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Autore: Melabanana_    26/02/2013    4 recensioni
Hera Tadashi è un ragazzo apparentemente indifferente a tutto, che si lascia passare accanto gli eventi senza preoccuparsene molto.
Afuro Terumi è un idol emergente, ma già molto famoso, che nasconde il suo vero carattere.
Questa fic parla di come il loro incontro abbia modificato le loro vite, e di come la loro storia sia venuta ad intrecciarsi con quella dei loro amici.
Coppie: HerAfu, DemeKiri, ArteApo, vari ed eventuali.
{dedicata a ninjagirl, che mi ha fatto scoprire e amare queste pairings.}
~Roby
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Perché in ogni momento, il rosso e il viola sanno sempre trovarsi.
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Afuro Terumi/Byron Love, Altri, Hera Tadashi, Jonas Demetrius/Demete Yutaka
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Buon pomeriggio °^°
Come avevo preannunciato (?), questo capitolo ha come protagonisti Aporo e Artemis!
Qui parlerò della relazione che avevano alle medie, e del motivo del risentimento di Aporo nei conftonti di Artemis...
Spero di avervi incuriositi xD
Baci,            
               Roby



Capitolo 20.

-Hikarukun, hai di nuovo preso un voto basso? Certo che devi essere davvero stupido!-
-Bastardo! Cretino! Sta zitto! Sparisci dalla faccia della terra!-
Un ragazzino dai capelli verdi fronteggiava arrabbiato un altro ragazzo alto e strafottente.
-Ah, eccoli di nuovo qui, il nostro Duetto comico!- commentò un loro compagno di classe e a questo seguirono delle risate.
Il ragazzino ringhiò. –Smettetela di chiamarci così!- esclamò.
L’altro gli diede un leggero schiaffetto sulla fronte e sorrise.
-Però è vero che siamo inseparabili, ne, ne, Hikarukun?- disse.
-Non certo per volontà mia!- replicò il ragazzino arrabbiato.
Ma il ragazzo stava già guardando da un’altra parte, verso le sue molte ammiratrici. Le salutava sventolando la mano come un principe, e sorrideva.
Hikaru si toccò la fronte e arrossì, mettendo il broncio. –Scemo.- borbottò.
Era un ragazzo bellissimo e seducente, Arute Saneki detto Artemis.
Peccato che fosse anche un vero bastardo.
Da quando si erano trovati in classe insieme Arute l’aveva preso di mira, bersagliandolo continuamente con battute graffianti e scherzi, o peggio prendendolo in giro per la sua altezza.
In effetti, era innegabile che loro due stavano sempre insieme. Per un motivo o per un altro, Arute era diventato la sua ombra. Ed era davvero fastidioso.
Il ragazzo fece un sorrisetto nella sua direzione, facendogli venire una gran voglia di picchiarlo.
Invece, chissà perché, resto immobile e arrossì.
Perché quel bastardo di Arute gli piaceva da morire.
Non aveva mai provato quei sentimenti verso nessun altro, quella era certamente la sua prima cotta. Una stupida cotta che non l’avrebbe mai portato da nessuna parte.
Sospirò e si voltò, andando verso il suo banco.
-Ne, ne, Hikarukun, oggi siediti vicino a me!- esclamò Arute.
-Non ci penso neanche, non trascorriamo già abbastanza tempo insieme?!-
Arute fece finta di non aver sentito si sedette lo stesso affianco a lui.
Ecco, era esattamente quello l’atteggiamento che Hikaru trovava irritante.
-Diciamoci la verità, Arute, io non ti piaccio, vero?- sospirò, rassegnato.
L’altro ragazzo lo trafisse con lo sguardo.
-Infatti, non mi piaci. Sei l’unico a chiamarmi sempre Arute, quando ho detto chiaramente che preferisco Artemis. Sembri davvero un bambino, e poi sei violen…- rispose piatto, l’ultima parola fu troncata dal libro che Hikaru gli sbatté sulla faccia.
-Ascolta fino in fondo quello che gli altri dicono!- gridò Arute seccato.
I loro compagni di classe ripresero a ridere e a fare battute e commenti sul Duetto comico.
-Io ti chiamo come mi pare, e poi Artemis mi fa senso- ribatté Hikaru incrociando le braccia.
Non avrebbe mai detto che c’era un motivo per cui si rifiutava di usare il suo nome fittizio, Artemis. Quel nome gli dava un senso di vuoto, di distanza. Che brutta sensazione.
Chiamarlo Artemis era come chiamare uno sconosciuto.
Arute non replicò e lo lasciò in pace per il resto della giornata, o meglio lo ignorò.
Dopo la quinta ora, per la pausa pranzo, Hikaru decise di salire sul tetto.
Quella mattina il vento soffiava un po’ piano, un po’ forte.
Hikaru si mise una mano davanti al volto quando una raffica improvvisa gli scagliò un turbine di foglie secche contro. Sperò che non gli fossero entrate anche nel bento.
-Itadakimasu!- esclamò, poi con le bacchette prese un polipetto.
Prima che potesse mangiarlo, però, un’altra persona gli prese la mano e direzionò le bacchette verso la propria bocca.
-Ne, ne, Hikarukun, non è triste mangiare da soli in un posto così freddo?-
Hikaru si sentì avvampare e alzò lo sguardo di scatto verso Arute, come sempre sorridente e provocatorio. Il ragazzo incalzò:- Perché sei da solo?-
-Non sono affari tuoi…- sussurrò Hikaru. Non si sarebbe certo andato a lamentare con Arute che  un certo ninja aveva iniziato a gravitare intorno al suo migliore amico, Demete Yutaka,sottraendoglielo per la maggior parte del tempo. No, sarebbe risultato patetico.
-E tu invece? Le tue fan ti hanno abbandonato?- cercò di suonare sprezzante.
Arute si appoggiò alla ringhiera e sospirò.
-Ti piacerebbe…- disse, seccato. –Mi sono un po’ stufato, ecco tutto.-
La sorpresa illuminò il volto di Hikaru quando lo sentì dire queste parole.
Di cosa si era stufato? Non era forse lui a cercare continue attenzioni?
-Tu sei davvero un libro aperto, Hikaru.- rise Arute, canzonatorio. –Un po’ mi fai invidia.-
Hikaru avvampò. –Smettila di prendermi in giro- replicò, arrabbiato.
Arute abbassò lo sguardo sulla maschera di marmo; se la rigirava di continuo fra le mani, come se fosse nervoso per qualche motivo che a Hikaru sfuggiva completamente.
Arute era una persona indecifrabile.
-Mi cercano, mi vogliono, mi chiamano. Ma in realtà cosa sanno di me?- mormorò il ragazzo senza distogliere lo sguardo dalla maschera. –E io, cosa so di me? Chi sono io in realtà?-
Hikaru non ricordava di averlo mai visto così serio. Era così concentrato su quegli occhi di marmo, come se cercasse in essi il vero se stesso.
Gli fece rabbia, questo improvviso cambiamento.
-Ma sei stupido o cosa?- esclamò Hikaru, con le mani ben sistemate sui propri fianchi. Lo guardò quasi con aria di sufficienza. –Tu sei tu! Non c’è nient’altro da sapere!-
Arute alzò gli occhi di scatto e lo fissò.
Per la prima volta, lo stava guardando in maniera nuova, non più dall’alto in basso ma da pari. Non era irritato, ma semplicemente sorpreso.
Poi il suo sguardo si addolcì, cancellando la solita freddezza che dava luce ai suoi occhi blu.
Hikaru si sentì arrossire nuovamente, quando le labbra di Arute s’incresparono in un sorriso.
-Sai, a volte invidio i tuoi semplici circuiti mentali, Hikarukun- commentò, ridendo.
Hikaru pestò i piedi arrabbiato. –Ti ho detto di non prendermi in giro! Bastardo!- protestò, voleva tanto dargli un pugno sul quel bel faccino che si ritrovava, ma Arute gli mise una mano sul capo.
Che fosse un modo per tenerlo fermo, o una presa in giro, non importava; perché lo sguardo di Arute era dolce e Hikaru non riusciva a smettere di desiderarlo…

  xxx

La scuola era vuota, ovviamente. Tutti erano già andati a casa.
Il vuoto s’interrompeva solo dove Hikaru passava: era rimasto indietro perché aveva dimenticato il dizionarietto d’inglese in classe.
Mentre camminava, pensava ad Arute. Qualcosa era cambiato, Hikaru ne era certo.
Pur continuando a prenderlo in giro come sempre, Arute sembrava essere diventato molto più gentile nei suoi confronti. Era quasi terrificante, gli faceva pensare che avesse qualcosa in mente.
Però, finché durava, non gli dispiaceva affatto quella gentilezza; forse avrebbe dovuto prendere in considerazione l’idea di dichiararsi… 
-Arute, non vorresti uscire con me, sabato?-
Il ragazzino si pietrificò davanti all’aula. La porta era socchiusa, e da lì poteva intravedere Arute, circondato da tre ragazze e due ragazzi.
-Ho altri impegni, scusami- Hikaru sospirò di sollievo quando Arute rispose così alla ragazza.
Questa gli mise il broncio e gli si sedette in braccio, giocherellando con la sua cravatta e causando ad Hikaru dolorose fitte di gelosia.
Stava giustappunto pensando di assecondare il suo carattere impulsivo, entrare sbattendo la porta e strappargli di dosso quelle galline e già che c’era prendere il dizionario.
La rabbia e la gelosia ruggivano nella sua gola.
-Arute, ho sentito che stai sempre appiccicato ad un ragazzino- si lamentò la ragazza, imbronciata. Si spostò una ciocca di capelli dal volto. –Ti diverte?-
Hikaru sentì il respiro mozzarglisi in gola. Anche lui era in attesa di una risposta…
-Beh, a dire la verità… lo trovo immensamente divertente quando s’imbarazza, o si arrabbia.-
Sul viso di Arute era stampato un sorriso indecifrabile.
Mentre nei suoi occhi non c’era più traccia di dolcezza, in quelli di Hikaru apparvero le lacrime.
Il ragazzino si voltò e scappò, con la mente in blackout totale.
Era appena stato respinto, senza nemmeno essersi dichiarato, no? Da quel bastardo…
No, quello non era l’Arute Saneki di cui si era innamorato, era soltanto una maschera di apparenze e crudeltà. L’aveva preso in giro per tutto questo tempo?
-Arute… Arute… - continuava a dire, sconvolto. Si fermò, fissando a terra.
Una leggera penombra gli oscurava il viso, dal quale le lacrime scivolavano giù.
-Perché soffro così tanto?- sussurrò.
Perché lo amava così tanto? Anche ora che l’aveva ferito, continuava ad amarlo; anche ora che la certezza di non poter mai essere ricambiato affondava dentro di lui…
-Arute, perché…-
Faceva tanto male. Non poteva continuare così, o quella sofferenza gli avrebbe distrutto il cuore in mille pezzi… in qualche modo doveva pur proteggersi.
-Se non posso averti allora… meglio cancellare tutto di te…- singhiozzò.
-Ti odio, Arute… ti detesto…-






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