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Autore: Wiwa    02/03/2013    0 recensioni
Leila aveva sempre creduto di conoscere come la sua vita sarebbe andata. Nata su una piccola isola, lei e sua nonna si sarebbero fatte compania a tirare avnti, avrebbe incontrato un bravo ragazzo, si sarebbero sposati....Una vita normale. Eppure il salvataggio di un giovane la trascinerà in un'avventura che ha dell'incredibile, anche se nella sua vita poco può essere definito normale. Lei aveva sempre creduto di conoscere ogni specie marina....
Sirene e tritoni sono nei guai a causa di una misteriosa nemica che trema nell'ombra e oscuri piani e minacce si addensano sul capo ignaro di Leila e del suo nuovo amico....
Ispirato a Terry Pratchett e la sirenetta di Andersen ma molto....Diversa.
Genere: Avventura, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Non fu un buon risveglio. In effetti, nessun risveglio può essere buono visto che già il fatto di dover uscire da quel sublime limbo di piacere che è il sonno, per addentrarsi in questa brusca realtà è di per sé negativo. Ma quello fu particolarmente spiacevole. Un suono terribile, una specie di esplosione di suoni baritonali ed acuti insieme, le si insinuò nel cervello facendola saltare giù dal letto per la sorpresa. Il risultato fu che andò a sbattere contro qualcosa di molto duro. Aprì gli occhi. Era il pavimento. Stesa a terra, legata come un salame dalle coperte verde chiaro, lottò per liberarsi e riuscire a respirare, mentre il suono terrificante continuava in sbuffi sempre più acuti. Ansimando, riuscì ad alzare in piedi e sbottonando il piccolo quadrato di tela inchiodato alla parete, ne sollevò il lembo inferiore ed infilò la testa nel piccolo oblò inserito nella parete. Fece vagare lo sguardo per tutta la spiaggia, finché non si soffermò su ciò che stava cercando.

Signor Figin!

Strillò, non riuscendo però a sovrastare il suono terribile. Conscia di non potersi fare sentire a quella distanza, uscì di tutta fretta dalla camera, percorse il corridoio di tutta fretta ed uscì dal piccolo bungalow, correndo a grandi falcate sulla sabbia. Dopo poco, raggiunse il suo obbiettivo.

Signor Figin! Per favore si fermi!”

L'omino smise di suonare nello strano insieme di cilindri ed imbuti e lo staccò dalle labbra. Le indirizzò un sorriso smagliante.

Salve signorina Leila! Sentito che suono? L'ho creato appositamente per sua nonna!”

Molti si chiedevano come mai il Signor Figin si ostinasse a creare strumenti musicali. Sarebbe stato come un cieco che si intestardisse a diventare un maestro dell'uncinetto. Non aveva alcuna esperienza in materia ed era praticamente sordo.

Ma d'altronde era l'unico tipo di pensiero che riservavano al signor Figin, visto che il resto del tempo ignoravano deliberatamente quel povero vecchietto con una gamba sola che si era ritirato a vivere vicino alla scogliera. Inoltre, era l'unico che in qualche modo si interessasse alla famiglia di Leila , anche solo per un amore del tutto non ricambiato verso sua nonna. Leila era sempre stata una ragazza gentile, quindi dovette faticare molto per poter dire:

Credo che sia meglio se smetta di suonare”.

Visto che l'anziano non la sentì, dovette ripeterlo urlando.

E Perché mai? Crede che non possa piacerle?”

Lo sguardo intristito che le lanciò avrebbe sbloccato un cuore di pietra e quindi rischiò di far sciogliere quello di burro di Leila.

No, no, lo strumento è bellissimo ma ecco...Mia nonna....”

Esitò leggermente, conoscendo bene quale sarebbe stata la reazione dell'anziana.

Ma lei detesta ecco...Gli strumenti a fiato!”

Inventò lì per lì, cercando in qualche modo di sembrare convincente. Ma si sa, è molto più facile convincere qualcuno che vuole credere a quella bugia, piuttosto che convincerlo di una scomoda verità.

Non lo sapevo... Allora dovrò tentare qualcosa di diverso!”

Commentò borbottando fra sé, leggermente deluso. L'affare che stringeva fra le mani, un contorto insieme di tubi di metallo, opportunamente lucidati per l'occasione, sembrava nonostante tutto, il risultato di un duro lavoro.

C'è per caso un genere di strumenti che predilige?”

chiese ansioso, curvandosi verso di lei. Leila pensò febbrilmente con quale avrebbe potuto fare meno danni. Il suono della fila di conchiglie scosse dal vento le venne in aiuto.

Adora i sonagli!”

Il vecchio sembrò perplesso.

Sonagli?”

Sì, per questo sa, porta tutte quelle collane e bracciali, adora sentir...Tintinnare le perline!”

Continuò, incredula di aver potuto inventare una scusa in qualche modo credibile. Li sembrò rifletterci su qualche momento, ma poi si decise a sorridere.

Grazie per il consiglio signorina! Torno subito al lavoro!”

E se ne andò saltellando sulla sua gamba di legno e sollevando sabbia dorata ad ogni passo. Era uno strano tipo il signor Figin. Un tempo era un marinaio, un vecchio lupo di mare che narrava di avventure aldilà di ogni immaginazione, intrise di mostri marini e cariche di ogni tipo di passioni umane. Quando narrava qualcosa, sembrava farlo accadere davvero, ma quasi nessuno credeva alle sue parole, credendolo un vecchio pazzo. Erano pochi anni che si era fatto depositare sull'isola di Namua da una nave e si era accasato lì. Aveva da sempre dimostrato una forte infatuazione per sua nonna e la ricopriva di regali e di strumenti creati da lui stesso. Di solito, la vecchia Zalea( sua nonna) non rispondeva molto bene a tutte questa avances. L'ultima volta Leila era dovuta andare a raccattare tutti gli oggetti che gli aveva tirato dietro per tutta la spiaggia. Sbadigliando sonoramente, rientrò in casa a passo lento. Trovò sua nonna tranquilla a preparare la colazione.

Come hai fatto a non sentire tutto questo frastuono?”

Chiese la ragazza sorpresa, avvicinandosi. La donna si voltò, porgendole un piatto ricavato da una vecchia conchiglia liscia carico di cibo. Ai suoi tempi doveva essere stata bellissima, ma ora le rughe avevano trasformato il suo viso e lunghi capelli argentei gli fornivano da cornice. Non si pensasse però che fosse soltanto una fragile vecchietta che si reggeva a malapena sulle gambe. Diciamo che se Zalea fosse stata un animale, sarebbe stata una mangusta. Sempre tranquilla per i fatti suoi, senza mai dare fastidio a nessuno...Ma che ti uccideva un serpente come un nonnulla.

Credi che non l'abbia sentito? È stato lì a suonare per un quarto d'ora minimo.”

Agitò le mani infastidita, facendo tintinnare i bracciali di ossidiana che portava ai polsi. Gli occhi di Leila caddero sulla collana che portava al collo e come al solito, sentì un groppo alla gola. La collana di sua madre. Ma si riprese quasi subito.

Ma Perché nonna...”

Cominciò la ragazza, fra un boccone di cibo e l altro, ma venne bruscamente interrotta dall'altra che mise subito le mani in avanti.

Non cominciare bambina! Te l'ho già detto, quel vecchio marinaio non mi interessa! È solo uno dei difetti del destino...

Rispose, puntandole un dito contro. Leila sospirò: Sapeva cosa arrivava adesso, la solita litania della nonna.

La verità è che ognuno ha il proprio gomitolo con il proprio filo che deve seguire. Ma se tu ti ostini a voler capire dove andrà a finire il tuo filo, guardandolo direttamente dal gomitolo piuttosto che sciogliendolo via via come sarebbe giusto fare, va a finire che scambi il tuo filo con un altro e ti convinci che sia quella la tua strada. Se non fai attenzione, finisci nella vita sbagliata o in una che non ti meriti e non ne ricaverai vantaggi, questo è poco ma sicuro!

E se il tuo filo e quello del signor Figin alla fine fossero legati?”

Chiese speranzosa, intrecciando le dita per riflesso. Leila voleva che in qualche modo la nonna fosse felice e le sembrava che il vecchio marinaio avrebbe potuto cambiarle la vita in meglio. Ma la nonna non ci cadde.

Bel tentativo.

Le strinse il naso fra le dita affettuosamente.

Ma ora finisci la tua colazione. Oggi devi andare al mercato a vendere.”

E finendo di fretta tutto il cibo, consegnò il piatto alla nonna ed andò a prepararsi. Indossò un semplice vestito arancione troppo corto, ma risolse il problema con un pareo bianco su cui erano state cucite numerose perline. Raccolse i capelli sopra la testa con uno spillone per evitare che le cadessero lunghi sulla schiena, aumentando così la calura. Prese il cesto della merce salutò la nonna con un bacio sulla guancia e si avviò.

 

Conviene che spendiamo qualche parola sulla cara Leila. Era una ragazza di diciasett anni, orfana di genitori ormai da tempo e che viveva da sola con la nonna sulla spiaggia (questo l'avevate sicuramente già notato ma volevo specificarlo U.U N.D.A). Piuttosto alta per la sua età, dalla pelle leggermente ambrata ed i grandi occhi scuri, poteva essere considerata bella anche per il fisico tutte curve. La cosa più particolare erano i capelli, ereditati dalla madre, di un nero come l'ebano dagli strano riflessi rossi. Leila era un animo gentile ma non debole, anche se molti avrebbero potuto dire il contrario. In effetti, se veniva insultata o derisa, preferiva non replicare proprio per gentilezza, piuttosto che per incapacità di farlo. Uno strano meccanismo mentale che la portava ad essere vista come una vittima piuttosto che ad essere riconosciuta per ciò che veramente era. Un altra cosa che rendeva la sua famiglia poco ben vista al paese, era la loro decisione di vivere sulla spiaggia. Dalla gente del villaggio era vista come una specie di repulsione o snobismo. Non che ci fosse aperta ostilità, solo un atteggiamento freddo e leggermente diffidente palpabile come una secchiata d'acqua fredda. Il che è molto strano considerando che solitamente gli umani erano molto solidali fra loro. In un mondo in cui nani, troll, ninfe, streghe e meduse facevano parte della routine quotidiana* il razzismo era andato a farsi benedire. Per vivere, campavano nutrendosi di pesce(in parte pescato, in parte quello che ritrovavano ogni mattino sulla spiaggia e per i piccoli monili che sua nonna e lei producevano. Non che i materiali fossero un gran che, ma con un po' di creatività riuscivano a renderli attraenti per le ragazze del villaggio. Così, con il cesto in bilico sulla testa, camminava tranquilla per la via coperta di ciottoli bianchi che portava al piccolo villaggio di Lunacqua, unico centro abitato abbastanza vicino alla loro casa. Dopo poco, si ritrovò davanti il minuscolo arco di marmo bianco su cui numerose rose rosse si erano arrampicate nel corso degli anni. Il nome del villaggio inciso nella pietra era pressoché cancellata. Entrò nella cittadina e fu quasi immediatamente travolta dall'atmosfera completamente diversa del paese. Era una confusione continua, un viavai senza fine. Contadini con carretti pieni di prodotti agricoli avanzavano per le strade, massaie indaffarate cercavano di riuscire a tenere a bada i numerosi bambini isterici che le seguivano e file interminabili di oche ancheggianti. Cominciò a schivare con maestria i passanti che le sfrecciavano intorno indaffarati e si diresse alla piazza del mercato. La larga piazza ovale, piastrellate di colori diversi e praticamente ricoperta di numerosi banchetti carichi di ogni tipo di mercanzia. Ringraziando gentilmente i negozianti che le offrivano pesce appena pescato( Il migliore di tutta la piazza signorina, parola mia!) o spezie o gioielli e tessuti( Una signorina bella come lei dovrebbe avere un vestito all'altezza!) e andò verso il suo angolino. Poggiò il cesto a terra, prese il telo bianco e lo stese e cominciò a posizionare le sue creazioni nel modo che secondo lei avrebbe potuto esaltarle di più. Si mise lì tranquilla ad aspettare, vedendo se qualcuno era interessato. La gente continuava ad andare avanti ed indietro, ignorandola deliberatamente poiché troppo immersi nei propri affari o almeno così fu per la prima mezz'ora. Dopo un po', un gruppetto di ragazze si fermarono davanti al suo piccolo stand. Leila alzò lo sguardo, sorridendo nel modo che sua nonna le aveva insegnato, convinta che questo potesse aumentare le vendite. In realtà la maggior parte dei clienti pensava che Leila avesse un difetto di formazione alla mandibola. Erano quattro o cinque, tutte ragazze più o meno carine ma quella nel centro, le batteva tutte. Non che fosse particolarmente bella, ma aveva quel raro non-so-che che molte persone possiedono e che le rende belle. Forse essere mezza ninfa aiutava. Era quel classico tipo di ragazza che più che altro ti convince di essere bella, ma di fatto non è nulla di speciale. Si chiamava Kamea e Leila la conosceva bene. Le altre ragazze...No i loro nomi non se li ricordava poiché gli esseri umani che vertevano intorno a Kamea sembrano...Come dire....Perdere importanza, poiché eri troppo impegnato a preoccuparti su cosa lei farà di maligno e stare attento a come parare il colpo. Si chinò e raccolse uno dei braccialetti esposti, anzi per la precisione il preferito di Leila: Una combinazione di perline azzurre e blu scure con una conchiglia bianca nel mezzo. Le ricordava sua madre. Lo tenne con leggero disgusto fra pollice ed indice, lo rimirò in ogni angolo e poi lo lasciò cadere a terra con un gemito. Leila fece appena in tempo a prenderlo al volo per evitare che si rompesse.

Ancora con questi oggettini Lela?

Non sapeva Perché dall'inizio della loro relazione ( che consisteva più che altro ne tentativo di una di evitare il più possibile l'altra) la odiasse così tanto. Storpiava sempre il suo nome e non perdeva occasione per renderla ridicola o dire cose maligne su di lei o ciò che la riguardava. Leila si limitava a non replicare o a sorridere stancamente come se non avesse sentito, sempre per la sua natura troppo gentile. Tecnicamente, questo avrebbe stancato chiunque, ma sembrava soltanto far irritare di più Kamea.

Credevo che la tua famiglia avesse smesso di perder tempo con queste schifezze. Nessuno vorrebbe mai dei tali sgorbi!”

Le ragazze dietro di lei risero. Non erano molto più che un accessorio, parlavano raramente.

Quanto costa quello?”

Leila si voltò di lato , incontrando un paio di grandi occhi chiari. Seguì la traiettoria del piccolo dito, localizzando una collanina di perline di legno incise. Era uno dei gioielli che le era costato più lavoro: Aveva prima di tutto dovuto fabbricare le perline da delle canne di bambù invecchiato e poi le aveva incise decorandole.

Costa dieci ghinee.”

Così tanto per quella paccottaglia?”

Ribatté Kamea, irritata dall'essere stata così velocemente presa in fallo. Leila si chinò per raccoglierla e porgerla al bambino che era spuntato così d'improvviso. Doveva aver avuto otto anni, un maschietto dalla carnagione scura e dei folti capelli ribelli che gli arrivavano fin sopra gli occhi vispi d'intelligenza. Lui la osservò qualche momento con un'aria estremamente concentrata. Poi alzò lo sguardo, sorridendo:

Mi piace!”

Akahi! Accidenti, non scappare più così!”

Preceduta dalla sua voce squillante, comparì una ragazza all'incirca dell'età di Leila. Furiosa diede uno scappellotto, leggero più per ammonire che per far male, dietro alla nuca del bambino.

Mi hai fatto preoccupare!”

Scusa Meli.”

Borbottò il bambino, passandosi una mano sul punto ferito. La ragazza era molto simile al bimbo che doveva essere il fratello più piccolo. I lunghi capelli color cioccolato erano legati in crocchie strette sopra la testa e la prima cosa che saltava agli occhi erano le labbra, sottili e rosse come lingue di fuoco. Reggeva un cesto della spesa, ricolmo di verdure.

Stavo solo guardando...Guarda Meli! Una collana come quella dei ragazzi grandi!”

Le porse euforico il gioiello che lei osservò attentamente e considerandolo di buona qualità, chiese a Leila:

Quanto costa?

Dieci ghinee.”

Ripeté paziente Leila. Il volto di Meli si intristì:

Mi dispiace Akhari. Ci sono rimaste solo sette ghinee dalla spesa....”

Ad ogni modo, soldi persi. Noi andiamo.”

Berciò scontenta Kamea, tirandosi dietro le altre ragazze. Il bambino ci rimase un po' male, ma ridiede la collana a Leila senza neanche un lamento.

Vanno bene sette ghinee.”

Si ritrovò a dire Leila.

Cosa?

Chiese la ragazza, sorpresa.

Bastano le sette ghinee.”

è molto...è molto gentile da parte tua grazie.”

Commentò la ragazza, porgendole i soldi. Il ragazzino si mise la collana, contentissimo.

Ben presto andrò anche io a pescare perle come i ragazzi più grandi!”

Ora non correre troppo... Accontentati della collana. Io sono Meli.”

Si presentò al ragazza, porgendole una mano che Leila strinse quasi subito.

Io sono Leila Nuragami”.

Sei quella che abita sulla spiaggia?”

Chiese, mettendo una mano intorno alle spalle del bambino. La ragazza fece cenno di sì, dopo un poco di esitazione.

Deve essere magnifico svegliarsi ogni giorno per poter fare il bagno ogni mattina!”

Commentò il bimbo, allegro. La sorella gli scompigliò i capelli scuri.

Questo è Akhani, il mio fratellino minore ed un piccolo demonietto.”

Il ragazzino sorrise. L'epiteto della sorella invece che offenderlo sembrava fargli piacere. I due rimasero a chiacchierare ancora un po' finché gli fu possibile. Dopo che se ne furono andati, Leila rimase al mercato ancora per qualche ora, facendo qualche altro affare e tornò a casa ore dopo. Si occupò delle solite faccende quotidiane finché a sera non dovette rimanere a pescare più del solito per riuscire a coprire quelle tre ghinee perse. Si mise sulla banchina ed incastrate un paio di canne da pesca di fortuna fra le assi del portico, si mise ad aspettare. Era notte fonda, illuminata da uno stuolo immenso di stelle luminose che si allineavano, nella fantasia di Leila, sempre in immagini diverse. La brezza marina le scompigliava piacevolmente i capelli ed i vestiti, mentre lasciava ciondolare i piedi a mollo nell'acqua tiepida. La spuma delle onde le faceva il solletico. La luce della luna piena si rifletteva in onde sinuose...

Luna piena? Saltò in piedi di colpo e corse in tutta fretta all'interno del bangalow. Riempì di fretta una cesta di cibo e silenziosamente, facendo attenzione a non svegliare la nonna, uscì di casa. Entrò lentamente nell'acqua, finché non le arrivò fino all'altezza della vita. Depositò il cesto sul pelo dell'acqua, dove venne lentamente trascinato dalla corrente verso l'orizzonte. Da piccola l'aveva da sempre considerata una cosa sciocca o una stupida fissazione della madre. Ma da quando lei era morta, ogni volta che c'era la luna piena, depositava un cesto di cibo da consegnare al mare. Come sempre, ogni mattina lo ritrovavano sulla spiaggia, pieno di pesce depositato da chissà chi. Numerose volte da piccole, si era appostata, armata di una coperta e di un bicchiere di latte ad aspettare per vedere chi arrivasse, ma non c'era mai riuscita. Le palpebre cominciavano a calarle inevitabilmente, finché la testa non cadeva ciondoloni sulla braccia incrociate. Una volta aveva depositato nella cesta, senza farsi vedere, un piccolo braccialetto. Era una delle sue prime creazioni, un semplice intreccio di lacci di cuoio su cui aveva agganciato una piccola medaglietta. Sulla medaglietta aveva inciso, con una calligrafia molto sghemba ed insicura, il proprio nome. Ci aveva rinunciato con facilità visto che non essendo ancora molto brava, aveva calcolato male le proporzioni e l'aveva fatto molto più grande del suo polso, tanto che se avesse cercato di indossarlo l'avrebbe perso quasi subito.

Almeno così riuscirò a contattare in qualche modo chi porta i pesci”.

Pensò, mentre faceva scivolare il braccialetto al di sotto del cibo offerto dalla madre. Il giorno dopo, quando il cesto era stato ritrovato pieno di pesci sulla spiaggia, aveva notato con piacere che non c'era traccia del suo piccolo omaggio. Le venne in mente proprio in quel momento, mentre vedeva il piccolo cesto ondeggiare languidamente verso la luna. Aspirò col naso, gustando l'aria pura.

Tienilo fermo! Tienilo fermo!”

L'abbiamo preso, l'abbiamo preso!”

Voci gracchianti e gioiose, il rumore di acqua spostava violentemente.

è inutile che ti dimeni tanto.”

Si guardò intorno incuriosita e cercò di sondare l'oscurità profonda in cui si trovava. I suoi occhi saettavano a destra ed a sinistra, incapaci però di riuscire ad identificare alcun che nell'oscurità. Affidandosi più all'udito, riuscì ad identificare poco lontano nella zona scogliosa della spiaggia, tre figure il cui profilo era delineato dalla luce della luna. Si avvicinò lentamente,cercando di fare il minimo rumore, poiché aveva la strana sensazione che ci fosse un pericolo. Reggevano una grande rete da pesca, che si agitava e si attorcigliava come fanno le reti quando un grosso pesce ne resta ingarbugliato. Le tre donne, poiché avevano un timbro di voce femminile,ridacchiavano e stavano pian piano riuscendo, nonostante le scosse a tirare su la rete. Per quanto fosse strano, ognuno aveva il diritto di pescare all'ora e nel luogo che voleva e di certo Leila non avrebbe dovuto impicciarsi. Ma c'era qualcosa di strano, che non riusciva a comprendere. Aguzzò la vista, cercando di riuscire ad identificare l'essere che si agitava convulsamente nell'acqua scura. Una pinna fuoriuscì e rientrò fulminea, senza darle neanche il tempo di osservarla. Ma più guardava, più riusciva a delineare una figura, per quanto possibile dalla lontananza, ma quello che credeva di vedere.... Allargò gli occhi sorpresa e fece qualche passo indietro con le gambe tremanti. Non era un buon momento. Era uno di quegli istanti in cui gli avvenimenti si susseguono fulminei ,senza darti la possibilità di riprendere fiato, ed in cui il destino si diverte a giocare. Era uno di quei momenti in cui se non facevi attenzione, ti ritrovavi nel filo sbagliato....

 

* A questo punto è d'obbligo qualche precisazione. La piccola isola di Namua non era di certo il centro del mondo o una città molto frequentata, ma ormai perfino lei era abitata da numerosi esseri possiamo dire “sovrannaturali”. Definizione oramai non più molto azzeccata visto che molto spesso ci si ritrovava a fare una nuotata o a bere in loro compagnia. Quindi, facevano parte della realtà quotidiana.

 

Angolo dell'autrice: Ehilà!!! Decido di finire il capitolo qui Perché sono bastarda credo che sia un'ottima cosa aumentare la suspence, anche se credo che abbiate capito tutti benissimo cosa succederà... Al prossimo capitolo! Bacioni.P.S. Quando ho scritto questo commento, era appena passato natale, quindi non pensiate che io sia pazza

  
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