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Autore: evenstar    27/02/2013    3 recensioni
"E' cambiato tutto dopo New York. Vivi delle esperienze al limite e poi tutto finisce. Non dormo più, e se dormo ho gli incubi. Molte persone vogliono uccidermi ma c'è una cosa che voglio proteggere, senza la quale non vivrei"
Dopo New York l'eroe è caduto e al suo posto si è rialzato l'uomo. Riuscirà Tony Stark a sconfiggere i suoi mostri personali e a tornare ad essere quello che era prima? Ma soprattutto, riuscirà a proteggere la persona che gli è sempre stata accanto, in tutti questi anni?
Special guests della storia gli Avengers (chi più, chi meno)
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Rhodey' Rhodes, Natasha Romanoff, Phil Coulson, Tony Stark, Virginia 'Pepper' Potts
Note: Cross-over, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Piccolo incipit
Per chi ha già letto qualche mia FF, ben trovati. Mi verrebbe da dire di scordarvi momentaneamente il fluff e il comico e di prepararvi a tutt'altro genere, per questa storia, sperando che anche questo stile possa piacervi. Gli indiscussi protagonisti sono Tony e Pepper (ma no? :P), avevo postato inizialmente la storia nella sezione Avengers (anche il gruppo di supereroi avrà un ruolo fondamentale) ma poi, rileggendola, mi sono convinta che il suo posto sia nella sezione di Iron Man. Per i fan degli Avengers, spero di non aver fatto troppi danni gestendo i vostri beniamini, nel caso fossi andata troppo OOC fatemelo notare e abbiate pazienza, è la prima volta! Come avrete capito la storia è ambientata dopo Avengers e prende ampio spunto dal trailer di Iron Man 3, lasciando del tutto fuori il Mandarino. Ci saranno altri cattivi, non vi preoccupate!
Detto questo vi lascio alla lettura e come sempre vi invito a lasciare due righe di commento!
Enjoy.  



Le porte dell’ascensore si aprirono lentamente sulla stanza devastata. Pepper, il telefono ancora incollato all’orecchio, fece qualche passo avanti, incerta, osservando le finestre distrutte e il pavimento sfregiato da crepe e solchi. Scrutò nella penombra della stanza senza vedere nulla mentre il cellulare suonava a vuoto poi, in un angolo, qualcosa si mosse, un’ombra più nera delle altre. La ragazza trattane il fiato cominciando a pensare come forse non fosse stata una buona idea scapicollarsi nell’epicentro del disastro mettendosi potenzialmente in pericolo, ma doveva sapere. Doveva sapere, anche a costo di trovarsi faccia a faccia con uno di quei mostri che aveva visto al servizio del telegiornale. Se Tony era vivo, e dentro di sé sentiva che lo era nonostante il suo cellulare squillasse a vuoto da quasi 4 ore, poteva essere solo lì.
L’ombra si girò lentamente, il capo chino e le spalle afflosciate e, quanto si fu girata completamente, Pepper si rese conto della tenue luce blu che irradiava dal centro del suo torace. Un sospiro di sollievo, che alle sue stesse orecchie sembrò più un singhiozzo, le sfuggì dalle labbra mentre osservava l’uomo che restava fermo, lo sguardo perso nel vuoto come se non riuscisse a mettere a fuoco nulla.
- Tony? – chiese con un sussurro, odiando il tremolio che percepì nella sua voce. In quel momento doveva essere forte, Tony aveva bisogno che fosse forte perché, osservandolo, la ragazza capì che la sua riserva di forza lui l’aveva esaurita già da tempo.
- Pepper? – un mormorio indistinto uscì da una gola che quel giorno aveva parlato troppo, urlato troppo. Rimase fermo a fissare la ragazza, questa volta sforzando gli occhi nella penombra per essere sicuro di quello che aveva davanti. L’aveva sognata. Ad un certo punto della serata, dopo che i Vendicatori si erano separati, era tornato alla sua torre e, da quei pochi ricordi confusi che aveva, credeva di essersi addormentato. Doveva essere andata così perché Tony ricordava di aver sognato Pepper che lo chiamava ma poi si era svegliato al buio, da solo, senza nessuna traccia di lei.
E adesso di nuovo la sentiva chiamarlo, credeva addirittura di vederla lì, in piedi davanti a lui, il sogno di una mente troppo stanca persino per dormire. 
- Sono qui – rispose lei. Intuendo quello che stava succedendo prese l’iniziativa e si avvicinò di qualche passo, lentamente. Si fermò però quando vide che Tony, invece che avanzare a sua volta, si ritraeva lontano nell’angolo più buio della stanza, come un animale braccato. Sentì una stretta al petto per quella reazione, potendo solo lontanamente immaginare cosa potesse aver passato quel giorno per trasformare l’esibizionista eroe in un uomo spaventato. 
- Sei davvero tu? O sei un altro inganno? – chiese prendendosi la testa tra le mani e chinandosi, cercando di riordinare le idee e le immagini che la sua mente stanca continuava ad inviargli. Loky era sconfitto, preso in consegna dal fratello e, Tony sperava, a quel punto lontano miglia da loro. Non lo voleva sulla Terra ma soprattutto non lo voleva vicino a Pepper.
- Tony sono io – gli disse dolcemente, rimanendo ferma e aspettando che fosse lui a decidere cosa fare, e i tempi in cui farlo.
Tony si risollevò e, molto lentamente, fece qualche passo verso di lei. – Eri a Washington.
- Stavo tornando a New York quando c’è stato l’attacco, siamo atterrati tre ore fa – cominciò a  spiegare lei, reprimendo l’istinto che l’avrebbe fatta correre ad abbracciarlo, a sussurrargli che era finita e che sarebbe andato tutto bene. Sapeva che quello non era che l’inizio, e che niente sarebbe andato bene nei prossimi mesi. La persona che aveva davanti non era la stessa che aveva lasciato solo qualche giorno prima, era un persona che aveva visto cose terribili e che era andata incontro alla morte, guardandola in faccia. – Ho provato a chiamarti ma il tuo cellulare…
- E’ rotto – la interruppe Tony. – Perso. Rotto. Non lo so.
- Non fa niente.
- Eri a New York. Quando hanno lanciato il missile, stavi tornando – non era una domanda, ma una semplice presa di coscienza. Eppure, da qualche parte, lui lo sapeva. Quando lo avevano informato di una testata atomica diretta verso di loro non aveva riflettuto molto, sapeva cosa farne. Aveva avuto tutto il tempo di riflettere dopo, in quei pochi secondi, in quegli anni per lui, in cui aveva volato verso il portale, si era reso conto che Capitan Ghiacciolo aveva torto. Anche lui aveva qualcosa per ci combattere. Oh certo, non tutto il genere umano. Non era mai stato così eroico, e neanche così tanto esibizionista da voler morire per il genere umano, che andasse pure tutti all’inferno. No, lui aveva lottato, aveva combattuto, si era quasi sacrificato perché una persona fosse al sicuro. Un'unica persona, che in quel momento lo stava fissando con aria dubbiosa, indecisa se abbracciarlo o chiamare un buon psichiatra.
Tony finalmente le sorrise e Pepper, osservandolo, capì che, per quanto tempo ci avrebbero impiegato, anche quella volta ne sarebbero usciti. Non era peggio della prigionia, non era peggio di essere quasi uccisi da un amico, non era peggio di morire avvelenato. Anche quella volta Tony Stark sarebbe riuscito a risollevarsi, e lei sarebbe stata al suo fianco, come sempre.
Tony fece due passi verso di lei e allora anche Pepper si mosse lentamente, arrivarono a pochi centimetri uno dall’altra e rimasero di nuovo fermi. L’uomo alzò un braccio e con mano tremante le scostò una ciocca di capelli che le era ricaduta sulla fronte, fermandosi poi sulla sua guancia. Pepper fece una rapida scansione e si rese conto che, a parte qualche graffio e qualche ammaccatura, stava bene, le armature avevano fatto un egregio lavoro anche quella volta. Sentì la mano che le passava sul collo e l’attirava a sé e si lasciò guidare verso di lui, finendo per abbracciarlo affondando poi il volto contro il suo collo, stringendosi finalmente a lui. Sentì che Tony le passava le braccia attorno alla vita e anche lui strinse, strinse più di quanto avrebbe dovuto togliendole il fiato ma Pepper lo lasciò fare, capendo che in quel momento aveva bisogno di sentirla, così come solo qualche minuto prima aveva avuto bisogno di spazio e solitudine.
Rimasero abbracciati in piedi, al buio, in mezzo alla sala distrutta per molto tempo, semplicemente traendo forza dalla presenza uno dell’altra. Alla fine Tony si allontanò da lei, appoggiando la fronte contro la sua e sfiorandole le labbra con le proprie, aride e screpolate. La ragazza trattenne la voglia di approfondire quel contatto, di cercare una maggiore intimità e gli passò le mani sul collo, facendogli appoggiare la testa contro di lei e cullandolo dolcemente.
- Hai bisogno di riposare, adesso.
- No… non posso. Se solo chiudo gli occhi… tornano.
- Torneranno, ma saranno solo sogni. E li faremo andare via. Devi dormire.
- Non posso.
- Si che puoi. Possiamo farlo, Tony. Insieme – mormorò prendendogli la mano e guidandolo verso la camera da letto. Lì i detriti erano meno numerosi e, a parte qualche calcinaccio e della polvere, le pareti sembravano intatte. Pepper lo guidò fino al letto e lo fece stendere, lasciandogli poi la mano per andare a prendere un sonnifero. Lui la lasciò fare senza dire nulla ma lo sguardo di immensa tristezza che gli lanciò quando le loro mani si separarono le fece di nuovo venir voglia di piangere. Questa volta sarebbe stato difficile, lo sapeva.
- Torno subito, prendo solo una cosa in bagno – gli disse accendendo la luce perché lui la potesse vedere. Prese dell’acqua e ci mise dentro qualche goccia di sonnifero. – Bevi – gli disse quando fu di ritorno, sedendosi accanto a lui nel letto.
- Che roba è?
- Sonnifero, ti farà dormire per questa notte.
- Non voglio questa porcheria – le rispose allontanando la mano e il bicchiere con un gesto brusco.
- Hai preso di peggio in vita tua, fai finta che sia una bottiglia di scotch – rispose lei, tornando ad avvicinare il bicchiere.
- Dammi una bottiglia di scotch, allora.
Lei lo guardò, bastò quello perché tornasse ad essere docile, altro segno che qualcosa dentro di lui si era spezzato e che ci sarebbe voluto molto tempo e pazienza per ripararlo. Bevve l’acqua e le ridiede il bicchiere, lei lo posò sul comodino e fece il giro del letto andandosi a sdraiare accanto a lui e abbracciandolo come avrebbe fatto con un bambino. Qualche minuto dopo le gocce e la stanchezza fecero effetto e Pepper sentì il respiro di Tony farsi regolare e pesante, segnale che si era addormentato.
La prima volta che tornarono Tony urlò e si svegliò fradicio di sudore e con gli occhi sbarrati, la mente ancora piena di immagini raccapriccianti. Pepper di fianco a lui lo abbracciò e gli sussurrò che sarebbe andato tutto bene. Tony si vergognò, aveva sempre affrontato tutto da solo dalla morte dei suoi genitori al suo recente avvelenamento da Palladio, prima perché non aveva nessuno e poi per cercare di proteggere qualcuno ma ora si rese conto che quella volta non ne sarebbe uscito.
Iron Man era morto, e poi era tornato ma qualcosa dentro di lui si era perso e da solo non l’avrebbe ritrovato, non questa volta. Si rilassò tra le braccia della ragazza, posando la testa contro la sua spalla e lasciandosi, per una volta, proteggere.
La seconda volta che tornarono era quasi mattina, una pallida luce bianca illuminava fiocamente la stanza. Questa volta andò meglio, non ci furono urla ma solo panico, paura e una stretta al petto. Di nuovo Pepper gli fu accanto e di nuovo Tony si raggomitolò contro di lei, tremando.
- Sono un idiota – mormorò.
- Sei sotto shock.
- Dovrei essere io a proteggerti.
- Lo hai già fatto, lo fai, e tornerai a farlo. Adesso però devi stare tranquillo e permettere a me di aiutarti, per una volta.
- Mi hai sempre aiutato.
- Lo credevo ma non ne sono più così sicura.
- Cosa intendi? – chiese Tony perplesso.
- Ho sempre pensato di essere io quella che si prendeva cura di te ma oggi ho capito che in realtà stavo curando me stessa, attraverso te.
Tony alzò la testa per guardarla e questa volta la luce nella stanza fu sufficiente per mostrargli i suoi occhi arrossati. Lui non si era accorto di nulla, la sua voce era stata sempre tranquilla ma anche lei stava soffrendo e lui non poteva fare nulla. In quel momento non riusciva ad aiutare se stesso, meno ancora qualcun altro. C’era un'unica cosa che poteva fare, e la fece. Avvicinò le labbra a quelle di lei e le diede un bacio leggero. Nel momento in cui le loro labbra vennero a contatto Tony sentì un ondata di desiderio invaderlo nonostante i morti, la distruzione, i rischi e i pericoli, nonostante tutto era vivo, era con Pepper e la voleva. Più di come l’avesse mai voluta, più di quanto sarebbe stato opportuno in quel momento. Il bacio si fece più veloce, più profondo, la sua lingua guizzò a stuzzicarle le labbra finché non le sentì schiudersi per lui. Si mosse, girandosi, e le afferrò le braccia facendola scivolare sotto di lui, invertendo le posizioni mentre le sue labbra giocavano con quelle di lei, con la sua lingua, con la sua pelle, assaporandola, baciandola, mordicchiando ogni centimetro. Pepper rispose con la stessa passione stringendosi a lui, circondandogli il torace, passando le dita sul contorno dei muscoli, sulla sua schiena, sui pettorali. La maglietta di Tony fu la prima ad abbandonare il letto seguita da quella di Pepper e dai rispettivi pantaloni. Le mani dell’uomo percorrevano ogni millimetro della sua pelle facendola rabbrividire al contatto mentre le sue labbra continuavano a torturarla con foga. Non c’era nulla di gentile, nulla di romantico, era passione, desiderio, necessità di sentirsi, di toccarsi di sapersi vivi e insieme. Un modo per scacciare gli incubi e le paure, per consolarsi. Le crollò addosso ansimante mentre le gambe di lei andavano ad allacciarsi sulla sua schiena trattenendolo a sé, le loro mani si intrecciarono e i loro respiri si mescolarono. Qualche minuto dopo Tony, rendendosi conto di pesarle addosso, scivolò di lato ma le labbra della ragazza lo cercarono di nuovo in un bacio questa volta tranquillo, dolce dove il primo era stato disperato, violento. Le loro lingue giocarono, le loro labbra si rincorsero e le loro mani si esplorarono con calma, accarezzandosi mentre i loro corpi riprendevano a muoversi insieme. Infine si riaddormentarono uno nelle braccia dell’altra, stremati ma contenti.
Fu svegliata dalla luce del giorno che entrava dalla finestre. Si girò di lato e vide il letto vuoto, freddo. Pepper si mise a sedere, sollevando il lenzuolo per coprirsi, e scrutando la stanza senza trovare traccia di Tony. Il bagno era deserto così come la camera e la ragazza iniziò a preoccuparsi e a rammaricarsi di non essersi svegliata prima. Si guardò intorno e vide la maglietta dell’uomo per terra, proprio di fianco al letto. La prese e se la infilò, stava per alzarsi quando la porta della camera si aprì con un tonfo e Tony comparve sull’uscio, un vassoio in precario equilibrio tra le mani e solo i boxer addosso.  
- Sei sveglia!
- Che cosa…? – chiese la ragazza fissando il vassoio che emanava un delizioso profumo di caffè appena fatto.
- La colazione, signorina Potts.
Pepper corrugò la fronte scrutando l’uomo sorridente che le stava davanti. Sembrava un’altra persona rispetto alla sera prima, era abituata agli sbalzi di umore e alle rapide riprese di Tony ma questa le superava tutte. Osservandolo attentamente si rese conto delle occhiaie scure sotto i suoi occhi e del sorriso tirato sul volto e capì che si trovavano nell’occhio del ciclone. La pioggia, così come gl’incubi, sarebbe tornata a colpirli e gli effetti sarebbero stati devastanti, nel frattempo rimaneva la colazione, tanto valeva approfittarne.
- Grazie – disse scostandosi per fargli posto accanto a lei non potendo fare a meno di osservare i lividi e i graffi che costellavano il torace dell’uomo. Passò un dito su un brutto ematoma sul fianco, scatenando un gemito. – Avrei dovuto portarti in ospedale ieri – disse più che altro a se stessa.
- Sto bene, sono solo graffi e lividi.
- Potresti avere qualche costa rotta.
- E tanto me la terrei. E’ stato decisamente più produttivo, e molto più eccitante, stare a casa con te!
Pepper sorrise e non poté evitare di arrossire leggermente mentre iniziava a mangiare un pancake che grondava sciroppo d’acero. – Ottimo, dovremmo prenderla come abitudine!
- Non credo proprio, Miss Potts. Non ci faccia l’abitudine, è ancora l’effetto dello stress post traumatico – disse mentre lei infilzava un altro pezzetto di pancake e lo imboccava, facendo sgocciolare sciroppo ovunque.
- Stiamo facendo un macello – rise anche lei, pulendo con l’indice una goccia di sciroppo dal mento di Tony e poi portandoselo alla bocca.
- Stiamo? Stai facendo tutto da sola – le fece notare Tony sorseggiando il suo caffè. – Dopo la doccia devo farti vedere una cosa! – le disse con gli occhi lucidi di trepidazione.
- Che cosa? – chiese curiosa.
- Vestiti e poi te lo mostro.
- Ma che ore sono?
- Le due.
- Cosa? – chiese allibita.
- Le due del pomeriggio, sicura di non aver preso anche tu del sonnifero? – chiese ridendo.
Pepper rise a sua volta, colpendolo scherzosamente al braccio mentre si alzava dal letto diretta al bagno. Quando vide lo sguardo di Tony fisso sulle sue gambe nude arrossì di nuovo.
- Senti, lasciamo stare la parte in cui ti vesti – le disse lascivo, lasciando il vassoio in precario equilibrio sul letto per andare a raggiungerla sulla porta del bagno. – Questa è la mia maglietta, Potts – le disse cominciando a giocherellare con il bordo della maglia, che arrivava a mezza coscia di Pepper.
- Ti spiace?
- No anzi, sta decisamente meglio a te che a me, ma sai com’è, credo di averne bisogno – le disse avvicinandosi ulteriormente a lei fino a sfiorarla, accarezzandole i capelli e le braccia nude.
- Oh.
- Si sai, non posso andare in giro in boxer – mormorò.
- No, non sarebbe appropriato.
- Quindi magari, potresti toglierla? – chiese ammiccandole.
- Devo fare la doccia – rispose.
- Perfetto, ottima idea - sussurrò lui nascondendo il volto contro il suo collo e cominciando a baciarla lievemente, sentendo che la ragazza sospirava, appoggiandosi allo stipite della porta del bagno. Tony passò una mano attorno alla vita di Pepper, stringendola a sé e facendo aderire i loro corpi mentre con l’altra mano cominciava ad esplorare lungo il bordo della maglietta, risalendo lentamente sulla schiena.
- Tony, devo davvero fare la doccia – sospirò la ragazza.
- Confermo, ottima idea – rispose lui sollevando la maglietta e spingendo contemporaneamente la ragazza dentro al bagno.
 
Quando furono vestiti, Tony con una maglietta nuova e un paio di jeans neri e Pepper con una blusa rosa e una gonna scura, la prese per mano guidandola verso il salotto distrutto. La ragazza dovette fare uno sforzo per mantenere il sorriso sul volto, ancora scossa da quella devastazione. Tony la fece accostare ad un tavolo da lavoro su cui erano appoggiati dei rotoli neri, vi passò la mano sopra facendo comparire una tastiera luminosa e una serie di progetti.
- E questi? – chiese Pepper, capendo subito cosa stava guardando.
- Li ho buttati giù questa mattina, mentre dormivi.
- Tutto questo? – chiese impressionata.
- Sono solo rivisitazioni del progetto originale, volevo che gli dessi un’occhiata prima di andare avanti.
Pepper passò la mano sopra il disegno più vicino facendo apparire un modellino in scala della vecchia Stark Tower e togliendo la parte superiore, per vedere che effetto facesse; Tony, di fianco a lei, eliminò un’altra sezione finché non rimase solo l’impalcatura portante. Lo sguardo della ragazza si spostò di lato e, sommerso da un plico di fogli, vide il contratto di locazione della nuova torre con il suo nome sopra. Sorrise e passò una mano attorno al busto di Tony, avvicinandosi a lui e posandogli la testa sulla spalla.
Insieme sarebbero riusciti a superare anche quello. 

  
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