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Autore: YummiHoran    27/02/2013    1 recensioni
La freddezza l'aveva resa questo. Samantha era ora una ragazza che rifuggiva il sentimento, che aveva paura del contatto fisico, che temeva gli altri. Per colpa di una persona, legarsi era per lei impossibile. Il suo cuore, però, sapeva ancora amare. Solo che lei non lo sapeva.
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Sam, vado a comprare un paio di cose che mi mancano per il pranzo! – urlò Pattie dal pianerottolo. – se hai bisogno, chiama! –
- Tranquilla, zia! Ah, puoi prendermi della cioccolata? E’ un sacco che non ne mangio. – disse ridacchiando
- Ce n’è già un po’ giù, cerca in cucina, a dopo, tesoro! – concluse la donna prima di uscire.
Samantha, con la stanza ormai sistemata, scese e prese una barretta di cioccolato Hershey’s, il suo preferito. La scartò e, seduta in cucina con l’Iphone in mano, si mise a mangiarla a piccoli pezzi. Quando il campanello suonò, lei si alzò piuttosto scocciata, pronta a cacciare via chiunque fosse stato dall’altra parte. Il contatto con la gente le provocava una specie di chiusura in sé stessa, diventava subito scontrosa, incapace di fidarsi. Certo tutti i tuoi pensieri furono vani.
Aprì la porta e un essere castano la superò prima che lei potesse aprire bocca, entrando prepotentemente in casa.
- Sul serio, perché non urli? – chiese una voce allegra, alquanto strafottente, che proveniva da una faccia fin troppo sorridente.
- Sul serio, perché sei qui? – chiese Sam, spostando il peso su un piede solo e mettendosi una mano sul fianco.
- Ma perché tu non urli! – rispose lui con la voce acuta, allargando le braccia come se la risposta fosse stata più che ovvia.
- Senti se credi di aver davanti una di quelle invasate pazze isteriche delle tue fan.. – “Ce l’hai davanti” pensò nascondendo un sorriso – Ti stai sbagliando – disse invece.
- Se prendo in mano una carota svieni? – disse lui, con un tono che sembrò quasi amichevole. Sam scosse la testa.
- Nessuno può starsene calmo davanti a me. Sono Louis Tomlinson. Louis William Tomlinson – continuò lui, ponendo l’accento sul suo secondo nome.
- Sei credente, Louis? – chiese Sam guardandolo dritto negli occhi azzurri.
- Più o meno, perché? –
- Perché, allora, credi nell’esistenza di Dio. Quindi dovresti essere consapevole che non sei tu. Adesso ho da fare. Grazie e arrivederci – disse Sam risoluta, spostandosi dietro a Louis e iniziando a spingerlo dalle spalle. Lui si voltò di colpo e, così facendo, se la ritrovò addosso. Dovette ammettere a sé stesso che era proprio carina.
- D’accordo, toglierò il disturbo, bellezza. – disse lui, prendendole una mano per fingere un patetico baciamano, prima di dire: - Ma cosa vedo qui?? – alzò il viso sorridendo malizioso.
Samantha perse un colpo. Aveva visto i tagli. Ecco, lo sapeva. Sapeva che prima o poi qualcuno se ne sarebbe accorto. Il tatuaggio non copriva certo tutto. Allargò gli occhi.
- Hai un braccialetto con su il mio nome, vedo. – disse lui, alzando un sopracciglio.
Quell’affermazione salvò Sam dall’attacco di cuore che stava per subire, ma non gliene provocò un altro per poco. Perché diamine non si era tolta i bracciali? Effettivamente portava un bracciale di plastica con le sue iniziali e il nome esteso.
- E’ di una mia amica. Me l’ha dato come porta fortuna, come ricordo di lei mentre sto qua. Non ho mai fatto particolare attenzione al nome che c’è sopra. Mi dispiace. –
Riuscì a spingerlo solo fino alla porta, dopodichè lui si voltò e si appoggiò alla porta. Testardo.
- Ancora?!? – disse esasperata Samantha – Ma te ne vai o no? –
Louis le si avvicinò con il viso, le sorrise e poi le disse: - No. –
Sam riuscì solo ad allargare gli occhi, ancora più esasperata. Se avesse scoperto che ogni suo idolo era così, avrebbe finito per odiare la musica.
- Come ti chiami? –
- Samantha Campbell. …Samantha Marie Eleanor Campbell. – disse, scuotendo la testa. Dire che odiava il suo nome era ben poco.
- E ti devi firmare con tutti quei nomi?? –
Sam si chiese fino a che punto quel ragazzo potesse essere idiota. Con tutte le cose che avrebbe potuto rispondere..
- Sì, William. Ora.. Puoi andare? –
- Oddio, Hershey’s! – urlò emozionato Louis, spostando Samantha per entrare nella sua cucina. Lei strinse i pugni. Cercò di ragionare; allora, in casa “sua” c’era uno dei suoi idoli, forse uno di quelli che amava di più, che appariva con un bimbo giocherellone e simpaticissimo, che in realtà era un antipatico, impertinente, sbruffone rompi palle. E si stava mangiando il suo cioccolato. Che cosa? Stava davvero mangiando il suo cioccolato?
- Louis Tomlinson, non mi interessa se tu sei famoso, potresti anche essere Dio, ma adesso metti giù quel cioccolato e te ne vai, o chiamo la polizia e dico che mi stai molestando. PERCHE’ MI STAI MOLESTANDO – urlò più forte l’ultima parte. – E’ stato un piacere averti qui, anche se in realtà non lo è stato affatto, ma ora puoi andare, grazie della visita, torna presto, cioè non tornare mai più. Addio. – e gli chiuse la porta in faccia.
Lo guardò dal lato a vetri della finestra mentre si allontanava, con le mani in tasca, pensieroso. Sam fu pienamente felice di essersene liberata.

***

Erano appena le due quando Sam salì in camera dopo il pranzo. Piena come un uovo, si buttò sul letto e si mise a pensare.
Sua madre non l’aveva ancora cercata, mancava da quasi 24 ore e soprattutto non era tornata per la notte. Ma lei, niente. Probabilmente era troppo impegnata con il suo uomo di turno. Si chiese come fosse possibile che lei, 17enne, fosse più matura di sua madre, 47enne. Eppure, per quanto sembrasse surreale, era così. Era lei che si prendeva cura della madre, che faceva da mangiare, puliva, stirava e tutto il resto. Per seguire quella madre incosciente, attaccata più all’alcool e al sesso che a lei, aveva persino abbandonato gli studi. E sempre quella stupida madre l’aveva obbligata ad abbandonare tutto e a scappare. Poteva sopportare tanto, gli stupidi capricci di una madre che non incarna il personaggio di donna di mezz’età, le sue urla, come quelle che di solito i figli fanno ai genitori, il sentirla fare le sue stupide porcherie dalla camera in fianco. Aveva sopportato tutto questo per almeno 3 anni, ma quando lei le aveva tirato diversi schiaffi, era stato troppo. Aveva preso le sue poche cose ed era scappata. Stava per diventare adulta, anche se di testa adulta c’era già e non poteva più vivere così. Che sua madre si arrangiasse. Non era una madre, non le doveva nessun rispetto. Sentì lacrime di rabbia pungerle gli occhi e le ricacciò. Poi portò lo sguardo sul suo tatuaggio. Suo padre le mancava così tanto. Ed erano le lacrime di dolore che in quel momento le bagnavano gli occhi. E le lacrime di dolore, si sa, non se ne stanno ferme nemmeno se le leghi.
- Eccoloooooooooooooooooooooooooooo! – urlò di colpo una maledetta voce, sbattendo la porta.
Sam sussultò e assunse una posizione tale da fare in modo di sembrare dura e di nascondere le lacrime.
- Come diamine sei entrato? –
- Guarda che io conosco tua zia, ciccia. – rispose lui sorridendo.
- Non chiamarmi ciccia. – disse lei, scontrosa. Si voltò, dirigendosi alla finestra e approfittandone per asciugarsi gli occhi.
- Uuuuh, come siamo irritabili. – rispose lui e fece dei passi avanti. Sam percepì distintamente la sua presenza poco dietro di lei.
- Perché porti quel bracciale? – continuò Louis, con un tono molto più calmo.
- Per me eri diverso. – Samantha riuscì solo a sentire quello che diceva, senza accorgersene, perché le parole uscirono incontrollabili.
- Diverso come? – le si affiancò Louis.
- Simpatico. Giocherellone. Ingenuo. Forse un po’ sciocco. Ma in senso buono. –
- Ma io sono così. –
- “Perché non urli?” – lo imitò lei
- Dovresti imparare a non stare sempre sulla difensiva. A volte la gente.. Scherza. – disse semplicemente. -Provaci. Se ti servo, abito qua di fronte. –
Samantha si girò verso di lui e annuì, guardandolo dirigersi verso la porta.
- Approposito – si voltò lui di scatto – sei bellissima. – e uscì.
Samantha si buttò, per l’ennesima volta sul letto.
“Oh, certo.” Pensò “Mi piomba in casa, dopo che l’ho già cacciato una volta, il mio unico e vero amore, mi guarda dentro, mi dice cosa devo fare e si congeda dicendomi che sono bellissima. Sicuro. Ma tanto la mia vita fa così schifo che peggiorerà a breve. E poi chi si crede di essere quello. Che cosa vuol dire dovresti imparare a stare sulla difensiva.. Ma chi sei?!? Io qua non ci capisco più niente.”
Si mise a pancia in su e sorrise, un po’ felice per le ultime parole di Louis.









------------------------------------- Olga.
Scusatemi ragazze, davvero. Sta volta non è colpa mia perchè si è rotta
la ventola del pc e il pezzo da cambiare doveva arrivare da inculandia
e quindi è rimasto a riparare un bel po', con dentro i miei capitoli.
Ma adesso ci sono, giuro.
Anywayyy ecco qui il nuovo capitolo, spero che vi piaccia
Louis? Cosa ne pensate di lui? Come vorreste continuasse la storia?
Un grazie a tutte quelle che leggerano questo capitolo nonostante
l'abbia postato dopo due vite dall'ultimo, un bacione, vi adoroooo!
Olga xx
  
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