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Autore: ste87    02/03/2013    11 recensioni
"Sposto ancora lo sguardo e per poco non mi affogo con quello che sto bevendo quando mi accorgo chi è seduto due tavoli più in la. Non posso evitare di agitarmi ogni volta che lo vedo, se poi lo scopro in compagnia di altre donne è anche peggio. Con lui faccio sempre finta che non mi importi con chi si frequenta e che può fare quello che vuole della propria vita, ma non posso negare di sentire una fitta dilaniante alla base del cuore quando ci comportiamo come due estranei. Ma ormai è questo che siamo diventati, due estranei che si fanno costantemente la guerra per non rischiare di far riaffiorare dei sentimenti che ci farebbero solo soffrire. Lo so io, lo sa lui e lo sanno le persone che ci stanno intorno, almeno quelle a cui teniamo di più." Bella e Edward sono divorziati e genitori di una bambina di nome Sophie. Cosa li ha portati alla separazione? E soprattutto riusciranno a ricucire un rapporto lesionato da tempo? Non vi resta che leggere!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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CAP 8

                                           

Eccomi qua! Come promesso ho fatto il prima possibile. Spero che il capitolo sia di vostro gradimento. Si apre con un pov Edward che racconta il suo incidente.

Buona lettura!

Capitolo 8

Ne vale la pena?

Che la nostra felicità sia così tanto collegata

 alla vita di un altro essere umano?

-Bones
.

Pov. Edward

Sbatto la porta di casa più forte di quanto non sia in realtà necessario. La trovo buia, vuota e triste; esattamente come mi sento io in questo momento.  Poggio il sacchetto che mi ha dato Jen sul tavolino del salotto, non ho nemmeno la forza per aprirlo figuriamoci per mangiare qualcosa. Mi accascio con la schiena sul divano e prendo a guardare il soffitto mentre sento un dolore acuto crescere sempre di più dentro al petto. Sfilo dalla giacca la fiaschetta di whisky e comincio a bere.

Le ho detto che l’amo. Le ho detto che l’amo ed è andata via con un altro uomo.

Ormai ho perso ogni speranza.

Razionalmente so di non potermi aggrappare alle parole che mi ha detto Jen. Non posso, eppure lo faccio. Lo sto facendo da quando è venuta a soccorrermi dopo che quell’energumeno mi ha riempito la faccia di pugni “qualunque cosa lei ti abbia detto, non crederle, non mollare. Lei ti ama, solo che è troppo orgogliosa per ammetterlo. Jacob non rappresenta niente, tu invece sei tutto il suo universo, perciò non mollare. Ti prego Edward non mollare”

Le credo sì, mi aggrappo a queste sue parole, sì. Ma nonostante questo vorrei davvero con tutto il cuore mollare la presa. Vorrei avere la forza per voltare le spalle ad ogni cosa, a lei ma soprattutto ai miei sentimenti, per guardare avanti e smetterla di soffrire. Ormai lo sto facendo da tre anni e non penso di riuscire a sopportare altro dolore. Vederla in compagnia di un altro uomo stasera mi ha letteralmente devastato, e sentire le ragioni che l’hanno spinta ad uscire con lui mi hanno solo fatto infuriare di più. Perché Bella? Perché non mi credi? Perché non sono io la prima persona a cui pensi invece di credere con così tanta facilità alle parola di una lurida puttana? Il bacio a casa dei miei non ti ha dimostrato nulla? Mi credi così viscido e meschino? Tanto da essere in grado di fare una cosa del genere?

Mi porto una mano sul viso stanco e spossato; il risultato di quella che è diventata la mia vita negli ultimi cinque giorni. Soffro come un cane, ormai non dormo più di quattro ore a notte…

Alle volte penso che stia vivendo un incubo, o che si tratti del brutto tiro di una persona maligna e che domani mi sveglierò e scoprirò che è tutto falso. Mike tornerà in azienda con i soldi e Bella lascerà che mi riavvicini. Ma questo non è uno scherzo ed io non sto sognando. È tutto vero ed è proprio questo a farmi infuriare ancora di più.

Questa non è vita. Non posso più andare avanti così. Per quanto io la ami, per quanto tutto quello che ho provato in questi anni non mi ha mai fatto desistere dai miei propositi di riconquistarla, adesso è diverso. Quando una storia finisce, anche i battiti rallentano. Manca quella persona, ti manca e sai che nessuno potrà mai sostituirla.. ma io non riesco più ad andare avanti così. Jen mi chiede di non mollare, io vorrei solo che qualcuno smettesse di tirare. Vorrei che qualcuno mi sollevasse, che mi prendesse per mano e mi dicesse “eccomi, ti amo”. È solo questo quello di cui ho bisogno.

Invece mi ritrovo a rodermi il fegato, immaginando lei e lui stretti in un abbraccio sotto le lenzuola mentre fanno l’amore. Mi sembra di vederla… lei timida e riservata, come sempre in queste occasioni (non lasciava mai che l’adulassi più del dovuto) mentre lui la stringe forte con quelle manone che si ritrova provocandole fastidio, visto che a lei non piace essere presa con la forza.

Sbatto un pugno sul tavolino di fronte a me così forte che penso di averlo quasi incrinato. Dio! Ma come mi viene in mente di pensare una cosa del genere! Devo essere impazzito del tutto.

-gli stacco le unghie a morsi se solo ha osato toccarla- ringhio tra i denti pervaso da un senso di gelosia acuta mentre mando giù altro whisky. 

-fanculo la dannata corda. Fanculo i miei piagnistei. Fanculo Mike e fanculo questa situazione di merda. Mi dici di non mollare la presa Jen? Ma come faccio a non mollare me lo spieghi?  È andata via con quel babbeo! Fanculo pure a lui-

Mi rendo conto di parlare ad alta voce e da solo per giunta così scoppio in una risata sguaiata. Rido, rido così forte che mi sembra di scoppiare. Rido per sentire meno dolore. Rido e nelle risa le mie pene si trasformano in singhiozzi e in lacrime che adesso scendono copiose sul mio viso. Piango, piango come un bambino. Piango come se mi avessero portato via anche l’aria, piango perché sono solo e non voglio più esserlo. Cado a terra e colpisco con forza il tavolino davanti a me facendolo stridere sul pavimento. Mi porto una mano tra i capelli e tiro forte mentre i singhiozzi mi scuotono la schiena.

Basta. Vorrei urlarlo e vorrei che qualcuno lassù mi sentisse. Vorrei riuscire a smettere di pensare, di ragionare e di provare dolore. Vorrei spegnere ogni sentimento ed emozione. Ma non ci riesco.

L’unica cosa che si spegne è la luce e non sono nemmeno io farlo.

Mi ritrovo al buio e con la soffocante sensazione di essere appena stato ingoiato dalle tenebre.

Afferro il cellulare dalla tasca del cappotto e cerco di fare un po’ di luce. Mi dirigo verso l’interruttore, ma scatta a vuoto quando tento di riaccenderlo.

È il generatore principale penso, mentre sbotto contro il destino che non mi lascia nemmeno soffrire in pace. Con le guance ancora bagnate apro la porta di casa e scendo giù in magazzino. Il generatore si trova in un angolo a destra del deposito. Mi oriento grazie alla flebile luce del cellulare ma so che riuscirei ad individuarlo anche al buio quando un boato squarcia il silenzio ed io mi ritrovo scaraventato con inaudita potenza contro al muro alle mie spalle.

Perdo i sensi per un po’, lo capisco dal fatto che quando mi risveglio intorno a me si è scatenato il caos, con alte fiamme che si stagliano fin sul soffitto. Faccio un rapito inventario delle mie condizioni e capisco che mi fanno male la schiena e la gamba. Forse ho anche sbattuto la testa. In un istante di lucidità mi domando cosa diamine sia successo, ma mi interrompo quando vengo investito dal fumo. Tanto fumo.

E ho paura.

Vorrei avere la forza per spostarmi ma non riesco a muovere un muscolo. La mia gamba è imprigionata sotto una montagna di ferro e la testa mi gira così tanto che non riesco a mantenere gli occhi aperti. Sento un rivolo di sangue colarmi dalle tempie sul viso, mentre comincio a sentire sempre più caldo.

Precipito nel panico. L’aria all’interno del magazzino è satura di fumo e inizio a tossire e tossire, tanto che mi sembra di scoppiare. Se avessi mangiato qualcosa nelle ultime ore a quest’ora mi ritroverei sommerso nel mio stesso vomito. Ripenso alle preghiere di poco fa, alla mia assurda richiesta di smettere di soffrire.

-non voglio morire! Mi hai sentito? Non voglio morire- mi rivolgo a Dio ma spero che qualcuno sia più vicino da riuscire a sentirmi.

Mi metto ad urlare ma le mie urla vengono soffocate da un altro scoppio e dal conseguente rinculo che mi appiattisce ancora di più al pavimento. Ho il tempo di scuotere la testa ed alzarmi un pochino, ma qualcosa di terribilmente pesante mi piomba addosso e poi perdo conoscenza.

 

Pov. Bella

Sabato 29 ottobre 2011

Ore: 02.15 del mattino

-il dottor Abernathy si sta preparando ad operarlo- la voce di Esme si spezza in più punti quando torna a sedersi sulla seggiola accanto a me. Strizzo gli occhi per il dolore che sento al petto e rabbrividisco consapevole che la vita di Edward dipende dall’esito di questo intervento.

Emorragia intracranica hanno detto. Conseguenza del trauma celebrarle provocato (in questo caso) da una forte botta in testa. Mi sono sentita conficcare la schiena da un miliardo di spilloni arroventati quando il Dottore è uscito per comunicarci l’esito della TAC. Aveva cominciato ad esprimersi con una sfilza di paroloni fino a che non ce l’ho fatta e sono esplosa chiedendogli di essere il più chiaro possibile.

-l'emorragia intracranica è una grave emorragia che causa l'accumulo di sangue all'interno del cranio e può portare ad un aumento della pressione intracranica appunto. Che a sua volta provoca lo schiacciamento del delicato tessuto cerebrale e ne limita l'apporto di sangue. Dobbiamo intervenire subito perché un grave aumento della pressione intracranica può causare un'erniazione cerebrale potenzialmente mortale-

Potenzialmente mortale. È da quando ha detto queste parole che non faccio altro che stringermi le mani intorno al busto per paura di rompermi in mille pezzi al minimo tocco, e cadere a terra in frantumi. In effetti è quello che sto facendo da quando l’infermiera incaricata di avvisare i parenti non mi ha chiuso il telefono in faccia congedandosi semplicemente con -non posso dirle di più, mi dispiace- 

Sono rimasta a fissare la cornetta imbambolata per qualche secondo mentre dentro ribollivo di rabbia. Non posso dirle di più mi ha detto. Non posso dirle di più! E certo! Intanto sono io quella che muore di paura. Alla luce dei recenti fatti e delle recenti rivelazioni, posso dire con certezza che avrei preferito rimanere nell’ignoranza.

Ti prego-ti prego-ti prego fa che non muoia, mi metto a pregare mentre afferro con mani tremanti la lana del maglione che indosso, stringendo le dita così forte da sbiancarmi le nocche.

-Edward! Non azzardarti a fare una cosa simile- ringhio tra i denti disperata con le lacrime che mi scorrono sul viso e mi impediscono anche di vedere bene. Non può morire. Semplicemente, non può. Esme al mio fianco si sposta per afferrare saldamente un mio ginocchio.

-non ci abbandonerà Bella. Abbi fede- mi volto a guardarla stupita che sia riuscita a sentirmi. Vedo così tanto terrore nei suoi occhi che da solo potrebbe annientare il mio, quello di Alice e quello di Carlisle messi insieme. È una madre che sta bruciando sul rogo della paura. Provo a mettermi per un istante nei suoi panni, ad immaginare di trovarmi al posto suo, con Sophie in una sala operatoria che lotta tra la vita e la morte e mi sento male. Di getto le butto le braccia intorno al collo e la stringo forte. La abbraccio come non ho mai fatto prima d’ora.

-oh Esme ho così tanta paura- ormai singhiozzo peggio di una bambina e il guaio è che non riesco a fermarmi.

-lo so, ma ehi? Edward è forte. Ha una volontà di ferro il mio ragazzo. Non ci abbandonerà- mi prende il viso rigato di lacrime nelle mani e con i pollici ne scaccia via qualcuna. Ha la determinazione di chi non accetta che le stia succedendo qualcosa di terribile. La capisco; se si lasciasse andare, se ci mostrasse realmente quanto dolore si porta dentro, sarebbe la fine. Perciò stringo con forza le sue mani introno alle mie guance e annuisco.

-si Edward, è forte. Lui… lui ce la farà me lo sento – e lo sento davvero, ma in questo momento vorrei solo piangere fino a sentirmi male per il dolore cupo che ho nel petto. Esme continua a stringermi forte. Mi trasmette tanto affetto e mi fa capire quanto mi è vicina. È strano… ma penso che quello che proviamo adesso ci abbia fatto dimenticare gli ultimi tre anni della nostra vita, ed è come se ci ritrovassimo a vivere questo momento difficile senza che nulla sia mai cambiato. Non solo con lei, ma anche con Carlisle e Alice. Siamo tornati ad essere una famiglia. Condividiamo insieme il dolore e la paura di perdere Edward. Io sono tornata ad essere sua moglie oltre che nel mio cuore anche agli occhi degli altri. E se la reazione disperata che ho avuto quando sono arrivata in ospedale non è stata sufficiente, scommetto che la scenata di gelosia che hanno visto tutti nemmeno mezz’ora fa, abbia contribuito a fugare loro ogni dubbio.

Ore 01:50 del mattino.

Esco dal bagno ancora intontita. Penso di aver vomitato anche l’anima dentro a quel wc. Mi sono bagnata il viso, i polsi e ho spruzzato anche un po’ d’acqua dietro al collo, ma la sensazione di avere un macigno all’altezza dello stomaco non mi ha ancora abbandonata. Il mio viso ha assunto una tonalità verde giallognola e sotto gli occhi ho delle profonde occhiaie. Le linee d’espressione sono perennemente contratte, come se sentissi una fitta di dolore continua.

Prendo un bel respiro e mi faccio coraggio prima di tornare in sala d’aspetto.

Esme, Carlisle e Alice sono seduti nella stessa posizione in cui li ho lasciati prima. Sono immobili come statue; completamente atterriti dalla preoccupazione. Ho gli occhi fissi su di loro ma quando una chioma bionda entra nel mio campo visivo, mi paralizzo sul posto all’istante. È seduta sulla sedia di fronte, ha le mani giunte in grembo, il viso nascosto da una cascata di capelli. Si porta una mano alla guancia per scacciare via una lacrima e solo in quel momento riesco a vederla in volto. Mi accorgo che stanno parlando tra di loro solo dal movimento delle labbra, il loro tono è troppo basso per riuscire a sentire quello che si stanno dicendo. La guardo incuriosita e il primo pensiero che ho è che è molto bella, anzi bellissima. Una bellezza che ricordo di aver visto da qualche parte, solo che non rammento dove.

Chi sei? Penso aggrottando le sopracciglia. Ci metto qualche istante prima di capire che le immagini sfuocate che conservo di questa donna appartengono a qualche settimana fa. Si, adesso ricordo benissimo! Penso, era in compagnia di Edward nel ristorante di Steve la sera prima dell’incontro con la maestra di Sophie.

-che cazzo…- sbotto incredula, mentre sento divampare in me un senso di gelosia mai provato prima. Accecata da quest’ultima e dal precario equilibrio psichico del quale sono vittima già da un paio d’ore (forse l’ultimo briciolo di lucidità è finito nel cesso insieme al salmone di Jen), mi fiondo su di lei come una furia senza pensarci due volte.

 -chi sei? E cosa diavolo ci fai qui!- la mia voce le arriva alle spalle, ma quando si gira e mi vede sulla soglia, sembra che il suo viso prenda inspiegabilmente vita.

-oh, tu devi essere Bella, la…-

-si, la moglie di Edward. Mi domando con quale faccia hai il coraggio di presentarti qui-

-ehi calma i toni!- dice alzandosi.

-Bella, non è come credi…- Alice prova a parlare ma la interrompo bruscamente.

-no Alice. Deve andarsene-

-io non vado da nessuna parte!- sbotta la diretta interessata.

- bene! Fai come vuoi! Ma sappi che non ti lascerò mai avvicinare a Edward. Mai, hai capito? Lui è mio. Mio e di nessun altro- le parole mi escono di bocca senza nessun controllo ed è troppo tardi quando mi accorgo di quello che ho detto. Il cuore mi batte come un tamburo nel petto e le mie gambe cominciano a vacillare, ma credo di non esserne mai stata più felice. Guardo i visi di Esme e di Alice stupite più di me rivolgermi un sorriso complice, Carlisle si limita a darmi una pacca sulla spalla. Ma il viso che mi stupisce di più è quello della ragazza che ho di fronte. Mi sorride… si, ha un sorriso di compiacimento sul volto. Mi domando perché diamine stia reagendo in questo modo.

-ma… cosa?-

-io gliel’ avevo detto a quello zuccone, ma non mi ha mai creduto. Quanto sono felice di sapere che non mi sbagliavo-

Scuoto la testa -io, non capisco…-

A questo punto la modella che ho davanti allunga una mano verso di me per presentarsi -piacere di conoscerti Bella, io sono Rosalie. Amica, confidente e collega di Edward. Purtroppo ex collega, alla luce di quanto è successo- scorgo un lampo di dolore nei suoi occhi quando finisce di parlare. Rimango inebetita a fissarla senza parole, probabilmente più colpita dal fatto di essermi comportata come un emerita idiota, che di sapere che non è legata a Edward da nessuna relazione. Anche se inconsciamente mi ritrovo a liberare un sospiro di sollievo.

Torna a sedersi di fronte a Esme regalandomi un leggero sorriso, e insieme a noi, rimane in attesa.

Ore 03:30 del mattino

-ma perché non ci dicono niente? È più di un ora che è là dentro- Alice è incontenibile, non riesce a stare un attimo ferma: va su è giù per la stanza, si sposta nei corridoi, spalanca le finestre, prende una boccata d’aria e poi torna a sedersi, ogni venti minuti corre in bagno e prima di tornare fa una capatina al distributore per imbottirsi di caffè.

-Alice calmati- il padre esasperato, le afferra la gamba che continua a far sbattere ripetutamente contro la sedia- sono sicuro che sta andando tutto bene. Se così non fosse sarebbero già venuti ad avvisarci. Anzi penso sia un bene se ci mettono tanto-

-grazie tante papà! Adesso mi hai fatto agitare ancora di più- si alza sbuffando probabilmente per andare a trangugiare altra caffeina.

-ma che ho detto?- Carlisle mi guarda con l’aria di chi è stato accusato ingiustamente di un crimine che non ha commesso.

-scommetto che vorrebbe avere Jasper qui al suo fianco per sostenerla- ma non c’è, è a casa con Sophie.

-mmphm- sbuffa anche lui imitando il tono contrariato della figlia e torna ad appoggiarsi contro lo schienale della sedia. Si porta le mani nei capelli ad imitazione del figlio. Edward compie sempre questo gesto quando è agitato o nervoso; solo a pensarci le lacrime spingo di nuovo per uscire.

Per quanto anche io sia nelle stesse condizioni di Alice, il suo atteggiamento ha un che di sospetto però. Mi ritrovo ad aggrottare la fronte quando un pensiero si fa strada in me, come se per tutto questo tempo avessi avuto davanti agli occhi la risposta e me ne rendessi conto solo adesso. Se non sapessi che è in pena per il fratello penserei che sia…Oddio! Raddrizzo di colpo la schiena e mi alzo per andarle dietro.

Per tutti i Santi del paradiso, è incinta?

La trovo nella tromba delle scale che conducono al piano di sopra. Si asciuga le lacrime quando le siedo accanto e le metto un braccio intorno alle spalle per consolarla. Non stavamo così vicine davvero da molto tempo, da quando la separazione da Edward è diventata effettiva, cioè tre anni fa. Lei mi ha sempre portato rancore per averlo lasciato.

-mi ha appena telefonato Jasper, dice che Sophie dorme tranquilla nel suo lettino. Lui invece è alla quarta tazza di caffè- sbuffa tra le lacrime – io penso che tra poco darò i numeri, invece- si stringe le gambe con le braccia e poggia la testa sulle ginocchia prendendo un respiro profondo; probabilmente per respingere un conato di vomito.

-di quanto sei?- le chiedo in un sussurro accarezzandole i capelli. Si volta a guardarmi con gli occhi sbarrati e capisco di aver ragione. Le lacrime tornano ad inondarle gli occhi e prima che abbia il tempo di dire altro mi ritrovo stretta tra le sue braccia.

-oh Bella. Come l’hai capito?- le tremano le mani quando dopo un po’ torna a parlarmi.

-shh calmati, non agitarti. Non ti fa bene-

-si, ma… come l’hai capito?-

-sono stata incinta anche io, ricordi? Sei emotivamente instabile, ogni venti minuti corri in bagno, di tanto in tanto hai bisogno di prendere una boccata d’aria fresca per respingere la nausea e le tue tette sono più grosse-

Sorride alle mie parole e si porta subito le mani al seno. Sono felice di averla seguita, parlare la distrarrà un po’e aiuterà me a non impazzire nell’attesa di sapere qualcosa. 

-sono di dodici settimane- dice tirando su con il naso – non lo sa ancora nessuno, a parte Jasper naturalmente-

-quindi, quando l’altra sera a casa dei tuoi…-

-si, lo sapevo, ma non ho detto niente. Non è questo il motivo per cui vogliamo sposarci però- si indica la pancia con un gesto della mano – noi vogliamo sposarci perché ci amiamo. In effetti avremmo voluto che ci sposassimo prima di… beh hai capito no? Ma è successo e non possiamo tiraci indietro- dalla sua voce e dai suoi occhi capisco che questa gravidanza non deve essere del tutto gradita.

La novità del bambino, che di per se è una gioia e non certamente una disgrazia, l’ha messa ancora di più in crisi per il rapporto che Jasper ha con il padre. La sfuriata di quest’ultimo alla cena di una settimana fa le ha fatto capire quanto non sarà felice di venirlo a sapere, anche se i bambini fanno miracoli in questi casi. E adesso c’è l’incidente di Edward, che l’ha annientata del tutto.

Dio, deve essere distrutta penso.

-la prima cosa che devi fare  è smetterla di bere caffè. Non ti fa bene e lo sai. Seconda cosa… beh, stavo per dirti di non agitarti ma vista la situazione non posso pretendere che tu lo faccia-

-no, non posso. Dire che sono terrorizzata è un eufemismo. Sono molto più che terrorizzata, sono a un passo dal perdere la testa. Ancora non ci credo che Edward stia lottando tra la vita e la morte. Prego ogni secondo per vederlo uscire vivo da quella sala operatoria. Il bambino può aspettare, io posso aspettare, mio padre e le sue assurde convinzioni possono aspettare. Adesso voglio solo che mio fratello torni da me, chiedo solo questo… solo questo- torna a piangere sulla mia spalla con me ad imitarla. Ci aggrappiamo l’una all’altra, come se io fossi la sua roccia e lei la mia. Abbiamo bisogno di attaccarci a qualsiasi cosa, fisica o spirituale, per andare avanti, per non impazzire dall’ansia e dalla paura.

-okay, torniamo di la- tiro su con il naso mentre mi pulisco gli occhi con la manca del maglione- non ti fa bene stare seduta su queste mattonelle fredde.

-ti prego Bella non dire niente a nessuno- mi stringe forte la mano come ad imprimere maggiore urgenza alle sue parole- promettimelo-

-si, te lo prometto Alice, non dirò niente. Ma tu dovrai dirlo ai tuoi genitori prima o poi. Almeno prima che la “questione” diventi evidente- fragile e magra per com’è non dovrà aspettare molto penso.

-lo so. Me ne occuperò presto, ma non adesso. Non con Edward in queste condizioni. Adesso è lui ad avere la priorità assoluta. Solo lui, lui e nessun altro-

Ore 04.00

Poggio la fronte contro il metallo freddo della macchinetta mentre aspetto che il caffè venga fuori. Sono distrutta, ho il cuore in frantumi e non so come farò a ricucirne i pezzi. Forse solo Edward sarà in grado di farlo ed espiare così le mie colpe.

Sbuffo strizzando gli occhi. Ma chi voglio prendere in giro? Mi domando. Sono io la sola e unica responsabile delle mie scelte e dei miei errori. Ho sempre avuto la cattiva abitudine di attribuire tali colpe a Edward quando in realtà lui non è mai stato responsabile di nulla.

È successo nel periodo di crisi che ci ha portato al divorzio, quando io lo accusavo ingiustamente di avermi abbandonato, mentre ero io che l’allontanavo senza un reale motivo, forse anche solo per capriccio. L’ho fatto l’altro giorno, quando Tania mi ha raccontato quel mucchio di balle e non ho lasciato che Edward mi spiegasse la sua versione dei fatti. L’ho fatto ieri sera, quando me ne sono andata via con Jacob invece di seguirlo e adesso si trova in un letto d’ospedale per colpa mia, a lottare tra la vita e la morte solo perché io non ho ascoltato il mio cuore. 

Da quando il Detective Cameron è venuto poco fa a comunicarci le novità sul suo incidente mi sento come se mi fosse crollato il mondo addosso.

Una completa e totale nullità.

E tutto per colpa del mio stupido orgoglio.

Finirà mai quest’ondata di disprezzo che sento nei confronti di me stessa? mi chiedo.

-Edward, ti prego perdonami. Ti prego…è tutta colpa mia- sussurro mentre una lacrima solitaria scende sulla mia guancia lasciando dietro di se una scia incandescente.

-non essere così dura con te stessa- la voce di Rosalie che mi arriva alle spalle mi fa letteralmente saltare in aria dalla paura.

-scusa, non volevo spaventarti-

-no, tranquilla. Non… non mi hai spaventata- ho il fiatone e automaticamente porto una mano sul cuore per mettere a tacere la sua folle corsa.

Sorride del mio gesto, in netto contrasto con le mie parole. Mi fermo a fissarla imbambolata colpita dalla sua bellezza.

-lo prendi quel caffè?-

-mmh?-

-il caffè, lo prendi?-

-oh, si certo- ricordo all’improvviso il motivo per il quale mi trovo in mezzo al corridoio e mi giro a recuperare il mio bicchiere.

Rosalie viene a sedersi accanto a me quando mi accomodo sulla panca più vicina.

-ti ho sentita prima sai?-

-quando?- pur essendo due perfette sconosciute mi sento a mio agio a parlare con lei. Forse mi condiziona il fatto di sapere che Edward si fida di lei a tal punto da  considerarla sua confidente.

-chiedevi perdono a Edward. Non devi prenderti colpe che non hai Bella-

-è tutta colpa mia invece. Se solo mi fossi decisa a tornare da lui…-

-tutto quello che è successo sarebbe accaduto ugualmente, e magari invece di preoccuparci per una sola persona a quest’ora staremo a piangere anche per te-

“una bomba, signora. È stata questa la causa dell’esplosione che ha generato l’incendio in cui è rimasto coinvolto il signor Cullen. È stato un atto doloso. Hanno cercato di ucciderlo” le parole del Detective Cameron mi risuonano ancora nelle orecchie.

-il Detective ha detto che era una bomba a detonazione controllata, questo vuol dire che chi l’ha fatta esplodere ha aspettato che Edward tornasse a casa prima di azionare il comando a distanza. Se io fossi stata con lui forse chi gli voleva del male si sarebbe fermato-

-non possiamo saperlo e poi dubito che chi piazza una bomba per compiere un tale gesto si fermi per compassione nei confronti di una donna-

-si, ma forse sarei stata in grado di salvarlo- dico alzando un po’ la voce- non avrei lasciato che le fiamme gli ustionassero la gamba destra prima dell’arrivo dei soccorsi. Magari avrei potuto anche fermare la trave che gli è caduta addosso provocandogli l’emorragia- mi scaccio con rabbia le lacrime che hanno preso a scendere silenziose sul mio viso - Io… io non lo so. So solo che mi sento così in colpa per averlo lasciato solo! Lui non doveva essere solo, sarei dovuta esserci anche io, capisci? Sarei dovuta andare via con lui o avrei potuto portarlo a casa mia! Avrei potuto fare un sacco di altre cose e invece me ne sono andata. Io…come faccio a dire a Sophie che ha perso il suo papà se Edward non dovesse farcela? Dovrei esserci io al posto suo adesso…lui non può morire. Non può lasciarmi!- le lacrime scendono incontrollate mentre dei forti singhiozzi mi scuotono le spalle. Il pensiero di Sophie che fino a quel momento è rimasto relegato in un angolino del mio cuore, irrompe prepotentemente togliendomi il fiato. Sento come se il mio petto fosse diventato di ghiaccio; un enorme blocco gelato che mi impedisce anche di respirare. Il dolore arriva a ondate che mi fanno piegare letteralmente in due, nell’innaturale gesto di accoglierlo e abbracciarlo.

-shh, Bella… shh. Non fare così- le braccia di Rosalie mi circondano le spalle ma sento la sua voce incrinata dal pianto. Anche lei sta sfogando tutta la tensione che si porta dentro da ore ormai.

Ci ritroviamo a frignare attaccate l’una al braccio dell’altra, con lei che mi sussurra parole di conforto all’orecchio neanche fossi una bambina. Rosalie è un Ancora di salvezza confortante al quale aggrapparsi nei momenti di bisogno penso, poiché le sue parole hanno un non so che di calmante. Forse sarà per lo sfogo di prima o per la rassicurazione di avere accanto un corpo caldo a cingermi le spalle, mi ritrovo a scivolare tra le braccia di Morfeo senza neanche rendermene conto.

Mi sveglio di soprassalto poco dopo da un sonno agitato e profondo, con ancora la testa poggiata sulla sua spalla.

-oddio, mi dispiace, non volevo crollarti addosso- dico allontanandomi di scatto. La mia voce è impastata dal sonno; forse non ho poi dormito così poco come pensavo.

-che ore sono?-

-sono le 04.30. Hai a malapena chiuso gli occhi per mezzora, forse anche meno-

Mi porto una mano al viso come per cancellare ogni residuo di stanchezza.

-a me sembra di aver dormito per ore invece- il flash del volto di Edward mi provoca dei brividi lungo la schiena e le braccia - ci sono novità?-

-no, nessuna- mi risponde prendendo a massaggiarsi il collo e la spalla dove prima c’era poggiata la mia testa.

-mi dispiace, ti ho fatto male? Non avrei dovuto…-

-oh no, non preoccuparti. Sei crollata così in fretta che mi hai fatto prendere un colpo, ma eri così distrutta dal pianto che è stato il tuo corpo a chiederti di dormire, per trovare un po’ di pace…-

Mi schiarisco la voce, imbambolata e colpita dalla sua sincerità- sì, probabilmente hai ragione-

Mi rivolge un sorriso complice che in realtà ha tanto l’aria di  lo sai che ho ragione, dillo che stai male.

Spinta da questa sua schiettezza nei miei confronti decido che è il momento adatto per farmi avanti e parlare di quello che è successo poche ore fa, d'altronde mi sento come se mi avessero messa in castigo per aver parlato a sproposito. Ed io odiavo essere messa in castigo da bambina, quando mio padre mi sgridava solo per aver detto quello che pensavo. 

- mi dispiace-

-ti ho già detto che è tutto okay, non preoccuparti-

-no, mi riferisco a “prima”. Quando ti ho accusato ingiustamente di... io… io non volevo, scusami- dico imbarazzata.

-oh, certo che volevi- mi rivolge uno sguardo acuto, ma nel suo volto non c’è traccia di risentimento. Anzi, appare divertita semmai.

-si, è vero. Ti ho vista qui e non c’ho capito più niente- mi ritrovo ad ammettere spinta dal suo sguardo insistente -mi dispiace di averti attaccata però, se ti avessi lasciata spiegare avrei evitato di fare quella figuraccia-

-io invece sono felice-

-di cosa? Della mia figuraccia?-

-io non la chiamerei figuraccia. Mi sei sembrata piuttosto una leonessa, pronta ad attaccare per difendere il suo territorio. Hai dimostrato quanto tieni a Edward e questo non può che rendermi felice-

-ohh…- le mie labbra si aprono a formare una O perfetta senza riuscire ad aggiungere altro.

Rosalie appare divertita dalla mia espressione e per amore di decenza si mette una mano sul viso per nascondere la sua ilarità.

-Bella, ammettilo. Sei gelosa marcia! Mi avresti azzannato alla giugulare se Alice non si fosse messa di mezzo. Ma davvero pensavi che sarei venuta qui in ospedale, pur sapendo che avrei trovato tutta la famiglia di Edward, se fossi stata la sua compagna?- la sua spontaneità mi coglie ancora una volta impreparata.

-io, beh… è che vi ho visti insieme quella sera… e poi ti ho visto di nuovo qui, e…- mi ritrovo a balbettare peggio di un balbuziente tanto è forte l’imbarazzo che sento.

-ti ho già detto che Edward e io siamo solo amici, non devi temere nulla-

- lo so-

-sì, beh… e già che ci siamo posso dirti tranquillamente che non devi temere nessun’altra-

-sei sicura? Non voglio ritrovarmi ad affrontare nuovamente questo discorso-

-si, ne sono sicura. Perché in realtà non c’è nessun’altra, non c’è mai stata nessun’altra nella vita di Edward-

-cosa?-

Ed è così che vengo a sapere la verità. Rosalie mi racconta tutto. Della sera in cui sono usciti e del fatto che Edward non ha accettato la sua proposta di andare a casa sua. Di lei che sollevata, ha capito subito che sarebbero diventati ottimi amici. La storia di Edward e del fatto che non è mai andato a letto con nessun’altra donna dopo avermi tradito.

-ma io l’ho visto uscire spesso con altre donne. Come…?-

-non ci è mai andato a letto però. In realtà non le ha mai sfiorate con un dito. Ci usciva solo per darsi un tono, per apparire uomo agli occhi degli altri e anche per sentirsi meno solo. Ma credimi, non è mai andato oltre-

Sono allibita. No, io… io sono sconcertata. Sono senza parole. 

-ma perché? Perché?-

-ah no! Io mi fermo qui. Non aggiungerò altro, sarà lui a raccontarti ogni cosa quando si sveglierà. Anche se…-

-anche se?-

-beh non ci vuole un genio per capire il reale motivo per cui l’ha fatto-

Mi perdo nei miei pensieri mentre provo a scacciare indietro l’unica, inevitabile e possibile realtà che mi si presenta davanti agli occhi, che si ripete nelle mie orecchie da quando Rosalie ha cominciato a parlare.

Per me. Lo ha fatto per me. il mio cuore ricomincia la sua folle corsa balzandomi letteralmente in gola mentre per la prima volta da tre ore ormai sul mio viso compare un sorriso sincero.

-su adesso, andiamo di là. Qui si congela- la voce di Rosalie mi arriva alle orecchie come un suono lontano: è come se mi trovassi su una nuvoletta a galleggiare beatamente sulla sua soffice sommità, confortata dalle sue parole.

Edward resisti ti prego. Oh, amore mio ho bisogno di parlarti, di sapere quello che c‘è tra di noi. Quello che c’è sempre stato e che nonostante le avversità continua ancora a legarci. Penso queste parole in religioso silenzio mentre in realtà vorrei urlarle a squarciagola.

Rosalie mi tende la mano ed io l’afferro molto volentieri, forse è ancora presto per dirlo ma… penso che diventeremo ottime amiche.

Percorriamo il corridoio vicinissime stringendoci entrambe le braccia intorno al busto.

-penso proprio che nevicherà, la temperatura è calata di brutto- dice appoggiandomi una mano sulla spalla.

-si, credo tu abbia ragione. Sophie ne sarà felicissima-

Sorrido al pensiero della mia bambina ma il sorriso mi si congela sulle labbra quando entrando in sala d’attesa devo il Dottor Abernathy parlare con il resto della famiglia Cullen.

Improvvisamente sembra che il calore del mio corpo sia scivolato via e mi faccio prendere dal panico. Indietreggio invece di andare avanti, e la verità è che non voglio avvicinarmi, non voglio saper quello che ha da dirmi. Non voglio che mi dica che Edward non c’è l’ha fatta. Non voglio sentirlo.

Mi porto le mani a coprire le orecchie mentre sento le forze venirmi meno. Tutt’intorno a me sembra essersi formata una bolla che mi rende sorda ad ogni altro rumore.

Vedo Alice scoppiare a piangere e Esme affondare la faccia nel petto del marito mentre lui la stringe forte; due cose che mi fanno perdere quel briciolo di speranza che mi era rimasto.         

La paura mi atterrisce mentre rimbomba attraverso il mio petto bloccandomi il respiro e, quasi, il cuore. Il dolore forma una fascia gelida intorno al mio torace, e cado sulle ginocchia vacillando, impotente.

Avverto la mano di Rosalie cercare di sostenermi ma è il buio ad avere la meglio.

Ho solo il tempo di accorgermi che le parole di Alice –Edward sta bene, è vivo- non combaciano con l’idea che mi sono fatta entrando in sala, che la mia vista si oscura e cado inerme, sbattendo la faccia sul pavimento gelido.  

 

 

Mmhphh immagino la vostra faccia in questo momento…

E’ qualcosa tipo questa O_o?

A voi i commenti! Grazie mille come sempre per l’affetto che mi dimostrate nelle splendide recensioni che mi lasciate.

Alla prossimaaaa,

baciiii!  

   
 
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