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Autore: Akami92    12/09/2007    4 recensioni
[SPOILER ANCHE NELL'INTRODUZIONE!]
Attraversarono la via principale di Konoha, scavalcarono i corpi inermi di Ishimaru e Hiroki, che alla fine erano stati raggiunti da Ayumi e violentemente picchiati, sorpassarono senza farsi notare alcuni vicoli del Villaggio, incontrando più volte Hoshi e Fuyuki intenti in effusioni varie, e per finire scoppiarono in una grassa risata, vedendo che Hideki stava recitando ad Okami una poesia di sua invenzione.
«Ode ad Okami, di Hideki Uzumaki.
Oh, dolce principessa degli animali abbaianti,
i tuoi occhi sono come il brasato,
tanto belli quanto cani ululanti,
nemmeno superano quelli di mio nonno Minato.
»
[ShikamaruxIno][ItachixIno] [TentenxNeji][TentenxDeidara]
[Accenni ShikakuxYoshino] [Accenni SakuraxNaruto] [Accenni KibaxHinata] [Accenni ShinoxTemari]
[EPILOGO!]
Genere: Romantico, Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akatsuki, Sorpresa
Note: OOC, What if? (E se ...) | Avvertimenti: Spoiler!
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Farewell Konoha

_____________________________________________________________________

2.

Show me what you can do!

 

 

 

Zetsu le chiamò, un tono più dolce nella voce.

«Tenten, Ino? Venite!»

Lo seguirono per un lungo corridoio, per nulla intimorite dal ninja.

Intorno a loro aleggiava uno stranissimo silenzio, rotto solo dal ticchettare dei passi sulla dura roccia.

L’uomo spalancò una porta alla loro destra.

V’entrarono e subito si accorsero che Itachi e Deidara erano seduti su delle sedie legnose, il primo batteva convulsamente il piede per terra. Sembrava stesse tenendo il ritmo di un’immaginaria canzone nella sua mente.

Il secondo, invece, era tutto preso dall’ultima opera artistica. Intorno a lui volavano piccoli uccellini bianchi. Uno di questi esplose. Il biondo sorrise.

L’Uchiha prese parola.

«Siete qui perché siamo stati incaricati di seguire i vostri allenamenti e spiegarvi il comportamento da tenere nella nostra organizzazione. Avremo anche l’obbligo di illustrarvi la filosofia dell’Akatsuki, alla quale dovrete attenervi. Infine, dovrete passare un piccolo esame.» terminò, la voce stranamente calma, chiara e limpida.

Le due ragazze annuirono, determinate al raggiungimento del loro scopo. Risolute al punto di avvicinarsi e di domandare con voce sicura di cominciare l’allenamento.

Videro i due uomini lanciarsi un’occhiata divertita.

«D’accordo!» annuirono i due, prima di afferrarle per un braccio, con un’insolita delicatezza, e di portarle in campi d’addestramento diversi.

Quella grotta era enorme, interamente scavata nella viva roccia. Erano presenti camere da letto, una sorta di cucina, la sala ritrovo e i nove campi addestramento.

Ino si trovò a lavorare con Itachi, Tenten con Deidara.

«D’accordo, ora fammi vedere di ciò che sei capace!» l’esortò Itachi, facendole segno di attaccarlo.

La bionda afferrò un kunai e si scagliò su di lui.

Bloccata con un semplice movimento della mano.

Con uno scatto felino saltò all’indietro e si preparò per la sua tecnica migliore.

«Ninpou, Shintenshin no juts…» venne interrotta da un pugno del ragazzo in piena pancia.

Il suo corpo sussultò, arretrò di qualche metro, tenendosi il ventre con le mani.

Sputò sangue a terra, ma non cadde.

Le sue gambe stavano per cedere, ma all’ultimo lanciò uno shuriken all’Uchiha, ferendolo in profondità al braccio.

Lo vide sorridere soddisfatto.

«Brava… in pochi riescono a rimanere in piedi in seguito ad un mio pugno. Ancor meno sono coloro che riescono a ferirmi. Complimenti.»

Ino si illuminò dalla gioia. Era riuscita a scalfirlo. Arrossì, imbarazzata dal complimento rivoltole.

«Ora, se non mi sbaglio, gli Yamanaka sono delle spie perfette, la loro famosa Shintenshin può trasferire il loro spirito dal proprio corpo a quello del nemico… giusto?»

«È esatto!»

«Bene… è il momento di imparare una nuova jutsu ancora più potente che non ti penalizzi come la Shintenshin

Strabuzzò gli occhi. Avrebbe imparato una nuova jutsu? Gliel’avrebbe insegnata lui?

Il suo pensiero andò subito a Shikamaru e Choji. Loro avevano sempre nuove tecniche di una potenza straordinaria.

Nara aveva delle tecniche con l’ombra eccezionali, avrebbero lasciato a bocca aperta chiunque.

Akimichi invece poteva ingrandire a proprio piacimento ogni parte del corpo. Ogni volta una nuova.

E lei? Lei era sempre dietro. Sempre con la solita Shinten, sempre l’ordinaria vecchia jutsu. Sempre più inutile, sempre più sorpassata.

Stufa di essere inutile. Stufa di non servire a nulla.

Stufa.

Nauseata.

Scocciata.

«La nuova tecnica è una superiore…» cominciò il ragazzo, mostrandole un rotolo proibito.

Il rotolo proibito di Konoha.

«… vietata…» sorrise.

«… per la brutalità dell’esecuzione.» terminò, il volto sadicamente sorridente.

Ino l’osservò. Era bello. Molto bello. Più di Sasuke.

Più di Sai.

Era molto, molto bello.

«Cosa guardi?» una voce la fece sussultare, sbattendola in faccia alla realtà.

«N… niente…» bisbigliò, afferrando l’oggetto portole da Itachi e aprendolo.

 

Ninpou, Shimekorosu no jutsu

La Shimekorosu è una tecnica di strangolamento. Adatta soltanto ai membri del clan Yamanaka…”

Tecnica di strangolamento?

Voleva dire uccidere. Uccidere una persona.

Prese un lungo respiro e posò nuovamente gli occhi sulla descrizione.

 

… viene classificata come Ninjutsu proibita.

Difficoltà di grado S…”

 

Difficoltà S. Valeva a dire essere Jounin davvero capaci per poterla utilizzare.

Le sue dita si mossero da sole, andando ad intrecciarsi coi lunghi capelli dorati. Com’era solita fare quando si sentiva nervosa. O imbarazzata.

L’Uchiha la osservò. Graziosa.

Bella.

Splendida.

Gli Yamanaka erano famosi per i figli di gradevole aspetto. Ed Ino non sembrava essere da meno.

Si avvicinò a lei, accovacciandosi accanto, facendo finta di leggere anche lui, quando in realtà, si stava semplicemente inebriando del dolce odore floreale che emanava la ragazza.

 

I sigilli per poterla eseguire sono: tigre, serpente, drago, serpente, cane, gallo.

Questa tecnica non lascia scampo. Inevitabilmente porta alla morte.

Colui che verrà colpito dalla jutsu, perderà il controllo, strangolandosi.”

 

Richiuse il rotolo.

Permetteva di strangolare. Colui che veniva colpito si sarebbe strangolato.

Morte per suicidio.

Terribile.

Alzò lo sguardo, incontrando gli occhi neri, bui di Itachi.

«Quando inizio?» domandò la bionda convinta.

«Anche subito… rilascia tutto il tuo Chakra!» le ordinò lui.

Si alzò in piedi, sistemandosi la gonna, ed evocò tutto il Chakra che possedeva.

Il campo ricevette una leggera scossa sismica, mentre buona parte dei sassolini in terra si alzavano di qualche centimetro.

«No, no, no!» fu interrotta.

«Troppo poco Chakra per la tecnica…» sussurrò il ragazzo, sghignazzando.

«Non prendermi in giro!» replicò lei, infastidita.

Concentrò maggiormente il Chakra.

Urlò, mentre un’enorme aura azzurra la illuminava. Il membro dell’Akatsuki venne spazzato via.

Cadde in ginocchio, fisicamente provata dall’incredibile sforzo fisico.

Il ragazzo riemerse dalle rocce e le rivolse un largo sorriso.

Non aveva mai visto Itachi sorridere in quel modo. Sembrava splendente di un bagliore lontano.

Era meraviglioso.

«Complimenti Ino-chan! Sei stata bravissima!» le urlò correndole incontro.

Ino-chan?

La bionda abbozzò ad una smorfia compiaciuta, mentre con difficoltà disumana si ritirava in piedi, vacillante.

Arrancò per qualche metro prima che le sue gambe, già tremanti, l’abbandonassero del tutto, facendole perdere l’equilibrio.

Venne abilmente afferrata da due forti braccia maschili.

«Ehi! Già stanca?»

«No! Io… devo imparare la nuova jutsu! Lasciami!» si dimenò con violenza.

Lui la lasciò, quasi riluttante.

«D’accordo, provala su di me…» si offrì.

La ragazza sorrise subdola.

«Ti credi tanto forte? Uchiha?»

«Ma io non mi credo forte…» replicò lui, avvicinandosi sensualmente. Piegò leggermente la schiena. I loro nasi si sfioravano.

Ino si sentì pervadere da un bollore imbarazzante. Era sicura di stare arrossendo.

«… io sono forte…» le sussurrò in un orecchio.

Fu spinto via con veemenza.

«Preparati!»

Tigre, serpente, drago, serpente, cane, gallo.

«Ninpou, Shimekorosu no jutsu!»

Nulla.

Evocò più Chakra.

«Ninpou, Shimekorosu no jutsu!»

Niente, Itachi era ancora lì. Fermo sul posto. E la guardava con aria di sfida.

Rifece i segni. Rievocò la sua potenza.

«Ninpou, Shimekorosu no jutsu!» gridò.

Ancora nessun movimento anomalo da parte del ragazzo.

Stava cominciando a perdere la pazienza.

Strinse i denti e i pugni. Chiamò a sé tutta la forza che possedeva in corpo. Ogni goccia di energia venne risucchiata in un turbine vigoroso.

«NINPOU, SHIMEKOROSU NO JUTSU!!!» urlò, rilasciando un’incredibile quantità di Chakra.

Dapprima non successe nulla.

Poi, vide che le mani di lui stavano cominciando a muoversi da sole, avvinghiandosi al collo.

Vide i muscoli sulle sue braccia stirarsi, cercando di contrapporsi a quella forza invisibile.

Cercò di mantenere gli occhi aperti, ma ciò le riusciva spaventosamente difficile. Oscillò per qualche secondo, prima di cadere a terra, svenuta.

Percepì qualcuno alzarla e prenderla in braccio, prima di cadere nel limbo.

«Allora, bellezza, ci sei?» domandò Deidara, seccato.

«Ehi carino! Guarda che mi sto concentrando! Non rompere!» ribadì la ragazza bruna, tornando ad affilare il suo kunai.

Il biondo sbuffò.

«Certo che sei una noi… Ah!» esclamò, troncando la frase. Un kunai lo aveva trafitto sulla schiena.

«Ma guarda che simpatica ragazzina…» mormorò tra sé e sé, strappandosi l’arma e cominciando a giocherellarci pensieroso, continuando a dare le spalle a Tenten.

«Ehi biondo! Guardami!» lo incitò la ragazza.

«Potrei non staccarmi più, eh?» rispose maliziosamente, voltando lo sguardo e trovandosi la mora a pochi centimetri dal naso. E uno shuriken nello stomaco.

«Ma devi proprio colpirmi così brutalmente, tesoro?» esclamò lui, carezzandole il mento.

«Dai, bando alle ciance… tira fuori la grinta bellezza! Fammi vedere cosa sai fare!»

Lei annuì, felice che finalmente avessero smesso con quei giochetti stupidi. Un po’ le dispiaceva però.

Afferrò due rotoli e li fece volteggiare sopra di lei. Erano i Soushouryu.

Saltò incredibilmente in alto e cominciò a girare su sé stessa, afferrando le armi che comparivano dai rotoli. Mirava a Deidara.

«Mamma… sto tremando di paura…» sbadigliò, respingendo ogni attacco solo con un kunai. Lanciò uno shuriken, stracciando così uno dei rotoli della ragazza. Tenten cadde a terra con un tonfo.

Si rialzò, dolorante.

«Ti sei fatta male?» domandò il biondo. Non appariva un tono di scherno nella voce. Forse si era davvero preoccupato.

«No! Ci vuole ben altro per mettermi al tappeto!» esclamò lei, mostrandogli la lingua.

«Brava, così ti voglio!» la incitò l’uomo, estraendo un rotolo dalla tasca del mantello dell’Akatsuki.

«E quello… cos’è?» chiese incuriosita.

«Oh… soltanto un regalino per te e il tuo allenamento.»

Tenten afferrò il rotolo e lo aprì. Dentro vi era scritta una sola parola.

«Shiraha»

Subito comparve in una nuvoletta di denso fumo bianco, un grande bastone tagliente. Le lame erano posizionate su entrambi i lati dell’arma.

«Possiamo tranquillamente chiamarla… Trottola Demoniaca, bellezza!» la informò lui.

«Cioè?» balbettò la bruna, rigirandosi ammirata l’oggetto tra le mani. Il volto illuminato di una strana luce di meraviglia.

«Impugna il bastone davanti a te…»

Lo fece.

«Comincia a volteggiare intorno a te stessa.»

La ragazza eseguì. Prese a girare intorno ad un perno immaginario.

Gira.

Gira.

Gira.

«Più veloce! Più veloce!»

Gira. Più veloce.

Gira. Più veloce.

«Di più!»

Più veloce. Più veloce.

Più veloce. Più veloce.

Ormai roteava ad una velocità inconcepibile. Il chakra veniva rilasciato da ogni parte del suo corpo. Era diventata una trottola azzurra.

Deidara preparò tre piccoli uccelli grazie alle sue mani. Questi si avvicinarono alla ragazza.

Tranciati in pieno. Di loro, solo pezzettini sparpagliati in terra.

La mora prese a rallentare.

Era arrivata al limite. La tecnica l’aveva prosciugata completamente dalle forze.

Cadde in ginocchio, stanca, provata, ma felice.

Era molto tempo che non sorrideva così dopo un allenamento. Subito pensò a Neji.

Lei e Neji si allenavano sempre insieme… amava recarsi tutti i giorni a casa dello Hyuuga, apparire improvvisamente sul davanzale della sua finestra e svegliarlo…

 

«Neji! Sveglia!»

«Tenten!»

«Muoviti! Ti aspetto fuori!»

 

Attendere il suo arrivo sul ciglio della porta. Salutare Hiashi-sama. Sbeffeggiare Hanabi mentre lei non sentiva.

E poi incamminarsi insieme, prendendolo in giro sul fatto che fosse un dormiglione.

 

«Signor Hyuuga… sa di essere un pigrone?»

«Taci Tenten!»

«Pigrone, pigrone, pigrone! Hai preso la Shikamarite!»

«La… che cosa?»

«Ma sì… “Shikamarite”! Un po’ di elasticità mentale, Neji!»

 

Ridacchiò.

“Shikamarite”.

«Che hai da ridere?»

Si accorse di essere ancora nel campo di allenamento e che quello che aveva davanti era Deidara.

Cosa aveva fatto?

Rimembrato il passato.

E cosa si era promessa di non fare più?

Quello.

Abbassò lo sguardo. Improvvisamente, il sorriso scomparve dalle sue labbra, sostituito da un infinito senso di tristezza.

Perché doveva proprio pensare a lui? Neji… quel nome non doveva significare più nulla per lei.

Nulla.

Nulla!

Neji, Rock Lee, Shikamaru, Naruto… erano nomi che doveva dimenticarsi. Doveva scacciarli dalla mente.

Non poteva permettersi di ricordarli. Non poteva permettersi di guardare indietro.

Qualcuno le sollevò il meno con un dito.

«Tutto bene?» le chiese l’uomo, con aria estremamente calma e, forse, preoccupata.

«Sì…» biascicò Tenten, prima di crollare tra le braccia del biondo, perdendo i sensi.

 

«Neji?»

«Sì?»

«Ne… Neji?»

«Sì?»

«Ne…»

«Chi sei tu?»

 

Sakura si era allenata duramente, raggiungendo il suo scopo: diventare ninja medico.

Era come una piccola Tsunade, ovunque andasse, i ninja la salutavano, congratulandosi con lei per l’ottimo lavoro che stava svolgendo nella sezione ANBU.

Naturalmente, la ragazza era onorata di ricevere così tante attenzioni, sorrideva spesso a coloro che la fermavano per strada, ringraziandola.

Sì, sorrideva. Ma non erano veri sorrisi i suoi.

Da quando aveva perso la propria migliore amica e il ragazzo che amava, ogni accenno di felicità le sembrava un torto nei confronti di Ino, che non poteva essere lì, a ridere con lei. E Sasuke-kun a sorridere beffardo, come aveva sempre fatto.

Ormai consumava uno strano affetto con un’altra persona che era molto vicina alla Yamanaka.

Si abbracciavano, si lanciavano fulgide occhiate, si consolavano. Arrivavano persino a regalarsi casti e fugaci baci sulle labbra. Ma non era amore. Tutti dicevano che non era amore.

Sakura sapeva bene che Shikamaru non l’avrebbe mai amata. Lui cercava in lei la bionda compagna. Cercava i comportamenti, l’atteggiamento, persino il modo di parlare. Ma trovava solo un’ombra lontana. Si chiudeva in un sogno e passava giornate intere ad osservare il cielo.

Lei invece, cercava in lui i silenzi e l’intelligenza di Sasuke. La sua indifferenza davanti ad ogni singola cosa.

Cominciò a vestirsi più spesso di azzurro. L’azzurro le ricordava Ino. Lei e i suoi occhi profondi, meravigliosi, estasianti. Brillanti della più pura delle felicità.

Lei, Shikamaru e Neji si trovavano spesso a mangiare insieme, o ad essere scelti come Team per delle missioni, dal momento che il Team Gai e l’ex Team Asuma non esistevano più senza le ragazze.

Il trio sembrava unito e diviso. Unito da un sentimento di amicizia, o di conforto, a seconda dei punti di vista.

Ed era sempre difficile superare ogni giorno insieme, senza piangere, senza pensare a loro.

Anche Neji era triste. Se prima sorrideva raramente, ora non sorrideva più. L’ironia era scomparsa dai suoi occhi. Il sarcasmo pungente non gli sfiorava più le labbra. L’aria di superiorità non solcava più l’espressione impassibile.

Era diventato un enorme pezzo di ghiaccio. Incapace di essere felice, incapace di essere triste.

Incapace di essere vivo.

Viveva le sue giornate così, lasciando che gli scorressero davanti agli occhi, succube degli avvenimenti.

Gli mancava Tenten. Gli mancava molto.

Ed ogni giorno gli sembrava sempre più stupido affacciarsi alla finestra e attendere che lei venisse a svegliarlo, come aveva sempre fatto, irrompendo rumorosamente.

Adorava quando i suoi occhi si tingevano di nocciola, guardando quelli dell’amica.

Era fuggita una parte del suo cuore…

E lui si sentiva perso.

Perso.

Perso.

Perso per sempre.

   
 
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