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Autore: Carmen Black    28/02/2013    4 recensioni
Paul, dopo l'ennesimo litigio con un membro del suo stesso branco, si allontana, ritrovandosi sulla spiaggia. E' lì, che immerso nelle sue riflessioni, intravede una sagoma da lontano. " Un pazzo suicida ", lo definisce.
Ma più la sagoma si avvicina, più i suoi contorni prendono forma e lui viene sorpreso da un evento che cambierà irrimediabilmente la sua vita. Per Sempre.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Paul Lahote, Rachel Black
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Avvertimenti: rating rosso-erotico 

 

Rachel

 
 
 
Paul era…
Paul era…
Gemetti quando sentii i suoi denti mordermi un fianco.
Era difficile articolare un pensiero, quando lui, in quel modo così… definitivo, si prendeva cura del mio corpo.
Non mi aveva lasciato scelta e anche se avevo fatto la dura, non volevo nessuna scelta.
Da un certo punto di vista, se si imponeva a quel modo, non potevo di certo rifiutare. D’altronde le persone col buon senso quando vengono minacciate, non tacciono? Non fanno tutto ciò che gli viene chiesto? Quindi, io ero normale.
Era sdraiata a metà sul tavolo e lui era di fronte a me.
Sentii la sua lingua bollente che scorreva sul mio ventre nudo, le sue mani che mi inchiodavano al tavolo come se fossi potuta fuggire da un momento all’altro. Impossibile.
I miei vestiti erano brandelli sul pavimento e non mi capacitai di quanto potesse essere forte da strapparli con un solo gesto. La cosa mi faceva impazzire, era così virile.
La sua bocca scorreva nell’incavo tra i miei seni lentamente, la foga di qualche minuto prima l’aveva abbandonato nel momento in cui aveva capito che non mi sarei tirata indietro. Per cui voleva assaporarsi ogni singolo istante. Non potevo sperare di meglio.
Avvolsi le gambe intorno alla sua vita per stringerlo a me, per estirpare ogni possibilità che si allontanasse.
Sollevai i lembi della sua maglia sfilandogliela e facendo scorrere le dita sulla sua schiena dura e più in giù fino ai suoi glutei di marmo.
Paul era tutto ciò che avevo sempre desiderato. Era colui che non aveva un però. Mi piaceva in ogni suo aspetto, anche quando faceva lo stronzo o lo scontroso. Anche quando mi spaventava con quello strano sguardo da predatore.
Qualcosa cadde in terra rompendosi e il mio reggiseno la seguì.
Aprii gli occhi ritrovandomi a fissare la luce abbagliante del lampadario che fu subito sostituita dal viso di Paul.
Mi venne una fitta allo stomaco quando lo vidi. Fino a poco prima si era dedicato al mio corpo nascondendosi alla mia vista mentre ora era lì. Occhi nei miei occhi. E mi stava parlando, ne ero sicura.
Tu sei mia. Mi aveva detto. Ed è meglio che te ne fai una ragione.
Ma io lo volevo. Con o senza ragione, non importava.
E mai come allora, mi elettrizzava l’idea di appartenere a qualcuno.
La bocca di Paul sfiorò la mia, così inarcai la schiena affondando con le dita nei suoi capelli e attirandolo a me con impazienza.
Alla ricerca del suo sapore, osservai i suoi occhi castani, la sua pupilla dilatata, qualche piccola pagliuzza nera che maculava la sua iride.
La mia lingua trovò la sua e l’assaggiai. La morsi.
Si muoveva, strofinando il petto contro il mio, il bacino contro il mio. Sentivo che era eccitato. E lui sapeva di me perché accompagnavo i suoi movimenti.
Mi sollevai, mettendomi seduta e tenendolo sempre stretto a me, non liberandolo dalla presa delle mie gambe.
Mentre il nostro bacio era diventato solo un lento accarezzarsi di lingue, sentii i suoi palmi aperti che accarezzavano ripetutamente i miei seni.
Allungai le dita fino ai suoi jeans che sbottonai, poi passai una mano sui suoi boxer, accarezzando la sua erezione più volte. Al mio tocco, lui mi morse la bocca schiacciandosi ancora di più a me, facendomi capire quanto gli piacesse.
Non c’era cosa più bella di trasportarlo verso il piacere e vedere il suo corpo reagire, la sua espressione mutare e distendersi.
«Basta», mi disse contro l’orecchio mordicchiandomi il lobo.
Lo sentii armeggiare con le mie mutandine, ma ero troppo estasiata per guardare che cosa stesse facendo, continuai a perdermi nel suo sapore.
Mi sollevò le gambe e poi sentii la sua erezione sul mio inguine e poi lentamente dentro di me. Più lentamente di così mi avrebbe davvero ucciso.
Impaziente aspettavo che arrivasse fino in fondo e che continuasse a muoversi e a muoversi… e a darmi piacere, ma nel frattempo sembrava metterci un’eternità.
Paul così paziente… era una vera novità. Lo immaginavo irruento anche sotto quell’aspetto, ma non era detto che non lo diventasse. Stava solo giocando sporco.
Mi muovevo insieme a lui e i nostri corpi combaciavano alla perfezione, era fatto apposta per me.
Come avevo già immaginato la sua calma sparì pian piano. La sua bocca era sempre più esigente e i suoi denti sentivano la consistenza della mia carne in più punti: sul collo, sulla spalla, sul seno.
I suoi affondi diventarono più intensi, più veloci. Le sue mani non toccavano, ma sentivano… i miei fianchi mentre accompagnavo i suoi movimenti, i miei seni che cercavano il suo petto, la mia schiena che si inarcava di piacere.
Mi sembrò quasi che il mio corpo non conoscesse i piaceri del sesso. Che fosse una delle prime volte in cui veramente veniva appagato.
Da quel giorno in poi sarebbe stato difficile stargli accanto senza provare voglia fisica nei suoi confronti. Specie dopo aver costatato i suoi modi e… i suoi pregi.
Gemetti per una spinta più intensa delle altre e conficcai le dita nelle sue spalle larghe e muscolose, riscendendo verso il basso. Avrei voluto stare sotto di lui ancora per un bel pezzo, ma stavo arrivando all’estremo, velocemente. Si sapeva muovere Paul e la natura l’aveva ben dotato.
Anche lui era ormai arrivato a limite, lo capivo da come respirava e da come si muoveva senza alcuna tregua, lasciandomi anche senza respiro.
Il picco del piacere arrivò con intensità inaudita. Strinsi gli occhi e boccheggiai e godei di quelle sensazioni uniche che solo l’appagamento può dare.
Non capii dopo quanto tempo cominciai a ragionare di nuovo, però ci riuscii.
Ero sdraiata ancora sul tavolo, con le gambe avvolte alla vita di Paul e lui su di me che mi accarezzava il collo col naso e con la bocca.
Avevamo avuto la nostra prima volta su un tavolo, persino apparecchiato per la cena. Ed era stato bellissimo.
D’altronde con lui, niente era scontato. Per questo era così dannatamente eccitante.
Girai appena il viso e gli baciai la fronte. Ok, ora sarebbe stato davvero imbarazzante, sollevarsi da lì.
«Paul?».
«Sì?».
«I miei vestiti…».
«Non credo che siano più utilizzabili», sorrise e letteralmente mi si sciolse il cuore, perché era come se avessi una visione davanti agli occhi. E non riuscivo a capire perché mi faceva quell’effetto, come se fossi senza via d’uscita. Come se non avessi alcuna alternativa. O lui o lui.
«Però c’è la tovaglia», ridacchiò passandomela.
«Che scemo».
La presi comunque, dandogli una piccola spallata mentre lui, si rivestiva e si dirigeva in fondo alla sua camera. Quando ritornò aveva con sé una felpa verde che mi porse con gentilezza. «Tieni questa, mi spiace ma non ho vestiti da donna».
Ridacchiò stringendomi a sé e mi baciò una guancia affettuoso. «Allora, dovevi parlarmi di qualcosa? Come mai mi cercavi?».
Mi studiai le unghie, improvvisamente niente di ciò che dovevo dirgli sembrava così importante o urgente. Il fatto era che non volevo litigare proprio ora che ci eravamo spinti oltre e il nostro rapporto stava mutando.
«Ma quel tipo dov’è finito? È andato via?», chiese riferendosi ad Alan.
«A dire il vero non lo so», ammisi. «Abbiamo litigato e ognuno è andato per la sua strada. Non so se sia già ritornato in città o se sia nei dintorni in qualche hotel ad aspettare che la situazione si tranquillizzi un po’».
La mascella di Paul si evidenziò. Notai i tendini nelle braccia tirati, i pugni stretti.
«Quindi qual è la conclusione, Rachel?».
«Nessuna conclusione».
«Non è possibile, avrai una tua idea. Hai intenzione di tornare insieme a lui? Io devo saperlo…».
«Perché, t’importa?», azzardai in un impeto di curiosità.
Gli occhi di Paul si socchiusero e mi scrutarono. «Se te lo sto chiedendo, evidentemente sì».
Sorrisi mentalmente alle sue parole. Ogni tanto avevo temuto che il suo fine era solo portarmi a letto, dopo di che si sarebbe dileguato come un qualsiasi diciottenne, che tendono sempre ad avere storielle passeggere, più che storie durature. Forse Paul era un’eccezione, oppure gli piacevo sul serio.
«Io tornerò all’università, mi mancano solo due esami per la laurea e non ho nessuna intenzione di rinunciarci, visti tutti i sacrifici di questi anni», presi fiato e continuai sul tasto dolente. «Con Alan siamo in pausa di riflessione. Non ci siamo detti addio, ma questo non vuol dire che si possa ritornare a essere quelli di prima. Abbiamo comunque trascorso quattro anni insieme e prima di prendere una decisione definitiva voglio aspettare un altro po’».
Non era vero… il mio primo istinto era quello di buttarmi fra le braccia di Paul e dirgli che volevo lui e soltanto lui. Però non potevo essere così sciocca da abbandonarmi alle emozioni come se non sapessi che queste avrebbero potuto farmi soffrire. Con lui era scoccata una specie di scintilla dal primo attimo in cui l’avevo rivisto, ma ci dovevo andare con i piedi di piombo e poi non c’era nessuna fretta. In più volevo capire bene che cosa voleva da me e non darmi a lui completamente col corpo e con la mente, rimanendo poi fregata.
«Questa cosa non mi piace».
«Io non ti posso dare certezze, adesso».
«Non c’è bisogno», disse abbozzando un sorriso perfido. «Io le mie certezze le ho già».
Sollevai un sopracciglio, indossando i brandelli del mio jeans. «E allora che cosa vuoi?».
«Voglio che ammetti di essere pazza di me».
Afferrai la giacca lanciandogli un’occhiata eloquente e anche un po’ minacciosa. Era troppo sicuro di sé ed era impossibile che io gli avessi lanciato quel messaggio.
«Ciao Paul, ci vediamo», dissi uscendo di casa.
Affondai con i piedi nella fanghiglia con la testa e il cuore leggero. Quel ragazzo aveva ragione da vendere e forse non ero brava a nasconderlo, tanto che neppure il discorsetto che avevo fatto era servito.
«Sì, sono proprio pazza di te, Paul Lahote», dissi verso il cielo. Poi mi voltai, scrutando la sua casa e notando la sua figura che mi osservava da dietro una finestra.
Forse mi sbagliai, ma stava sorridendo in quel suo modo insolente, come faceva quando sapeva di aver ottenuto qualcosa.
Beh, sicuramente non stava sorridendo per ciò che avevo detto. Non poteva avermi sentito…
 
 

Angolino Autrice

Ciao a tutti :) come promesso eccomi qui con un nuovo capitolo. Beh, siamo a un capitolo cruciale, dove si lasciano andare e Rachel capisce di volere lui e solo lui. Spero che vi sia piaciuto, a domenica! <3



 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

  
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