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Autore: RiccRoss    28/02/2013    2 recensioni
"Che Dio li salvi tutti" sussurrò.
Genere: Drammatico, Guerra, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Elena sedeva in seconda fila, accanto alla sua migliore amica, in una comune classe di liceo. Aveva gli occhi lucidi e si torturava le mani, sotto lo sguardo preoccupato della vicina.
"E così il nostro rispettabile capo di Stato Mussolini ha firmato poco più di un mese fa una solida alleanza con Adolf Hitler. Quale idea! Il Patto prevederà la deportazione di migliaia di ebrei, che come tutti sappiamo, costituiscono la feccia … " lesse la professoressa, con il viso tirato e inespressivo.
"Basta, la prego, prof! Nemmeno lei è d’accordo con quello che ci sta raccontando, la smetta!" sbottò Elena divisa tra la rabbia e una crisi di pianto.
La professoressa abbracciò con uno sguardo tutta la classe e un sorriso triste le si dipinse sul viso.
"Elena, questa è la Storia."
"No, prof, questa non è la Storia, questo è il Presente e possiamo ancora schierarci pro o contro di esso. E’ questo quello che fa la differenza! Migliaia di innocenti mandati a morire!"
"Ragazzi, sono solo un’insegnante e sono qui per insegnarvi i fatti, non per esporvi la mia opinione su di essi, a maggior ragione se il mio pensiero è contro. Siamo tutti pezzi di una scacchiera e una volta o l’altra ognuno di noi verrà mangiato. C’è una sola differenza, al re non si può dare scacco matto."
"Finché rimaniamo tremanti nelle nostre tane non possiamo certo sperare che la soluzione scendi giù come una manna dal cielo, ma siamo Italiani, per Diana, dov’è finito il nostro patriottismo!?"
"Elena, lo sai cosa succede a chi non accetta Mussolini o Hitler? Viene ucciso."
La campanella dell’ultima ora li fece sobbalzare tutti quanti.
"Mussolini può farmi quello che gli pare, ma se non accendiamo la scintilla della ribellione, non arriveremo da nessuna parte. In guerra vince anche chi muore. Bisogna correre il rischio."

Elena si guardava in giro, mentre il cuore pulsava a mille dentro le sue orecchie.
Si trovava nel piccolo ghetto ebreo della cittadina in cui viveva. Era esteso pochi kilometri, ma era paurosamente pregno di gente. E puzzava. Puzzava di paura e angoscia. Quel tipo di odore che ti rimane impresso nel cervello per tutta la vita.
Decise di attraversarlo perché nonostante le facesse male, aveva bisogno di vedere.
Una sirena la spaventò. Non sapeva cosa significava, ma scatenò il caos tra le gente.
Gli occhi della gente oltrepassavano la sua figura senza guardarla, mormorando silenziosamente e correndo a destra e a manca, scansando i gendarmi che fermi come statue facevano la guardia. Tre bambine, su per giù di otto anni, le tagliarono la strada frettolosamente. Si tenevano per mano. Una di loro, probabilmente la più grande, si avvicinò a uno di questi agenti e lo pregò:
"Scusi, signore. Queste sono le mie amiche Teresa e Silvia, le deve proteggere perché io voglio loro un mondo di bene."
Il poliziotto sorrise, ma con un sorriso rabbrividente.
La bambina più grande abbracciò le piccole.
"Vado a prendertelo e torno subitissimo" e scappò con i capelli al vento.
Cosa andava a prenderle? Perché erano tutti così di fretta? Quella sirena cosa significava? E il poliziotto, perché sorrideva ancora?
La bolla scoppiò ed Elena fu investita da quella verità che aveva cercato di sopprimere sin dal primo passo nel ghetto. Erano arrivati, anzi forse era meglio dire non se n’erano mai andati, ma finalmente avevano deciso di agire. Elena si chiese se in quel momento in tutta l’Italia stava accadendo la stessa cosa.
Sentì uno strepito dietro di lei e vari colpi di pistola.
Il cuore le si fece piccolo piccolo ed Elena proseguì a passo svelto, addentrandosi ancor di più nel ghetto.
Non sapeva nemmeno perché era ancora lì. La paura che la attanagliava aveva appena ricevuto conferme, eppure voleva star vicino a quegli innocenti.
Iniziò a correre lanciando ogni tanto sguardi dietro di sé, quando all'improvviso si fermò. C’era un bambino, ma non un bambino qualunque. Fece pochi passi, tremante, e si accucciò ai suoi piedi. Con la mano un po’ impolverata, accarezzò i capelli chiarissimi di lui, mentre tutta la forza d’animo che aveva trattenuto fino a quel momento cedeva. Fu presa da una crisi di pianto. Afferrò le manine del bambino e se le appoggiò sul cuore. Quel piccino sembrava suo fratello, solo qualche anno più piccolo. L’abbracciò, mentre piangeva e di controvoglia se ne separò.
"Buona fortuna" gli fece col viso rigato.
Era giunta al limite del ghetto, quando rivide la bambina più grande, mentre teneva tra le mani un orsacchiotto di pezza tutto sgualcito.
"Le mie amiche sono ancora con il poliziotto, vero?"
"Sì" rispose, ma non ci credeva nemmeno lei. Tutto, dagli spari a quel ghigno stampato in faccia, faceva presagire che le avesse tradite tutte quante.
La bambina le si gettò spontaneamente al collo. Evidentemente anche lei non ci credeva più di tanto. Tenendola in braccio con il viso rigato dalle lacrime tornò indietro e incapparono in un ingorgo umano triste e deprimente.
"Che Dio li salvi tutti" sussurrò.

CONFESSIONI DELL'AUTRICE
Gente, ora non mi va di scherzare. Penserete che sono instabile mentalmente se vi dicessi che questo è stato il mio ennesimo sogno. E vi giuro, non ho ingigantito le cose. Mi viene ancora da piangere se ci penso. Il bambino che Elena abbraccia è tale e quale a mio fratello quando era piccolo e penso che possiate capire come mi sia sentita male durante questo sogno.
Lasciate recensioni in tanti perchè voglio sapere cosa ha suscitato in voi :)
Baci, RiccRoss
  
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