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Autore: VeraNora    01/03/2013    4 recensioni
Mi cimento nel mio primo "What If": Damon lascia Mystic Falls due giorni dopo la scelta di Elena. Lei non è morta, non è diventata vampiro. Lui va via senza dire niente, senza salutare nessuno e nel lasciare quella vita, si ritrova a dover prendere una decisione, come già accaduto nella 2x12 con Jessica. Questa decisione si ripercuoterà sul suo futuro, e 20 anni dopo quella notte, capirà che al destino non si sfugge, mai.
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«Ho avuto 20 anni per pensare ai “forse”, ed ho capito che il destino non si evita. Niente e nessuno avrebbe potuto cambiare il corso degli eventi, niente e nessuno avrebbe potuto evitare di farci trovare qui e ora, così. Nemmeno tu»
Genere: Fluff, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena, Damon/Katherine, Elena/Katherine
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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             disegno By Chiara Zappia



Jessica vide Damon uscire dal negozio di alimentari con due buste di carta piene.

 
L’aveva lasciata sola al ristorante per darle il tempo di digerire, non il pasto appena sfiorato, ma la storia. Le era stata concessa una domanda per scoprire qualcosa sul passato del vampiro,  e lei partì con quella che le era sembrata la più sicura: «Il mio nome: Jessica… perché mi hai chiamata così? Ha un qualche significato?»  chiese, mossa dalla paura di portare il nome di colei che aveva ridotto l’uomo con cui era cresciuta ad uno straccio.
La storia che ne seguì fece capire alla ragazza che nulla nella vita dell’uomo era mai stato facile: i lunghi silenzi, le serate chiuso in camera a bere, la reticenza a lasciarsi andare anche ad un abbraccio, iniziarono ad avere senso.  Nel corso degli anni ne aveva sentiti di aneddoti, tutti precedenti o successive a quel capitolo che lei, nel segreto dei suoi pensieri, chiamava “Mystic Files”.
Era stata esaudita, avrebbe saputo.
Dopo solo un racconto  già si era fatta venire i lucciconi “Stupida! Stupida idiota! Hai l’occasione di sapere tutto, e dico tutto!, e che fai? Ti metti a frignare??? Idiota! Raggiungilo e rimedia!” pensò pochi istanti prima che René, il capo sala del ristorante, si avvicinasse per chiederle se andava tutto bene. Sorrise per rassicurarlo e lo congedò con un'impazienza malcelata.Si alzò talmente in fretta che quasi rovesciò la sedia, tanto era impaziente di raggiungere  Damon.
 
Vedendolo fermo sul marciapiede di fronte allo store,  fece uno scatto per avvicinarglisi e si aggrappò al suo braccio, stando attenta a non fargli cadere a terra le buste.
«Eccoti! Sapevo di trovarti qui!»
esclamò. Nello stesso istante lui pronunciò un nome:
«Katherine»
Jessica non capì subito, poi lanciò uno sguardo alla donna che stava immobile di fronte al vampiro:
alta poco più di lei, magra, lunghi capelli castani, carnagione olivastra ed occhi nocciola.
Una bellezza oscura, maliziosa. La sua mente pensò a tutte le storie di Damon su quel personaggio, che nella sua immaginazione era munito di corna e grossi porri sul naso. Lui aveva parlato spesso della sua bellezza,  ma Jessica si era si era convinta che lui esagerasse. Constatò a malincuore che si sbagliava di grosso. C’era qualcosa in quella donna che attraeva: splendeva di una luce propria.
«Katherine? Quella Katherine?»
fece, pentendosi subito di aver aperto bocca. Il vampiro iniziò a connettere solo dopo pochi istanti: aveva ingoiato il nome di Elena talmente tante volte quel giorno che ritrovarsi di fronte il suo viso, seppur sul volto di un'altra e ben diversa creatura, lo mandò in uno stato di shock.
«Vedo che tu sai tutto di me ed io niente di te…»
disse la vampira guardando gelida la ragazza, ancora appesa al braccio di Damon.  Jessica si sentì in preda al panico. Si domandò se quella fosse la sensazione che si provava quando si incontrava qualche personaggio famoso.
«Ehm… io…»
iniziò a dire la ragazza, ma Damon la bloccò:
«Non credo ti riguardi con chi vado in giro Kath, addio!»
sibilò, trascinando via Jessica ancora aggrappata a lui.
«Hey! Aspetta! Non si trattano così i vecchi amici»
disse la vampira correndo e parandosi davanti ai due.
«Hai per caso paura che la tua ragazza si ingelosisca?»
commentò sprezzante.
«Oh! No… io…»
provò a dire Jessica, ma Damon la interruppe di nuovo:
«Sa tutto di te, e sa anche che non ha assolutamente niente di cui essere gelosa»
 
«La prima regola del manuale di sopravvivenza a Katherine Pierce è “non dire mai niente che possa darle un vantaggio. Meno cose sa, più le tue probabilità di fregarla aumentano”» era solito ripetere Damon a Jessica.
 
La ragazza accolse il segnale e la lasciò nella sua convinzione errata.
«Bene! Allora possiamo passare un po’ di tempo insieme!»
disse Katherine
«Ho di meglio da fare»
rispose lui. Lei allungò lo sguardo sulle buste ed intravide gli ingredienti principali per preparare il chili.
«Mmmh… adoro il messicano!»
esclamò.
«Buon per te, c’è un ristorante qui dietro, buona serata»
la liquidò lui e mosse qualche passo in avanti. La vampira lo fermò e disse:
«Andiamo, Damon! Non ti ricordavo così sgarbato»
«È  un dato di fatto che non hai mai capito niente di me»
fece lui sarcastico. Lei mise il broncio.
«Prometto che farò la brava, sono solo curiosa di sapere un po’ come te la passi…»
Poi si avvicinò maliziosa:
«Una chiacchierata e poi ognuno per la sua strada»
mormorò seducente. Sentendosi osservata, abbassò lo sguardo su Jessica che la stava fissando con gli occhi sgranati e la rimproverò:
«Non ti hanno insegnato che è da maleducati fissare le persone?»
La ragazza scosse la testa  provando a giustificarsi:
«Io… io… cioè…»
Damon intervenne in suo soccorso:
«La devi perdonare, ma non ha mai visto il diavolo da così vicino»
La vampira fiutò qualcosa, spalancò gli occhi ed esclamò:
«Ma è umana!»
«Che ti importa?»
chiese lui. Lei ponderò se rispondergli o meno, ma decise di tacere. Era appena riuscita ad ammansirlo, non si sarebbe giocata così la sua occasione.
«Nulla! Era solo una constatazione»
rispose sorridendo.
«Visto che ti sei autoinvitata, porterai tu queste a casa»
Damon le mollò le buste della spesa tra le braccia e si incamminò.  Jessica, ancora attaccata a lui, non riusciva a togliere gli occhi da dosso alla donna di cui aveva sentito tanto parlare.
Arrivati all’appartamento, Damon e Jessica entrarono, lasciando la vampira bloccata sulla soglia.
«Divertente! Davvero divertente!»
disse lei da dietro le buste di carta.
«Sì, scusa… entra pure!»
la invitò Jessica.
«La cucina è di là»
indico la ragazza, da brava padrona di casa.
«E tu non mi aiuterai vero?»
disse la vampira passando accanto a Damon che osservava ghignando.
«Perché dovrei? Sei un vampiro da più tempo di me, non ti manca certo la forza»
«Mai sentito parlare di cavalleria?»
«Quel modo di comportarsi con delle “signore”? Certo! Ma non vedo signore con cui sfoggiare il mio registro di galanteria»
rispose caustico lui. Jessica si schiarì la gola.
«Tu sei esclusa mia cara!»
disse Damon facendole il baciamano. La vampira sbuffò,  si diresse nella direzione indicata dalla ragazza, posò le buste sul tavolo e si guardò intorno. Tutto aveva un’aria così normale, tutto sapeva di famiglia. Si affacciò nel corridoio che dava sul salotto e notò un certo gusto nell’arredamento che riconobbe essere di Damon. Avanzò osservando le pareti su cui erano state appese delle foto:  ritraevano la ragazza in diverse occasioni, alcune risalienti alla sua infanzia. In due, recenti forse di un paio di anni, compariva anche il vampiro.
«Hai già iniziato a ficcare il naso?»
chiese Damon. Mentre Kath era in cucina, aveva mandato Jessica a liberarsi di tutte le cose che avrebbero potuto darle informazioni  sul loro legame.
 
La ragazza corse in salotto. Prese la foto del suo 5° compleanno,  in cui spegneva le candeline seduta sulle gambe di Damon; staccò il poster, appeso sul muro dietro il televisore, che li ritraeva a Disneyland e, senza una ragione precisa, decise di portare in camera sua anche tutti i libri su vampiri e creature soprannaturali che le aveva regalato Damon nel corso degli anni. Nella pila di grossi volumi, c’era un libricino dalla copertina logora, di colore verde,  che scivolò accanto alla Tv facendo fuoriuscire un pezzo di carta sgualcito. Sentendo la voce di Damon parlare con Katherine non perse tempo a raccoglierlo.
 
«Volevo solo vedere la casa»
rispose la vampira.
«Questa è la cucina, questo il corridoio e quello il salotto, soddisfatta?»
disse Damon, indicando gli ambienti fermo sotto l’arco che separava la cucina dal corridoio che portava al salotto. La vampira incrociò le braccia e sbuffò.
«Andiamo! Non mi sembra il caso di essere così scontroso! Non ho cattive intenzioni»
fece in un tono volutamente infantile.
«Questa sì che sarebbe una novità! Andiamo, se vuoi mangiare qui, mi aiuterai a preparare la cena»
ribatté lui. Con un cenno della testa indicò la cucina e lei lo seguì con una smorfia.
«Scusate…»
disse Jessica affacciandosi in cucina dopo aver eseguito gli ordini di Damon
«Io avrei quell’impegno … ma se è un problema rimando…»
 
Già. Era successo tutto così in fretta che il vampiro aveva completamente rimosso che giorno fosse e cosa stessero festeggiando: la laurea, il pranzo, la storia di Rose riportata a galla e poi… Katherine.
Non si era mai sentito così confuso riguardo allo scorrere del tempo.
Quanto ne era passato da quando René li aveva condotti al tavolo?
Quanto da quando aveva lasciato sola Jessica?
Quanto da quando si era ritrovato davanti Kath?
Non lo sapeva, non riusciva a quantificare.
 
«No, vai pure… so tenere a bada le mosche… per quanto fastidiose possano essere»
disse tornando in sé. La ragazza sorrise ed aggiunse:
«Sarò a casa per cena»
«Offri tu?»
fece spavalda la vampira.
«Sei a tanto così dal ritrovarti con un paletto in gola»
la minacciò Damon. Katherine  alzò gli occhi al soffitto e spalancò le braccia.
«Non si può neanche scherzare ora! Eri molto più simpatico un tempo!»
sentenziò andando a svuotare le buste. Jessica rimase immobile a fissarli, il vampiro la congedò con un gesto della mano.
«Tranquilla, divertiti!»
«Neanche un bacino?»
commentò sprezzante la vampira. Lui si voltò e la gruadò male, ma lei aveva già alzato una mano per fermarlo:
«Ultima battuta! Promesso!»
Poi fece il segno di serrarsi le labbra con una zip immaginaria. Jessica, prima di uscire, rivolse a Damon l'ennesimo sguardo interrogativo , chiedendo in silenzio se poteva andarsene tranquilla . Lui annuì. Rimasti soli, i due vampiri, tacquero a lungo. Lui iniziò ad affettare la carne e lei si occupò delle verdure.
Travolto da un vortice di ricordi, ripensò all’ultima volta che si era trovato a preparare chili insieme ad un’Elena in negazione.
 
Lui era lì per assicurarsi non crollasse: Stefan era andato via con Klaus, si era sacrificato per salvargli la vita dopo che Tyler Lockwood lo aveva morso. Suo fratello si era offerto all’ibrido in cambio di una cura.
Fu proprio Katherine a portargliela, sdebitandosi con lui che, a sua volta, le aveva fornito la verbena per proteggersi dal soggiogamento di  Klaus.
 
Il circolo vizioso dei ricordi iniziò a condurlo in diversi luoghi: in quasi tutti c’era Elena. Ogni immagine di lei era una ferita, e ripensare alle circostanze che avevano portato via Stefan lo collegò inevitabilmente a quel bacio: il primo bacio che Elena gli aveva dato.  “Per pietà, perché stavi morendo” pensò.
«Allora! Volevi fare due chiacchiere… inizia a parlare! Che ci fai qui?»
disse bruscamente. Doveva distrarsi. La vampira alzò gli occhi dal tagliere e disse:
«Sei diverso… strano…»
Lui la guardò un secondo: quel viso gli faceva ancora male.
«Certo, Katherine. Cambia discorso, sposta l’attenzione su di me»
Lei sbuffò.
«Ho da fare delle cose, vedere amici, riscuotere debiti… sai, il solito! Contento?»
disse. Lui sorrise e commentò:
«“Vedere amici”  come se tu possa averne»
«Tu invece? Che ci fai con un’umana non soggiogata? Hai intenzione di trasformarla o questa messinscena dell’allegra famigliola ha una data di scadenza?»
ribatté lei, posando pesantemente il coltello sul tavolo. Damon fece spallucce.
«Non so di cosa tu stia parlando»
le disse.
«Oh! Andiamo, Damon! Non sono stupida… si riconosce il tuo tocco in giro, ed anche se non ho visto molto, si capisce che abiti da un bel po’ qui… direi un paio d’anni… e quell’umana… »
«Jessica»
fece lui
«Sì, Jessica… si capisce che non vi siete conosciuti proprio ieri»
Il vampiro continuò a tagliare a cubetti la carne, stava concedendo a Katherine un vantaggio ed era davvero l’ultima cosa da fare.
«Sul serio  Damon? Non ti fidi ancora?»
«Beh, ne ho ben donde»
ribatté lui mentre svuotava il tagliere nella pentola.
«Te l’ho detto! Vengo in pace! Sono solo curiosa… sai, dopo Elena credevo avresti rinunciato alle umane…»
Damon non controllò il suo corpo: in un secondo fu addosso a Katherine puntandole il coltello alla gola
«Non osare…»
disse con rabbia, digrignando i denti. Lei sentì la lama fredda affondare nella sua carne ed un rivolo di sangue scese rapido lungo il collo.
«O-ok… colpa mia!»
fece lei con voce soffocata. Lui ritornò lucido e si allontanò, la guardò con rabbia e tornò alla sua pentola di carne.
«Non sono l’unica a sfuggire alle risposte, vedo»
disse mentre si asciugava il sangue sul collo.
«Quando, e se,  avrò voglia di risponderti saprai. Fino ad allora cucina… o vattene. Non mi importa»
Lei rimase. Passarono le successive due ore in silenzio.
Lui cercò di non cadere nel baratro dei ricordi e lei provò a carpire più dettagli possibili della vita di Damon da quell’appartamento.
Katherine si diresse verso il frigorifero e, trovando uno scomparto pieno di sacche di sangue, ruppe il silenzio:
«Posso usufruire?»
Damon si voltò, la vampira teneva penzolante una sacca tra due dita
«Miss Katherine che chiede qualcosa… forse è finito il mondo e non me ne sono accorto»
rispose lui caustico. Lei si limitò a togliere il tappino alla sacca e fece un gran sorso.
«Mmmh… ci voleva proprio!»
Lui la guardò incuriosito.
«Cosa?»
chiese lei sentendosi osservata. Lui piegò verso il basso gli angoli della bocca e sollevò le sopracciglia.
«Nulla… solo non ti facevo tipo da apprezzare una sacca di sangue»
le rispose.
«Te l’ho detto che sono cambiata»
«No, non l’hai detto, e non sei cambiata»
Lei fece spallucce e disse:
«Come ti pare! Quando ti sarai stancato di farmi la guerra mi troverai nel salotto, vado a finire comoda il mio drink»
Ed imboccò il corridoio. Damon rimase in cucina, non voleva apparire sospetto. Era sicuro che Jessica si fosse liberata delle prove sul loro legame. Si concesse qualche istante prima di raggiungerla.
La vampira, appena entrata nell’ambiente che prima era riuscita solo a scorgere,  fu invasa da quella sensazione di casa che l’aveva colta appena arrivata. Si guardò intorno e non faticò ad immaginare il vampiro e la ragazza passare le loro serate sdraiati sul divano a leggere o a guardare la tv. C’era un pianoforte: sicuramente lo suonava Jessica, non ce lo vedeva Damon a strimpellare.
Cercò indizi su chi fosse la ragazza, ma non trovò niente. Sulla parete sopra la tv c’era un alone chiaro, come se fosse stato tolto un quadro da poco. Dai buchini ai quattro lati dell’alone, stabilì dovesse trattarsi di un poster; si avvicinò per guardare meglio e la sua attenzione fu catturata da qualcos’altro. Prima che potesse approfondire arrivò lui.
«È questa la tua idea di bere un drink comodamente?»
disse Damon. Lei si voltò di scatto.
«Dato che tu non ha intenzione di dirmi nulla, faccio da me»
gli rispose. Il vampiro si sentì stanco, non aveva più né la voglia, né la forza di controbattere: qualunque cosa volesse sapere Katherine gliel’avrebbe detta, cercando, però, di occultare il più possibile la verità su lui e Jessica.
«Ok, cosa vuoi sapere?»
Lei restò stupita dall’improvvisa disponibilità a risponderle, ma non perse l’occasione:
«Beh, la mia domanda resta la stessa… che intenzioni hai con lei?»
«Cosa intendi?»
«Non essere stupido, lo sai cosa intendo… è umana, hai intenzione di trasformarla?»
Damon fece una faccia disgustata.
«Non le rovinerò così l’esistenza!»
Disse. Lei parve colpita.
«È questo che pensi abbia fatto? Ti ho rovinato l’esistenza?»
«Vediamo… ho accettato di diventare un mostro per te;  ho  passato 150 anni ad inseguirti e solo per scoprire che tu non hai mai voluto me; ho perso mio fratello e…»
Prima di dire qualcosa di impronunciabile tacque, lei però non mollò la presa:
«E? Avanti, Damon, dillo!»
Lui si indurì.
«Sono stato chiaro prima»
Lei sollevò le mani e disse:
«Ok, ok… come vuoi… quindi non hai più notizie di Stefan?»
Damon scosse la testa in segno di diniego e si sedette sul divano.
«Sono andato via non appena sistemati Klaus ed Alaric. L’ho lasciato a vivere la sua vita e non mi sono più voltato indietro. Lui non mi ha mai cercato ed io non mi sono mai fatto trovare»
La vampira mosse qualche passo verso di lui
«E non ti sei mai chiesto cosa ne è stato di…»
Damon alzò un dito in segno di avvertimento, lei non continuò.
«No, mai. Sono andato avanti»
disse mentendo a se stesso. Lei indicò una foto sulla libreria continuando ad avvicinarsi.
«Solo con lei? Oppure ogni paio d’anni cambi distrazione?»
chiese procedendo lenta. Lui inclinò la testa e chiese:
«Distrazione? È questo che credi faccia?»
«Non lo so, dimmelo tu»
rispose lei,  vicina.
«Usare le persone è tua prerogativa Kath, non mia»
disse lui.
«Beh… da come la vedo io…»
fece lei sempre più vicina:
«Stai con una ragazza che dici di non aver intenzione di trasformare»
ormai ferma  a contatto con le gambe di lui:
«Affermi di essere andato avanti»
continuò,  calando il tono ed iniziando a salire a cavalcioni sul vampiro:
«E ti crederei anche, non fosse per la foto sgualcita che spunta da quel libro vicino la Tv»
Damon corse con gli occhi a cercare il libro. Intanto la vampira gli era sopra: le mani poggiate sul petto ed il viso a pochi centimetri dal suo.
«Ora, dimmi, Damon… sei andato avanti o non riesci a liberarti del passato?»
sussurrò accostando la bocca a quella di lui. Il vampiro la afferrò dal collo e la ribaltò di lato sul divano:
«Te lo dissi ai tempi Katehrine, te lo ripeto oggi: non fai più per me»
Lei spalancò gli occhi ed indicando la Tv disse:
«E lei? Elena? Ha mai fatto per te?»
Lui strinse di più.
«Nessuna fa per me»
Ringhiò. Gli occhi di lei si inumidirono.
«E Jessica? Lei fa per te?»
chiese con la voce ridotta ad un soffio. Un pensiero terribile si fece strada in Damon, un pensiero inaccettabile… ma quegli occhi umidi…
E come faceva a sapere che tipo di foto era quella nel volume di “via col vento”?
Non era possibile avesse avuto il tempo di vederla, non l’aveva lasciata da sola così a lungo e non l’aveva sentita rovistare…
Nello sguardo di lei apparve una supplica e lui si ritrasse, come se quegli occhi lo avessero scaraventato via con la sola forza del pensiero. Rimase immobile, tremante.
Lei si sollevò tenendosi il collo. Senza la pressione delle proprie mani a deformarne i tratti, la riconobbe.
«Elena…»
disse. Poi la sua anima esplose in infiniti frammenti.
   
 
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