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Autore: glendower    01/03/2013    4 recensioni
Fiabe nere prima di andare dormire.
Racconti tormentati che per finirsi non hanno bisogno del lieto fine – lo piegano e stravolgono, lo rifiutano e lo cambiano.
Amanti prima odiati e poi tormentati senza mai trovare felicità.
C’era una volta - disse un’indecenza scappata da una bocca - […] finché non vissero morti tormentandosi nei loro peccati.
[1#] Mele: rotondi cerchi d'infinito rotolano vivi lungo tutta la radura, coprendo il terriccio ruvido con mattonelle marce, sporcando gli stivali del cavaliere al suo passaggio. (RanTaku)
[2#] L’ultimo amante è forse il migliore di tutti, respira in rantoli e condensa di nuvole, ha il fisico del guerriero, del canide e del cacciatore... (Garshya/Vanfeny)
[3#] Manti, pelli di belva, piume colorate e pitture rupestri sulla fronte lo rendono creatura mitica, barbaro dai capelli scuri e i piedi di fumo, inesistenti sotto gambe d’osso e cartilagine viva. (HakuShuu)
Genere: Angst, Generale, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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1 # | Snowhite
di mele troncate dal marciume, principi che s’addormentano e finali doppiamente capovolti
(RanTaku) ; la prima fiaba



 

Mele.
    Mele rosse di sangue, piagate dai vermi e sbeccate dai morsi dei topi, frutti di peccato figli del ventre di un serpente; impurità succose da mangiare leccandosi le dita, candite di zucchero e cioccolata alla cannella. Mele come pomi dell'empireo mandate giù all'inferno, lucide d'inchiostro e ricavate dal veleno, piene di male ed incubi da mangiare a bocca chiusa. Buchi distorti, grandi quanto il polpastrello di un pollice, dai frutti vomitano miasmi violetti, rilasciando acido sul tappeto d'erba del sottobosco, bruciando fiori in cenere grigiastra che si sparpaglia in giro attraverso il vento.
    Mele: rotondi cerchi d'infinito rotolano vivi lungo tutta la radura, coprendo il terriccio ruvido con mattonelle marce, sporcando gli stivali del cavaliere al suo passaggio.
   Cesti di vimini intrecciati sono appesi alle fronde, dondolano inclementi lasciando cadere cascate di sfere rosse e leccornie che si sciolgono nell’odio.
     Alberi scheletrici gli strappano le vesti, allungano le braccia e spalancano le fauci, tessendo piaghe nelle carne e lividi sul viso, là dove i rovi di spine arrivano ad accarezzargli le guance con impudica riconoscenza. Nere mani senza forma brancolano nel buio, ritirandosi spaventate ai lati del sentiero quando un raggio di luna fa capolino dalle nuvole, nere tende di stoffa messe lì ed intiepidire la notte, fredda e spettrale nella sua porzione di fiaba.
    Qualcuno grida da qualche parte – qualcuno piange senza interruzioni, intona sottovoce nenie dolcemente e gratta le unghie sui tronchi; squittii e lamenti rimbalzano all’aperto, tempestano quel posto facendo compagnia al principe ed in lui si attaccano, non lo mollano e sulle gambe restano, impigliandosi alle cinghie del mantello per continuare a suonare vicine come una marcia, necrologio e previsione della sua fine prematura.
     La lanterna di Shindou cigola e gira come l’occhio di un faro, lanciando frecce dorate ad intermittenza per la foresta, richiamando spiriti guida con le sembianze di mostri, animali sventrati che fuggono dopo aver posato lo sguardo sulla spada d’argento al suo fianco – sull’armatura cinerea ed il cavallo scalpitante, nobile destriero purosangue creato da una fiamma.
    Spaventapasseri impalati lo accolgono piegando la testa calva in saluto, facendo vibrare le ossa mentre si piegano avanti, aprendogli la visuale sul grande spazio sotto la quercia, strappando i cespugli d’ortica con una falce fantasma.
    Sette nanetti, mangiati dal tempo e trasformati in sette scheletrici microscopici a bocca aperta, sorretti dalle loro alabarbe, tutti insieme fanno guardia immobile al sepolcro, un buco profondo poche dita dove hanno brutalmente gettato la principessa, un magro manichino livido in modo innaturale – un ferro vecchio ed inutilizzato, bello come una brama finita nel peggiore dei modi.
    Un’unica candela a metà getta spruzzi giallo/arancio sulle dita esangui della fanciulla, chiuse attorno ad un pomo dorato, punteggiato sul confine da un unico morso al centro da dove sgorga un pianto di nebbie; l’intruglio della strega in circolo vortica ed il magico unguento fa effetto per portare il sonno eterno a Kirino, un soffio violento a cui nemmeno un bacio potrà porre mai rimedio nella fiaba che va avanti a raccontarsi.
    La bara è divisa in pezzi, rotta in aghi d’ossidiana e vetro nero sparsi a pioggia sopra e sotto i sassi, distrutta e ricomposta sul pavimento di foglie per proteggere la dama bianca come la morte; un coperchio trasparente getta lacrime di umidità sul viso della bella, dandole l’umanità delle lacrime quando ha già tutti e due i piedi infilati nella fossa.
   Lei, la morta bambina, è riversa su di un letto di crisantemi sfioriti che puzzano di vecchio, un gradino di marmo le tiene il collo alzato in un sì statuario ed un cuscino di capelli rosa le incornicia le spalle; tra le ciocche girano larve grasse e cattive, scivolano nella chioma e macchiano il candore irreale della pelle, strisciandole sui polsi e lungo il collo fin dentro ai vestiti, stracci laceri che la polvere ha bucherellato e l’acqua ha ristretto, lasciando scoperte forme maschili e curve immaginarie che la purezza non ha mai troncato.
    Sembra dormire sogni che le vibrano tra le ciglia, vivendo vite doppie girovaghe sotto le sue palpebre; la bocca storta è tenuta piegata in un bacio che non si fa aspettare perché Shindou s’inchina al suo cospetto e posa un respiro tra le sue labbra, soffiando un incanto che ne impallidisce le membra, dimentiche del calore che fa brillare i vivi.
    «Kirino?» chiama l’eroe disperato, scuotendo un petto più vuoto di un ventre affamato – più inutile di qualcosa di rotto, oggetto da buttare e da posare in soffitta. «Kirino svegliati, sono io, Shindou!» Incapace di raggiungere l’amato, la voce canterina s’insinua nella sua mente, gioca nel suo orecchio e gli stringe le braccia, donandogli possibilità prima inesistenti – Mangiala – dice – ingoia quel pomo e sarete per sempre felici contenti.
    Ed allora ubbidisce, strappa la mela metallica che l’altro regge e le dà un morso, vorace si sporca il mento di nettare ed il suo corpo si fa pesante, tanto che cade appoggiandosi alla sua sposa e su di lei ci rimane finché non è la compagna stessa a svegliarsi, riconquistando d’un tratto i giorni ed i mesi persi ad aspettarlo; i colori tornano a splendere e la sua bellezza si rimette al suo posto, cancellando la crudeltà dell’incantesimo del maligno che l’ha trasformata in un mostro.
   Un colpo di tosse le fa sputare via una briciola, un torsolo incastrato in gola ma mai  ingoiato. «Shindou?» gli sussurra Biancaneve, accarezzandogli dolcemente la testa mentre cerca in tutti i modi di svegliarlo. «Shindou svegliati, io… io sono vivo e tu-tu…» nessun commento, nessun' altra voce.
   
     Lui non rispose.
   Lui era già morto e lei crebbe maledetta, ritardataria e piene di colpe
, gli occhi secchi di chi non ha più rubinetti da aprire. Insieme al suo amore visse il resto dei suoi giorni piangendo, incapace di uccidersi con le sue mani perché ancora attaccata al terreno, invecchiando lentamente fino a diventare sabbia – fino a spegnersi lentamente, stretta alle braccia di un nobile ormai da troppo diventato una ragnatela.



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note dell'autrice: questa raccolta nasce da una voglia tremenda di vedere (o uccidere? .cit) i film disney, corredandoli di quello che sicuramente non è un finale lieto come tutti pensano e anche dal fatto che avrei una serie di flash da continuare (sempre in tema inazuma) e che probabilmente, per un motivo chiamato ''pigrizia'', non continuerò anche per questioni di tempo. come volevasi dimostrare, le coppie qui presenri sono le mie, otps o meno non importa, saranno puramente giostrare dalla mia insana cattiveria che le farà sicuramente finire all'altro mondo (uno dei due, l'angst va dato in pillole).
Due note in merito su questo obbrobrio: toccherò i finali di tutte le fiabe che conoscete e i dialoghi saranno presenti in minima parte, per dare l'idea dalla fiaba ho preferito usare la magia delle immagini piuttosto che delle parole e spero vivamente che la cosa non vi dispiaccia. cercherò di non essere banana e di aggiornare una volta a settimana (un mese, se la pigrizia chiama) voi siate gentili, sono solo una povera fyccinare che dubita sulle sue capacità il più delle volte. ):
vi lascio alla lettura e mi vado a nascondere, qui lascio un cesto di pomodori nel caso voglia uccidermi a suon di cibo. nella speranza che commentiate vi lascio un bacino. 
 
  
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