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Autore: obliviate_    22/02/2013    3 recensioni
Sfidavano la sorte, Harry e Madison.
Loro, che avevano iniziato la loro vita insieme, convinti che il loro amore fosse abbastanza forte.
E se la vita tentasse in tutti i modi di separarli che succederebbe?
Il loro amore sarebbe abbastanza da tenerli uniti, da non lasciare che si spezzino?
O sarà la vita a vincere, costringendoli a ricominciare da capo l'uno senza l'altra?
"Stavo per correre giù per le scale, per cercare di raggiungerti, fermarti, dirti: ho capito. Ho guardato l'orologio ed erano già passati tantissimi minuti, da quando te n'eri andato."
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6.
"Nessuno si salva da solo."





 

 

Madison.
 
Si torceva le mani, torturava le sue lunghe dita bianche osservando attentamente lo smalto beige tutto rovinato.
Il medico davanti a lei era alto ed attempato, e Madison si chiedeva com' era stato da giovane.
Se lo immaginava con i capelli corti e scuri, rigorosamente spettinati, e con due occhi vispi e profondi come l'oceano.
-Buongiorno Madison, come ti senti?-
Il suo tono arzillo le fa increspare le labbra in un mezzo sorriso.
-Bene dottor O'Malley.-
Lui la fissa un attimo, per poi posare la cartella clinica che ha in mano e sedersi ai piedi del letto.
Non sta per niente bene, pensa l'uomo guardando le sue occhiaie e i suoi occhi rossi e gonfi.
-Mad, è arrivato il momento di parlare della tua malattia, te la senti?-
Lei lo fissa incerta, quasi timorosa, per poi annuire lievemente e posizionarsi più comodamente sulla pila di cuscini che ha dietro la schiena.
-Il tipo di problema che presenti, si chiama diabete mellito di tipo 1. In pratica si tratta della distruzione di alcune cellule pancreatiche, accompagnata dalla scarsa produzione di insulina. E' una malattia frequente negli adolescenti-
-Perchè?- è tutto ciò che riesce a chiedere Madison, con le parole del dottor O'Malley che ancora le rimbombano in testa.
-E' la domanda che mi pone la maggior parte dei pazienti, sai?
E la cosa che più mi dispiace è che la risposta che posso dare è sempre la stessa.
Vedi, Madison, sono le persone che scelgono in cosa credere. C'è chi crede in Dio, chi in Allah e io, per esempio, credo nella medicina.
Alcuni a cui dico di avere fede pregano. Altri invece piangono, perchè non sanno chi pregare, non hanno nessun Dio da supplicare.
Ma gli altri, gli altri guardano in faccia la realtà e senza farsi domande che sanno destinate a rimanere irrisolte si rialzano, certo con molta fatica, ma lo fanno, ed iniziano a camminare a testa alta verso il loro destino.-
Madison chiude gli occhi e trattiene il respiro, cercando di svuotare la mente, finchè non sente l'uomo allontanarsi dalla sua stanza.
E lei pensa che vorrebbe camminare a testa alta, senza farsi domande, come quegli "altri" di cui le parlava O'Malley, ma sa che non ci riuscirà mai, si sente talmente dipendente da Harry che senza la sua mano a guidarle il mento non riuscirebbe nemmeno ad annuire.
E si vergogna terribilmente di ciò, si vergogna di quei sogni in cui lei lo guarda, senza parlare, senza muovere un muscolo per paura che lui se ne vada.
 
Sai Harry, stavo facendo finta di non parlarti, e tu stavi facendo finta di non accorgertene, tanto eravamo sottoterra e se mi avessi chiesto, perché? Ti avrei risposto, sto osservando quello che succede, e quando siamo usciti alla luce io ho cominciato a non parlarti per davvero, tu non sei più riuscito a fare finta.
Parliamo? Mi hai detto, e ti ho indicato i palazzi nuovi e ho fatto finta di conoscere i tuoi vecchi panorami, fino a quando non abbiamo girato l’angolo.
Avrei voluto spingerti contro una delle mille saracinesche chiuse per ferie, chiuse per ferie, riapriamo a settembre, no, avrei voluto che fossi tu, a spingermi, a venirti a prendere le parole che non ti stavo dicendo direttamente dalla mia bocca.
È questione di giorni, forse di ore, prima che torni impossibile camminare in mezzo alla strada come se la città fosse morta, per non dover zigzagare alla ricerca dell’ombra che oggi ha coperto il cielo facendolo grigio.
Siamo fatti così, abbiamo questi spigoli che sono giusti per incastrarci, ma se ci avviciniamo senza prestargli la dovuta attenzione ci scontriamo, finendo per colpirci ancora e ancora, quasi ci mancasse una scusa per leccarci le ferite, per tenerci stretti e dirci che andrà tutto bene.
Siamo fatti così, io di silenzio, tu di parole, anche se sembra il contrario.
Siamo fatti che siamo così sicuri di non perderci da sfidarci ancora e ancora, allontanarci fino a quando non ci sembra di avere perso il filo, la strada per tornare, per tornarci, e nel vuoto del mio silenzio lanci ogni volta una treccia di parole per permettermi di arrampicarti, arrivarti con l’orecchio alle labbra per farmi dire, scema, non mi senti? Certo che ti sento, sei fatto di parole, mi restituisci il senso che non ho mai avuto, dai un significato al mio nome.


 
Harry.
 
Era da molto che non entrava in un ospedale.
Gli aveva sempre fatto venire la nausea quella patina di morte mascherata da speranza.
L'ultima volta che ci era stato aveva detto addio a suo padre, e gli girava la testa al solo pensiero che di li a poco avrebbe potuto perdere anche lei.
Ferma un'infermiera e con voce tremante chiede di Madison McCalister.
Ha paura che lei non sappia dov'è, oppure che lo sappia, questo non lo può dire nemmeno lui.
Il cuore martella nel petto tanto da fargli male, tanto da farlo sentire tutto intorpidito e dolorante.
Camera 24B.
Un corridoio non gli era mai sembrato così lungo.
E finalmente eccola li, quella dannata porta blu.
La apre con cautela e scivola all'interno della stanza.
Lei è li, rannicchiata nel letto, con la mano sinistra chiusa a pugno e le ginocchia strette al petto.
Dorme.
Harry si siede sulla poltroncina di stoffa azzurra poco distante e le carezza delicatamente la mano.
 
-Nella vita di errori se ne fanno, sai?
Ovvio, chi più, chi meno, ma tutti prima o poi facciamo un passo falso e rischiamo di cadere.
La cosa più brutta, però, è che spesso dev'essere un'altra persona a decidere se lasciarci cadere o rimetterci in piedi.
Guardaci ora, per esempio, io sono in bilico perchè mi sono distratto ed ho sbagliato, e solo tu puoi salvarmi, mentre tu sei in bilico perchè la vita ha deciso di sottoporti all' ennesima prova, ma non sono io quello che può salvarti.
Ti ricordi, Mad, cosa facciamo dopo aver fatto l'amore?
Noi ci mettiamo a guardarci gli occhi.
Sembra un errore, guardarci gli occhi – di solito si dice, guardarci negli occhi, e invece è una cosa molto bella da fare, se si ha un po’ di tempo a disposizione.
Ci guardiamo gli occhi e tu mi chiedi, come sono i miei occhi? E io cerco di descriverteli, e diciamo occhi ma quello che intendiamo davvero dire è iridi, come sono?
Parto escludendo la pupilla, descrivendo la corona di miele di castagno, il modo in cui lambisce il cerchio più esterno, che è del colore di certi arbusti di alta montagna in inverno e l’anello metallico che li racchiude, solo che non riesco a farlo così, dico parole come verde, grigio, marrone, perché guardarci gli occhi è ancora più profondo che guardarci negli occhi e, là in fondo, l’atmosfera è rarefatta, sottile come il filo d’aria che ti esce dalle narici e siamo così vicini che riesco a sentirlo svolgersi e riavvolgersi e scaldarsi e rinfrescarsi 

– e dopo, davanti allo specchio, mi dici che non riesci a vedere e ci avviciniamo, la mia testa alla tua testa, entrambe le nostre teste allo specchio, e mi dici, ci assomigliamo, e io ti rispondo, ti piacerebbe, assomigliarmi, per farti ridere, per farmi baciare, ma è vero, quando ci siamo conosciuti non ci somigliavamo per niente, e adesso, invece, giorno dopo giorno, diventiamo un po’ più uguali –
ritrovo le mie espressioni sul tuo viso, le tue sul mio, e la tua voce sta diventando la mia voce, e la mia risata sta diventando la tua risata, e le cose più belle, a volte, succedono quando gli occhi si stanno chiudendo, mentre mi racconti una storia per non farmi addormentare e io ti guardo e sorrido e sento le palpebre pesanti e, prima di abbassarle per la notte, ti ci chiudo dentro, per portarti con me fino alla mattina, alla sveglia che suona, ancora mezz’ora? Sì, e ci abbracciamo e rimandiamo il buongiorno a baci piccolissimi, spingendolo più in là con le labbra, fino a quando non arriva, e ci guardiamo negli occhi o ci guardiamo gli occhi o non ci guardiamo perché tanto io ti sento, tu mi senti
 e ora il mio bisogno di sentirti è disperato, mi fa bruciare la gola come quando sei sott'acqua e ti si inonda il corpo di gocce salate.
Quindi, ti prego, Mad, salvami, salvati.-
Si alza, sente un impellente bisogno di uscire da quella stanza, non riesce a sopportare le consapevolezza di non poter fare niente per lei, che ci sia la possibilità che non faccia più parte della sua vita.
-Non te ne andare Harry.
Nessuno si salva da solo.-
  
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