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Autore: darkronin    03/03/2013    1 recensioni
L'umanità e la vulnerabilità dell'Imperatore Costantino che si confronta con le figure dei suoi predecessori
Dal testo: "I quattro, di cui ora osservava l'effige, lo stavano sicuramente tenendo d'occhio e giudicando costantemente. I loro sguardi (un misto di approvazione e disgusto), il loro abbraccio fraterno e solidale, la loro postura fiera e altera, gli avrebbero ricordato tutti i suoi dubbi e l'avrebbero stimolato a fare sempre il meglio e a dare il massimo, affinché nessuno potesse levare critiche sul suo operato e sul suo passato."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
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Erano passati più di quarantanni da quando Diocleziano era salito al potere.
La guerra civile, nata a seguito della scelta operata da una parte delle truppe dell'impero, aveva portato a una diarchia. Essendo i territori troppo vasti, i due imperatori avevano scelto di istituire una nuova figura che potesse aiutarli, in modo tale che entrambi avessero un sostegno.
Costantino, il grande imperatore, rifletteva sugli eventi storici passati, preoccupato da accadimenti più recenti: la fine definitiva della Tetrarchia. Nonostante vari tentativi, ora si trovava a governare da solo l'Impero. La sua paura più grande non era quella di fallire ma di essere inviso al popolo e accusato ti tentato colpo di stato.
Passeggiava nella corte del suo palazzo, protetto dal sole cocente tipico della sua terra. L'accentramento del potere nelle mani di una sola persona poteva anche essere un bene: doveva solo avere più fiducia nelle proprie capacità, che tutti dicevano essere mirabili.
Alzò lo sguardo dai mosaici, che stava calpestando, per incrociare quello marmoreo dei suoi predecessori. In cima a due colonne, che delineavano il passaggio dal cortile esterno alla sala per il ricevimento degli ospiti, a circa otto metri da terra si stagliavano le nere figure dei quattro reggenti dell'Impero. Abbracciate a due a due, nel gesto che indicava come i due Cesari si fidassero del proprio Augusto, queste figure in porfido nero esprimevano tutta la solennità del loro incarico.
Tra loro non vi erano grandi differenze né somatiche né suntuarie: gusto che era andato modificandosi nel tempo. Quasi non sembrava vero. Chissà cos'avrebbero pensato quelle auguste figure della successiva degenerazione dei costumi.
Costantino sorrise e sospirò: già gli antichi lamentavano una scarsa attenzione alla morale e al decoro da parte delle nuove generazioni.
Si sorprese a scoprirsi indagare sul proprio futuro. Anche lui avrebbe ampiamente criticato i suoi successori? Eppure, la magnificenza dell'oro sulle corazze, le gemme incastonate nelle fibbie, le spade cesellate in modo da sembrare vere (col simbolo reale come impugnatura), la preziosità dei drappeggi su un materiale così difficile da lavorare se non da esperta mano egizia, non lasciavano spazio alla fantasia.
Li scrutò meglio, uno ad uno: Diocleziano, Galerio, Massimiano, Costanzo Cloro.
Sentì lo stomaco stringersi: era stato alla morte di Costanzo Cloro, suo padre, che lui, figlio illegittimo, era stato scelto al posto di Severo.
In questo voleva vedere un parallelismo che forse non c'era: anche Diocleziano era stato scelto al posto di Carino e ciò aveva fatto la fortuna dell'Impero. Sperava, nelle migliori delle ipotesi, di poter avvicinarsi, anche solo lontanamente, all'operato del tetrarca. Il suo timore per il futuro dipendeva proprio da questo: che i domini conquistati gli si ribellassero, prima o poi, per come aveva ottenuto il potere e per aver portato confusione in una struttura tutto sommato ordinata e stabile.
Temeva di essere l'artefice della distruzione della meravigliosa eredità che aveva ora per le mani.
I quattro, di cui ora osservava l'effige, lo stavano sicuramente tenendo d'occhio e giudicando costantemente. I loro sguardi (un misto di approvazione e disgusto), il loro abbraccio fraterno e solidale, la loro postura fiera e altera, gli avrebbero ricordato tutti i suoi dubbi e l'avrebbero stimolato a fare sempre il meglio e a dare il massimo, affinché nessuno potesse levare critiche sul suo operato e sul suo passato.

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Ecco qua l'altro esercizio di scrittura creativa affrontato nel settembre del 2011 in preparazione al laboratorio.
In questo Task 40 la consegna era di elaborare una storia a partire dalla composizione marmorea dei Tetrarchi in Piazza San Marco a Venezia (già citati nell'altro esercizio, La notte dei leoni alati).
Anche qui, di storia non ricordo un accidenti, quindi... per altro, vista ora, mi sembra anche insipida. Però potrebbe essere, come l'altro esercizio, un buon incipit per un lavoro successivo. Una pagina di romanzo storico letto dal protagonista da cui poi far evolvere la narrazione? Mah...vedrò. Intanto lo condivido con voi.

PS: Ho voluto mostrare le incertezze che avrebbe potuto avere un grande imperatore come Costantino (non il tronista, vi prego! =_= lasciate immediatamente queste pagine se avete pensato a ciò!), all'inizio della sua carriera. E' un po' un lavoro alla VMM, se vogliamo. E tutto perché dovevo parlare di quella scultura...e non sapevo cosa raccontare...vabbè...
a presto con le altre fic.
   
 
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