Fanfic su artisti musicali > Blink-182
Segui la storia  |       
Autore: Layla    22/02/2013    3 recensioni
"Apro la porta e vorrei non averlo mai fatto, visto che ho una visione in primo piano del culo del suo ragazzo prima di scollegare del tutto il cervello e mettermi a urlare come una pazza.
"MA VOI SIETE DELLE BESTIE! STATE SCOPANDO SUL MIO LETTO! IO VI UCCIDO!!”
Sto per mettere in atto le mie minacce quando due braccia mi afferrano e, da come si capovolge il mondo, temo che mi carichino sulla schiena del loro proprietario.
Lancio un ultimo sguardo di fuoco a quella bastarda con cui condivido il dna – che ricambia con uno sguardo smarrito – e al tizio che se la stava scopando.

Finisco per identificarlo come Tom DeLonge, uno del nostro anno, a causa dei capelli platinati, del tatuaggio e degli svariati piercing.
[....]“Ah, Ruby Ruby! Dopo tuuuuuuutto il tuo tuonare contro i punk ti interessa uno di loro!”
“Erin vaffanculo!”
E dopo questo brillante scambio di opinioni lascio la stanza di mia sorella, per oggi l’ho sopportata abbastanza e mi ha dato fin troppe cose su cui pensare.
E no, a me non piace Mark.
Ma proprio no!"
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Mark Hoppus, Nuovo personaggio, Scott Raynor, Tom DeLonge
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

36) I lunghi mesi senza di te.

 

L’ultimo giorno dell’anno è sempre un’occasione di riflessione.
Ho sentito dire che in Italia buttano addirittura la roba dalla finestra – quella vecchia e inutile, ovvio, non il televisore nuovo – ma è meglio che io non li imiti.  Farlo significherebbe buttare me stessa – o meglio la parte musona e  chiusa – dalla scogliera più alta di Tijuana  e non è il caso.
Mia sorella, Tom, Mark, nonna, mamma e compagnia cantante ci rimarrebbero troppo male, così me ne sto buona buona a guardare i fuochi d’artificio nel cortile posteriore.
Accanto a me c’è la famiglia riunita: nonna, nonno, mamma, DeLonge, Erin, zio Ramon con la compagna e i figli.
Manca solo una persona, eppure cerco di non pensarci per non guastare il buonumore collettivo.
Esatto, buonumore collettivo.
Tom ha deciso di rendere partecipe Erin del suo malessere e sembra stare un po’meglio, in questo momento la sta baciando.
Io sono felice per loro, ma non riesco a guardarli. Ho provato a farlo e ho resistito solo cinque secondi prima che il cuore iniziasse a farmi male come se dovesse uscirmi dal corpo.
Urlava solo un nome: Mark.
Ecco, l’ho pensato e mi ero detta di non farlo: non perché non lo ami, ma perché non voglio far preoccupare gli altri.
Mi manca come non mai, tutto quello che desidero è vederlo qui accanto a me a ridere, scherzare, fare il coglione e familiarizzare con zio Ramon. Sono sicura che lui e mio zio andrebbero molto d’accordo, visto che con Tom è stato amore a prima vista.
Sospiro sconsolata e abbasso gli occhi, chiedendomi perché diavolo mi trattenga.
Li rialzo dopo nemmeno cinque secondo e incontro lo sguardo profondo di mia nonna: sembra scrutarmi e leggermi nella mente. Mi chiedo cosa ci veda, se un’adolescente incasinata e piagnona o una nipote di cui andare fiera.
Il suo sorriso e il suo breve assenso mi sollevano e danno un senso ai miei sforzi.
Benvenuto anno nuovo e benvenuta nuova Ruby.
Il suono del telefono di casa mi distrae dai miei pensieri: sono l’unica ad averlo sentito, forse perché sono l’unica che spera che suoni.
In silenzio rientro a casa e rispondo. È Mark e si sentono dei fuochi in sottofondo.
“Ehi.”
“Ehi.”
“Mi manchi.”
“Anche tu.”
Sospiro.
“Come va lì?”
Lo sento sospirare.
“Una merda. Mia zia è una tiranna, ci fa lavorare tutto il giorno e continua a rimproverare mamma per avere sposato papà anche in nostra presenza. Come se noi non ci fossimo.
La casa è piccola, la gente del quartiere non è simpatica e fa freddo.
E mi manchi da morire. Mi mancate tutti da morire, persino tua madre!”
Io sono a un passo dallo scoppiare a piangere.
“Anche tu mi manchi. San Diego, Tijuana, ovunque fa schifo senza di te. Vorrei essere lì per consolarti e prendere a calci tua zia.”
Ridacchia.
“Grassa com’è ti sprofonderebbe il piede in una chiappa.”
“E che schifo! Il piede incastrato nelle sabbie mobili no!”
Ridiamo come scemi.
Continuiamo a parlare del più e del meno, a dirci quanto ci manchiamo e che ci amiamo per un po’ di tempo, fino a che una voce stridula urla a Mark di mettere giù, che la telefonata verso quella merda di paese che è il Messico non la paga lui.
Ha insultato il mio ragazzo, interrotto la nostra conversazione e insultato il mio paese: sono già tre buoni motivi per fare fuori quella grassona di sua zia la prima volta che andrò a Frisco a trovarlo.
“Scusa, piccola. Devo andare.”
“Vorrei ben vedere!”
Urla l’arpia in sottofondo.
“Io la ammazzo!” ringhio stringendo la cornetta.
“Ciao, piccolo. Buon anno, verrò da te appena posso.
“Ciao e buon anno anche te. Verrò anche io appena posso, mi manchi.”
La linea cade bruscamente e rimane a farmi compagnia solo il “tu-tu” triste della comunicazione interrotta. Se ha torto un solo capello a Mark, ficcherò un manico di scopa su per il sedere della zia di Hoppus e non mi fermerò fino a che non le uscirà dalla bocca!
Nessuno lo può trattare così!
 “Ah, grandissima vacca yankee! Scommetto che la vorresti una serva messicana per pulire la tua merda di casa!”
Esclamo ad alta voce, sbattendo il telefono sulla forcella.
“Beh?”
Erin mi guarda interrogativa, io sospiro.
“Ho appena parlato con Mark al telefono e ho avuto il dispiacere di sentire la voce di sua zia in sottofondo.
È una tiranna razzista che odia i messicani. Giuro che la prenderò a calci in culo la prima volta che andrò a San Francisco!”
Lei fa una smorfia.
“É stato carino a chiamarti, a parte la zia da omicidio immediato come sta?”
“Non gli piace San Francisco e dice che la madre non trova lavoro. Lo sento giù e vorrei solo abbracciarlo e consolarlo, ma non posso.
Che palle!”
Lei mi abbraccia.
“Tranquilla, non sono una strega come te, ma sono certa che lui tornerà più presto di quello che credi.”
“Lo dici solo per consolarmi.”
La clone scuote la testa.
“Lo dico perché lo sento. Ho questa certezza così come sono certa che tu sia la mia gemella e che tu probabilmente mi abbia riempito di calci dentro la pancia di nostra madre.”
Io rimango senza parole, vorrei davvero crederle, ma ho paura.
Paura di illudermi.
Paura di non rivederlo.
Paura e basta.
“Andrà bene, fidati.”
Annuisco, senza sapere bene cosa pensare.
Buon anno nuovo.

 

Gennaio scorre noioso come un grande fiume in un giorno qualunque dell’anno.
Mia madre non mi lascia salire a San Francisco accampando varie scuse, quella di Mark fa lo stesso. Sentirci al telefono non è la stessa cosa e ormai ODIO la zia che puntualmente ci disturba e ci costringe a chiudere.
La prenderei a sprangate sui denti, la farei stuprare da un maniaco, l’ammazzerei e piscerei sul suo cadavere fatto a pezzi giusto per dare una vaga idea di quanto mi stia simpatica.
Maledetta donnaccia!
Erin cerca di starmi accanto, ma non è facile. Alterno giorni in cui inveisco come uno scaricatore di porto contro Dio, il destino, la madre, la zia e il divorzio e altri in cui sono apatica.
Tom è nelle mie stesse condizioni.
A volte mi chiedo se anche lui non sia fidanzato con Mark e concludo che se lo fosse li ucciderei tutti e due per aver fatto soffrire me e mia sorella.
Chiaramente deliro.
Febbraio è un trionfo di inutili maschere di carnevale, la popolazione scolastica si diverte a essere quello che non è prima della Quaresima e la cosa divertente è che la maggior parte di loro denigra i cristiani.
Mia sorella trascina me e Thomas a una festa di Martedì Grasso al Soma, tenta di convincermi a travestirmi, ma dopo tre vaffannculo consecutivi rinuncia.
Rinuncia anche a divertirsi al Soma, sia io che il suo ragazzo siamo allegri come due becchini nel paese della vita eterna.
La cosa la lascia perplessa, anche lei inizia a chiedersi se Tom non abbia tenuto il piede in due scarpe con lei e con Mark. La sorprendo un paio di volte a mormorare – quando crede che nessuno la veda – che se DeLonge l’avesse tradita con Hoppus li ammazzerebbe anche a rischio di beccarsi l’iniezione fatale come regalo.
È mia sorella, deliriamo allo stesso modo.
Non sono riuscita a salire a San Francisco, Mark non è riuscito a scendere a Poway.
MERDA.
Marzo arriva in compagnia di un vento allucinante e della prima ondata di caldo dell’anno. Il primo weekend del mese mia sorella riesce a convincere Tom ad andare a San Diego a fare surf.
Non credo si siano divertiti, lei al ritorno aveva una faccia scura di proporzioni epiche.
Questo accadeva ieri, oggi sono seduta a un tavolo della mensa in attesa che arrivino, sono curiosa di sapere cosa racconteranno della loro surfata andata male.
Eccoli che arrivano. Erin si siede da una parte, Tom dall’altra.
“Ehi, ragazzi. Che è successo?”
“Niente, mi chiedo solo se Tom non sia fidanzato con Mark senza dirmi nulla.”
Lui sbuffa.
“Non dire cavolate, Erin. Ti avevo detto che non avevo voglia di surfare, sei tu che hai insistito.”
“Sì, va beh.”
Lei si alza e se ne va, io guardo Tom.
“Senti, mi manca, ma non è il mio ragazzo. Sono etero e amo tua sorella, ma ieri mi ha trascinato controvoglia a San Diego, non avevo voglia di surfare!
Hai una vaga idea del perché quel coglione non scenda a Poway?”
Io scuoto la testa.
“No, nemmeno una. Sono stanca di sentirlo solo al telefono, mi manca come non mai.”
“E tu perché non sali?”
“Mia madre non vuole. Il colmo è che prima lo malediceva perché c’era, ora lo maledice perché non c’è, ma non mi lascia salire.”
“Donne, chi le capisce.”
Mormora scuotendo la testa.
“In ogni caso dobbiamo fare qualcosa.”
“E che vuoi fare? Rapirlo?”
Lo sguardo inquietante che mi rivolge mi fa pentire di avergli rivolto questa domanda.
Cosa diavolo avrà in mente?
Quale idea malsana starà germogliando nel suo cervello?
Temo lo scoprirò presto, molto presto.

 

La mattina dopo mi alzo in stile zombie – come al solito – mi vesto senza particolare cura, indossando un paio di jeans neri, un maglione nero largo e delle allstar…nere!
Faccio colazione ed esco di casa  presto,  a piedi, almeno mi calmerò mi dico.
Finisco di percorrere la via dove abito quando mi accorgo di un furgone che mi segue e poi rallenta. Sarà una maniaco?
In tal caso troverà pane per i suoi denti! Il furgone mi si affianca, con la coda dell’occhio vedo abbassarsi lentamente il finestrino così comincio a preparare la risposta più acida e offensiva che gli possa dare.
Sto per aprire bocca, fortunatamente noto che la faccia che spunta dal finestrino completamente abbassato non è quella di uno sconosciuto, ma quella di Tom DeLonge.
“Tom, che ci fai in giro con un furgone?
Mi hai fatto prendere un infarto! Pensavo fossi un maniaco!”
Lui ride.
“A bordo, Ferreira. Ti spiego strada facendo.”
Io annuisco, è pazzo, ma di lui ci si può fidare.
Salto a bordo, sedendomi sul sedile passeggeri, accanto a lui che è intento a battere il tempo di una canzone tamburellando con le dita.
“Allora?”
“È  il furgone dei miei vicini, l’ho preso con il loro permesso. Non corriamo nessun rischio, non ti preoccupare.”
“Ok, almeno una cosa la so. Ora spiegami il resto del piano.”
Lui annuisce, rilassato.
“Visto che non ci ridanno Mark, ce lo andiamo a riprendere.”
“Sei matto?
Cosa dirà sua madre e quell’arpia della zia?”
“Non me ne può fregare di meno!”
Io inizio a elencare una serie di buone ragione per cui il piano mi sembra folle e per cui finirà per ficcarci in un elenco infinito di casini, ma vengo zittita nel modo più assurdo possibile: Tom mi bacia.
Immediatamente reagisco mollandogli una sberla – anche se devo ammettere che bacia bene – che lo fa scoppiare a ridere.
“Perdonami Ruby, ma non sapevo come zittirti.”
“Sì, ma così è troppo!”
“Lo so, scusa. Non dire niente a Mark o a tua sorella.”
“Questo è sottointeso, comunque per il resto hai ragione. È un buon piano dopotutto o, per meglio dire, è l’unico di cui disponiamo e a caval donato non si guarda in bocca.”
Lui annuisce.
“Tom…”
“Sì?”
“Trovati un altro modo per zittire le persone.”
Lui ride.
“Forse hai ragione, se una volta lo adottassi con Mark presente, poi dovrei adattarmi a una vita di castità. Non ne vale la pena.”
“Eh già. O Mark o Erin ti castrerebbero.”
Lui rabbrividisce.
“Che brutta fine, oh!”
Dopo tra di noi c’è solo il silenzio, io lascio che la sonnolenza abbia il sopravvento su di me e mi addormento: la strada è lunga.
Mi risveglio dopo un paio d’ore, sono circa le nove e mezza  e non siamo nemmeno a metà strada, Tom è ancora carico. Deve gasarlo da morire saltare scuola per fare qualcosa che farà incazzare un sacco di gente.
“Ben svegliata!”
“Grazie, come mai hai preso il furgone dei tuoi vicini e non la loro macchina?”
“Perché ho preso un po’ di cose e la macchina non bastava.”
Lo guardo incuriosita.
“Ho preso lo skate, la chitarra acustica, quella elettrica e gli amplificatori.”
“Woah! Una riunione di famiglia vera e propria.”
“Sono secoli che non lo vedo.”
“Già, anche io.”
Nel furgone cala il silenzio, ci sono solo i rumori del traffico e della radio a farci compagnia.
“Non devo davvero preoccuparmi di un’eventuale avventura tra te e Mark?”
“Ma tu e tua sorella vi fumate la stessa roba? Mi avete fatto la stessa domanda!”
Scoppio a ridere di gusto.
“Beh, siamo gemelle, no?”
“Giusto. No, puoi escludere tranquillamente che io e lui siamo fidanzati. È il mio migliore amico, mio fratello, non potrei mai farmelo …. E poi non ha le tette e non mi interessa subire rapporti anali.”
“Beh, eri così giù che…”
“Ti sei preoccupata?
Devi amarlo davvero tanto, sono contento per lui. Ecco perché mi stai simpatica, sei perfetta per lui e lui è perfetto per te.”
Io sospiro.
“Hai ragione, gli devo talmente tanta cose che ho perso il conto. Grazie a lui ho di nuovo un rapporto con Erin, ho un ragazzo e degli amici.  Ho smesso di essere la strega invisibile e temuta del liceo di Poway.”
“È un tizio capace di fare miracoli.”
“Già.”
Tra di noi torna di nuovo il silenzio, ma questa volta è calmo e rilassato, le questioni sono state tutte risolte.
“Dio, quanto è lontana San Francisco.”
Esclamo sottovoce, sperando che non mi senta.
“Lontanissima.”
Mi fa invece eco.
Già, molto molto molto – troppo – lontana.

 

A mezzogiorno ci fermiamo a mangiare qualcosa in un autogrill.
Dovrebbe essere una cosa veloce – un hamburger e via – invece Tom importuna la cameriera chiedendole se è vero che lì intorno si sono avuti degli avvistamenti di UFO.
Quando lei – sorpresa – gli ha chiesto perché lui ha candidamente replicato che aveva letto che c’erano stati parecchi su una fanzine che legge lui. Quando la poveretta ha detto di non saperne niente lui ci è rimasto così male che quasi finiva tutto in rissa. Siamo stati a un passo dall’essere buttati fuori a calci in culo e probabilmente non potremmo più mettere piede nel locale.
Pace.
Stando ai nostri calcoli dovremmo arrivare a san Francisco alle tre e mezza circa e poi dovremmo sbatterci a cercare la casa dove abita Mark  e non sarà semplice.
Tom chiede un attimo di pausa e si siede comodamente sul cofano della macchina, io mi offro di guidare al suo posto, ma lui non vuole.
Io mi siedo accanto a lui e mi accendo una sigaretta. Il traffico sull’autostrada è regolare, ma non ci sono code, il casino vero e proprio era a Los Angeles, ma io dormivo.
La città degli angeli la vedrò – forse – al ritorno, anche se non ne sono così sicura: probabilmente sarò troppo impegnata a godermi la vicinanza del mio ragazzo.
“Sei sicuro di non voler lasciarmi guidare, DeLonge?”
Lui annuisce.
“Come vuoi, ma sei ti sentirai stanco lo sai che posso sempre guidare io, vero?”
“Lo so, lo so.”
Rimaniamo così ancora un po’, poi risaliamo in macchina e riprendiamo il viaggio. La pausa sembra avere fatto bene a Tom perché ha lo sguardo un po’ meno scuro e la faccia meno tirata o forse è il fatto che siamo più vicini alla nostra meta.
Il resto del viaggio trascorre senza intoppi, non c’è eccessivo traffico e non ci fermiamo in altri autogrill. Quando finalmente intravvediamo la baia e il Golden Gate mi sento scoppiare il cuore di gioia, nonostante questa città me lo abbia tolto la baia è una vista meravigliosa.
“Wow!”
Esclamo sottovoce, per fortuna DeLonge non mi sente.
La strada scende lentamente a curve verso la città e solo allora realizzo che io non ho idea di dove abiti Mark e mi chiedo se lo sappia Tom, altrimenti siamo nella merda.
“Tom?”
“Sì?”
“Ma tu lo sai dove abita Mark, vero?”
Lui ridacchia.
“Certo, mi sono segnato dove abita sua zia. Cerca il biglietto nel cassettino che c’è nel cruscotto.”
Io eseguo e trovo tremila cose, ma non il biglietto.
Tom impreca e alla prima piazzola ci fermiamo e lo cerchiamo, il biglietto salta fuori solo dopo un quarto d’ora di imprecazioni cattivissime.
Con quello in mano e con una cartina cerchiamo di orientarci, ma traffico, scarsa conoscenza della città e tram assassini rendono la cosa difficile.
Alla fine arriviamo nella zona del porto e Tom scende dalla macchina, sconfitto. Un gruppo di punk si fa avanti incuriositi e ci osservano.
“Non avete paura a fermarvi qui?”
Ci urla un tizio sui vent’anni con i capelli neri a porcospino.
“No e adesso mi dirai che voi punk siete brutti sporchi e cattivi e potreste rubarci la macchina e pestarci.”
“E se lo dicessi?”
“Ti riveleresti scontato, ma puoi ancora salvarti.”
Lui scoppia a ridere, buttando la testa all’indietro.
“Forte la tua ragazza, amico.”
“Non è la mia ragazza e mi chiamo Tom.”
“Lars.”
Risponde lui.
“Quindi posso provarci con te, fiorellino.”
“Mi chiamo Ruby e sono fidanzata. Siamo venuti a trovare il mio ragazzo, ma ci siamo persi.”
Il tizio guarda il furgone e soprattutto sembra ascoltare attentamente la musica che proviene dalla radio che Tom ha lasciato accesa.
“Punk?”
“Punk.”
“Vi porto io al posto, datemi l’indirizzo.”
“Grazie Lars.”
Lui alza le spalle e salta a bordo. Grazie a lui riusciamo ad arrivare alla casa della strega e parcheggiamo il furgone in uno dei parcheggi che ci sono davanti.
Tom e Lars parlano di punk, io invece non sto più nella pelle.
Tra poco rivedrò Mark e questa basta a farmi sentire viva come non mi succedeva da mesi.
Ah! I miracoli di Hoppus!

Angolo di Layla.

Non riesco ancora a capacitarmi di come manchino solo due capitoli alla fine di questa storia, btw, spero che questo capitolo vi piaccia e che renda l'idea di quanto anche a Mark manchi Ruby. Forse nel prossimo capitolo si capirà di più.
NON SONO GRADITI EVENTUALI ACCENNI AL TOMARK.
Ringrazio eve182, Skizzata98 e LostinStereo3 per le recensioni
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Blink-182 / Vai alla pagina dell'autore: Layla