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Autore: Akami92    09/09/2007    9 recensioni
[SPOILER ANCHE NELL'INTRODUZIONE!]
Attraversarono la via principale di Konoha, scavalcarono i corpi inermi di Ishimaru e Hiroki, che alla fine erano stati raggiunti da Ayumi e violentemente picchiati, sorpassarono senza farsi notare alcuni vicoli del Villaggio, incontrando più volte Hoshi e Fuyuki intenti in effusioni varie, e per finire scoppiarono in una grassa risata, vedendo che Hideki stava recitando ad Okami una poesia di sua invenzione.
«Ode ad Okami, di Hideki Uzumaki.
Oh, dolce principessa degli animali abbaianti,
i tuoi occhi sono come il brasato,
tanto belli quanto cani ululanti,
nemmeno superano quelli di mio nonno Minato.
»
[ShikamaruxIno][ItachixIno] [TentenxNeji][TentenxDeidara]
[Accenni ShikakuxYoshino] [Accenni SakuraxNaruto] [Accenni KibaxHinata] [Accenni ShinoxTemari]
[EPILOGO!]
Genere: Romantico, Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akatsuki, Sorpresa
Note: OOC, What if? (E se ...) | Avvertimenti: Spoiler!
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Attenzione! Prima di leggere!

 

1)    I personaggi da me descritti non mi appartengono! Tutti i loro diritti sono del Grande-e-Onnipotente Kishimoto-sensei. Questa fanfiction non è stata scritta a fini di lucro.

2)    Questa è una fanfiction altamente OOC.

3)    Molte parole non sono, come dire, molto Oxfordiane. Se siete sensibili alle parolacce, chiudete questa pagina.

4)    La mia prima long-fic seria di cui ho già scritto praticamente tutti i capitoli.

5)    No, qui non appare Sasuke. E no, non è una SasuSaku/ItaSaku/SasuIta

6)    Se amate la coppia ShikaIno, rimarrete delusi (almeno per i primi capitoli), stessa cosa per gli amanti della NejiTen.

7)    La mia fantasia ha volta oltre i cieli della normalità… e ne sono usciti questi crack pairings… che però amo! *_*

8)    Le recensioni sono gradite. Apprezzerei però se evitaste il tipico: “Bella, aggiorna!” Grazie! ^^

 

Dopo queste premesse, vi lascio alla fic! Buona lettura!

Ja ne.

 

 

 

Farewell Konoha

_____________________________________________________________________

 

1.

 

 

Run away from here. You’re useless

 

Sayonara, Konoha.

Ino and Tenten are running away.

 

«Tsunade-sama!»

«Shikamaru! Che c’è?»

«Ino e Tenten!»

«Sì?!»

«Sono scomparse!»

 

Ino e Tenten correvano nell’ancora rabbuiato cielo mattutino.

Avevano lasciato Konoha. Per sempre. Stavano voltando le spalle al loro villaggio e attraversando quella foresta, per l’ultima volta.

Non sapendo dove andare. Non sapendo cosa fare. L’unica cosa di cui fossero sicure, era il perché della loro fuga.

Ino si era sempre considerata inutile, nel profondo della sua anima. Lo aveva notato nelle ultime missioni, di come Shikamaru e Choji diventassero sempre più forti e le rimanesse allo stesso, infimo livello.

Tenten si era accorta di come la sua presenza in una missione diventasse alla fine superflua, giacché Rock Lee e Neji da soli potevano sconfiggere chiunque.

Unite dal desiderio di cambiare, di lasciarsi il passato alle spalle avevano progettato di scappare. Via dal luogo triste dove si consideravano futili oggetti.

 

[Ino, se tu pensassi meno ai vestiti e un po’ più ad allenarti, magari diverresti più forte…]

 

 [Perché mi critichi sempre su come mangio? Guardati invece, sei debole! Non mangi abbastanza e perciò perdi facilmente le forze!]

 

 [So quanto può essere seccante allenarsi, ma non puoi essere stanca dopo solo due ore! Forse dovresti ascoltare le parole di Choji…]

 

Era stufa di ciò che pensavano i suoi compagni e il suo sensei.

Poteva scommettere che Asuma-sensei, quando era in vita, l’avrebbe sicuramente tenuta fuori dalle missioni di livello A. Al contrario di ciò che avrebbe fatto con Shikamaru e Choji.

E Choji? Diventava ogni giorno più potente. Ogni giorno migliore. Ogni giorno incredibilmente furbo e imbattibile.

Shikamaru ormai era fuori dalla sua portata. Sempre in quel gruppetto formato da Chuunin e Jounin della Sabbia.

Come se non sapesse che fosse innamorato di Temari. Sempre insieme quei due, sempre!

Strinse forte un pugno, ferendosi alla mano con le unghie.

Guardò Tenten, vicino a lei. Lo stesso problema. La stessa soluzione.

 

[Tenten! Se non usi lo spirito della giovinezza, non diventerai forte come il mio adorato Lee e Neji!]

 

 [Ten? Perché ti vedo allenarti così di rado?]

 

 [Tu vorresti sfidarmi? Ma non farmi ridere! La tua forza non è nemmeno comparabile alla mia!]

 

Ma certo Neji.

Tenten si morse il labbro inferiore, tagliandolo coi denti aguzzi e lasciando che una goccia purpurea colasse lungo il mento.

Rock Lee le diceva sempre di allenarsi. Di più, di più…

Gai-sensei la incitava anch’egli con l’allenamento. Ma lei non era come loro!

Lei era una ragazza! E comparare la forza di una ragazza con quella di un ragazzo non è possibile!

Eppure… sempre ad essere considerata inferiore.

E poi… c’era Neji…

Neji che non l’aveva mai incitata. La usava solo per allenarsi.

Ebbene, lei non sarebbe più stata una cosa!

Gliel’avrebbero fatta vedere a tutti! Sarebbero diventate le più forti! Le migliori!

Erano appena uscite dalla foresta di Konoha. Si fermarono per riprendere fiato, fisicamente e mentalmente provate. Non era cosa da tutti i giorni abbandonare amici e familiari per inseguire le proprie idee, che fossero utopiche o meno.

«Ma guarda un po’ chi abbiamo qui… Tobi…»

Una voce lugubre. Profonda, maschile. Fece accapponare la pelle alle ragazze, che estrassero gli shuriken, mettendosi immediatamente in posizione di difesa.

«Già… hai visto Deidara-senpai? Quella bionda non è male…» questa invece sembrava più giovanile e allegra. Mai fidarsi delle apparenze, però.

Dai rami più alti dell’albero sotto il quale si erano fermate apparvero due ninja. Il primo era un uomo con una grande maschera arancione a spirale, il secondo era biondo. La fotocopia maschile della Yamanaka.

«No Tobi… a me piace di più la bruna. Sembra più grintosa…»

Stavano giocando con loro a parole. Si stavano prendendo gioco di loro!

«Voi chi siete?» urlò Ino, più per lo spavento che per decisione.

«Io… io lo conosco!» sussurrò Tenten, indicando il biondo.

«Hai sentito Tobi? Sono famoso!» esclamò Deidara con aria di superiorità, scuotendo i lunghi capelli biondi raccolti nella coda.

«Ti… ti eri fatto esplodere! E non avevi più le braccia!» continuò la ragazza, in preda al terrore più vivido e vero che avesse mai provato.

«Già… beh… Kakuzu è bravo a ricucire, non trovi?» la sbeffeggiò, avvicinandosi più a lei e carezzandole la morbida guancia come per scherno.

Il braccio si mosse senza nemmeno accorgersi, mentre l’uomo veniva colpito da uno schiaffo in pieno viso.

«Mi sono sempre piaciute le ragazze difficili… mia bella opera d’arte…» bisbigliò all’orecchio di lei, con voce voluttuosa. Con un’odiosa espressione di vittoria tatuata sul viso.

«Aspettate! Voi siete dell’Akatsuki, vero?» domandò Ino, un tono di serietà e determinazione. Non le era mai uscito dalla bocca.

«Certo…»

«Voi… potete renderci più forti?»

Una domanda posta fermamente. Con sicurezza. Si sentiva già più forte solo al poterli eguagliare a parole. Se si fosse allenata con loro sarebbe diventata imbattibile.

«Senti bella, non possiamo far entrare chiunque nella nostra…» fece Tobi, presto interrotto dalla mano del compagno.

«Taci! Potrebbero esserci utili… voi venite da Konoha, no?»

Tenten annuì, avendo subito compreso l’ingegnoso piano della compagna.

«In cambio vogliamo tutte le informazioni possibili sul Kyuubi e Naruto Uzumaki!»

Avevano deciso di lasciarsi tutto alle spalle.

Una nuova vita. Avrebbe rimpiazzato quella vecchia e inutile. Una nuova vita dove erano loro a dettar legge. Dove loro erano quelle forti.

Accecate dalla brama di acquisire maggior potere, le menti annebbiate dal desiderio.

«D’accordo!»

Un sorriso si allargò sul volto di Deidara.

«Bene… seguiteci…» disse, mostrando alle ragazze la via da prendere.

Le due si guardarono per un fugace attimo, nei loro occhi lampeggiava una luce sinistra. Non potevano e non volevano tornare indietro.

Sorrisero sornione e li seguirono, attraverso l’ultimo tratto boschivo.

Arrivarono ai bordi di un lungo fiume e lo superarono grazie all’animale volante creato dall’artista.

Oltrepassarono i confini della Terra del Fuoco, una cascata e si ritrovarono in breve davanti ad una grande porta rocciosa. Un pietra gigantesca copriva l’entrata, sulla roccia, un sigillo.

«Ah!»

Il sigillo si disintegrò. Potevano entrare.

 

«Tsunade-sama! La prego, deve fare qualcosa!»

«Shikamaru, Neji, calmatevi! Ho già mandato la squadra ANBU a cercarle, se non le troveremo, vorrà dire che se ne saranno veramente andate…»

Ino e Tenten avevano lasciato Konoha prima che albeggiasse. Non un biglietto, non un’informazione del perché.

I primi ad accorgersene erano stati Neji e Shikamaru, poiché le compagne mancavano all’allenamento. Erano andati alle loro case, interrogato familiari e altri amici, ma l’esito delle loro ricerche li aveva portati ad un punto morto. Un punto che dava loro sempre la stessa, inconcepibile risposta: fuggite.

Ed una sola domanda invadeva la loro mente: perché?

«Quando le avete viste l’ultima volta? Shikamaru?»

«Ieri sera, ero andato a trovarla e…» fu interrotto.

«Perché eri andato a trovarla?»

Il ragazzo arrossì vistosamente.

«P… perché volevo sapere… se… se le andava di… beh… ecco… di… uscire con me…»

Tsunade annuì.

«E… ehm… lei mi disse che non poteva, doveva allenarsi sempre di più…» concluse con sguardo afflitto.

«Capisco… e tu, Neji?»

Lo Hyuuga avvampò.

«Ieri notte… ero fuori dalla finestra della sua camera…»

La Godaime lo guardò interrogativa.

«… perché volevo avvertirla del nostro allenamento! Avrebbe dovuto incontrarmi alle sei di questa mattina al campo. Ma non si è presentata…» terminò, abbassando il volto.

«E lei?»

«… ha detto che preferiva allenarsi da sola…»

L’Hokage lanciò un’occhiata a Shizune, come volesse chiederle aiuto per la risoluzione del mistero, che sembrava non avere né capo, né coda.

«Bene… e Choji e Rock Lee? Li avete interrogati?»

«Sì, non sanno nulla…»

Neji e Shikamaru si lanciarono un’occhiata carica di tristezza. Mancavano da poche ore, ma già si sentiva. La loro presenza era scomparsa ed insieme, anche la voglia di ridere e scherzare.

Era sempre Ino quella che buttava tutto sul ridere.

Era sempre Tenten a provocare sorrisi per la sua impacciataggine.

Senza di loro Konoha sembrava vuota.

«Tsunade-sama… richiedo una missione per riportarle indietro!» fu lo Hyuuga a parlare, adirato. Scomposto come nessuno l’aveva mai visto, sbattendo la mano sulla scrivania e facendo sussultare la donna.

In quell’istante, dal soffitto della stanza, un ragazzo cadde in terra con un tonfo sordo.

La vena sulla tempia di Tsunade prese a pulsare spasmodicamente.

«Naruto!» esclamò, tentando invano di reprimere la rabbia.

«Ehi, Tsunade no baa-chan, perché non vuoi accontentare la richiesta di Neji?» domandò il biondino con l’ingenuità che lo contraddistingueva. Il volto infantile rivolto sorridente verso la Godaime e i due amici.

«Perché se non ce l’ha fatta la squadra ANBU, è inutile che mandi un jounin diplomato da poco con manie di grandezza!» indicò Neji con severità.

«… e uno sfaticato chuunin con un portentoso cervello che usa solo quando ne ha bisogno!» indicò Shikamaru.

«Lo so Tsunade no baa-chan, ma oltre a loro potrei andarci io… dopotutto tra tutti sono il…» non terminò la frase.

«… genin più idiota e impulsivo nella storia di Konoha?» l’Hokage finì al suo posto.

Naruto mise un esilarante broncio e voltò le spalle ai tre.

«È la mia ultima decisione ragazzi! Andate pure…» li congedò.

I due amici si guardarono, abbozzando ad un quasi invisibile sorriso di soddisfazione. Girarono sui tacchi, fecero per aprire la porta…

«E se provate ad andarle a cercare… vi rispedisco tutti all’Accademia!»

Imprecarono sonoramente.

Usciti dall’ufficio del capo del Villaggio s’intristirono maggiormente. Chinarono il capo, mesti. Dovevano sopportare un gravoso senso di colpa.

Le loro strade si divisero quando dovettero tornare a casa.

 

«Niente allenamento stasera, eh?» domandò il padre di Shikamaru quella sera, al figlio sdraiato davanti alla televisione.

«No…»

«Ho saputo di Ino… mi dispiace…»

«Già…»

Era diventato persino monosillabico senza lei che lo spronasse a parlare. Senza di lei le giornate non erano le stesse. Era tutto così strano, buio. Come se fosse caduto in un baratro oscuro dall’impossibile risalita.

Le mancava terribilmente… la sentiva così lontana.

Così intoccabile.

Così inafferrabile.

Così chimerica… come la luna.

Si alzò in piedi, avvicinandosi alla finestra con passo strascicato. Anche la sua camminata si era intristita.

«Ino… dove sei…» sussurrò alle stelle, nel vano tentativo che gli astri celesti recapitassero il messaggio. Nel vano tentativo che le sue urla sussurrate nella notte fossero ascoltate dall’essere superiore di cui si parla tanto.

Se esisteva davvero un Dio, lassù, avrebbe accolto la sua speranza? O l’avrebbe lasciata sprofondare nell’intrinseca mente?

Restò per qualche istante immobile davanti alla finestra.

Sospirò.

Voltò le spalle e salì in camera sua.

Intanto, una scia luminosa si mostrò in cielo, mentre una stella raggiungeva terra.

 

Neji ascoltava, senza proferir parola, la discussione che stavano avendo Hiashi e la figlia Hanabi, riguardante gli allenamenti.

Ogni tanto rivolgeva un’occhiata eloquente al cielo stellato.

Il suo silenzio non era sconosciuto in casa Hyuuga, ma quella volta, tutti compresero che qualcosa nella sua mente non andava. Qualcosa di cui la mente si apre ma il cuore rimane chiuso.

«N… Neji nii-san?» lo chiamò dolcemente Hinata, sfiorandolo appena con la nivea mano sulla candida guancia.

Quel tocco così materno. Quel tocco che apparteneva solo a lei. Lo faceva stare così bene… gli faceva annebbiare la mente, rilassare i sensi e dimenticare le preoccupazioni. Come una droga.

Si sa… la droga può darti piacere immediato. Ma appunto, solo immediato.

«Non è niente…» bisbigliò, il volto contratto in quella che poteva essere una triste smorfia di superiorità.

Non si sarebbe mai abbassato ad ammettere quanto gli mancasse il contagioso sorriso di Tenten. Le sue battute, la sua giovialità…

«Neji nii-san… dopo devo parlarti…»

Ora il Byakugan poteva leggere anche nella mente?

Si alzò da tavola, evidentemente scocciato, dirigendosi verso la propria camera. Voleva dormire, risvegliarsi e pensare di aver fatto solo un incubo.

Dopo cinque minuti, lo raggiunse Hinata.

«Neji nii-san… Tenten è la miglior kunoichi che io abbia mai visto… e Ino non è da meno… vedrai, torneranno…».

Una voce così dolce, pura, candida.

Gli regalò un piccolo bacio sulla fronte e se ne andò.

Intanto, Neji, aveva cominciato ad osservare le stelle, notandone in quel momento una cadente.

«Tenten…» sussurrò, prima che un bagliore argenteo gli carezzasse la guancia, lasciando un alone umido.

La lacrima si posò sul davanzale di quella finestra da cui le piaceva tanto fare capolino per svegliarlo la mattina.

 

Si guardarono intorno, intimidite dal luogo sporco e maleodorante.

Un puzzo di muffa e chiuso si insinuò prepotentemente nelle loro narici. Acre, duro. Sapeva di morte, di sangue.

Tenten vacillò.

«Come avete detto di chiamarvi?» proruppe la simpatica voce di Tobi.

«Tenten ed Ino…» rispose la bionda, cercando invano di abbozzare ad un sorriso tranquillizzante.

Non per Tobi o Deidara, naturalmente. Quel sorriso era per convincere sé stessa di aver preso la strada giusta.

Si era accorte però di un significante dettaglio. I due dell’Akatsuki erano stati stranamente gentili con le ragazze… e se fosse stata una trappola?

Scosse la testa, non le avrebbero condotte fino al covo segreto.

L’entrata era un lungo cunicolo pietroso. Il muschio cresceva libero, l’acqua ristagnante era nauseabonda, si appiccicava ai piedi prepotentemente. L’umidità li faceva sudare più velocemente del dovuto.

«Chi schifo…» commentò Ino, toccandosi le ciocche color oro intaccate da quell’odore pesto.

«Già… dovrò richiedere al Leader di inventarsi una nuova entrata…» le rispose Deidara.

Lei strabuzzò gli occhi. Stava sostenendo una conversazione con uno degli uomini più malvagi del mondo. Nonché incredibilmente potente, avendo percepito il suo chakra.

I due dell’Akatsuki arrestarono il passo davanti ad una porta di legno muffito e tarlato. La aprirono. Emise un cigolio stridente.

«Prima le signore…» imitò l’uomo con la maschera arancione, a mo’ di maggiordomo.

Queste entrarono senza farselo ripetere, frementi di eccitazione.

Un kunai sfiorò la guancia di Tenten, lasciandole un leggero graffio.

«Ah… mancato!» gridò una voce immersa nell’oscurità.

«Kisame… fai schifo…»

«Anche io ti voglio bene, Itachi…»

Deidara passò davanti alle due.

«Ehi, ragazzi, abbiamo visite…» intimò il biondo, sparendo anch’egli nell’ombra.

«Ma dove l’hanno messo quel maledetto interruttore… chi mi ha fatto “pat pat”???» urlò improvvisamente.

Ino e Tenten sorrisero, divertite dalla scena.

«Scusa Deidara-senpai… credevo fosse l’interruttore…»

Ma quando si era mosso Tobi?

Le due ragazze di Konoha si guardarono intorno… strabiliante velocità. Tesero l’orecchio per ascoltare ancora.

«Ti pare che il mio culo assomigli ad un interruttore, Tobi?»

«No, scusami senpai…»

«Che cos’è tutto questo baccano?»

Questa volta, la voce le fece rabbrividire. Era profonda, adulta… raccapricciante.

«Zetsu, già che ci sei, accendi l’interruttore…»

E subito, comparve una luce accecante che illuminò tutti i presenti in quell’antro cupo.

Si trovarono davanti ad una scena che poteva essere interpretata in due modi. Esilarante e terrificante.

Esilarante era la posizione di Tobi e Deidara e la smorfia di quest’ultimo.

Terrificante il trovarsi davanti un uomo azzurro con le branchie e un uomo-pianta.

«Ehi, Deidara… posso mangiarle?» domandò l’uomo-pianta, leccandosi le labbra. Era spaventoso, metà corpo bianco e metà nero.

Tenten ed Ino si strinsero.

«No! Loro serviranno al Leader per il Kyuubi… oltretutto hanno detto di essere scappate da Konoha per diventare più forti… ai nostri livelli, no?» spiegò con pazienza il biondo.

«Ma sono giovanissime… non avranno più di quindici anni!» esclamò come offeso e umiliato il ninja azzurro.

«Kisame… sbaglio o io sono entrato nell’Akatsuki a quattordici anni?» proferì a voce piuttosto bassa Itachi Uchiha.

Alla bionda si strinse il cuore. Vedere così il fratello di Sasuke. Così simili eppure così diversi. Stesso aspetto, ambizioni totalmente diverse. La rovina degli Uchiha non era stata data dallo sterminio, ma dall’allontanamento di quella che pareva essere la coppia di fratelli più unita del Villaggio.

«E comunque, noi abbiamo sedici anni!» gridò vilipesa.

Vide lo sguardo dell’Uchiha posarsi su di lei. Era pesante. Come un masso caricato sulla schiena.

«Hai carattere…» lo sentì sussurrare.

«È normale che ce l’abbia! Solo i deboli non hanno carattere!» replicò a testa alta, facendosi largo tra lui e il mukenin chiamato Kisame, avvicinandosi all’uomo-pianta.

Gli punto un dito contro.

«E tu non osare mangiarmi! Ortica!»

Tutti scoppiarono in volgari risate, persino lo stesso ninja verde.

«Ehi Zetsu… ci sa fare a parole la ragazzina!» commentò divertito Itachi.

Tenten si avvicinò all’amica, sorridendole complice.

«Potete presentarci al vostro leader?» domandarono.

«Non ce n’è bisogno…» mormorò una voce roca, bassa e graffiata. Così misteriosa e terrorizzante.

«Vedo un gran potenziale in voi… un chakra di incredibile potenza che deve solo essere stimolato… in cambio voglio tutto ciò che sapete sulla Volpe a Nove Code…» continuò.

«Le avrà» rispose la bruna, risoluta come non lo era mai stata.

Per loro cominciava una nuova vita.

Tutto ciò che avevano imparato in sedici anni diventava inutile. Dovevano riprendere da capo tutto. Ma lo avrebbero fatto. Lo avrebbero fatto per dimostrare la loro forza.

All’Akatsuki era tutta una sfida. Bisognava sempre mettersi alla prova per salvare la pelle.

Ma soprattutto… non era conveniente insultare Zetsu, se ci tenevi alla testa.

 

   
 
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