10 il sogno
-í-
Senza farsi vedere, Draco era riuscito a raggiungere il castello.
Come tanti altri ragazzi,
conosceva a menadito almeno cinque passaggi segreti per entrare e uscire dal
castello di nascosto.
Questa volta optò per quello
nascosto dietro ad un contrafforte del lato est del castello.
Lentamente planò verso quella
che doveva la posizione adatta.
Appoggiati i piedi, scese dalla
scopa e con un piede diede un calcio ad un mattone un po’ più scuro degli altri.
La semplice azione risultò
un’impresa ardua. Non solo il mattone era ad un metro dal suolo, ma Hermione
iniziava a pesare.
Dopo qualche istante, una serie
di mattoni iniziarono a spostarsi, creando così un’apertura.
Senza farsi pregare Draco entrò.
Il corridoio in cui era entrato
non solo era basso e umido, ma anche assolutamente buio.
Camminò così nell’oscurità.
Lui e quella ragazza in
braccio, soli.
Finalmente uno spiraglio di
luce arrivò agli occhi del giovane, segno che la meta era stata raggiunta.
Ancora una volta si aiutò con
il piede e fece forza su una parete.
Mantenere l’equilibrio non era
semplice, ma la sua determinazione gli fu di grande aiuto.
Quando anche l’ostacolo della
parete fu superato, Draco si trovò accecato dalla luce che proveniva dalla Sala
Comune dei Serpeverde. Infatti il passaggio portava proprio dietro ad una
grande statua posta sulla parete ovest della stanza.
Era consuetudine per i
Serpeverde usare quel passaggio durante gli incontri segreti o le fughe
notturne destinate a sfociare in assurdi scherzi agli studenti delle altre Case.
Fortunatamente non c’era ancora
nessuno. Tutti dovevano ancora essere a Hogsmeade.
Una volta entrato nella stanza
di Hermione, si avvicinò al letto e appoggiò la ragazza sul letto.
Chiamò a se un kit di pronto
soccorso che teneva nella sua stanza in caso di bisogno, e prese una boccetta
contenente un liquido giallognolo.
Fece passare una mano sotto il
capo della Grifondoro sollevandole la testa, e con l’altra avvicinò la boccetta
alle sue labbra.
Facendo una lieve pressione su
quella morbida carne, riuscì a farle schiudere la bocca e a far entrare alcune
gocce della pozione.
Attento a non commettere gesti
bruschi, tolse la mano da sotto la nuca e la lasciò delicatamente cadere sul
morbido cuscino.
Nel frattempo la ragazza che
lui trattava con tanta cura si trovava da tutt’altra parte, se non fisicamente,
almeno col pensiero.
Non capiva se stava sognando,
se era morta o se era nel limbo.
Tutto intorno a lei era nero.
Non c’era un pavimento a
sostenerla, né un cielo a sovrastarla. Solo un fittissimo buio.
Non c’erano rumori, il buio sembrava
aver ovattato anche quelli.
Non c’era nulla.
Pensò di aver perso la vista o
l’udito a causa dello scontro, ma alzando le mani, riuscì a vederle
distintamente e il regolare rintocco del suo cuore, le fecero capire che la
causa era un’altra.
Pensò che avrebbe dovuto
muoversi e cercare un qualsiasi punto di riferimento.
Ma non c’era nulla che poteva
aiutarla ad orientarsi.
Avrebbe voluto gridare, battere
i piedi e mettere i pugni, ma nessuno l’avrebbe sentita.
Improvvisamente si fece
prendere dal panico e iniziò a correre.
Non sapeva dove andava, ma poco
importava.
Lì, ovunque era lo stesso posto.
Dopo alcuni minuti si fermò
esausta e si sedette per terra.
Si strinse le ginocchia al
petto, vi appoggiò la testa e si lasciò andare in un pianto sordo.
Pochi singhiozzi e molte
lacrime.
Non sapeva dove si trovava, non
aveva la sua bacchetta e non c’era nulla e nessuno che la potesse aiutare.
Non riusciva a mantenere il suo
famoso sangue freddo.
Era come denudata di tutte le
sue sicurezze.
Aveva freddo e si sentiva sola.
Passarono parecchi minuti,
forse ore. Hermione non lo seppe dire.
Il pianto si era fermato,
lasciando spazio a un vuoto incolmabile.
Sapeva che non poteva fare
nulla per uscire da quel luogo. Non era da lei arrendersi, ma in quel momento
non le sembrava esserci via di scampo.
L’unica cosa che le restava era
se stessa.
Iniziò così a pensare e si
accorse che poco a poco il buoi si diradava, lasciando intravedere quelle
stesse immagini che lei stava pensando.
Si accorse che era solo
un’illusione, non la realtà, quando cercò di toccare una spalla di Harry e
chiamarlo a gran voce.
Solo immagini.
Cercò quindi di pensare ai suoi
amici, magari l’avrebbe fatta sentire meno sola rivivere i bei momenti con loro.
Ricordò quando per la prima
volta li incontrò, quando per la prima volta rischiò la vita con loro e quando
per la prima volta si accorse di provare qualcosa per Ron.
Ron.
Ingenuamente aveva scambiato
l’affetto con l’amore, con la conseguenza di aver illuso il suo amico e se
stessa.
Rivisse il momento del loro
primo bacio e di quelli successivi, sempre meno passionali e sempre più
fraterni.
Poi un’ombra di tristezza la
invase e immediatamente anche tutto quello che la circondava scomparve,
tornando al buoi originario.
Lei aveva rischiato di morire
tante volte, aveva bellissimi voti, genitori che l’amavano e amici che
avrebbero dato la vita per lei, ma a parte l’illusione di Ron, mai nella sua
vita aveva provato il vero Amore, quello con
Troppo chiusa in se, non aveva
mai dato spazio a quella parte irrazionale che le avrebbe permesso di lasciarsi
andare e magari trovare l’amore.
Solo una volta aveva allentato
la presa e proprio quella volta era quasi finita a letto con Malfoy.
Una morsa allo stomaco e un
battito cardiaco irregolare si impossessarono di lei al solo pensiero di quel
ragazzo.
Perché con lui.
Perché lui.
In quel momento il buoi si
diradò una seconda volta e apparve il momento in cui lei e Malfoy si incontrarono,
o per meglio dire, scontrarono, la prima volta. A quella scena ne succedettero
tante altre. Sempre loro due, durante i loro bisticci e scontri.
Poi quella mattina e poi ancora
il pomeriggio, dove lei si era accorta che forse i suoi pregiudizi erano
infondati e che forse lui era diverso.
Era la prima volta che
ammetteva a se stessa quelle cose e si rese lentamente conto che in quel modo
si spiegava quello che era successo nelle ultime ventiquattro ore.
Provava qualcosa per Malfoy.
L’immagine della Serpe apparve
davanti a lei.
Aveva sempre creduto di odiarlo
per il suo modo di fare, in realtà non riusciva ad accettare che ci fosse
qualcun altro che come lei fingesse di essere un’altra persona.
Lentamente l’ologramma alzò una
mano e le sfiorò il viso, poi svanì nel nulla, lasciandola di nuovo sola.
Ma ora era diverso da prima.
Non aveva più freddo, c’era
qualcosa dentro di lei che la scaldava e la faceva sentire felice.
Draco stava riponendo quella che
era la pozione che lo aveva aiutato numerose volte dopo i violenti scontri
nelle missioni per il Signore di suo padre, quando un gemito raggiunse le sue
orecchie.
Hermione si era svegliata e ora
si stava stiracchiando sul letto.
Draco si voltò e chiamando una
poltrona accanto a se, si avvicinò al letto –Era ora!-
-Cosa?!…- Ok, forse non si era
proprio svegliata del tutto.
-Ho detto che era ora che ti
svegliassi, pensavo volessi dormire ancora per un po’- Ora il ragazzo si era
accomodato a fianco del talamo.
Hermione si stropicciò gli
occhi e cercò di dare un senso a quelle parole. Poi, a poco a poco, iniziò a
ricordare e tutto le fu più o meno chiaro.
Il cuore iniziò a batterle
all’impazzata e le immagini tornarono a farsi vive nella sua mente.
Con uno scatto si alzò a sedere
e si voltò verso Malfoy –Come stai? Cioè non sei stato colpito, vero?-
Non sapeva perché aveva avuto
quella reazione, i fondo doveva mantenere un certo controllo, ma in quel
preciso istante, anche se la curiosità di sapere quello che era successo era
veramente tanta, la prima cosa che le uscì dalla bocca era chiedere la conferma
che quel ragazzo che le stava a fianco stesse bene.
Draco si aspettava domande e
insulti a non finire e quella domanda lo spiazzò, ma non lo diede a vedere. Anni
di indifferenza erano serviti anche a questo –Certo che no! Altrimenti credi
che sarei qui a parlarti! Per essere la famigerata so-tutto-io, ti credevo più
brava a riconoscere le maledizioni senza perdono!-
-So benissimo che era un’Avada
Kedavra!- e mentre tornava a coricarsi completamente aggiunse –è solo che
volevo essere sicura che non ti fossi fatto nulla…-
Ancora una volta le parole le
erano uscite senza che lei volesse, ma stranamente non le rimpianse, anzi si
sentiva sollevata per aver dato voce, anche se inconsciamente, a quello che
pensava.
Se prima era sorpreso, ora era
esterrefatto.
“volevo essere sicura che
non ti fossi fatto nulla”.
Quelle parole sembravano
riecheggiargli nella testa.
“volevo essere sicura che
non ti fossi fatto nulla”.
Questa volta non riuscì a
mascherare il suo stupore ed Hermione se ne accorse.
Avrebbe potuto cogliere
quell’attimo per sottoporlo a un terzo grado con i fiocchi, ma qualcosa dentro
di lei la fermò.
Sentiva che non era il momento.
Ma non per questo si risparmiò
nelle frecciatine -Beh, di cosa ti sorprendi? Se non me ne importava nulla di
te ti avrei lasciato morire…-
Poche parole che dentro Draco
scatenarono l’inferno.
Non sapeva cosa dire.
A lei importava di lui?
Certo, in quel modo si spiegava
perché lo aveva salvato e perché quella mattina ci era quasi stata, ma la cosa
gli suonava ugualmente strana.
Poi si ricordò che quello era
il suo intento sin dall’inizio.
Farla cadere ai suoi piedi.
Ma ora che era sulla buona
strada, si rese conto che c’era qualcos’altro, oltre che al suo orgoglio, che
lo portava a volere
Hermione ancora una volta si
accorse di come le sue parole avevano colpito Malfoy.
Tra loro cadde un silenzio
imbarazzante.
Lui non sapeva come rispondere a
quelle parole. Non gli era mai capitato di trovarsi in una situazione del
genere.
Lei non voleva dire altro
sull’argomento, ma detestava quel suo silenzio.
Ben presto tra i pensieri della
riccia, ne fece capolino uno. Certo, avrebbe rovinato l’atmosfera, ma prima o
poi ne avrebbero dovuto discutere. Tanto valeva approfittarne.
-cos’è successo al parco?- la
voce quasi come un sussurro.
Draco trasse un sospiro di
sollievo per non essere stato obbligato a continuare la conversazione, ma anche
quella che si presentava sembrava non meno insidiosa –niente di importante…-
“certo, bella scusa, potevi
pensarci meglio, ora col cavolo che si arrende” pensò tra se e se
-scusa, credo di non aver
sentito bene, sai, dopo una giornata del genere, non è che potresti ripetere?-
Hermione aveva sentito benissimo, ma non aveva voglia di litigare subito. Per
quello c’era tempo.
Draco non sapeva se crederle o
no, ma colse la palla al balzo -Ho detto che non è nulla che ti riguarda-
“ma dove le vado a pescare io
le scuse?” la vocina nella sua testa stava iniziando a meditare di fargli
chiudere le orecchie nel forno una volta terminata la conversazione.
-Malfoy, senti, sono stanca e
non mi va di litigare, quindi te lo ripeto per la terza e ultima volta. Cosa è
successo nel parco? E questa volta vedi di non dir baggianate, o potrei
schiantarti seduta stante- la voce calma rendeva la minaccia leggermente
inquietante.
-Mezzosangue, non sono affari
tuoi, tu ci sei capitata in mezzo per sbaglio, ma non sono affari tuoi, quindi
lascia perdere- e sperando che lei ascoltasse il suo consiglio si alzò dalla
sedia e si diresse verso la porta.
-NON AZZARDARE AD ANDARTENE!!-
Ok, forse aveva alzato un po’ troppo la voce, ma solo perché lei non riusciva
ad alzarsi senza rischiare di svenire, non gli dava il diritto di allontanarsi
per chiudere la conversazione –Malfoy, senti, non mi interessa se prima io non
c’entravo nulla. Ora mi riguarda, e anche da vicino! Quindi muoviti a dirmi
cos’è successo-
Draco si voltò e la fulminò con
lo sguardo –Sennò cosa fai? Mi mordi?-
-no, non oserei mai, quella è
una tua specialità- un attimo di silenzio e poi la ragazza ripartì all’attacco
–cos’è una questione privata tra te e i tuoi amici Mangiamorte? avete avuto un
bisticcio su chi avrebbe dovuto uccidere il prossimo innocente? O povero
piccolo assassino incompreso...- ok, forse aveva esagerato, ma voleva
assolutamente sapere tutto e se farlo arrabbiare era un modo, beh, allora
avrebbe rischiato.
-NON OSARE
Lei non sapeva nulla di lui.
Essere un Serpeverde e figlio di Lucius, non significava nulla.
Lui era diverso e lei non era
nessuno per potersi permettere di giudicare.
Questa volta si avviò con più
decisione verso l'uscita.
Hermione non lo aveva mai visto
così adirato e, inizialmente, si spaventò, ma poi riprese coraggio -certo che
non so nulla, e come potrei se tu continui ad allontanare chiunque provi ad
avvicinarsi e a cercare di capirti?- nonostante le parole, il ragazzo non si
fermò, così giocò l'ultima carta.
Fece così forza sui gomiti e si
sedette sul letto, poi si alzò in piedi e fece un passo verso Malfoy, quando le
ginocchia le cedettero. Cercò di trovare appiglio nella poltrona per non cadere,
ma la forza le venne a mancare in tutto il corpo e quindi anche la presa
risultò un vano movimento goffo.
Si era già rassegnata a vedersi
ruzzolare a terra, quando due morse salde le afferrarono le braccia e le
evitarono una rovinosa caduta.
Non capì bene come le cose si
erano svolte perché era successo tutto troppo in fretta, ma ora, invece che
stamazzare al suolo, si trovava tra le braccia di Malfoy.
Dopo averla afferrata, le aveva
passato un braccio dietro la schiena e uno sotto le gambe e l'aveva sollevata,
portandola poi sul letto, per la seconda volta in un'ora.
In quei pochi istanti il cuore
di Hermione ebbe un'impennata.
Nell'istante in cui sentì la
sua presa allentarsi per lasciarla sul letto, lei gli intrecciò le braccia
dietro il collo e avvicinandosi al suo orecchio gli sussurrò -Grazie...-
Con una mano lui le spostò un
ricciolo ribelle e glielo mise dietro l'orecchio -Piccola testarda, sai che sei
troppo debole...-
Nessuno dei due era più
arrabbiato.
Lei aveva capito che si era
spinta oltre e che se voleva ottenere qualcosa, avrebbe dovuto usare più tatto
e aspettare che fosse poi lui a confidarsi.
A lui era bastato vederla
nuovamente in difficoltà, anche se minima, per scacciare qualsiasi altro
pensiero e correre da lei.
Nessuno dei due disse nulla.
Non serviva.
Lentamente lui salì sul letto e
fece appoggiare il capo di Hermione al suo petto. Lei sentì le sue mani fredde
guidarla e una volta raggiunta la posizione più comoda sul suo torace, si
sorprese nel sentire che il cuore di lui batteva all'impazzata, proprio come il
suo.
Cullata da quei dolci
rintocchi, che andavano lentamente rallentando, si addormentò sfinita.