglio zolfino era chiamato dagli Scandinavi erba di Frigg. I Valorosi, come qualcuno ha già capito, sono tratti dal Comic!verse, similmente alla donzella bionda che siede davanti a Loki? Chi è costei? Lo scoprirete nel prossimo capitolo u.u
La descrizione di Durmstrang è mutuata pari pari dalla mia long Studenti di Durmstrang, gli insegnanti sono bellamente inventati. Ognuno di loro ha un nome che richiama la materia che insegnano, per ora abbiamo incontrato Dag Dyrkason (dyrka in svedese vuol dire culto, questo almeno secondo il Google traduttore). Dag non vuol dire niente in particolare, ma mi piaceva l'idea delle iniziali uguali :)
Parlando del nuovo nome attribuito a Loki, Gòdan è il nome longobardo di Odino, perciò non ci discostiamo troppo dalla realtà dei fatti, e Leif mi sembra molto simile a Laufey, perciò anche qui non andiamo troppo lontano dal reale. Anche se, posta così, la cosa può sembrare un po' crudele, eh già.
Fett in svedese significa grasso, e Fabian lo scelto per l'iniziale. Bergimus è il dio celtico nelle montagne, per altro il suo culto era locale. Ci sarebbe qualcosa in più da dire su questo studente, ma spiegerò ulteriori dettagli nel prossimo capitolo. Per ora, volevo solo mettere in evidenza quant'è sfigatello Loki XD
Grazie a tutte voi che leggete e recensite questa storia ^^
   
 
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