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Autore: xheiguys    01/03/2013    1 recensioni
A mio fratello, che anche da lassù mi da la forza per vivere questa vita.
Si può veramente vivere senza amore? Beatrice pensa di no, ma ha anche paura di soffrire come già in passato è successo. Riuscirà a donarsi alla magia dell'amore o resisterà?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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La sveglia suona, un altro giorno inizia.

Apro gli occhi ed il primo pensiero è chissà se Lorenzo ha trovato il suo albergo, di sicuro sì, se è riuscito a cavarsela a 16 anni a New York se la saprà cavare anche a 22 a Roma. Mi alzo e vado ad accendere la macchinetta del caffè. Prendo il telefono e controllo se qualcuno mi ha cercato. C’è un messaggio di Luca, il mio migliore amico. “Oh Bea domani scuola non c’è, hanno detto di fare il passaparola, dolce notte”.

Bene, un sabato tutto per me.

Io e Luca ci conosciamo da una vita. Le nostre mamme lavoravano nella stessa boutique e quindi sin da piccoli passavamo molto tempo insieme.

All’inizio io non sopportavo lui e lui non sopportava me, sapete quei discorsi del tipo ‘Bleah ma lui è un maschio’, ecco.

Piano piano poi abbiamo iniziato a salutarci, a parlarci, a giocare e siamo diventati inseparabili.

Lui vive con suo padre non molto lontano da casa mia. I suoi sono divorziati e lui non ha voluto seguire la madre e il suo nuovo compagno, ha preferito non cambiare abitudini e amicizie.

Vado a farmi il caffè. Mentre lo bevo compongo il suo numero e lo chiamo. Squilla ma lui non risponde. Di sicuro è ancora nel letto che ronfa.

Vado a lavarmi, ho troppo freddo, devo vestirmi assolutamente per non rischiare di morire assiderata.

Quando torno in cucina trovo un sms. E’ Luca. “perdonami ma stavo dormendo. Ci vediamo oggi? Non voglio che tu passi tutto il giorno da sola, fammi sapere. Lù” che carino, ha sempre un bel pensiero per me. E’ stato lui ad aiutarmi nell’organizzazione del funerale di mamma, o meglio diciamo che io ho aiutato lui visto che ho fatto poco e niente.

Lui è il mio angelo custode, lo sento.

Rispondo al suo sms. “mi farebbe molto piacere, passa da me quando vuoi, ti aspetto”. Invio. Vado a mettere un po’ in ordine la casa, non voglio fargli trovare un campo profughi, non che lui ci faccia molto caso, è una cosa mia personale.

Mamma ci teneva molto e mi ha trasmesso questa cosa.

 

Mezz’ora dopo sento suonare al campanello.

-          “Ciao Lù, entra”

-          “Bea, ciao!” mi sorrde “come va?”

-          “diciamo che non mi lamento tu?”

-         “idem. Oh sai che ho visto un tizio strano sotto al portone mentre stavo per salire? Un ragazzo alto, moro, occhi celesti, non lo avevo mai visto prima ora. Stava lì, leggeva tutti i campanelli ma non suonava. Boh, mi è sembrato bizzarro, non trovi?” dice mettendosi sul divano.
Ma è Lorenzo. O almeno dalla descrizione così sembra. Mi affaccio dal terrazzo che da sul portone ma non vedo nessuno, sarà andato via.

-         “Sai chi può essere dalla tua descrizione? Il nipote di Giulia, te la ricordi?”

-         “Giulia ha un nipote? Ma davvero? E tu come fai a saperlo?”

-         “Eh si, ieri mentre scendevo le scale ho sbattuto contro un ragazzo, un certo Lorenzo, che mi ha detto di essere il nipote di Giulia”

-         “E perché la cercava qui?”

-         “A 16 anni è andato a New York per inseguire un sogno: diventare un tuffatore. I suoi non l’hanno presa bene e hanno tagliato le comunicazioni con lui.”

-         “Ah capito”

-         “Senti hai fame? Hai fatto colazione a casa?”

-         “Sì, ho fame”

-         “Allora facciamo colazione insieme”

Abbiamo parlato per tutta la mattina come non facevamo da tempo.

Lui mi capisce, con uno sguardo riesce a capire ciò che è meglio per me. Tutti dicono che gli uomini non riescono a capire le donne, lui è l’eccezione che conferma la regola.

La maggior parte delle persone dicono che io e lui stiamo insieme, a noi non importano questi pettegolezzi, pensassero ciò che vogliono, noi sappiamo cosa siamo, noi sappiamo che cos’è il nostro rapporto.

 

Si è fatta l’una, lui mi saluta e va a casa, deve aiutare il padre a cucinare. Suo padre è uno dei pochi uomini che ammiro, ha giurato amore eterno alla moglie davanti a Dio e continua a  mantenere la promessa.

Lui e la moglie sono separati da parecchio e lui, da allora, non ha più avuto donne. Lui è fedele, ha accettato il desiderio della moglie solo per la sua felicità.

Lei un giorno è andata da lui e gli ha detto “Amo un altro”, immagino la sua sofferenza.

 

Passo davanti allo specchio e mi fermo a guardare l’immagine che esso restituisce. Emanuele, da una parte, ha ragione. Ho ripreso un po’ di colorito, non sono più uno scheletro vestito, ogni tanto sorrido, forse sto per trovare l’equilibrio necessario per continuare a condurre una vita tranquilla.

Mi cambio e vado a fare la spesa.

 

Al supermercato si incontrano tante persone, e sin dalla mia infanzia mi piace osservarle e fare dei pensieri della vita di ognuno di loro.

Per esempio adesso vedo un ragazzo sorridente, bottiglia di vino rosso nella mano destra e baci perugina nella sinistra, è sicuramente innamorato e questa sera si dichiarerà.

Adesso vedo un’anziana donna che fa fatica a camminare, forse è malata, forse è solo vecchia, forse è stanca della vita.

 

Vado alla cassa e pago. Oh cavolo, è tardissimo. Speriamo che non ci sia traffico, devo correre al bar. Sì, il fine settimana lavoro.

Essendo senza madre e padre ho diritto ad un assegno, ma non è molto cospicuo, così per potermi permettere qualcosa in più e per pagare acqua, luce, gas ed utenze varie  vado qualche ora in un bar. Niente di che anche questo ma, fortunatamente, con l’assegno e quello che riesco a guadagnare al bar riesco a vivere in maniera più che dignitosa.

Sono una persona forte, lo dicono tutti. Anche quando ero distrutta nell’animo mi davo da fare per non restare con le mani in mano.

Ho dei valori solidi, e questo lo devo a mamma. Lei mi ha insegnato a non stare a braccia conserte ad aspettare che qualcuno venga a regalarmi qualcosa, ‘se vuoi qualcosa vai a prendertela, combatti se necessario e non gettare mai la spugna’.

 

Riesco ad arrivare puntuale al bar, un miracolo.

Mi metto la divisa e inizio a fare caffè, aperitivi, pizzette e tramezzini. Il lavoro al bar mi piace, stare in mezzo a tutte quelle persone è la giusta ricompensa per tutto il tempo che, quando sono a casa, passo da sola.

Vedo i pensionati giocare a carte, gli uomini d’affari firmare contratti o fare cocktail di lavoro, bambini fare merenda e casalinghe disperate lamentarsi dei propri problemi di mogli e madri.

Ogni tanto mi avvicino ad uno di questi gruppi e  mi metto a parlare con loro, non si sono mai lamentati, anzi sono sempre contenti di avermi un po’ con loro.  

 

Il pomeriggio passa tranquillamente tra i tornei di scopa e centocinquantuno, alla fine del turno saluto il collega, mi tolgo la divisa e mi infilo dritta dritta in macchina.

Brr che freddo. Menomale che ho la stufa programmabile e, in queste giornate, si accende prima del mio ritorno a casa in modo da trovare il calduccio che mi piace.

 

Sono stanca, tanto stanca. Oggi ho pensato molto a Lorenzo, chissà che cosa cercava sotto al portone stamattina, ma, soprattutto, chissà perché poi è scappato. Non capisco.

Accendo il pc e provo a fare una ricerca su di lui.

Niente, non so dove cercare, non so da dove partire, anzi, a dirla tutta non so nemmeno perché ho pensato di fare questa ricerca. Tentativo fallito. Ma perché mi interesso così tanto ad uno che sostanzialmente è uno sconosciuto?

 

Apro il frigo e prendo un uovo, lo rompo e lo sbatto. Questa sera mangio una frittata, non ho molta voglia e fantasia di stare ai fornelli. Oh cavolo, mi sono dimenticata di comprare il pane. Farò senza, non ci sono problemi.

Ceno e vado a letto.

 

Il resto del weekend è stato piatto e monotono, come sempre.

 

E’ lunedì. Oggi abbiamo la visita ad un’università. La cosa mi eccita molto perché io so di volerla frequentare e voglio vedere ogni piccolo dettaglio di quel mondo che tra non molto mi ospiterà.

Oggi andiamo a vedere economia, proprio quella che mi interessa.

Apro l’armadio e scelgo l’abbigliamento adatto, oggi niente jeans e niente tuta. Prendo un vestito, uno semplice, niente di che.

Un vestito bianco e nero, senza scollatura e che mi arriva sotto al ginocchio.

Scelgo le scarpe, nere e ovviamente con il tacco e vado in bagno a mettermi le lenti a contatto e a sistemarmi i capelli. Seh, è una parola.

I miei capelli sono lunghi, mi arrivano a metà schiena, e sono ricci come il filo della cornetta del telefono, non mi lamento, sono solo un po’ indomabili, ma mi piacciono.

Li raccolgo lasciando qualche ciocca fuori e inizio a truccarmi.

Metto prima di tutto il primer, servirà pur a qualcosa guardarsi tutte le puntate di ‘clio make up’.

Non amo il trucco troppo ‘carico’ e scuro, per questo opto per un ombretto color champagne sfumato con il bianco che riprende il colore del vestito, un rossetto rosso e un blush color pesca.

Un ultimo sguardo. Ok, vado bene. Prendo la giacca, la borsa e il telefono e mi incammino verso la porta.

Chiamo Luca. Risponde al primo squillo.

-          “sto venendo, sono già partito”

-          “perfetto,  io sono pronta, ti aspetto”

Oggi andiamo a scuola in macchina, non sappiamo quanto si dovrà camminare durante questa visita e quindi abbiamo deciso così.

 

Arrivati davanti alla palestra della scuola parcheggiamo e scendiamo. Mi sento un po’ osservata. Nessuno è abituato a vedermi vestita e truccata così.

Io, a differenza delle mie compagne, non mi sono mai messa una gonna in un giorno scolastico. Loro non si fanno questo tipo di problemi a differenza mia.

Enrico lo zotico appena mi vede esclama “Ahò ma te senti male o domani scendono altri 3 metri de neve?” io, con tono molto pacato rispondo “io non mi sono mai sentita meglio cosa che tu, se non la smetti di fare il cretino, non potrai dire”. Tutti ridono. Lui capisce il messaggio e si allontana.

È arrivata la professoressa, possiamo partire.

Nessuno dei miei compagni sembra su di giri per questa visita, diciamo che l’hanno accettata solo per perdere un giorno di scuola,  in molti ancora non sanno quello che vogliono, non hanno deciso o non sono sicuri. Altri, invece, non c’hanno proprio mai pensato.

 

“Benvenuti nella nostra facoltà” esclama il Preside appena ci vede. “Prego, seguitemi” continua.

La facoltà è immensa, si vede da fuori. Ha tantissime aule e ogni aula potrebbe essere chiamata ‘magna’ date le sue dimensioni, è proprio come nelle mie aspettative.

Dopo averci raccontato un po’ la storia dell’ateneo e, in particolare, della facoltà, il Preside inizia a descriverci le caratteristiche di ogni corso.

Prendo un depliant da un tavolino e lo metto in borsa quasi come se stessi commettendo un furto.

-          “Oh Bea” bisbiglia Luca avvicinandosi a me

-          “Dimmi”

-          “Mi pare di aver visto il nipote di Giulia entrare in quell’aula” e punta il dito verso l’aula 2

-          “Sicuro? Io non ho visto nessuno”

-          “Sì, mi è sembrato lo stesso ragazzo che ho visto davanti al portone”

-          “Ok”

-         “Avete delle domande?” Chiede il Preside interrompendo la nostra chiacchierata. Alzo la mano e lui mi fa cenno di parlare.

-         “E’ possibile assistere a qualche lezione? Sono molto curiosa di vedere come si svolgono, come sono strutturate le aule all’interno e come sono i professori”

-         “Ma certo, andiamo nell’aula 2, è iniziata da qualche minuto la lezione di Economia Aziendale, una materia del primo anno”.

Aula 2? Deglutisco. È quella dove Luca ha visto entrare Lorenzo, o almeno quello che secondo me è Lorenzo.

Perché è passato dalla piscina ai banchi di un’università? Non riesco a rispondermi.

Entriamo nell’aula e dopo averci introdotto al professore e ai frequentanti del corso entriamo e ci mettiamo a sedere.

Inizio ad ascoltare il professore ma la mia mente vola a Lorenzo. Ogni tanto mi giro per cercare di vedere se quello che ha visto Luca era davvero lui oppure no. Non lo vedo, Luca si sarà sbagliato.

Un’ora dopo il professore concede una pausa. Vado ai distributori, ho bisogno di prendere un caffè. Mi metto in fila e inizio a contare i soldi.

-         “Hey ma allora è vero che hai più di 18 anni” mi giro lentamente. È Lorenzo. Mi esplode il cuore. Bum. Cerco di restare calma.

-         “Avevi dei dubbi?” chiedo

-         “Ma no, era per scherzare”

-         “Che ci facevi sabato sotto al portone di casa mia?”

Abbassa la testa visibilmente imbarazzato.

-         “Ero venuto per dirti ancora grazie per avermi accompagnato da nonna ma non sapendo il tuo nome  mi sono messo ad osservare tutti i campanelli per vedere il nome che suonava meglio addosso a te”

-         “Potevi suonare tutti i campanelli, o bastava anche solo suonare al primo e chiedere di una ragazza, sono la sola un quel palazzo”

-         “Hai ragione, stavo per farlo, ma poi ho visto il tuo ragazzo e me ne sono andato”

-         “Il mio ragazzo? E chi è, presentamelo perché io non lo conosco”

-         “Dai quello biondo che pure prima stava accanto a te”

-         “Ahhh Luca, lui non è il mio ragazzo è il mio migliore amico”

-         “Non potevo saperlo io”

-         “E’ vero, ma potevi anche non giungere a conclusioni affrettate, o sbaglio?” abbassa di nuovo lo sguardo.

-         “Hai ragione, comunque stai davvero bene vestita e truccata così, sei bellissima”

Bum. Il mio cuore è esploso, per la seconda volta. Cosa ha detto? Forse ho capito male, forse è una mia fantasia. Invece no, ho capito benissimo, ha usato il termine bellissima, e l’ha usato su di me. Arrossisco.

-          “Grazie. Senti ma tu che ci fai all’università?”

-         “Mi sono immatricolato una settimana fa, ricordi quando in auto ti ho detto che i tuffi erano solo un hobby?” annuisco “ecco, ciò che voglio fare è gestire una piscina ma non saprei nemmeno da dove iniziare e, per evitare un altro buco nell’acqua, ho deciso di mettermi a studiare.”

-         “Ah bene, hai fatto benissimo. Stai sempre in albergo?”

-         “Sì, ma ancora per poco, nonna si è offerta di darmi la sua casa.”
La sua cosa? Oddio la casa di sua nonna è sopra la mia! Quante volte può esplodere il cuore in un giorno? Sto perdendo il conto.
Averlo nello stesso palazzo potrebbe significare vederlo tutti i giorni, o quasi. Potrebbe significare conoscerlo, potrebbe…

-         “Sei ancora al mondo oppure ti abbiamo persa?” dice distogliendomi dal flusso scomposto di pensieri che affollano la mia mente.

-         “Sì, scusa, ero un attimo sovrappensiero”

-         “Il caffè te lo offro io, devo sdebitarmi e dirti ancora grazie, cosa prendi?”

-         “Un caffè macchiato senza zucchero, grazie” dico abbozzando un sorriso e riponendo i soldi nel borsello.

-         “Ecco qua, attenta che brucia” dice porgendomi il bicchiere

-         “Grazie ancora”

-         “Senti un po’, ma mi è dato sapere come ti chiami oppure è un segreto di stato da tenere sotto cassaforte come la formula della nutella o della coca-cola?” rido. Non solo è bello, è anche simpatico.

-         “Beatrice, mi chiamo Beatrice”

-         “Oh che bel nome. Beatrice, come la donna angelicata di Dante”

-         “Wow, non ti facevo così letterato” stavolta è lui a ridere

-         “Troppe cose non sai di me cara mia. Adesso devo tornare in aula e tu devi continuare il tuo giro panoramico all’interno della facoltà. A presto”

-         “A presto”. Lo osservo mentre entra di nuovo nell’aula.

Non so come mai ma c’è qualcosa in lui che mi mette in imbarazzo, forse quegli occhioni celesti che quando ti guardano ti perforano o forse il suo modo di fare, non so.

 

Raggiungo i miei compagni. “Allora signorina che ne pensa della lezione?” mi domanda il Preside “molto interessante” rispondo.

“Adesso andiamo nell’aula magna, quella più grande, quella dove ci sono i corsi più importanti e dove teniamo molti seminari anche con persone che contano molto”

Mi avvicino a Luca.

-          “Era lui, avevi visto bene”

-         “Me ne sono accorto, vi ho visti prima. Ho visto soprattutto come ti guarda”

-         “Ma come vuoi che mi guardi, è un film tutto tuo. Sai, sabato non ha suonato perché ha visto te. Pensava che eri il mio fidanzato” sorride.

-         “Dai su, ascoltiamo il Preside, a te dovrebbe interessare più che a me”

 

“Bene ragazzi, con questo abbiamo concluso, spero che la visita vi sia piaciuta e spero di potervi vedere presto. In bocca al lupo per la maturità, tirate fuori il vostro meglio” Parte l’applauso, un classico.

E’ l’una, possiamo andare a casa ma io non voglio. Ho una fame terribile ma vorrei restare ancora là, forse in cuor mio spero di incontrare ancora Lorenzo o perché mi piace l’ambiente.

-         “Oh andiamo oppure ci vuoi mettere le radici in questo posto?” urla Luca.

-         “arrivo”

Butto un ultimo sguardo all’edificio e poi lo raggiungo. Che stupida, forse Lorenzo è già andato via, non è che le lezioni durano 5 ore.

Con questo ho avuto la risposta, mi ero fermata nella speranza di vedere lui.

 

Tornata a casa mi tolgo le scarpe e mi butto sul divano. I tacchi sono una vera e propria tortura. Non bastava il ciclo, la depilazione, il trucco e i capelli lunghi, no, mettiamoci anche i tacchi alti.

Eh vabbè è solo un piccolo sacrificio. Mi sdraio cinque minuti e penso.  Penso alla giornata di oggi, ricca di emozioni, ricca di cose belle, ricca delle cose che piacciono a me.

Mi brontola lo stomaco, sarà meglio iniziare a cucinare.

Metto l’acqua sul fuoco e intanto peso la pasta. Sì, la peso. Non faccio la dieta ma voglio controllare quello che mangio, peso tutto, anche frutta, biscotti e cioccolatini.

Non sono grassa, anzi, ma forse è proprio per questo che non lo sono.

Peso il cibo da quando mamma iniziò a fare la dieta. Per non farla sentire sola e quindi anche per aiutarla a rispettare le quantità previste iniziai a mangiare anche io come lei e da allora non ho più smesso di pesare e controllare le calorie di ciò che mangio.

L’acqua bolle, butto la pasta ed inizio ad apparecchiare.

È da poco che sono tornata a mangiare seduta a tavola, dopo il tragico evento non avevo più voglia di fare nulla, nemmeno di apparecchiare. Mangiavo una cosa al volo, in piedi. Era più rapido, non avevo modo di vedere il posto di mamma vuoto, non avevo modo di soffrire ulteriormente.

Sono quelle piccole cose che, nella disgrazia, non aumentano il dolore. E in questi casi anche un nulla rappresenta molto.

Scolo la pasta, ci metto un po’ di olio e inizio a mangiare.

 

Dopo pranzo mi metto al pc. Controllo la mia casella di posta elettronica. Ho una mail. Sarà la solita pubblicità di qualche sito al quale mi sono segnata. La apro.

 

da: Lorenzo S.

a: Beatrice Agnello

data: 18 febbraio 2013 ore: 12:12

oggetto:  sorpresa.

 

Sorpresa. Questo è il bello delle visite degli istituti superiori all’università, mettono l’indirizzo mail del rappresentante di classe nel foglio da presentare al Preside.

Immaginavo che eri tu la rappresentante di classe, sei una persona di polso, o almeno così mi sei sembrata. Il Preside non ha esitato a mostrarmi il foglio quando gli ho detto che volevo delle informazioni riguardo alla tua scuola perché ‘il mio fratellino deve decidere l’istituto superiore e non lo portano in visita alle scuole’.

Beh, eccomi qua. Ti sto scrivendo, non ci posso credere. Ho fissato per un’ora il foglio dove ho scritto il tuo indirizzo, alla fine ti ho scritto, mi stupisco di me stesso.

Mi ha fatto piacere vederti oggi, davvero. Appena ho visto il tuo amico ho capito subito che eri presente anche tu, non mi sbagliavo.

Eh niente, volevo solo stupirti. Spero che questa mail ti faccia piacere e spero anche di vederti presto.

Mi piace parlare con te. Sono riuscito a raccontarti delle cose di me quando di te non sapevo nemmeno il nome, mi hai trasmesso fiducia a pelle, è una bella sensazione.

Ciao.

Lorenzo? Oh porca miseria, questa sì che è una vera sorpresa. Ha fatto piacere anche a me vederlo. Che faccio rispondo? Ma sì, non devo sembrare scortese.

da: Beatrice Agnello

a: Lorenzo S.

data:  18 febbraio 2013 ore: 14:12

oggetto:  RE: sorpresa.

 

Ammazza che bella sorpresa. Credevo di trovare il solito spam dei siti e invece trovo te, decisamente più piacevole dello spam. Ha fatto piacere anche a me vederti, sul serio. Mi fa molto piacere ascoltarti, anche tu mi hai trasmesso sicurezza e fiducia, non c’è un motivo preciso, è una cosa che sento senza saperla spiegare. Spero anche io di vederti presto, di sicuro sarà così. Casa di tua nonna è proprio sopra alla mia, quindi sarà inevitabile vederci.

Grazie per la sorpresa, leggere la tua mail mi ha fatto sentire meno sola, e quando si ha una casa grande tutta per sé e si trascorre la maggior parte della giornata in solitudine è tanto.

Un bacio.

Bea.

Lo rileggo e lo invio.


 

 

  
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