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Autore: Clairy93    22/02/2013    11 recensioni
Trieste. 1942.
Nel pieno di una guerra all'apice della sua degenerazione, i destini di due giovani, Massimo e Vera, si incroceranno in una calda giornata di settembre. Lui, giovane tenente dell'esercito italiano. Lei, diciannovenne ebrea.
Una storia di sacrifici, di dolore e paura dalla quale però l'amore può trionfare persino sulle ideologie inconfutabili e sui pregiudizi.
Genere: Guerra, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali, Olocausto
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Mi avevano portato via anche la luna'
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“Vera! Mi stai ascoltando?”
La voce squillante della mia amica Elena mi riporta con fragore alla realtà.
“Ma certo!” le rispondo fingendo spudoratamente.
“Ah sì? E cosa ti ho raccontato fino ad ora?”
Mi mordo il labbro e non posso celare la mia espressione colpevole.
Elena scuote la testa divertita e mi si para davanti all’improvviso scuotendo i lunghi capelli biondi.
Elena è una domestica e lavorando entrambe per il signor Tommasi, abbiamo avuto l’opportunità di conoscerci meglio e diventare amiche, nonostante non potessimo essere più diverse.
“Tu hai la testa da tutt’altra parte, cara Vera.” dice Elena appoggiando le mani sui fianchi e guardandomi con insistenza.
“Sono solo un po’ stanca Elena.”
“Sei una pessima bugiarda! Spiegami cosa succede.”
Abbasso lo sguardo celando maldestramente il rossore che mi colora le guance.
Troppo tardi. Elena se ne accorge e sul suo volto appare un sorriso raggiante.
“Non ci credo! Il motivo è un ragazzo e tu volevi tenermi all’oscuro!”
“Ti prego non urlare Elena, non vorrei che tutta Trieste lo venisse a sapere...”
“Io non grido ma tu devi raccontarmi subito chi è il fortunato, mia cara.”
“E’ solo un amico Elena. E questa sera mi ha invitato ad uscire.”
“Mia dolce Vera, quello che tu definisci un semplice amico è in realtà già pazzo di te! E dal colorito sulle tue guance potrei dire che è reciproco.”
Colpita e affondata.
Elena scoppia in una risata squillante e posa affettuosa un braccio sulla mia spalla.
“Non mostrarti così sconcertata Vera, non c’è niente di male a innamorarsi.”
“Ma io non sono innamorata…”
Elena mi rivolge un’occhiata alquanto dubbiosa.
“Anzi, credo che non mi presenterò all’appuntamento…”
“Stai scherzando?!” Elena mi stringe la spalla con forza e trattengo un gridolino di dolore “Tu devi andarci Vera! Perché rinunciare ad una serata romantica quando sappiamo entrambe che tra il lavoro e la famiglia non ti concedi mai un attimo di svago?”
“Non voglio mentire ai miei genitori Elena. Non se lo meritano. E se gli raccontassi la verità, mi imprigionerebbero in casa.”
“Tu sei una continua sorpresa! Non posso crederci, hai una relazione segreta?!” mi domanda piacevolmente sorpresa.
“Elena non c’è nessuna relazione!” le ripeto esasperata.
“Como vuoi, ma ora ascoltami bene Vera. E’ evidente che desideri rivedere questo ragazzo. E tu vorresti mandare tutto all’aria solo perché non vuoi mentire ai tuoi genitori? Vera è una piccola bugia, chi non le racconta al giorno d’oggi!”
“Elena non è così semplice…”
“E invece lo è! Tu hai solo paura Vera. Ma ormai sei adulta e in grado di compiere le tue scelte. Ora rispondi sinceramente a questa domanda, dimenticando per un momento la famiglia e il lavoro: ti piace questo ragazzo?”
A quelle parole percepisco un salto allo stomaco e ripenso alla gentilezza che Massimo mi ha riservato e il suo sguardo affettuoso e sincero.
Incrocio lo sguardo di Elena che mi osserva sorridente e annuisco.
“Allora niente deve trattenerti mia cara Vera! Stiamo parlando della tua vita e della tua felicità ed è giusto che tu la viva pienamente, anche se ciò implicherà commettere degli errori. Altrimenti lo rimpiangerai per sempre.”
“Hai ragione, andrò all’appuntamento.”
Elena mi stringe le mani e insieme sorridiamo ed esultiamo, raggianti e spensierate.
“Non mi hai nemmeno detto il nome di questo ragazzo!”
“Si chiama Massimo ed è arruolato nell’esercito.”
“Soldati, che individui singolari! Ho passato una notte con uno di loro tempo fa, una serata indimenticabile…” Elena strizza l’occhio “Ma quello stronzo non si è fatto più vedere!”
“Forse non ti meritava Elena. Comunque Massimo è già tenente ed è molto diverso dagli altri, lo capisci all'istante. E’ davvero gentile e onesto.”
“Piccola Vera, sei proprio innamorata e sono tanto felice per te.” dice Elena abbracciandomi affettuosamente “Ma attenta a non illuderti perché gli uomini celano sempre qualche segreto inconfessabile…”
“Non stai esagerando Elena?” le chiedo divertita.
“Fidati, lo so per esperienza…”

In casa regna il silenzio ed io mi sento una ladra nella mia stessa dimora.
La mia famiglia dorme profondamente mentre mi muovo con passo felpato e spostamenti furtivi.
Questa deve essere la centesima volta che mi convinco di abbandonare la follia che sto architettando, ma è troppo tardi per rinunciare e giunta a questo punto non voglio tirarmi in dietro, nonostante l’agitazione mi stia logorando.
Raggiungo l’uscita e mi controllo rapidamente allo specchio accanto alla porta. Il colore dei miei occhi sembra più vivido indossando l’abito che mamma mi ha regalato al mio diciottesimo compleanno, un meraviglioso vestito verde stretto in vita e con un’ampia gonna che nasconde le ginocchia. Mi mordo le labbra e pizzico le guance per conferirgli un poco di colore e infine sorrido alla mia immagine.
Finché il mio sorriso non viene sostituito da un’espressione di panico appena scorgo nell’oscurità il volto di zia Baba riflesso nello specchio.
Mi volto rapida e ci guardiamo in silenzio, immobili. Forse mi illudo di poter scomparire magicamente da un momento all’altro…
“Dove stai andando Vera?” bisbiglia zia Baba, avvicinandosi silenziosamente.
“La mia idea iniziale era quella di uscire.”
“Di nascosto?!” domanda alquanto sorpresa.
Chino lo sguardo afflitta e stropiccio nervosamente la gonna dell’abito.
“Perché non lo hai detto a tuoi genitori Vera?”
“Perché non mi avrebbero mai permesso di allontanarmi da casa! Ma dovevo tentare, era davvero importante questo incontro. Non preoccuparti, ora torno a dormire e dimentichiamo l’accaduto. Per favore zia non dirlo a mamma e papà...”
“Vera puoi uscire.”
“No zia, hai ragione. Non avrei dovuto mentirvi e…cosa hai detto?” le domando incredula, piuttosto sicura di aver capito male.
“Ho detto che puoi andare, se lo ritieni opportuno.” zia Baba stringe dolcemente le mie mani tra le sue “E’ chiara l’importanza che per te ha quest’appuntamento ed è giunto il momento che compia le tue scelte. E non racconterò niente ai tuoi genitori, rimarrà il nostro segreto.”
“Grazie zia!” l’abbraccio forte e le stampo un bacio sulla guancia “Ti adoro!”
“Fa attenzione tesoro, mi fido di te.”
“Tornerò presto zia, non preoccuparti!”
Afferro il maglione e prima di chiudermi la porta alle spalle saluto zia Baba che mi sorride un poco angosciata.
Il primo passo è completato, nonostante un piccolo aiuto. Adesso devo tenere a freno l’agitazione che mi sta divorando e respirare profondamente se non voglio svenire all’istante.
Tuttavia il compito si fa arduo non appena scorgo Massimo poco lontano intento a fumare una sigaretta e le mie gambe sembrano cedere rovinosamente.
“Per fortuna ti avevo detto di non tardare Vera.” rimprovera Massimo non appena mi vede sopraggiungere “Ti aspetto da mezz’ora!”
Gli poso rapida una mano sulle labbra per zittirlo evitando che risvegli l’intero vicinato, inclusi i miei genitori.  
Massimo alza gli occhi al cielo divertito e levo la mia mano dal suo volto.
“Non ci credo sei uscita di nascosto?” mi chiede sorpreso “Non ti facevo una così cattiva ragazza Vera!”
“Però non ti ho dato buca.”
“E ne sono veramente felice.”
I nostri volti sono tanto vicini che mi sembra di perdermi nei suoi occhi scuri ravvivati dal sorriso dolce e affascinante che gli compare sulle labbra.
Il dialogo silenzioso tra i nostri sguardi si interrompe non appena noto la meravigliosa rosa rossa che Massimo mi sta porgendo.
“Questa è per te.”
Sento che le mie guance si stanno avvicinando rapidamente alla stessa tonalità dei petali, così avvicino il fiore e inspiro il suo profumo delicato.
“Grazie Massimo...”
Mi porge cortesemente un braccio e mi appoggio un poco tremante, non riuscendo a smettere di sorridere.


Non ricordo l’ultima volta che sono uscita di notte, probabilmente non ne ho mai avuto l’occasione. E non potevo immaginare quale incantevole spettacolo sia Trieste appena il sole cala e il suo mare si tinge dei riflessi delle luci accese nei locali e per le strade puoi ascoltare la musica e le risate dei giovani.
Raggiungiamo piazza Unità d’Italia e non posso celare la mia meraviglia appena capisco dove Massimo è diretto.
“Non ci credo…il Caffè Tommaseo?!”
Massimo sorride soddisfatto. “Cosa ne pensi?”
“Penso che tu sia matto! E’ un locale storico e uno dei più frequentati e lussuosi della città. Non ho mai avuto la possibilità di entrarci…”
“Credevi davvero che ti trascinassi in un posto qualsiasi? Questo caffè è frequentato da scrittori e letterati importanti, magari avremo l’occasione di incontrare qualcuno dei tuoi preferiti!”
Gli schiocco un bacio sulla guancia. Così, senza ragionarci troppo.
“Dovrò allontanarti da casa più spesso se l’effetto che ti suscita è questo.” afferma Massimo, felicemente sorpreso dal mio gesto impulsivo.
Entriamo nel locale e i due inservienti all'ingresso ci ricevono cordialmente.
Dopo un breve corridoio, raggiungiamo un’ampia sala con alcuni tavolini adiacenti alle pareti e lampadari sfarzosi. Dalla parte opposta alcuni musicisti intrattengono amabilmente i presenti.
“Mi sento davvero fuori luogo con questo vestito…” dico amareggiata appena osservo l’eleganza e la sofisticatezza degli abiti delle donne in sala.
“Sei bellissima Vera, molto più di tutte quelle signore messe insieme.”
Un cameriere si avvicina e gli sono grata poiché non avrei saputo come rispondere al complimento di Massimo senza arrossire.
“Signori, offre la casa.” ci porge due calici posti su un vassoio d’argento e afferro il mio bicchiere.
“A cosa brindiamo?” mi chiede Massimo sorridendomi e sollevando il calice.
“A una delle serate più belle che io abbia mai trascorso, grazie a te ovviamente.”
Avviciniamo i nostri bicchieri e quando ne assaggio il contenuto, cerco maldestramente di celare la mia espressione piuttosto schifata.
Tuttavia a Massimo non passa inosservata e trattiene una risata.
In quel momento osservo oltre alle sue spalle un gruppo di signori distinti chiacchierare tra loro e spalanco gli occhi non appena riconosco l’uomo nel suo soprabito scuro e con la pipa in bocca. 
“Non posso crederci…Umberto Saba!”
“Ma certo che è lui!” afferma Massimo voltandosi per controllare “Era da parecchio che non lo vedevo da queste parti. Posso presentartelo se ti fa piacere.”
“Lo conosci?” gli domando, frenando a stento la mia trepidazione.
“Mio padre ha frequentato la sua libreria per anni. Andiamo dai…”
Intreccia le sue dita alle mie in una presa tanto decisa che mi è realmente impossibile fuggire.
Incontrare di persona Umberto Saba, uno dei poeti più celebri e amati di Trieste, è una circostanza che mai avrei ritenuto realizzabile. E invece guardatemi, accanto ad uno dei più importanti scrittori del nostro tempo, tremando dall’emozione di poter conoscere l’autore di quei versi incantevoli.
“Signor Saba, scusate l'intrusione. Vi ricordate di me?”
“E come potrei dimenticarmi di te giovanotto!” dichiara il signor Saba, sfoderando un sorriso affettuoso “Mi sembra ieri che il piccolo Riva sfogliava i volumi della mia libreria quando tuo padre veniva a trovarmi. E adesso sei tenente! Una gran bella responsabilità giovanotto, alla quale sono certo adempirai con il massimo impegno.”
“Le vostre parole mi lusingano signore.”
“E chi è questa graziosa signorina in vostra compagnia?” domanda il signor Saba rivolgendosi verso di me.
“Lei è Vera Bernardis, una mia cara amica. Ci teneva molto a incontrarvi, signor Saba.”
Il poeta mi sorride dolcemente e sfiora con le labbra il palmo della mia mano.
“E’ un onore fare la vostra conoscenza signor Saba.” dico con un lieve tremolio nella voce “Sono una grande ammiratrice dei vostri componimenti.”
“E per me è una gioia incontrare una così giovane fanciulla affascinata dai versi di uno strambo signore.”
Mentre Massimo parla con un conoscente di Saba, quest’ultimo mi invita ad avvicinarmi con un cenno e ci poniamo di spalle.
“Signorina Vera, mi reputerete scortese eppure mi sento in dovere di darvi questo consiglio: non trascurate quel giovanotto, gli permetta di conoscerla meglio. E’ un bravo ragazzo…”
Sollevo il capo e incrocio lo sguardo di Massimo che mi sorride dolcemente.
“E se qualcosa andasse storto?” sussurro al poeta.
Saba scuote il capo socchiudendo gli occhi.
“Questi dubbi infondati signorina Vera, sono il peggio che noi uomini possiamo fare per rovinarci l’esistenza e rimpiangere ciò che non abbiamo avuto il coraggio di affrontare. Perciò ora tornate da lui. E se vorrete passare alla mia libreria nei prossimi giorni, sarò lieto di ospitarla.”
Lo ringrazio sentitamente e gli auguriamo un buon proseguimento di serata.
“Massimo non so come farò a sdebitarmi!” gli dico mentre ci allontaniamo “Non posso credere di aver conosciuto Saba!”
“Forse un modo ci sarebbe…”
Si ferma e mi offre la mano.
“Ti va di ballare?”
Annuisco, quasi trattenendo il fiato per l’emozione che rapida mi travolge, e afferro la sua mano.
Ci scateniamo seguendo il ritmo incalzante delle trombe e del pianoforte insieme alle altre coppie. Massimo mi fa piroettare, mi solleva e spesso inciampo ma lui mi afferra prontamente.
“Sei bravissima Vera!”
“Ma cosa dici, non faccio altro che cadere! Invece non conoscevo le tue doti da ballerino!”
“E’ ancora molto ciò che non sai di me, cara Vera.”
Ci fermiamo, stanchi e senza fiato, ridendo amabilmente. La melodia rallenta e Massimo mi stringe a sé posando una mano sul mio fianco.
“Non mi sono mai divertita tanto.”
“Allora dovresti uscire più spesso con me.” mi sussurra all’orecchio e rabbrividisco percependo il suo respiro sulla pelle.
“Ogni volta sarà un’impresa con i miei genitori…”
“Troveremo altri modi per vederci. Io non mi arrendo.”
“Lo avevo immaginato Massimo.”
Il suo dolce sorriso gli illumina lo sguardo che ancora una volta mi cattura, impedendomi una via di scampo.
“Hai degli occhi bellissimi Vera…”
Massimo sfiora con la mano la mia guancia, indugiando sulle labbra per scendere poi al mento e avvicinare la sua bocca alla mia…ma chino il capo.
“Scusami Vera…” dice amareggiato e il mio senso di colpa sembra soffocarmi.
“Massimo devo rivelarti una cosa davvero importante. E avrei dovuto farlo prima…”
Massimo mi osserva accigliato. I suoi occhi sembrano implorarmi ed è evidente che continuare a mentire non farà altro che ferirlo.
“…Io sono un’ebrea.”
Ero pronta, certa che mi avrebbe allontanato e guardata con disprezzo, sicura che non ci sarebbero più state le uscite che mi ha promesso, consapevole che tutto sarebbe finito rovinosamente...
“Non mi importa Vera.”
Spalanco gli occhi sbalordita.
“Ma che risposta è? Conosci bene le voci e i trattamenti riservati agli ebrei in Germania. Se accadesse anche qui, ti metterei in pericolo Massimo.”
“In pericolo? Io ti proteggerei Vera. E poi la comunità ebrea è perfettamente integrata e consolidata a Trieste. Noi italiani non siamo come i tedeschi.”
“Eppure ciò non ha fermato Mussolini dall'approvare le leggi razziali.”
“Stiamo parlando di stupidi pregiudizi Vera, nessuno può arrogarsi il diritto di decidere della vostra vita.”
“Questo non puoi saperlo Massimo! Se le discriminazioni diventassero più severe anche in Italia, il semplice uscire insieme sarebbe un pericolo.”
“Tu sei davvero convinta che se capitasse qualcosa a te o alla tua famiglia, ti volterei le spalle perché sei ebrea? Mi credi davvero così insensibile Vera?”
“Non ho detto questo. Ma saresti in ogni caso più che giustificato! La tua carriera e la tua vita sarebbero rovinate perché hai difeso qualcuno che lo Stato considera un nemico da annientare. ”
“Vera ma non capisci che la mia vita sarebbe finita se ti capitasse qualcosa? Non mi importa niente della carriera se il prezzo da pagare sarebbe il rimorso di averti persa perché troppo vigliacco per proteggerti!”
Chino il capo afflitta non riuscendo a sostenere lo sguardo di Massimo, mortificata per il mio giudizio affrettato.
“Se non fossi ebrea, forse non avremo tutti queste complicazioni…” dico sommessamente.
“Non dire sciocchezze Vera, non puoi incolparti per le follie di alcuni individui. Tu sei perfetta così come sei. E nessuno dovrà mai permettersi di cambiarti. Non lo permetterò.”
Abbozzo un sorriso, grata per le sue parole rasserenanti.
Decidia
mo di lasciare il locale e Massimo mi riporta a casa.
“Grazie per la serata Massimo.” dico in prossimità della mia abitazione “E’ stata una magnifica serata e mi sono divertita tanto.”
“Anche per me. E non preoccuparti, organizzerò qualcosa di altrettanto stupefacente per la nostra prossima uscita.” afferma Massimo e mi sorride.
Annuisco felice e mi dirigo verso casa. Eppure non sono serena, non so cosa mi blocchi. Sento che non posso e non voglio andarmene così…
Mi volto inavvertitamente verso Massimo indotta a dirgli qualcosa ma troppi pensieri mi affollano la mente. Scuoto il capo accennando un sorriso e mi giro mordendomi il labbro dall’imbarazzo.
Mentre mi dirigo verso casa, sento la mano di Massimo afferrarmi il polso e mi ritrovo stretta tra le sue braccia.
Ci guardiamo negli occhi, confusi e rapiti uno dell’altra, e non riesco ad indugiare ancora. Mi alzo appena in punta di piedi e sfioro le sue labbra con un bacio e mi abbandono tra le sue braccia senza paure.
“Posso vederti domani?” mi sussurra Massimo sfiorandomi le labbra.
“Verrò alla caserma dopo il lavoro, vediamoci lì…”
Massimo mi accarezza una guancia e mi sorride.
“Sarà una notte lunghissima.”
Rido e alzo il capo incrociando il suo sguardo. Allungo un braccio e gli sfioro i capelli.
“Adesso devo andare…” gli dico tristemente.
Massimo mi dà un bacio sulla fronte e ci salutiamo restii.
Appena entro in casa tutto è avvolto dall’oscurità e dal silenzio e richiudo piano la porta. Nessuno sembra essersi accorto della mia assenza.
Ho bisogno di un minuto, per riordinare le idee e riprendere a respirare regolarmente. Ripenso alla serata trascorsa con Massimo e mi sorprendo a sorridere. A stento riesco a trattenere il grido di felicità che sale dentro di me.
Dormire sarà davvero un’impresa questa notte.

   
 
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