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Autore: Ronnie02    05/03/2013    2 recensioni
«“Tu sei troppo incosciente di quello che sei”, rispose il ragazzo.
Per lui era speciale in qualsiasi cosa facesse, ma per il resto del mondo era ancora di più.
Era diversa… diversa da chiunque in qualsiasi mondo andasse.
Era unica nella sua specie.»
Come si comporterebbe Jared se qualcosa dovesse fargli cambiare tutte le sue opinioni, tutte le sue convinzioni? Amando così tanto avere il controllo della situazione, cosa farebbe se questa gli sfuggisse via?
E Tomo, con Vicky, come possono proteggere il frutto del loro amore, sapendo che non potrà mai essere quello che credevano?
E Shannon... Shannon, che ama la vita e tutte le sue sfaccettature, come aiuterà il fratello a credere a ciò che sta capitando a tutti loro?
Spero di avervi incuriositi :)
Genere: Avventura, Fantasy, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Tomo Miličević, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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*chiede pietà* SCUSATE GENTE, SERIAMENTE. so che sono in ritardo di... bè, tanto e mi dispiace davvero, ma in questi giorni è successo un pandemonio e non sono riuscita ad aggiornare *si mette in ginocchio*
SCUSATE, DAVVERO.
ora vi lascio leggere, così mi faccio perdonare... forse




Chapter 8. Dynasty

 


 
“E’ per la tua salute e vita, Ash, mi dispiace”, si scusò Zoe.
“Non me ne può fregare di meno, Zoe”, urlò Ash, che si era alzata in piedi, scioccata. “Non potete obbligarmi a stare qui. Sono maggiorenne, posso stare dove voglio”.
“Ash…”, provò a fermarla Joel.
“Avete deciso per me ogni cosa da quella dannata sera, voglio la mia indipendenza, ora!”, continuò la ragazza. “Voi non avete il diritto di dirmi cosa devo fare. Non mi importa se Lui vuole uccidermi, non mi importa se sono un fottuto scherzo della natura. Io tornerò a casa, che lo vogliate o no”.
“Ash, ti prego, ragiona”, le chiese Zoe, usando il suo tono più dolce, quasi come se fosse una sorella. Che brutta similitudine per Ash… “Non sei più al sicuro a Los Angeles. Quando ti abbiamo dato il permesso di trasferirti credevamo di darti la possibilità di salvarti, ma a quanto pare abbiamo sbagliato. Ti sembrerà ingiusto, ma dovrai restare qui”.
“E’ ingiusto. E io odio le cose ingiuste”, sbottò la bionda, diventando verde di rabbia, e non solo metaforicamente. Edmund provò a toccarla, per farla calmare, ma lei scosse così forte il braccio per toglierselo di dosso in fretta che lo fece cadere dalla sedia e allontanarsi di qualche metro. “Provateci! Provate a lasciarmi qui: scapperò. Sapete tutti che tenterò di scappare e prima o poi ci riuscirò anche. Quindi provateci, ma sarà inutile!”.
“Ash, come credi di sopravvivere a Los Angeles?”, chiese Joel.
“In qualche modo farò”, rispose lei.
“Non puoi andartene Ash”, riprese parola Sorrow, mentre la ragazza provava a tornare alle camere. “Sai che posso scomodare dei giudici per farti rimanere qui. Vuoi tornare in tribunale? Vuoi tornare in ospedale come l’ultima volta? Sai che posso farlo, Ash”.
“Non oseresti”, commentò la ragazza, fermandosi di colpo, senza voltarsi.
“Cosa te lo fa pensare?”, provò a sfidarla Sorrow, credendo di averla vinta.
Ash sorrise, senza farsi vedere. “Perché se mi porti in tribunale, capiranno cosa sono davvero. E se lo faranno, mi porteranno in ospedale. Ma lì troveranno le mie vecchie pratiche, che manderanno ai giudici”, ipotizzò Ash. “A quel punto, non solo condanneranno te per aver firmato al posto dei miei genitori in modo da avviare gli esperimenti, ma anche tutto l’Esis per non averli fermati”.
“Cosa? Era per quello che non riuscivamo mai a salvarla?”, gracchiò Edmund.
“Oh sì, mio caro idiota”, scoppiò a ridere Ash, voltandosi ma guardando solo Sorrow. “La nostra qui amata e stimata delinquente barra responsabile barra grandissima stronza ha sempre accettato di farmi massacrare e, per mantenerci la faccia, faceva arrivare l’Esis appena in tempo per capire che mi avevano già esaminata, ma senza mai prendere il colpevole”.
“Sorrow, potresti marcire in prigione in eterno per questo”, commentò Joel, togliendo le parole di bocca ad Edmund, arrabbiatissimo.
“Oh no, a me basta un permesso scritto e firmato entro due ore il quale dichiara che Sorrow mi permette di abitare barra vivere ovunque io voglia per il resto dei miei giorni e che lei barra nessuno di voi abbia il controllo della mia vita per lo stesso arco di tempo”, li minacciò, sempre con lo stesso sorrisino. “In caso contrario dite addio a Sorrow nella nostra divisione”.
“Come sei venuta a saperlo?”, chiese Sorrow, prendendo tutte le attenzioni.
“Dall’alba dei tempi, mia cara Sorrow. Attendevo solo il momento perfetto per usarlo nella maniera migliore”, la informò Ash, quasi professionale. “Infatti, devo informarti, che per quanto il secondo nome di mia madre davvero sia Roslyn, lei non ha mai usato questo nome nelle sue firme, se non nei documenti ufficiali della Rivoluzione. Ti sei fregata da sola, tesoro”.
E con questo andò a fare i bagagli, attendendo il documento richiesto.
 
“Allora questa grande idea?”, chiese Jared.
Vicki, dopo aver annunciato il suo colpo di genio, se n’era bellamente andata a dare da mangiare a suo figlio lasciandoli di suspense, come si soleva dire.
In quel momento era appena tornata, lasciando Devon a dormire sul divano morbido nella sala di casa Leto.
“Oh, ma stai calmo, una volta nella tua vita, piccolo sfigato che si è lasciato portar via la sua unica possibilità di scoprire qualcosa su questa ragazza misteriosa”, lo prese in giro la ragazza, facendo scoppiare a ridere gli altri due.
“Vedo che la simpatia l’hai lasciata in cucina”, commentò lui.
“Non direi, ma se vuoi vado a controllare”, rispose lei, facendo dietrofront e tornando indietro. Ma Jared, prontamente, la braccò e la fece sedere vicino al proprio marito.
“No, stai qui. Parla!”, le ordinò.
“Sono certa che Constance ti ha insegnato ad essere gentile con le donne… bè, metti questi insegnamenti in pratica poche volte nella tua vita, ma sono certa che in questo momento tu possa farcela”, continuò a ridere.
“La vuoi finire?!”, si lamentò lui.
“Scusa Jared, ma sfotterti è uno dei lati positivi di avervi attorno tutto il giorno… bè, forse direi anche l’unico”, continuò Vicki.
“Grazie!”, ridacchiò Shannon.
“Non c’è di che, animale”, disse lei mandandogli un bacio con la mano. Lui fece lo sguardo da seduttore e Tomo scosse la testa, amareggiato.
Non sarebbero mai cambiati.
“Allora?!”, chiese Jared, e così Vicki sbuffò e si mise sull’orlo della sedia, per avvicinarsi di più al piccolo Leto.
“E’ un piano così semplice per te che faccio fatica a credere che tu non ci sia già arrivato, davvero”, sbottò, mentre Jared alzò gli occhi al cielo. “Ma vediamo se riesco a fartelo capire”.
 
Un fottuto campanello li distrasse dall’elaborazione del piano di azione messo in atto da Vicki. Alla fine non era veramente così impossibile da capire e Jared si chiese davvero come avesse fatto a non pensarci prima.
“Vado io”, disse Shannon,  alzandosi velocemente e andando fuori dal Laboratorio.
“Chi può essere?”, chiese Vicki cercando di vedere il batterista ritornare, mentre gli altri due alzavano le spalle e tornavano a discutere del piano.
Alla fine anche lei smise di domandarsi chi stesse intrattenendo Shannon alla porta e ridefinì i dettagli.
Ma qualcuno era davvero arrivato, e Shannon cercava di trovare un modo gentile per mandarlo via.
“Emma”, commentò sulla soglia di casa, vedendo la ragazza sorridergli con le sue labbra sottili. Gli occhi azzurri erano felici e i capelli legati in una treccia laterale bionda come il grano.
Molti la consideravamo bella, lui la considerava molto più di quell’aggettivo, ma da un po’ di tempo qualcosa non andava in lui. Si sentiva come indifeso o non considerato.
Lei aveva comunque gli occhi puntati su Jared e la sua agenda, come se non avesse altra vita e ciò lo irritava parecchio.
“Shan!”, lo salutò lei, abbracciandolo di colpo, mentre lui cercava di non cedere. In fondo era sempre un po’ arrabbiato: di sicuro era qui per Jared e non per lui.
Era sempre stato Shannon a chiederle di uscire, di fare qualcosa, di cenare insieme o robe del genere. Lei non prendeva mai iniziativa, se non centrava con il suo lavoro.
“Come mai qui?”, chiese lui, cercando di sorriderle, mentre lei si staccava ed entrava in casa.
“Come siamo freddi oggi”, constatò lei, fermandosi e girandosi verso di lui. Lo scrutò per qualche istante e poi continuò. “Che succede Shan?”.
“Niente… come al solito, no?”, rispose Shannon facendo fare a lei il broncio. “Ti ho solo chiesto come mai sei qui”.
“Faccio finta di non sentire il tuo tono lamentoso”, sbottò lei, mentre lui alzava gli occhi al cielo. “E comunque sono qui per Vicki, volevo sapere come andava all’asilo con Devon e salutarla”.
Certo, mica eri qui per me.
“Oh, come no. Come mai non ci ho pensato”, disse lui, cattivo, chiudendo fortemente la porta, facendo spaventare un po’ Emma.
“Smettila, Shan”, rispose lei nello stesso tono. “Devi capire che la mia vita concerne anche altre persone, non posso stare solo con te”.
“Cosa?!”, scoppiò a ridere Shannon, in una risata senza nessuna allegria. “Ti prego, Emma, evita, ok? Non sono in vena.
“Adesso ti metti pure a fare a me la predica? Sei patetica. Andava tutto bene finchè non hai ricominciato a pensare al tuo cazzo di lavoro e ad evitarmi come fosse la peste.
“Se io non ti chiamassi non ci vedremmo mai, se io non mi facessi il culo per questa cosa, sarebbe finita già da un pezzo. La tua vita riguarda anche gli altri? No, tesoro, la tua vita riguarda solo gli altri! Perché non ti sei mai fatta vedere senza avviso per me, o non hai mai fatto nulla per stare con me!”.
“Ah, è così, quindi?”, disse seccata la bionda.
“Perché, tu come la vedi?”, andò avanti lui. “Dimmi una sola volta in cui hai avuto il rischio di farci scoprire. Cavolo Emma, la tua vita riguarda così tanto me che nemmeno lo sa qualcuno, cazzo!”.
“Oh ma piantala, Shannon! Abbiamo deciso insieme di non dirlo a nessuno, non fare il solito melodrammatico!”, ribatté lei, arrabbiandosi sul serio. Emma non era abituata a stare con qualcuno per lungo tempo e aveva sempre pensato che il suo lavoro andasse prima di tutto. Era semplicemente abituata a pensarla così, non voleva davvero ferire Shannon.
Ma lui non cedeva. Non si sentiva bene in quella situazione. Non si sentiva bene per niente. “Sì… due mesi fa. E in due mesi nessuno ha sospettato nulla”.
“Shannon, finiscila. Non sono in vena”, concluse lei, con voce bassa e fredda, guardandolo male. “Vicki dov’è? Nel Lab?”.
“Sì certo. C’è anche Jared, se vuoi. Così… per evitare di non perdere ore di lavoro”, la prese in giro, sorpassandola e allontanandosi dall’ingresso, per salire nella parte abitabile di quella casa. Andò in camera sua e cercò di riposarsi.
Dio, se gli dava sui nervi!
Ma Emma, in fondo, cercava solo di essere una buona amica. Così lasciò andare Shannon di sopra a fare ciò che voleva e si diresse ai bassipiani, dove il resto della ciurma stava parlando da solo.
“E così Ash dovrebbe finire per dirti tutto, se i miei calcoli vanno per il verso giusto”, sentì dire da Vicki, mentre entrava nella stanza.
“Ciao ragazzi!”, li salutò, evitando di chiedere qualcosa su ciò che aveva sentito di sfuggita.
I tre si girarono di colpo e Jared impallidì nel vederla. In pochi secondi lui tornò normale, scuotendo la testa, frenetico, mentre i coniugi Milicevic continuavano a stare zitti.
“Ho interrotto qualcosa?”, chiese innervosita. Prima Shannon e ora loro… ma che avevano tutti?!
“No, tranquilla. Parlavamo di… di cose inutili”, cercò di scusarsi Vicki, provando a non dire nulla.
“Ma Shannon?”, cambiò discorso Tomo, grattandosi nervosamente la testa e guardando la moglie.
“E’ andato di sopra, non so perché… ma che stavate dicendo di così  inutile?”, cominciò a domandare, mentre Jared finse di dover andare a prendere qualcosa.
“Chi? Cosa? Niente, bellezza! Hai visto il mio… non te lo so spiegare… meglio che vada a cercarlo, non credi?”, disse infatti il cantante, gesticolando parecchio.
“Jared… stai bene?”.
“Io? Sì, certo, ovvio, assolutamente!”, borbottò lui, cercando sempre di svignarsela. “Perché non dovrei?”.
“Stavate parlando di qualcosa che non posso sapere, per caso?”, si fece curiosa Emma, mentre Jared di grattava il collo, nervoso come il chitarrista.
“No, stanno solo spettegolando su quella strafiga di Ash Connor!”, arrivò Shannon, tranquillissimo, mentre Jared lo si fermava e lo guardava come se stesse per svenire.
E lui come era comparso di nuovo?
“Di chi?”, si irritò Emma fino al limite concesso, sentendo quell’aggettivo detto in modo fin troppo malizioso per i suoi gusti.
“Una maestra dell’asilo in cui ci hai consigliato di portare Devon. Ottima scelta, direi”, disse lui, per farla ancora più ingelosire. Ti brucia, eh?, pensò sorridendo. Okay, non gli piaceva vederla star male, ma non poteva subire sempre e solo lui. “Lei è una bionda tutta gambe e sorrisi, molto attraente. In più una sua collega spagnola… Nat credo che si chiami, no? Ecco… molto carina, sì!”.
“Molto carina…”, ripeté sottovoce la segretaria, cominciando a tremare con le mani.
“Sì. Vero, Jared?”, chiese al fratello, che si era calmato un po’, ma non del tutto.
“Sì, Shannon ha ragione. Molto… molto carina, sì”, commentò frenetico, tornando vicino a Vicki, che guardava malissimo Shannon. Lei sapeva della loro storia, in realtà Emma le aveva sempre detto tutto senza che Shannon lo venisse a sapere, e conosceva anche la situazione negli ultimi tempo.
Pensava che una scena del genere non sarebbe servita a niente e infatti non lo fece continuare.
“Smettila di fare il coglione, Shannon”, lo ammonì, mentre Tomo la guardava stranito. Mai aveva parlato in tono così autorevole ai suoi amici.
“Perché?! Ora non posso nemmeno dire che delle ragazze sono davvero molto belle? Cosa… chi me lo impedisce, Vicki?”, domandò lui.
“Chi è questa Ash?”, continuò a interrogarlo Emma, lasciando perdere la ramanzina di Vicki.
“Nessuno, Emma… nessuno”, intervenne Jared. “Solo una ragazza che tiene Devon. Perché ti preoccupi? Non è mica un… mostro”.
Si maledisse mentalmente per l’ultima parola, sapendo in qualche modo che di certo Ash non era normale, ma almeno Emma parve rinsavire.
“Sì… perché dovrebbe importarmi in fondo?”, disse lei, non staccando gli occhi da Shannon da quando quella scena sconclusionata era iniziata.
“Emma…”, cercò di parlare Vicki.
“Vicki! Ero venuta proprio per te, in realtà. Volevo chiederti come andasse all’asilo, ma a quanto pare va tutto alla grande, no?”, chiese la bionda, andandosi a sedere vicino all’altra ragazza, provando a evitare lo sguardo del batterista.
“Sì, abbastanza… normale”, generalizzò la moretta, sorridendole, mentre Jared prendeva il braccio di Shannon per portarlo via.
“Scusate, mi sa che Jared ha avuto un’idea per una canzone… meglio andare a sentire cos’ha da dire”, si dileguò anche Tomo, lasciandole parlare da sole, senza che Vicki dicesse nulla.
Intanto lui andò a cercare dove fossero finiti quei maledetti fratelli, prima che ne combinassero una delle loro.
Infatti li trovò in cucina, con Shannon appoggiato al muro e con la gamba piegata, che non ascoltava una parola di suo fratello, che invece era davanti a lui e gli stata facendo una solita paternale.
“Ma che cazzo fai?!”, urlava Jared quando Tomo entrò nella stanza.
“Che problemi hai, Jared? Non le ho mica detto tutti i filmini mentali che ci stiamo facendo, le ho solo detto che Ash è carina… e non mi sembra proprio che tu sia in disaccordo con la mia teoria”, spiegava Shannon, dando ancora più sui nervi a Jared.
Il cantante sbuffò e si girò verso il chitarrista. “Salvami, Tomo, e digli tu qualcosa”.
Tomo ridacchiò. Sembrava che Shannon fosse il bambino cattivo e lui e Jared i genitori che dovevano assegnare la giusta punizione.
“Shannon posso farti solo una domanda?”, chiese Tomo, per poi veder Shan fare un gesto con le mani, come per dargli via libera. “Perché sembrava che volessi far ingelosire Emma?”.
Lui si fermò, guardò il croato come se non avesse capito la domanda e poi sbuffò. Non aveva alternativa, ormai doveva parlarne con la sua piccola famiglia.
“Ok, vediamo di sputare il rospo”, rispose per poi invitare i due compagni di band attorno al tavolo e cominciare a raccontare.
 
Nello stesso istante, in un mondo nascosto alla band, lungo gli antichi corridoi dell’Esis, Ash Connor stava camminando tranquilla, guardandosi in giro. Quel posto era stato ristrutturato perfettamente ed era diventato molto più moderno dall’ultima volta in cui lei ci aveva messo piede, prima che questa catena di disgrazie cominciasse a crearsi.
L’avevano anche ampliato parecchio e la nuova ala era stata completamente rimodernata, ma non le era stato concesso l’ingresso di quella parte. Lì ci stavano i tecnici e tutti gli uffici dei più fidati agenti, come Sorrow.
Era lì da troppo e ormai doveva soccombere la voglia di tornare a casa con altro, per non impazzire. Quella mattina era andata ad allenarsi, sotto invito di Edmund, sempre in caso di difesa se Lui sarebbe venuto a farle una visitina.
Era riuscita ad evitare la predica del ragazzo sui mille e uno pericoli che poteva passare a casa e l’aveva battuto pure qualche volta, specialmente per fargli vedere che se la poteva cavare benissimo anche da sola, a casa sua.
Invece al pomeriggio decise semplicemente di farsi un giro nella vecchia parte di quel rifugio tanto agonizzato da bambina. Ricordava parecchi corridoi dove da piccola scappava per evitare le riunioni dei grandi, oppure per seminare gli agenti che volevano interrogarla su quello che le era capitato.
Era così strano ripercorrerli quasi con calma e con molti anni in più.
“Ma chi si vede!”, la sorprese Zoe, trovandosela di fianco con passo felpato, anche se aveva una montagna di libri tra le braccia. Ash fece non poca fatica a riconoscerla, visto che i volumi le coprivano quasi tutta la testa: sbucavano solo gli occhi e la fronte, coperta dai capelli.
“Io però non ti vedo”, sorrise la bionda, facendo ironia e spostandosi ai lati di Zoe per riuscire ad inquadrarla meglio.
Zoe scoppiò a ridere, rischiando di far cadere qualche libro, ma riuscì a riprendere tutto in fretta.
“Dove te ne vai?”, continuò la bionda, curiosa di tutti quei libri.
“In biblioteca; devo fare una ricerca su un piccolo caso… ti va di darmi una mano a portarli?”, chiese Zoe, mentre Ash annuiva. Aveva sempre amato i libri e i tomi antichi l’avevano affascinata dai tempi della scuola. “Almeno riesco a vedere dove vado!”.
Ma Ash non sentì la battuta di Zoe; era completamente persa nel suo primo giorno di scuola da infiltrata.
 
Camminava saltellando come ogni bimba della sua età, cercando qualche coetaneo. Ma erano tutti più grandi in quella scuola, molto più grandi.
“Hey nana, ora ammettono anche i poppanti qua dentro?”, sentì qualcuno ridacchiare alle sue spalle, facendo scoppiare a ridere tutto il resto del suo stupido gruppo di amici.
I suoi capelli cominciarono a diventare viola.
“Non sono una poppante!”, rispose fermandosi, mettendo il broncio in faccia e guardandoli male.
“Uhuh, che paura! Una bimba con il potere di farsi tinte orribili ai capelli mi sta minacciando!”, disse sempre l’idiota, mentre una ragazza con i capelli corvini e corti lo abbracciava ridendo.
“Non mi conosci neanche”, disse Ash. “Non puoi giudicarmi”.
“Sei una nana, a me basta”, rimbeccò, facendo di nuovo ridere tutti, mentre Ash sprofondava, dentro di sé.
“Simon, faresti bene a startene zitto una volta tanto”, spuntò qualcuno da dietro di lei, mettendole una mano sulla spalla. Dapprima le venne un grande spavento, ma poi, vedendo che la difendeva, si sentì al sicuro.
“Oh, è arrivato Dean-l’eroe!”, disse la ragazza.
“Quinn, io fossi in te non scherzerei. Tua madre è molto amica della mia; non vorrei che venisse a conoscenza di certi aneddoti… piccanti, riguardo la sua piccola e innocente figliuola”, rispose il ragazzo, Dean a quanto pareva.
La ragazza di ammutolì e, tutti insieme, girarono i tacchi e se ne andarono, lasciando in pace la bimba.
“Nuova?”, si rivolse a lei il suo salvatore, accucciandosi sulle ginocchia per stare alla sua altezza.
Era davvero così piccola?
“Infiltrata”, sorrise Ash, quasi fiera del suo essere fuori dalla norma in quel posto. “Non vado ancora a lezione, ma so leggere e scrivere. Mi tengono qui perché non posso stare più a casa… Lui potrebbe farmi ancora male”.
“Lui?”, chiese di scatto, per poi capire chi potesse intendere quella bambina. “Aspetta… tu sei la piccola cugina di Jade Isabel Denver?”.
“Sì…”, sussurrò Ash, per poi abbassare lo sguardo e la testa. Sua cugina… quanti ricordi cominciarono a volare nella mente di quella bambina dai capelli d’oro.
“No, non piangere, piccola”, la abbracciò il ragazzo, senza che lei se lo aspettasse. Ma era da tanto che qualcuno l’abbracciava e in quel momento ne aveva davvero bisogno. Ringraziò mentalmente il suo salvatore, sperando che capisse. “Io comunque sono Dean, Dean Scott. Ti va se ti porto a vedere una cosa?”.
E Ash ovviamente annuì. Almeno aveva rimediato un amico.
 
Dean Scott. La sua prima cotta, ovviamente. Era una bambina e lui l’aveva salvata.
In realtà non era stata proprio una vera cotta, ma più una totale devozione per lui in conseguenza a ciò che aveva fatto. Era una bambina e reagiva come tale, non c’era nulla di strano.
Quel giorno, dopo averla calmata con una merenda presa nel refettorio dell’edificio, l’aveva portata nella biblioteca della scuola e le aveva fatto leggere i suoi libri scolastici dei primi anni per farle imparare qualche trucchetto.
Ma man mano che si trovavano, Ash cominciava a leggere volumi sempre più enormi, avanzando di anno in anno, e imparava sempre di più. Era insaziabile di sapere e non c’era giorno in cui non tentasse di sperimentare cose nuove.
Dean era esterrefatto e non capiva bene come potesse essere possibile, ma nemmeno Ash sapeva cosa fosse realmente, perciò non poteva rivelargli nulla.
Non era solito che una bambina della sua età riuscisse ad arrivare ad un certo livello, ma insieme decisero di non dire niente a nessuno: Ash si sentì  bene a tenere un segreto con Dean; era come avere un gruppo tutto suo senza che nessuno potesse rovinarlo e questo la faceva sentire bene.
Così cominciò la scuola e non ci fu giorno in cui Dean non le chiedesse che cosa aveva fatto.
 
“Ehy nana”, la chiamò il ragazzo, come per prenderla in giro. Okay, alla fine aveva capito che un gigante non era, ma ciò non implicava che potesse chiamarla così.
“Ehy idiota”, ribatté lei, con l’unica parolaccia che il suo cervello conosceva. Dean scoppiò a ridere.
“Eh sì, credo proprio che dopo questo insulto dovrò ritirarmi in camera e piangermi addosso dal dolore che mi hai causato”, disse lui, fingendo di mettersi a piangere. Poi si inginocchiò davanti a lei e le prese la mano. “Ash Connor… vorresti perdonarmi?”.
“No”, rispose pronta Ash, sorridendogli cattiva.
“Ok, allora oggi niente giro in biblioteca”, la minacciò lui, facendosi pensieroso. “Cavolo, proprio questo pomeriggio che volevo insegnarti questa nuova ma…”.
“Smettila, ti prego, va bene!”, si rassegnò lei. “Non dovresti mai minacciarmi con la biblioteca, sei ingiusto”.
“Dovrò pur difendermi dal tuo caratterino, sorellina”, la prese in giro Dean scompigliandole i capelli. Lei sorrise e lasciò che si divertisse; non le importava.
“Cosa devi insegnarmi?”, domandò lei, dopo qualche secondo. Era maledettamente curiosa.
“Niente di importante, ma lo sai che amo comunque farti attendere”, sorrise lui, quasi cattivo.
“E io odio aspettare e soprattutto odio le sorprese!”, cominciò Ash di nuovo per la milionesima volta.
“Bè allora non sarai felice… uh la campanella, guarda un po’! Ciao nana!”, la salutò, mentre lei lo guardava storto e…
“Bello il terreno, vero Scott?”, lo prese in giro guardandolo per terra. Oh sì, a volte un semplice sgambetto era meglio di qualsiasi trucchetto che Dean le insegnava.
“Ottimo lavoro, Connor”, cercò di dire lui, alzando il braccio e facendole l’okcon il dito.
 
Si era divertita così tanto in quegli anni, che per un attimo era come se potesse dimenticarsi di tutto l’orrore che aveva vissuto. In fondo era solo una bambina e avrebbe dovuto comportarsi da tale.
Dean le aveva offerto la possibilità di vivere anni come una semplice ragazza come tutte le altre in quella scuola, con i suoi libri e i suoi insegnamenti.
Ormai era diventato il suo migliore amico e ogni cosa che accadeva si sentiva in dovere di parlarne con lui.
Ma poi arrivò il giorno in cui Dean si diplomò… e lei rimase da sola in quella scuola fino al compimento dei diciotto anni.
Senza nessuno con cui parlare, con cui confidarsi, con cui divertirsi. Dopo che Dean se ne fu andato non ci fu più anima viva che si avvicinasse a lei e in poco tempo in dolore che si era dissolto grazie alla presenza del ragazzo tornò più forte di prima.
 
“Congratulazioni, Scott”, gli disse Ash, abbracciandolo da dietro e aggrappandosi a lui, come era solita fare da piccola.
Sentì la risata di Dean partirgli dal profondo del petto e le sue braccia provarono ad aiutarla a sistemarsi meglio sulla sua schiena.
“Grazie Connor”, rispose lui, cominciando a saltellare un po’ in giro, tanto per farle venire il mal di testa. Ash si aggrappò al suo collo, chiudendo gli occhi per evitare di stare male e gli graffiò la gola, per provare a fermarlo. “Ok, ok. Tranquilla, oggi è un giorno di festa, non ti farò star male”.
In un secondo, Ash mollò la presa e scivolò giù dalla schiena di Dean, senza dire una parola e abbassando gli occhi. Il pavimento era diventato davvero molto interessante. Marrone, in legno, un pochino consumato e abbasta…
“Ash”, la chiamò il suo amico, con tono confidente. Sapeva che era il momento del discorso sarò via, ma andrà tutto bene, ok?che l’avrebbe distrutta. Avrebbe preferito svegliarsi un giorno e sapere che se n’era andato invece di parlare di addii e vederlo scappare via.
Un taglio netto sarebbe stato decisamente meglio.
“No, Dean hai ragione”, si voltò lei, mostrandogli il viso rigato di lacrime. In fretta e furia si passò il braccio sugli occhi per spazzarle via e ritornò a guardarlo. “E’ un giorno di festa e dovresti festeggiare. Quindi è meglio che vada, no?”.
“Sai che ti voglio qui con me: sei la mia migliore amica, o una sorta di piccola sorella… comunque sai che ti voglio un bene dell’anima”, cominciò lui, prendendola per un braccio e spingendola in un angolo per poterle parlare senza che gli altri sentissero. “Ash, so che cosa hai passato e ho cercato con tutto me stesso di farti più provare quel dolore.
“E non l’ho fatto per pietà o per diventare il famoso consolatore dell’unica superstite di quell’assassino… ma perché quando ti ho difesa quel giorno ho visto dentro di te una forza di vivere che mai avrei aspettato di trovare in una bambina con un passato così orribile.
“Sono tuo amico perché meriti di averne uno e sono felice di esserlo stato, di averti insegnato tutte quelle cose, di esserti stato di aiuto e conforto. Sul serio”, finì il discorso appena una lacrima di Ash toccò il suo braccio.
“E ora te ne andrai, lasciandomi in balia di tutti questi stupidi studenti presuntuosi”, concluse la biondina.
“Sai che non vorrei, sai quanto vorrei rimanere. E io ci sarò sempre, lo sai. Anche se non esattamente come ora, sarò vicino a te e andrà tutto bene”, l’abbracciò.
La stessa frase d’addio di tutte le scene d’addio di ogni santa storia in cui c’è un addio.
Ash odiava queste situazioni.
 
“Ash?”, la richiamò alla realtà Zoe, che leggeva attentamente uno di quei grandissimi tomi storici che si era portata in biblioteca.
La bionda scosse il capo e la guardò attenta, tentando di distruggere quei ricordi per l’ennesima volta.
“Sì, dimmi, Zoe”, le rispose con un sorriso di scuse, mentre Zoe ricambiò sincera, sfogliando il libro. Aveva le pagine tutte consumate dal tempo…
“Come hai detto che si chiama quel ragazzo?”, chiese l’agente senza staccare gli occhi dalle parole d’inchiostro.
“Chi? L’uomo che era passato prima che Edmund arrivasse all’asilo la prima volta?”, chiese spiegazioni. Zoe annuì solamente, troppo presa dalla storia che leggeva per rispondere. “Jared Leto… perché?”.
“Oh, interessante”, sorrise Zoe, girando il libro per farlo leggere ad Ash, indicando con l’indice perfettamente smaltato una particolare frase, la quale stupì la bionda oltre ogni immaginazione. “Si da il caso che abbiamo un Leto abbastanza importante anche nella nostra civiltà”.
Non ci poteva credere. Non poteva essere reale. Non poteva esssere…
Lui.

....
Note dell'Autrice:
ed eccoci qui, gente mia cara... come va? piaciuto il capitolo?
Allora vediamo di dire un pò di cose: 1. Sorrow... si è stronza e sappiate che non la smetterà presto, ma saprete amare anche lei prima o poi, fidatevi. 
2. Emma... ho sempre pensato che tra Emma e Shan ci fosse qualcosa. Non so perchè, ma ho questa sensazione. Però credo anche che da veri fidanzati non reggerebbero un mito... come infatti qui è successo.
3.Dean... Bè Dean è Dean! *sparge amore per Dean*... è uno dei miei preferiti, anche solo perchè è l'ancora di salvezza di Ash e,... poi vedrete! 
4. Leto. Mmmmm, Leto Leto Leto. Chi sarà mai il loro Leto?! *tan tan ta.. TA!*

Ok, me ne vado.
Alla prossima! Un grosso abbraccio, Ronnie02
   
 
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