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Autore: Scillan    03/03/2013    1 recensioni
Ci sono due generi di sogni.
Quello che viviamo da svegli e rappresentano i nostri desideri.
Quelli che viviamo quando quando chiudiamo gli occhi.
C'è chi vive a metà tra questi due esseri.
E poi, c'è chi li mangia.
Indistintamente
Genere: Avventura, Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il giorno dopo mi trovai con Joi davanti alla palestra, un edificio piuttosto malconcio, che fungeva anche da teatro.
Ci accomodammo in prima fila, anche se la visuale era limitata dato che il palco era piuttosto alto, ma il mio amico sperava disperatamente che Cristina lo notasse. Non doveva essere l'unico ad avere avuto quell'idea, dato che le sedie erano già quasi tutte occupate dalla giuria e da un bel numero di ragazzi, palestrati o meno.
Immaginai di fare davvero una brutta figura in mezzo a tutti quei muscoli.
-Pare che Cristina sarà tra gli ultimi- ed io non potei trattenere un respiro di sconforto.
-Che c'è?-  -E' solo che speravo di andarmene via prima- mi tirò un pugno scherzoso alla spalla. -Se non volevi venire bastava dirlo- poi le luci della la palestra si spensero e sul palco salì la professoressa di musica che cominciò a presentare i partecipanti.
Il primo era un ragazzo di prima che voleva dimostrare la sua bravura come giocoliere tenendo dei piatti in bilico mentre giravano su delle lunghe stecche. Ci riuscì per i primi venti secondi, ma quando un simpaticone delle prime file, che probabilmente era venuto solo per quello,  fischiò, perse la concentrazione e fece cadere tutti i piatti.
Quando il pavimento fu pulito entrò una di quelle così dette “ragazze fantasma”. Cominciò a cantare una canzone di Lady Gaga, apparendo molto ridicola dato che stonava una nota su due, e quando cominciarono a fischiarle scappò di corsa in lacrime.
Dopo ci furono un mago, una ballerina, un gruppo rock, ed altri. Alcuni erano bravi, altri meno, ma nessuno era un vero e proprio talento. Ben presto fui sul punto di addormentarmi, e rimpiansi di non essermi portato dietro un video-gioco.
Eravamo lì da più di due ore e finalmente era quasi il turno di Cristina. Nessuno era ancora andato via perché i professori sapevano che erano praticamente venuti tutti solo per lei, e quindi l'avevano messa tra gli ultimi. Probabilmente dopo di lei la sala si sarebbe svuotata.
Mancava ormai solo una ragazza. Ero così annoiato che non ci feci particolarmente caso. Salì sul palco portando sotto braccio una tastiera, che, per l'occasione, era stata collegata alle casse. Si sistemò su una sedia in mezzo al palco e appoggiò delicatamente lo strumento sulle ginocchia. Quando lo accese ci fu un “ciocco” che assordò praticamente mezza sala, attirando in un certo senso l’attenzione di tutti.
Poi iniziò a suonare.
All'inizio il brano era abbastanza semplice, ma dopo poco divenne sempre più complesso. I suoni, ora alti, ora bassi, sembravano che “danzassero” intorno a lei. Ben presto le mie orecchie ne furono completamente piene. Le dita danzavano su tasti -prima veloci e poi più lente- che sembravano troppo piccoli per esprimere quello che la musica voleva dire, e sembrava che potessero esplodere da un momento all'altro.
 
Crack...
 
Fui stregato dal quel suono, così come tutti quelli nella sala. Nessuno accennò neanche per un secondo ad interrompere quella melodia con un fischio o una parola, con il terrore, quasi reverenziale, di rompere quella specie di incantesimo.
Per lungo tempo non seppi più chi ero. Esisteva solo lei e la sua musica. Il suo volto sottile e senza spigoli sembrava quasi quello di un angelo, e i vestiti sportivi apparivano troppo semplici per lei. I lunghi capelli di un castano chiaro, quasi timido, le adornavano il viso sciolti e indomiti.
Essendo sotto il palco potevo vedere chiaramente ogni particolare, e gli occhi erano di un colore incredibile: i fari colorati glieli facevano sembrare rosa, rendendola quasi una creatura fantastica.
Improvvisamente la musica finì e mi sembrò di essere diventato sordo. Senza che me ne accorgessi lei scese dal palco, veloce come un gatto, con la tastiera sotto il braccio, così veloce che nessuno riuscì ad iniziare un applauso.
Feci per alzarmi, seguirla e chiederle chi era, conoscerla, capire come avesse fatto a stregarmi con la sua musica. Joi mi prese il braccio, riportandomi alla realtà.
-Ehi! Peter!? Dove stai andando?!-, -Eh?- lo guardai stralunato. -Guarda che ora tocca a Cristina. Farei, e faresti, la figura dello scemo se te ne andassi adesso! Siamo venuti, e dobbiamo andarcene, insieme.-
Mi sedetti al mio posto, ma il mio pensiero corse di nuovo a lei. Chi era? Mi sembrava un volto familiare, ma dove? dove l'avevo vista?
Ad interrompere i miei pensieri fu il grande applauso del pubblico; era entrata Cristina.
Con i suoi voluminosi capelli neri e il suo abitino stretto di un abominevole rosa, a me sembrava una vera e propria gallina. Sorrise al pubblico che applaudì di nuovo.
Poi prese il microfono alla professoressa che stava per annunciarla: -Salve! Sono felice di essere qui e spero che voi possiate essere testimoni della nascita di una stella. Ovviamente voglio salutare le mie amiche- delle ragazze in terza fila gridarono estasiate - e ovviamente al mio ragazzo Aiber: Ciao amore!- Fece l'occhiolino indicando col dito sottile in fondo alla sala, dove il capitano della squadra di basket se ne stava stravaccato su due sedie facendole ciao con la mano.
-Ovviamente non c'è bisogno che mi presenti, perché ovviamente tutti mi conoscono,- “ovviamente” doveva essere la sua parola preferita, nonché la più difficile che conoscesse. - ma per chi è nuovo io sono Cristina Den Lag! Canterò per voi. Ascoltatemi, mi raccomando!-
Detto questo partì il sottofondo di “Russian Roulette” di Rihanna e cominciò a cantare.
Era uno spettacolo comico, quasi esilarante. Probabilmente nessuno si sarebbe mai azzardato a dirle che cantava come una cornacchia, mentre le sue amiche si fecero piccole piccole sulle loro sedie; senza dubbio si vergognavano per lei. In fondo alla sala Aiber sghignazzava con i suoi compagni di squadra.
Però a me non importava niente di tutto ciò. Uno solo pensiero, una sola persona, vorticava nella mia mente mettendo scompiglio tra i miei già disordinati pensieri, finché non ebbe finalmente un nome: Musa.
Era  impossibile che non l'avessi riconosciuta! Eravamo in classe insieme dalla prima superiore, ovvero da due anni. Era certamente una ragazza fantasma, e dovevo aver scambiato con lei non più di una o due frasi; non era bella, né particolarmente brillante, eppure la sua musica era  a dir poco incredibile.
Volevo parlarle. Volevo ascoltare di nuovo la sua musica, e farmi cullare dalla sua melodia.
Il giorno dopo le avrei parlato, assolutamente. Era la mia unica occasione per quella settimana, perché il giorno dopo sarebbe stato domenica, ed io volevo conoscerla, davvero,  il prima possibile.
Quasi non mi accorsi che Cristina aveva finito e il pubblico accennò un debole applauso, di cui lei rimase evidentemente delusa. Quattro quinti della sala, Joi ed io compresi, si alzò per dirigersi verso l'uscita, nonostante lo spettacolo continuasse, a sottolineare chi avrebbe dovuto essere la stella, ma che alla fine si era spenta ancora prima di iniziare a brillare. Mi fece quasi pena.
Immaginai che da quel momento Cristina avrebbe smesso di essere la reginetta della scuola, e probabilmente sarebbe stata sostituita da una delle sue finte amiche, ancora più cotonata. Per non contare che con tutta probabilità Aiber l'avrebbe lasciata: “difficile è diventare primi, ma ancora di più restarlo” aveva detto qualcuno.
Usciti dalla sala Joi si lanciò in un grido trionfante.
-Sei impazzito Joi?-
-Assolutamente no! In questo momento sono la persona più felice della terra!- Mi rispose con una buffa smorfia che strappò un sorriso anche a me.
-Perché?-, -Perché la più bella ragazza di sempre è finalmente alla mia portata.- Alzai un sopracciglio, scettico. -Ora che ha fatto questa figura, quel palestrato pompato del suo ragazzo la lascerà- non sottolineai che anche lui sarebbe potuto essere definito in quella maniera - sarà distrutta. Ed ecco che arrivo io e le dichiaro il mio vero amore! E' dalla terza elementare che le vado dietro, e di certo non perché è popolare.
Joi era convinto che in fondo Cristina fosse una ragazza dal cuore d'oro e dolce, anche se spesso aveva dimostrato il contrario, maltrattando molte sue compagne e rivali, ma, come dire, l'amore rende ciechi.
Andammo alla sala giochi dove restammo per un'oretta buona e persi per la centesima volta il mio onore di giocatore contro Joi che mi stracciò, e poi ci salutammo. Presi la moto che avevo lasciato in un parcheggio lì vicino e tornai a casa.
  
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