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Autore: Raven Callen    25/02/2013    8 recensioni
[Questa fic partecipa al contest “Parallel Times” indetto da Destroyed Fairy e The Pridestalker]
[ Seconda classificata al Contest "Parallel Time" indetto da Fay e Zael]
Ecco qua, finalmente ho terminato la mia ff n.n
Spero che sia di vostro gradimento.
***
Il sole era sorto anche per Midorikawa Ryuuji, ragazzo dalla pelle ambrata e dai capelli verdi come erba fresca. [...]
Per lui, umile guardia di palazzo, il sole era lo stesso di sempre: continuava a ferire i suoi occhi, che fissavano direttamente quella sfera abbagliante.
[...] Per qualche strano motivo si sentì inquieto.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Celia/Haruna, Jordan/Ryuuji, Jude/Yuuto, Xavier/Hiroto
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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Autore: Raven Cullen ( nickname sul forum: Crazy_Raven)
Titolo: Il Sole è sorto
Prompt (se c’è): //
Epoca: Scoperta dell’America - Conquiste Coloniali. Anno 1519
Parole: 3354 (secondo World. Mica potevo contarle una alla volta, no?)
Pairing: HiroMido (appena accennata)
Note: Wow, è la prima volta che partecipo ad un contest. Spero che questa ff sia all’altezza.
 
Avviso: il raiting è arancione, ma non perché nella storia c’è tanto ma tanto amore.
Preparatevi al peggio, che non si sa mai..
Sono una sadica, lo so.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il sole era sorto. Così come aveva fatto il giorno prima e come avrebbe fatto il giorno successivo.
Era mattina e il sole sorse:
andò a svegliare, con i suoi raggi caldi, l’imperatore azteco Montezuma II.
La luce dorata che filtrava nella stanza andò a destarlo.
Quella mattina, considerò il Re, i raggi solari erano più luminosi del solito.
 
 
Il sole era sorto anche per Midorikawa Ryuuji, ragazzo dalla pelle ambrata e dai capelli verdi come erba fresca.
Si era alzato dal suo giaciglio e aveva levato lo sguardo verso l’esterno.
Per lui, umile guardia di palazzo, il sole era lo stesso di sempre: continuava a ferire i suoi occhi, che fissavano direttamente quella sfera abbagliante.
Dopo poco fu infatti costretto a distogliere lo sguardo.
Per qualche strano motivo si sentì inquieto.
 
 
Nei pensieri di entrambi i personaggi si affacciò il medesimo pensiero.
 
 

- E’ il giorno del sacrificio agli dei. -

 
 
 
 
 
 
 
Midorikawa si diresse verso le prigioni del palazzo.
A lui i sacrifici - sacrifici umani. -  non piacevano.
E, a pensarci bene, la cosa era ironica, poiché questi avevano a che fare con una parte importante del suo dovere, in quanto guardia reale.
Le vittime da immolare erano sempre scelte tra il gran numero di prigionieri catturati durante le battaglie con popolazioni avverse.
E il suo compito consisteva proprio nel prendere in custodia queste persone – accuratamente scelte dal Sommo Sacerdote. – e scortarle fino alla Piramide.
A scortarle verso una fine crudele.
A Ryuuji quel compito non era mai piaciuto.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
In una piccola e fredda cella due occhi vermigli si aprirono, nell’oscurità.
Le iridi sanguigne del giovane accasciato alla parete granitica si strinsero, cercando di abituarsi alla scarsa illuminazione presente.
Da un piccolo pertugio filtrava qualche timido filamento di luce.
Il sole non si vedeva.
Erano mesi che non lo vedeva, considerò il prigioniero.
Da quando era stato catturato dagli aztechi in una battaglia persa, una delle tante.
Lui, giovane guerriero appartenente ai Tlaxcaltecas (*), sapeva bene che sarebbe finito prigioniero di quel popolo ignobile.
Non lo riteneva un onore, come altri suoi coetanei, ma lo sapeva.
Si era rassegnato.
Ciò che non gli dava pace era sapere che non era stato catturato lui solo.
Perché lui non era lì da solo. Oh no.
Evidentemente gli dei avevano deciso di burlarsi di lui.
Appoggiata alla sua spalla, una chioma blu pastello si mosse appena.
Una ragazzina, poco più piccola del giovane, cominciò lentamente a destarsi.
Yuuto si beò di quella visione, l’unica che gli infondesse una qualunque forma di conforto.
Le ciglia di lei sbatterono appena: prima piano poi con maggiore rapidità.
Ruppe lentamente le maglie del sonno per poter tornare alla realtà.
 
- E’ giorno, Fratellone? – domandò con quella sua voce limpida.
 
Kidou lanciò un’occhiata a sua sorella Haruna, un misto tra tenerezza e sofferenza.
 

Perché lei? Perché?!

 
Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di concedere alla sorella la libertà.
Avrebbe dato volentieri un braccio, o una gamba. Entrambi gli occhi.
E invece eccoli entrambi lì. Non era stato capace di proteggerla, questa consapevolezza non aveva mai smesso di lacerarlo.
 
- Si, Haruna. Il sole è sorto. -
 
Era sempre così buio, lì dentro. Spesso risultava difficile capire che ora fosse, o l’alternarsi del giorno e della notte.
Seduta sul pavimento in pietra – freddo, gelido come la morte. – la ragazza si strinse maggiormente al mantello lacero e sbrindellato di Kidou.
 
- Da quanto tempo siamo qui, fratellone?-
Il ragazzo chiuse un momento gli occhi, riflettendoci su.
 
- Da molto tempo. Troppo per poterlo calcolare, troppo poco per ucciderci. -
Haruna tremò appena a quelle parole.
 
- Non dire così..- pigolò, con gli occhi lucidi.
Kidou, accortosi del turbamento che aveva causato nella più piccola, la strinse in un tiepido abbraccio. Cercò di trasmetterle tutto il calore che ancora aveva in corpo.
 
- Perdonami, Haruna. Non volevo rattristarti.- le sussurrò, sinceramente addolorato, dandole un bacio sulla fronte.
La blu si rilassò lentamente, appoggiando la testa sul petto del fratello.
- Cosa credi che ci faranno?-
 
Gliela faceva tutti i giorni, quella domanda.
Tutte le mattine, appena sveglia, Haruna poneva al maggiore quel quesito, certa che il fratello sapesse cosa li attendeva.
E, in un certo senso, Kidou conosceva la risposta a quella domanda.
Solo che era troppo brutta da rivelare ad una creatura dolce e innocente come Haruna.
 
- Niente.- rispondeva quindi. – Non ti faranno niente di brutto. Tranquilla. – le assicurava, il labbro inferiore tormentato dai canini.
Suonava tanto come una promessa…
Ma sarebbe riuscito a non infrangerla al primo soffio di vento?
 
- Come fai ad esserne sicuro?- chiese lei.
- Ne sono sicuro perché, finché ci sarò io a proteggerti, nessuno riuscirà a farti del male.-
Haruna sorrise, sorrise in quel suo modo speciale.
Speranzosa.
Yuuto si era quasi dimenticato cosa fosse, la speranza.
 
 
***
 
 
 





 
- Midorikawa.- lo chiamò il capo delle guardie.
- Eccomi.-
 

Affrettò il passo, per raggiungere Someoka Ryuugo.
Era un uomo burbero e brontolone, non amava i ritardatari e gli insolenti.
Ryuuji apparteneva alla prima di queste due categorie.
Quindi era abituato a ricevere le occhiatacce di Someoka.

 
- Possibile che tu sia sempre in ritardo?- lo rimproverò, infatti.
Prevedibile.
- Mi scusi. –
L’uomo brontolò sommessamente tra sé.
- Vai a prendere i sacrifici.-
 

I sacrifici.
Già. Ryuugo li chiamava così.
Non “vittime”, o “prigionieri”. No.
Sacrifici.
Pezzi di carne da donare agli dei.
Ma Midorikawa non poteva fargliene una colpa.
In quel luogo, in quella cultura, era normale vederla così. Solo lui non riusciva ad impedirsi di provare pietà per quelle povere persone.
Forse era lui quello strano, dopotutto..
 
 
 
 


 
- No! Lasciatela! Lei no! No!- 
 
Grida disperate lo accolsero non appena mise piede nelle prigioni.
Represse a fatica l’istinto di tapparsi le orecchie.
I prigionieri da sacrificare erano quasi tutti pronti: erano una ventina.
Sostavano tutti in un’ampia stanza dalle pareti completamente di pietra, le quali acuivano quel senso di disperazione che sembrava saturare l’ambiente.
I polsi di tutti erano legati da corde robuste, così strette da graffiare la pelle.
I volti erano scarni, i corpi magri, i capelli opachi, gli occhi stanchi.
Un gregge da portare al macello.
 

Ne mancavano due.
Però sembrava che ci fosse un piccolo inconveniente.
- C’è qualche problema?- chiese ai sacerdoti e alle altre guardie lì presenti.
- Questo stupido non vuole collaborare.- gli disse uno di loro, indicando un ragazzo che scalciava e si dimenava.
Aveva due occhi rossi, rossi come il sangue, sgranati in un’espressione  disperata.
I capelli erano acconciati in ciocche molto spesse, legate alla meno peggio in una coda alta.
Sulle spalle aveva pochi stracci logori - probabilmente i resti di un mantello che doveva esprimere nobiltà e fierezza, un tempo. – che gli coprivano appena la schiena nuda.
Era proteso verso un’altra figura, una ragazzina poco più piccola, che invece strillava e piangeva.
Quella seconda figura aveva corti capelli blu, simili al cielo nelle notti estive.
Era magra, piccola e comunicava solo una grande fragilità.
 
- Kidou! Kidou, aiutami!-
- Risparmiatela! Vi prego, risparmiatela! Haruna!-
 
- Sta zitto!- urlò, con disprezzo, il Sommo Sacerdote.
Per farlo tacere gli rifilò un calcio nello stomaco.
Il ragazzo, Kidou, si piegò in due con un rantolo strozzato.
 
 

 
 
Midorikawa strinse con forza la sua Tepoztopilli (**) , la sua lancia con la punta d’ossidiana.
Non doveva farsi coinvolgere.
Se lo ripeteva ogni volta.
Era inutile affezionarsi anche ad uno solo di quella gente.
Sarebbero morti tutti, prima o poi.
Ryuuji l’aveva imparato a sue spese quando, diversi mesi prima, era diventato amico di uno dei tanti guerrieri imprigionati nelle fondamenta del grande palazzo azteco.
 


Lui si chiamava Tsunami Jousuke e aveva i capelli più strani che Midorikawa avesse mai visto.
Erano rosa – color salmone, se voleva essere preciso.- come quelli di Someoka, ma erano tanti e sparati in tutte le direzioni. Una specie di esplosione rosata in testa, ecco cos’erano.
Sembravano fatti appositamente per attirare l’attenzione.
Tsunami era bizzarro.
Però era cordiale, sempre allegro – il pistacchietto non era mai riuscito a spiegarsi quella sua strana vitalità, che persisteva anche in quello stato di reclusione in cui viveva.- e simpatico.
Non ci aveva messo molto a stringere amicizia con lui.
 

Ryuuji ricordava ancora di quel pomeriggio che aveva passato a farsi raccontare della costa, luogo da cui Jousuke proveniva.
Tsunami gli aveva raccontato del profumo di sale, del colore intenso dell’acqua e della potenza delle onde.
Midorikawa non aveva mai visto il mare, non era mai uscito dalla citta.
Mai. Neanche una volta.
 
Il ricordo di quel giorno lieto era scolpito in maniera indelebile nella mente della guardia reale.
 
Jousuke era stato ucciso il giorno successivo.
E lui non aveva fatto niente per impedirlo..
 
 
 
 
 
- La ragazzina sarà l’ultima a venire uccisa. Gli dei saranno contenti.- commentò il Sommo Sacerdote, afferrando con una mano quel visetto tremante.
Haruna si irrigidì, terrorizzata, le gambe tremolanti.
Dava l’impressione di poter crollare a terra da un momento all’altro.
Come una marionetta a cui vengono tagliati i fili.
 
- Togli le tue luride mani dal viso di mia sorella, brutto..-  l’insulto si perse nell’ennesimo calcio, stavolta in faccia.
Dalle labbra del rasta cominciò a colare del sangue.
 
- Taci, piccolo verme insignificante, se non vuoi essere ucciso ora!- sibilò uno dei sacerdoti, con in mano una lancia già pronta a trafiggere lo sventurato.
 




 
- Aspettate.-
Tutti si voltarono verso la fonte della voce.
- A loro ci penso io. -
Ryuuji fu sorpreso nell’udire la sua voce pronunciare quella frase contro la sua volontà.
Non se n’era neanche accorto, a dire il vero.
 
- Come vuoi, Midorikawa. Ma stai attento al ragazzino. - acconsentì Someoka.
Dopodiché uscirono tutti all’esterno, lasciandolo solo con i due, evidentemente, fratelli.
Midorikawa attese che il suono dei loro passi cessasse, poi si voltò verso i prigionieri.
Nel breve momento in cui Ryuuji si era distratto, il maggiore si era avvicinato alla sorella, frapponendosi tra lei e la guardia di palazzo.
 

State tranquilli, non voglio farvi del male.-
Solo dopo averle pronunciate il pistacchietto si rese conto di quanto fossero ridicole e inadeguate le sue parole.
Lui li avrebbe portati entrambi a morire, di una morte estremamente cruenta e dolorosa, con che coraggio aveva aperto bocca?
 
- Tu se l’amico di Jousuke?- chiese una vocina tremolante.
Anche se, più che una domanda, quella sembrava un’affermazione.
 
Gli occhi scuri di Ryuuji e quelli cremisi di Yuuto si voltarono verso la piccola Haruna.
Nella mente del verde si agitavano tanti pensieri.
Nel suo stomaco gorgogliava, invece, un sentimento doloroso.
Senso di colpa.
- Si… Perché lo chiedi? -
 
Haruna gli concedette un timido sorriso d’incoraggiamento.
- Non preoccuparti, fratellone. Non è cattivo.-
Suo fratello le lanciò un’occhiata scettica ma non obbiettò nulla.
 
Midorikawa, notando che il labbro del giovane sanguinava ancora, gli porse un panno pulito.
Kidou lo accettò con garbo.
 
- Siete fratelli, vero?-
Il rasta annuì.
- Io sono Kidou Yuuto. E lei è mia sorella, Haruna Otonashi. -
Il verde inclinò appena la testa.
- Perché avete cognomi diversi?-
Il rasta accennò un sorriso, alzando le spalle.
- Lunga storia..-
 
 


- Midorikawa!- tuonò una voce all’esterno.
 
- Dobbiamo andare..- esalò, sofferente, la guardia reale.
Certo che era strano e - perché negarlo? - puramente masochistico simpatizzare con due condannati a morte il giorno della loro esecuzione.
- Tu sai cosa ci aspetta?- chiese Haruna, candidamente.
 
Yuuto e Ryuuji si fissarono negli occhi a lungo.
- E’ meglio per te non saperlo. Anche perché non cambierà niente. -
Sarebbe servito solo ad far crescere la paura e la disperazione.
 
Dopo quelle parole non venne detto più niente.
Midorikawa uscì all’esterno, insieme ai due ragazzi che lo seguivano docilmente.
 
 




 
 
 
La costruzione verso la quale erano diretti era grande e imponente.
Un’enorme piramide a gradoni, con un santuario collocato sulla sommità.
All’esterno di quest’ultimo vi era un altare in pietra, accuratamente levigato, su cui erano appoggiati vari coltelli e altri strumenti vari.
La maggior parte degli utensili era fatto di ossidiana, da cui si ricavavano lame estremamente affilate: il loro utilizzo era fin troppo chiaro..
 


Il Sommo Sacerdote, L’imperatore Montezuma II, i sacerdoti, le guardie, i prigionieri.
Erano tutti lassù, li stavano aspettando.
Chi con impazienza, chi con rimprovero. Chi con indifferenza.
I tre salirono lentamente i gradini della scalinata.
Cercavano di prendere tempo, di guadagnare anche solo un secondo in più, un respiro in più.
 


E’ quando si percepisce l’arrivo della fine che si cerca una via di fuga.
E’ quando il tempo ti scivola via tra le dita che si vorrebbe tornare indietro, nuotando contro la sabbia che scende dalla clessidra, che porta verso il proprio destino.
Ma non si può.

 


E’ questo che avevano sempre detto a Midorikawa, quando arrivavano i giorni dei sacrifici.
Non ci si può opporre al destino, al tempo, agli dei.
E così, come l’ultimo granelli di sabbia cade insieme ai suoi compagni sul fondo della clessidra, anche l’ultimo gradino arrivò.
Il sole era alto in cielo, doveva essere passato da poco mezzogiorno.
Vennero suonati i tamburi e i corni.
La cerimonia poteva avere inizio.
 



La prima vittima fu un uomo: era magro, appena scheletrico, e non sembrava avere un’età precisa.
Era solo tanto vecchio…
Probabilmente aveva passato quasi tutta la sua vita nelle prigioni.
Venne fatto stendere su un rettangolo di pietra.
Alcuni dei sacerdoti gli bloccarono mani e piedi, mentre il Sommo Sacerdote si avvicinava con un pugnale in mano.
Alzò lentamente la lama, quasi pregustasse il momento in cui questa sarebbe affondata nella carne di quel pover uomo.

 
- Non guardate.- sibilò il verde, secco e autoritario, rivolto ai fratelli.
Kidou coprì gli occhi della sorella, per quanto i polsi legati glielo permettevano, e distolse lo sguardo.
 

La lama calò una volta, due, tre. Senza fretta.
Affondò in quel petto scosso da scariche di dolore, tagliò la pelle, le carni, i tendini, i muscoli.
Il sangue cominciò a fluire a terra, scorrendo lentamente lungo i gradini della Piramide.
Le urla terribili dell’uomo, miste al suono del coltello che affondava nel petto di quel disgraziato, aleggiavano nell’aria, la riempivano, la saturavano.
Era uno spettacolo tremendo e disgustosamente lento.
Midorikawa non distolse lo sguardo neppure per un istante.
Nemmeno quando il Sacerdote, con le mani che grondavano sangue, estrasse il cuore della vittima e lo sollevò in aria.
Quel poveretto, che già stava patendo atroci tormenti, fece in tempo a vedere il proprio cuore che ancora palpitava, prima di morire.
La morte, in quel caso, non era che una benedizione.
 



 
Ryuuji ancora guardava. Impassibile, quasi indifferente.
Ogni volta rivedeva l’amico Tsunami, quell’amico che non era riuscito a salvare.
Ogni volta rivedeva lui e tutte le persone morte prima e dopo di lui.
In special modo una ragazza, una certa Rika, dai capelli celesti.
Ricordava ancora la profezia che ella aveva urlato al cielo un attimo prima di morire.
 
- Maledetti! Pagherete per ciò che avete fatto! Verrà, un giorno, un flagello, verrà dal mare, e vi ucciderà tutti! (***) -
 
L’aveva urlato tra le grida di dolore, con quella sua voce acuta che – in qualsiasi altro contesto.- sarebbe risultata piacevole ma che, in quel momento, rendeva tutto terribilmente inquietante.
Ogni volta che ci ripensava faceva male.
 
 



Il cadavere venne fatto cadere dalla Piramide con un paio di calci.
Mentre quel corpo senza vita rotolava più per i gradini una nuova vittima veniva posta sul rettangolo di pietra.
Il supplizio ricominciò.
 
 
 
 



 
 
 
Era pomeriggio inoltrato, oramai.
Numerosi corpi giacevano ai piedi della costruzione.
L’aria puzzava di sangue, fresco o rappreso che fosse, le pietre erano anch’esse pregne di quella sostanza vischiosa che – sotto i raggi del sole.- faceva risplendere la Piramide di una luce rossastra e sinistra.
Quell’atmosfera era insostenibile, dava il voltastomaco a chi non vi era abituato.
Mancavano solo due persone.
 
 
- Kidou! Fratellone, no!-
Tra i gemiti e il pianto di Haruna, il rasta venne portato verso il rettangolo di pietra.
La blu si gettò a terra, urlando e piangendo.
Alla bambola erano stati recisi i fili.
 
Venne fatto stendere su quella superficie, già sporca di sangue altrui, senza che opponesse resistenza alcuna.
In quel momento Midorikawa desiderò che accadesse qualcosa, qualsiasi cosa, ad interrompere quel delitto.
 
- Verrà un flagello…-
 
Il pugnale d’ossidiana si alzò nell’aria, scintillando appena.
Dalla lama colavano ancora goccioline di sangue che, cadendo al suolo, colpivano il volto del condannato.
Una di esse, caduta sul volto di Yuuto, scivolò a terra percorrendogli la guancia.
Kidou, dal canto suo, non opponeva resistenza.
Stava fermo, immobile, fissava la morte dritto negli occhi.
Sangue sul sangue.
Sembrava quasi la volesse sfidare, lei e il destino.
Un sorrisetto beffardo fiorì sul suo viso.
 

- …verrà dal mare…-

 
Sembrava essere sordo al dolore della sorella, che assisteva impotente alla scena.
Sulla sua visuale c’era solo il coltello posto sopra il suo corpo.
Nient’altro.
La lama rimase sospesa qualche secondo.
Poi calò, avventandosi sul petto spoglio e scoperto del rasta.
Midorikawa strinse forte la sua lancia, aggrappandosi ad essa per non cadere.
 

- … e vi ucciderà tutti! -

 
 
 
 
- Mio Signore, Mio Signore!-
Il pugnale fermò la sua corsa, mentre molte teste si voltarono in direzione della voce.
Un servo era corso fino in cima alla Piramide, trafelato.
Noncurante del sangue, si gettò in ginocchio di fronte all’Imperatore.
- Che vuoi? Non vedi che hai interrotto la cerimonia?- abbaiò Someoka, da capo delle guardie qual’era.
- Dalla foresta sono emerse strane creature! Hanno quattro lunghe gambe e più di una testa! (****)- strillò quello, intimorito.
 - Cosa?!-
Tutti gli uomini si erano precipitato dietro al portatore del messaggio, lasciando incompiuto il sacrificio.
 
- Controlla i sacrifici! -
Midorikawa udì distintamente la voce di qualcuno che gli impartiva quell’ordine.
Personalmente non ci fece troppo caso, occupato com’era a elaborare la notizia.
 
 


La voce di Haruna lo risvegliò dal suo stato di sorpresa.
- Kidou! Kidou! -
Urlava solo il nome del fratello, tra le lacrime di sollievo che le sgorgavano dagli occhi.
Le sue ciglia erano imperlate di gocce salate, affetto e tanta innocenza.
- Sto bene, Haruna. Tranquilla.- e l’abbracciò, alzandosi appena.
 
Ryuuji scattò in avanti.
Nelle mani teneva un coltello affilato.
 
- Non muoverti. -
 
Un secondo e le corde che stringevano i polsi di Haruna erano cadute a terra.
- Ecco. Adesso siete liberi.-
 
I due squadrarono la guardia, per verificare se stesse dicendo il vero.
Nelle pozze oscure del verde però c’era solo sincerità.
- Andate, scappate ora che ne avete la possibilità.-
Consegnò poi la sua lancia a Yuuto e il pugnale nelle mani di Haruna.
- Prendete questi, per difendervi.-
 
Gli occhi vermigli del rasta lo scrutarono, colmi di gratitudine.
Poi il ragazzo si voltò verso sua sorella.
- Andiamocene, Haruna.-
 
La ragazza sembrava inchiodata sul posto.
- E tu?-
 
La guardia sorrise, alzando le spalle.
- Me la caverò. -
Lei annuì, muovendo un passo in avanti.
Poi sembrò ripensarci e tornò a guardare Midorikawa.

- Come ti chiami?-
 
- Midorikawa Ryuuji.- rispose questi, sbalordito.
Era un momento strano per porre quella domanda.
La blu gli concesse un ultimo, dolce, innocente sorriso.
 
- Che gli dei possano vegliare sempre su di te, Midorikawa Ryuuji.-
 
Poi corse via insieme al fratello.
Il verde rimase a scrutarli fino a che, scesa la scalinata, non scomparvero tra le fronde della foresta circostante.
Infine si diresse verso la direzione in cui erano scomparsi Montezuma, i sacerdoti e tutto il loro seguito.
 
 
 






 
Non appena arrivò a destinazione si ritrovò davanti uno spettacolo incredibile.
Uomini dalla pelle pallidissima – almeno per i canoni del luogo.- e dalle vesti scintillanti erano arrivati dentro la città.
Erano seduti su strane bestie che i suoi occhi non avevano mai visto prima.
A guidarli vi era un uomo con una folta barba (*****).
 

Ryuuji rimase in disparte, nascosto tra la gente che si era radunata lì.
Erano loro il flagello profetizzato da Rika? O erano degli dei?
All’improvviso i suoi occhi incrociarono quelli di un giovane a cavallo.
Un giovane dagli occhi verdi come foglie di menta e dai capelli rossi.
Era bello, nel suo pallore anomalo, non poteva negarlo.
Un brivido attraversò tutto il corpo del verde.
Il misterioso individuo gli sorrise, facendogli – per qualche strano motivo.- imporporare appena le gote.
 


Che quella figura fosse davvero un dio?

 
 
 
 




 
 






 
 
 
 
Angolo del Corvo Note (Parte2):
 

(*) Tlaxcaltecas: i principali nemici degli aztechi ai tempi della conquista spagnola

(**) Tepoztopilli: lancia in legno con lame affilate in ossidiana in cima.
(l’informazione è presa da Wikipedia, L’enciclopedia libera.)
 
(***) Riferimento all’arrivo degli Spagnoli sulle coste Americane.
 
(****) Gli aztechi non avevano mai visto i cavalli, le armature e uomini europei.

(*****) Hernan Cortés.
 
 
Allora? Siete ancora vivi? Lo stomaco è a posto?
Mi auguro di si, non voglio causare problemi intestinali a nessuno. Ok, forse sto esagerando.
Mi affido al giudizio di Destroyed Fairy e di The Pridestalker :
Siate spietati.
 
Vi aspetto nelle – eventuali. – recensioni.
Raven




Risultati: 




Salve carissima ;)
Innanzitutto ti ringraziamo per aver partecipato al nostro primo contest. Siamo onorati che sia la tua prima volta ^^
Di seguito riportiamo i nostri pareri personali, alla fine della recensione la media dei punteggi.
 
Parere di Fay: 
Grammatica/Ortografia/Punteggiatura (compresi gli errori di battitura!!): 8/10
Originalità: 5/5
Rispetto del tema (e coerenza con l'epoca prescelta): 9/10
Caratterizzazione dei personaggi: 3/5
Gradimento personale: 9/10
Totale: 35/40
 
Grammatica: Trovo sia un ottimo lavoro! Tuttavia ho dovuto toglierti qualche punto per la forma e in parte anche il lessico. Nulla di grave ovviamente, ma sono dell'opinione che i periodi siano tanto spezzanti e quel continuo andare a capo un po' superfluo… Inoltre nell'ultima parte ti sei tradita pronunciando il nome del cavallo, che come tu stessa hai detto era sconosciuta alla popolazione nativa di quei luoghi!
Originalità: Davvero nulla da dire, sono dell'opinione che sia un lavoro ben strutturato e molto originale, almeno rispetto alle altre fanfiction in gara: sei stata l'unica ad aver utilizzato questo periodo storico, inoltre la trama (per quanto abbastanza semplice) è curata.
Rispetto dell'Epoca: Tu ci vuoi colpire con effetti speciali (?) Ok, a parte gli scherzi, non mi sembra di aver trovato nulla di particolarmente strano. I nomi erano compresi nel pacchetto, quindi… nulla. Sei stata molto brava ad usare questo periodo storico e a descriverlo egregiamente, sebbene senza dettagliate descrizioni.
Caratterizzazione: Secondo me è molto buona, anche se mi dispiace un po' per Rika… Onestamente sembrava tanto messa lì alla cazzus (?) Ma tutti con lei ce l'avete? :") Così per i personaggi in generale: forse l'amicizia tra Tsunami e Midorikawa sembra un po' forzata, i rapporti sembrano messi lì giusto per far combaciare gli eventi, ma nell'anime alcuni non si guardano neanche negli occhi (disse quella che shippava GoenGaze -.-)
Gradimento Personale: Questa fanfiction mi ha ricordato incredibilmente Errors, quindi puoi immaginare quanto per me sia speciale ;) Ryuuji rappresentato come selvaggio l'ho sempre visto benissimo…
Ora ti lascio al giudizio di Zael ^^ Ti auguro buona fortuna!
 
Parere di  Zael:
Grammatica: 9/10
Originalità: 5/5
Rispetto dell’epoca: 10/10
Caratterizzazione: 3/5
Giudizio personale: 9/10
Totale: 36/40
 
Sanguinaria, come piace a me. Triste, come piace a me. Dal finale quasi scontato e invece totalmente rovesciato. In una parola? EPICA. Speravo che qualcuno tirasse fuori le tribù mesoamericane, ma mai mi sarei aspettato tanto realismo. Una delle migliori del contest, secondo me. Non sono d’accordo su come hai dipinto Ryuuji, ma queste sono scelte dell’autore e opinioni del recensore. La fic è uscita benissimo, secondo me si piazzerà bene. Mi spiace per Rika però, me la maltrattano tutti.
Zael
 
MEDIA DEI PUNTEGGI: 35.5



  
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