Ciò che è davvero importante
per me.
Capitolo 1:Una nuova città.
Il
viaggio durò diverse ore, tra la nave e la
macchina, ma quando finalmente fui in Francia vidi la bellezza dei
paesaggi
colmare in parte la nostalgia di casa. Quando fummo finalmente davanti
al
nostro nuovo appartamento fui ammaliata da quella visione.
C’era
una costruzione di circa 5 piani, che si
ergeva in mezzo a un enorme giardino con piscina sul retro e panchine
sul
davanti, che davano tutta l’aria di un luogo tranquillo per
potersi riposare
sotto l’ombra di un enorme acero.
La
palazzina era tutta fatta in mattoni rossi
con una grande veranda in legno tinteggiato di bianco
all’entrata. Mi guardai
attorno e vidi che tutte le case avevano un qualcosa che lo faceva
sembrare un
posto fantastico, i bambini che giocavano in mezzo alla strada con il
pallone e
con la corda e quelli più grandetti che giravano in
bicicletta per la via. Non
sembrava che stessimo nello stesso mondo dove c’erano
già i bambini che
possedevano telefonini super-fighi, computer solo per loro o
addirittura degli
i-pad, mi sembrò di essere tornata bambina e guardando mio
fratellino non
apprezzare queste meraviglie mi ricordai di quanto era diversa la vita
in
Italia.
Ci
avvicinammo tutti insieme alla porticina
bianca dell’abitazione e bussammo, venne ad aprirci una
signora alta e molto
affascinante, aveva dei capelli mossi di un nero corvino raccolti
in e
aveva gli occhi color miele, appena la vidi capii che era una che ama
tenersi
bene, indossava un vestito molto elegante nero che non lasciava
trapelare altro
che un gran gusto estetico, ci porse la mano e strinse con una
delicatezza
disumana la mano di ognuno di noi.
<<
Voi dovete essere la famiglia Degani,
giusto?>> ci chiese con un accento splendidamente
francese ed elegantissimo
che era il più adatto alla sua figura.
<<
Mi vorrete scusare, la padrona di
casa non c’è e mi ha chiesto di fare le sue veci.
Mi chiamo Maureen Marsalis, e
vivo al terzo piano insieme a mio marito, Mattias Rolland, che adesso
è a
lavoro, e i miei due figli maschi Gianluca e Andrea. Se prendete i
vostri
bagagli vi mostro il vostro appartamento.>>
Tirammo
quindi fuori dalla macchina le nostre
valigie e le portammo all’interno, arrivati al quarto piano
potemmo finalmente
ammirare la nostra nuova casa, inutile dirvi che restammo stupiti al
quanto
quando notammo che la finestra del salone che era in realtà
un enorme vetrata
dava proprio su un carinissimo laghetto che si scorgeva al di
là di qualche
albero di nespole posto poco più in la del retro del
giardino. Decidemmo le
camere e quando fu tutto sistemato, cenai presto e decisi di andare a
letto
presto in quanto ero stremata per il viaggio e in più
l’indomani avrei voluto
fare un giro per la città prima dell’inizio delle
lezioni al Liceo.
Quando
mi svegliai mi preparai con tutta
calma, per l’ansia e l’emozione mi ero svegliata
che erano ancora le 5 del
mattino. Quindi entrai in doccia e ci persi una buona mezzoretta per
gustarmi
meglio il tepore di un dolce risveglio, dopo di che ero piena di
energia e mi
preparai al meglio per uscire, scrissi prima di uscire un biglietto
avvisando i
miei genitori che ero uscita per visitare la città e quindi
chiusi la porta
dell’appartamento e scesi le scale silenziosamente, ma
arrivando al
pianerottolo del terzo piano vidi un ragazzo dai capelli con sfumature
che
variavano dall’argento al nero sulle punte. Mi bloccai di
colpo e sentii un
lieve stridio provocato dalle mie scarpe, lui si girò e mi
vide, mi si avvicinò
e prendendomi per un polso e tirandomi leggermente mi intimò
a fare silenzio e
a seguirlo. Arrivammo fuori e guardandosi intorno…
<<
Che ci fai in piedi a
quest’ora?>> mi chiese un po’
irritato.
<
<<
Ah, tu devi far parte della famiglia
italiana che è venuta qui ad abitare, mi scuso per
l’arroganza di cui ho fatto
uso poco fa. Piacere, io sono Andrea.>> mi tese la mano e
come si
avvicinò vidi finalmente i suoi occhi di due colori diversi
il destro color
miele e il sinistro verde smeraldo, mi resi finalmente conto di quanto
fosse
bello il ragazzo che avevo davanti.
<<
Mi chiamo Dana, piacere.>> e
gli strinsi la mano.
<<
Allora Dana, dicevi che volevi fare
un giro per la città giusto?! Visto che ormai ho perso
l’ispirazione per
scrivere se vuoi ti faccio un po’ da guida, almeno per quel
poco che ti
necessiterà per ora, ti va?>>
<
Mi
mostrò i luoghi che mi sarebbero stati
necessari, il negozio dove doveva lavorare mia madre, che scoprii
essere il
negozio del fratello di Andrea, il negozio di gioielli dove doveva
lavorare mio
padre, un bazar vicino alla scuola e infine mi accompagnò a
scuola, scoprii
quindi che anche lui frequentava quella scuola. Erano ancora le 7 e 30
quando
ci trovammo davanti al cancello chiuso e decidemmo di aspettare in una
panchina
lì davanti chiacchierando un po’, per quanto fosse
possibile visto il naturale
mutismo misterioso che circondava Andrea quando tentavo di chiedergli
qualcosa
in più su di lui.