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Autore: Laylath    04/03/2013    2 recensioni
Una storia che narra l'arrivo del giovanissimo soldato Kain Fury nel team del Colonnello Mustang.
Non sempre gli inizi sono facili, soprattutto quando si è privi di esperienza e si ha a che fare con compagni così diversi da se stessi: bisogna lavorare bene l'impasto per creare un team affiatato.
E soprattutto bisogna saper crescere
Storia finita di revisionare l'11 novembre 2013
Genere: Azione, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Team Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
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Capitolo 1. Una convocazione inattesa.



Quartier Generale di East City.
Ottobre1911


“Soldato semplice Kain Fury a rapporto!” chiamò secca la voce del comandante.

Il ragazzo si alzò di scatto dalla panca della mensa dove stava seduto in solitudine e corse subito verso l’ingresso dove l’attendeva il suo superiore.
“Signore!” esclamò facendo un saluto impeccabile per non tradire la propria apprensione.
“Hai l’ordine di recarti presso l’ufficio del Colonnello Mustang, immediatamente. A quanto pare c’è bisogno di te per una radio” spiegò l’uomo.
“Certo, signore. Vado subito!” annuì il giovane, trattenendo a stento un respiro di sollievo: per un tremendo istante aveva temuto di aver fatto qualcosa di sbagliato o che uno dei suoi commilitoni gli avesse di nuovo giocato qualche brutto tiro.
Fu solo quando iniziò ad avviarsi che si rese conto da chi era stato convocato.
 
Era abbastanza teso mentre camminava lungo i corridoi del Quartier Generale dell’Est. Quella parte del complesso militare era praticamente proibita ai soldati semplici come lui ed infatti incontrava soltanto persone che andavano dal rango di sergente in su. Questo lo faceva sentire parecchio a disagio, tanto che aveva il timore che qualcuno lo fermasse e gli chiedesse perché era lì, senza magari credere alla sua storia.
Certo, si era fatto una discreta fama per la sua bravura con i gingilli elettronici e si era distinto dal resto dei suoi compagni di Accademia per il suo rendimento elevato, tanto che gli era stato concesso di terminare i corsi con un semestre d'anticipo. Ma come conseguenza si era verificato quello che era successo alle scuole superiori: non si era integrato molto bene con i suoi compagni. E venir convocato da una personalità così importante come il colonnello Mustang sicuramente non sarebbe passato inosservato e molto probabilmente ci sarebbero state ripercussioni su di lui.
Però vedere di persona l’Eroe di Ishval, quella leggenda vivente, sarebbe stato davvero emozionante. Per lui che aveva appena diciotto anni l’Alchimista di Fuoco era un vero e proprio idolo: si raccontavano decine di storie su di lui che lo lasciavano sempre a bocca aperta.
Finalmente arrivò davanti alla porta dell’ufficio che gli era stato indicato e bussò lievemente.
“Dannazione Havoc! – disse una voce dall’interno – Si può sapere che cosa stai combinando?”
“Lasciami fare, Breda! – commentò una seconda voce – Vedrai che con un paio di colpi ben assestati questo stupido aggeggio tornerà a funzionare senza bisogno di un tecnico!”
“Non credo che sia una buona idea…” disse una terza voce.
“Eddai, ragazzi, fatemi provare!”
“Havoc, ti avviso: non ho nessuna intenzione di fare richiesta per una nuova radio e giustificare il fatto che quella che abbiamo sia stata ridotta in pezzi.” a dire questa frase fu una quarta persona, il cui tono era notevolmente seccato.
La situazione era spinosa ed era chiaro che la radio che stava lì dentro rischiava di essere brutalizzata: una cosa che Kain Fury non poteva tollerare.
Senza nemmeno rendersene conto abbassò la maniglia ed entrò.
“Scusate, ho provato a bussare, ma non mi avete sentito…” disse flebilmente mentre cinque volti si giravano verso di lui.
“E questo nanetto chi sarebbe?” chiese un ragazzone biondo con una sigaretta in bocca che a Fury ricordava pericolosamente i bulli che spesso e volentieri se la prendevano con lui.
“Che ci fai qui, recluta? - gli fece eco un altro soldato dai capelli rossicci, parecchio robusto, ma dagli occhi grigi molto penetranti – Guarda che l’asilo per voi è dall’altra parte del Quartier Generale”
“Veramente… - cercò di giustificarsi Fury – mi è stato detto di venire qui per una radio.”
“Saresti il tecnico?” si sorprese il biondo avvicinandosi e squadrandolo: Fury, punte di capelli comprese, gli arrivava appena all’altezza del cuore.
“Si… - annaspò con disperazione, cercando di recuperare la calma - cioè, volevo dire...soldato semplice Kain Fury a rapporto, signore!”
“Havoc smettila di spaventarlo incombendogli addosso in quel modo. Non lo vedi che lo stai terrorizzando? – disse un altro uomo nella stanza – Vieni qui, soldato, e fatti vedere bene.”
Deglutendo rumorosamente, Fury oltrepassò Havoc e si portò davanti alla scrivania che stava in fondo all'ufficio e per la prima volta vide da vicino l’Alchimista di Fuoco Roy Mustang.
Non era una figura imponente come si era aspettato: era un uomo nemmeno sulla trentina, dai finissimi capelli neri che ricadevano sulla fronte a sfiorare gli occhi sottili e scuri. Il suo sguardo era indagatore e autoritario, ma non era teso a mettere a disagio le persone: era come se fosse estremamente curioso di vedere chi aveva davanti. Tuttavia la sua persona aveva un qualcosa di incredibilmente magnetico ed il giovane soldato ne rimase intrappolato.
Accanto all'alchimista stava una donna, dai corti capelli biondi e profondi occhi castani: Fury capì che doveva trattarsi del tenente Riza Hawkeye, pure lei eroe della guerra di Ishval; nel Quartier Generale girava voce che nessuno avesse una mira pari alla sua.

“Quanti anni hai, soldato?” chiese il colonnello riportandolo alla realtà.
“Diciotto, signore” rispose il giovane ritrovando miracolosamente la voce.
“E hai già finito l’Accademia?” il sopracciglio destro dell'alchimista si inarcò leggermente.
“Sì, signore. Ho completato sei mesi fa.”
“Capisco. Hai fatto due anni in uno, vero?”
“Sì signore.”
“Davvero notevole. In ogni caso, – cambiò discorso, accennando col mento ad un tavolo dietro Fury – quella è la radio che ci hanno gentilmente fornito. Ma a quanto pare fa di tutto meno che funzionare. Mi hanno riferito che sei parecchio bravo con queste cose: vediamo che sai fare.”
Girandosi verso l’apparecchio incriminato Fury si rese conto che la situazione non era molto rosea. Si trattava di un modello vecchio e decrepito: sicuramente uno di quelli che il Quartier Generale aveva deciso di utilizzare prima di mandare in pensione in maniera definitiva. Questo significava mancanza di pezzi di ricambio ed un sistema ormai stanco e mal funzionante.
Tuttavia il giovane non si perse d’animo e si avvicinò all’apparecchio, prendendo le cuffie e iniziando a muovere le manopole. Dopo qualche secondo chiese:

“Qualcuno di voi ci ha per caso fatto qualcosa o la situazione era questa da principio?”
“Diciamo che abbiamo provato a cimentarci un po’ tutti; – disse il colonnello, scrollando le spalle con noncuranza – ma forse abbiamo solo peggiorato la situazione.”
Nel frattempo guardava con occhi incuriositi quel ragazzino che iniziava a tirare fuori dei piccoli strumenti: cacciavite, fili, rondelline... sembrava che avesse un vero e proprio negozio di ferramenta dentro le sue tasche. Di certo sapeva come destreggiarsi perché in pochi secondi aveva aperto la cassa della radio e aveva iniziato a sondare col cacciavite gli intricati complessi elettronici.
“Ehi, ragazzino, sei sicuro di sapere quello che fai?” chiese Breda accostandosi con curiosità.
Fury, preso com'era dal suo lavoro, si dimenticò del timore che nutriva per quelle persone e spiegò con disinvoltura:

“I fili sono vecchi ed i circuiti interni pure, ma non è questo il problema principale. Credo che… - e prese una minuscola torcia – ecco! Alcune valvole di trasmissione sono saltate dalle loro posizioni... accidenti, hanno perso la loro sede ed è impossibile che ci siano ancora pezzi di questo tipo in circolazione.”
“Quindi niente possibilità?” chiese Havoc.
“Non ci saranno mai pezzi simili in magazzino, ma forse...” mormorò il giovane rivolto più a se stesso alle altre persone intorno a lui che lo fissavano con curiosità.
In particolare il Colonnello aveva indirizzato tutta la sua attenzione a quella testa dai dritti capelli neri, con i lineamenti così giovanili che gli davano meno dei suoi diciotto anni. Non gli erano sfuggiti gli occhi scuri, dietro le lenti degli occhiali, che brillavano d’intelligenza mentre montava insieme delle strane rondelle tirate fuori dalla tasca. Dopo qualche secondo, il giovane le infilò nella radio e provò a premere il pulsante d’accensione. E la spia luminosa indicò che l'apparecchio era tornato a funzionare.

“Ehi…il pivellino ce l’ha fatta!” esclamò Havoc.
“La radio ora funziona, signore!” sorrise Fury chiudendo l’apparecchio con gentilezza e iniziando a rimettere i suoi attrezzi in tasca. Poi si portò davanti al colonnello e si mise sull’attenti.
“Ottimo lavoro, soldato Fury, – sorrise il superiore annuendo – puoi tornare al tuo plotone. Se la radio ci darà altri problemi saprò chi chiamare.”
“Grazie mille, signore! – salutò il giovane, arrossendo, prima di girarsi e di dirigersi verso la porta – Per qualsiasi cosa sono sempre a sua disposizione.”
 
Come il giovanissimo soldato fu uscito, il colonnello chiamò a sé l’uomo che durante la scena non aveva detto nulla, limitandosi ad osservare con silenziosa attenzione.
“Falman, fammi un favore: procurami entro domani tutto il materiale su quel ragazzino.”
“Si signore.” annuì il maresciallo.
  
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