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Autore: Garfield    05/03/2013    3 recensioni
(Storia in revisione)
Genere: Commedia, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cap 25

Cap. 25 –  Aurora



« È tutto pronto! »

 
L’urletto isterico di Riccardo mi farebbe perlomeno sorridere se ci trovassimo in un’altra situazione, ma qui, in questo momento, mi fa rabbrividire.
Il ragazzo sembra felice, sul suo viso vi è disegnato un sorriso di pura gioia, gli occhi luccicano e danno l’impressione di essere umidi. Sembra un bambino la mattina di Natale, peccato che a lui i balocchi interessino decisamente meno dei demoni sanguinari.
Sono terrorizzata. Il mio timore cresce in maniera direttamente proporzionale alla sua radiosità.

È pazzo. È decisamente, inconfutabilmente, irrimediabilmente fuori di testa!

Si volta verso di me, sempre sorridendo, e mi fa un occhiolino complice.
Io odio gli occhiolini, non capisco mai cosa le persone mi vogliano comunicare con quel dannato tic! Se poi a rivolgermi simili gesti è un pazzo come Riccardo, allora non so proprio che pesci prendere. Non mi muovo, rimango immobile a fissarlo con quella che spero sia un’espressione neutra, anche se forse potrebbe accorgersi del tremore delle mie mani.

« È giunta l’ora ragazza… »

Il suo tono commosso non promette bene. Nemmeno la frase suona bene, in realtà. Lo fisso senza capire, ma lui rimane lì, imbambolato, con quella espressione contenta sul viso. 
Nei film spesso capita di sentire il cattivo che dice all’eroe “è giunta la tua ora” e, di solito, segue il grande combattimento finale tra i due. Peccato che io non sia una maledetta eroina e che Riccardo abbia dalla sua parte un brutto e cattivissimo demone.
Alzo lo sguardo sulla creatura che si trova alle spalle del mio nemico, cercando di capire quanto la situazione possa aggravarsi per me in caso di scontro, e mi rendo conto fin troppo facilmente della mia inferiorità.
Devo ammettere che almeno il demone è più carino dei precedenti, col suo aspetto umanoide. Inoltre… Non puzza!
Le forme del corpo e le proporzioni degli arti sono umane, senza alcun dubbio. Il viso ha tratti troppo spigolosi per passare del tutto inosservato, ma almeno non mette paura. L’unica caratteristica che lo identifica ufficialmente come “demone” è la pelle azzurra. Che poi esistano persone con quel particolare colore della pelle ed io sia ignorante in materia è possibile, ma non credo che il genere umano abbia mai avuto appartenenti che potessero vantare una pelle “color Puffo” in passato.
A vederlo, in effetti, non sembra così cattivo, però i segni rossi che ho sulle braccia dimostrano il contrario. Mi ha trascinato di peso, con forza, contro la mia volontà, quando Riccardo  gli ha ordinato di portarmi in quel capannone.

 « Hai sentito quello che ti ho detto ragazzina? Non farmi perdere tempo… »

 Sono riuscita a far inclinare lo smagliante sorriso del ragazzo senza neanche accorgermene. Il biondino che ho davanti sembra sempre meno contento e gli occhi non gli luccicano più, anzi, sembrano volermi fulminare. Non so se esserne contenta o meno.

 « Emmhh… Si. C-cosa vuoi? » Alla sua occhiata raggelante mi correggo, leggermente terrorizzata. « Cosa devo fare? »

 Riccardo sembra gradire la domanda e torna a sorridere.

 È proprio un pazzo psicopatico!

 Fa un cenno col capo in direzione del pavimento di fronte a noi ed io seguo il suo sguardo in cerca di risposte.

Per terra lo stregone ha disegnato un ampio cerchio, che arriva quasi a toccare le pareti del capannone sui suoi due lati più lunghi. Una serie di simboli e scritte incomprensibili sono disposte lungo tutta la circonferenza, sia all’interno che all’esterno e, nel centro, ci sono altre scritte in quella lingua sconosciuta. Ho provato a capirci qualcosa nella remota speranza di alterare il suo piano e costringerlo a perdere tempo, ma potrebbe essere ostrogoto per quanto mi riguarda. Inoltre il demone è stato caldamente raccomandato di tenermi nell’angolo più lontano e di non permettermi neanche un passo avanti durante tutta l’operazione.

 « È tutto pronto… » E mi porge un coltello.

Non posso fare altro che guardare l’oggetto con gli occhi spalancati. Naturalmente ho già avuto occasione di vedere e prendere in mano vari coltelli e questo non sembra più pericoloso di altri. Il punto è che non credo di doverci tagliare la verdura questa volta. La lama sottile e piatta non è più lunga di una ventina di centimetri, anche se non c’è una netta divisione tra questa e il manico. L’impugnatura, anch’essa non tanto grossa o lunga, non è rivestita da altro che incisioni di strani simboli.  

 « Serve il tuo sangue. » Lo dice con lo stesso tono che le persone normali usano per parlare del tempo. « Fai tu oppure ordino al mio demone di… ? » Compie un movimento stranamente lento, sembra sia sul punto di voltarsi e porgere il coltello alla creatura che gli guarda le spalle.

 « FACCIO IO! » Mi affretto a prendere il coltello dalle sue mani e, per un attimo, penso a come sarebbe semplice piantaglielo nel petto. Inorridisco all’istante. 

È come me. È un essere umano, con il cervello fuso, ma…

Non potrei mai fare una cosa del genere, nemmeno se ne andasse della mia stessa vita, non riuscirei mai ad ucciderlo. Non posso e basta.

Appena il manico d’acciaio dell’arma entra in contatto con la pelle della mia mano sento un prurito strano sul palmo, una scarica di elettricità mi corre lungo la colonna vertebrale e dentro la mia testa scoppia un coro di grida  e pianti disperati. Lascio andare l’oggetto all’istante e questo cade scompostamente e rumorosamente a terra, toccando il suolo prima con un alternarsi delle estremità per poi rimanere immobile sul pavimento
Tuttavia le grida non si quietano ed i pianti si fanno ancora più inconsolabili e tetri. Mi porto le mani alle orecchie, ma non ottengo nulla, con orrore mi rendo conto che quello che sento non viene dall’esterno, ma è già nella mia testa.
Grido anche io, ma non riconosco la mia voce, poiché dalle mie labbra esce un suono fievole e angosciato. Le mani ora si chiudono a pugni sul mio capo e tirano i capelli che sono rimasti imprigionati tra le dita, ma neanche il dolore fisico riesce a zittire quelle voci. Mi riduco in ginocchio, tremante.

La voce di Riccardo penetra lo strato di angoscia e dolore, sorpassa il rumore della disperazione e mi entra nel cervello con facilità nonostante lo stato in cui mi trovo.

 « Vecchi ricordi… » Il suo tono è divertito, sadico. « Chi viene ferito da questo tipo di oggetti non ne esce quasi mai indenne… Ritieniti fortunata a non aver riportato danni mentali o fisici quando ti usarono da piccola per l’altra evocazione… » Risata macabra.  « Le senti, vero? Queste grida, questi pianti… Sono i residui della memoria del coltello, le grida e il dolore delle vittime di tutti i riti svolti in passato con questo stesso oggetto. »

 Riccardo continua a borbottare cose assurde, mentre io mi tengo la testa tra le mani, cercando di respirare regolarmente nonostante le grida mi mozzino il fiato in gola.

 « Anche se eri la più piccola tra i bambini innocenti scelti per il sacrificio riuscisti a sopravvivere, non è strana la sorte? Il destino… Che cosa bizzarra… »

 Lo sento ciarlare e ridere, ma non riesco a concentrarmi sulle sue parole nonostante esse mi risultino chiare, poiché il mio corpo è scosso da tremori involontari e l’aria arriva razionata ai polmoni.

 « T-t… T-tu sei… Pa… zzo… »

Questa volta mi rendo conto con lucidità della sua risata e mi accorgo che vi è una nota triste che stona con l’idea che mi sono fatta di lui. Poggio le mani a terra, per sorreggermi, ho paura di essere sul punto di svenire da un momento all’altro.

Le parole che seguono sono poco più di che un mormorio, eppure io le capisco benissimo, molto meglio di quanto io sia riuscita a seguire i suoi precedenti svarioni.

 « Sai ragazzina, non tutti possiamo uscire indenni dalla maledizione di questo coltello come è successo a te… »

 Mi rendo conto che questa frase implica qualcosa, ma proprio non riesco a ragionare con quei pianti distrutti e quegli strilli che mi rimbombano nel cranio.
Alzo gli occhi imploranti da terra per puntarli su di lui, ma Riccardo sfugge il mio sguardo. Con il piede da un piccolo calcio al pugnale che scivola sul pavimento e rimane proprio accanto alle mie mani.

 « Per far smettere tutto questo devi solo tagliarti di nuovo e lasciarmi portare a termine l’evocazione. Prendi il coltello e… »

 Un grido più straziante dei precedenti mi trafigge il cervello ed un gemito di dolore mi sfugge dalle labbra. Chiudo gli occhi e stringo i denti. Non mi rendo nemmeno conto delle mie azioni finché quelle grida e quei lamenti non cessano, all’improvviso, così come sono venuti. Quando riapro gli occhi mi ritrovo con il pugnale macchiato da un denso liquido rosso nella mano destra e del sangue sull’altra mano, dove un taglio superficiale brucia sul palmo.
Lancio il coltello lontano da me e quello finisce sul pavimento, all’interno del cerchio disegnato per terra per l’evocazione. Il demone corre a riprenderlo e lo riporta a Riccardo come un fedele cagnolino da compagnia.
Mi accascio a terra, cercando di riprendere fiato.

Riccardo non fa più caso a me, mi da le spalle e si provoca da solo un piccolo taglio sul braccio, in modo che il mio sangue ed il suo diventino un’unica macchia rossa, poi inizia a borbottare frasi sconnesse in una lingua che non conosco.

Mi limito a trascinarmi nell’angolo più lontano, mi sento talmente debole e spossata che a malapena riesco a strisciare, non mi resta altro da fare che rimanere a guardare.




Dopo una mezz’ora buona di abracadabra di vario genere ancora non è successo nulla. Riccardo sembra contrariato, il demone è impassibile come al solito, io sento rinascere la speranza.

Possibile che tutta questa pagliacciata sia stata una farsa? Che il ragazzo abbia preso un granchio?

Intanto Riccardo tira fuori dal nulla un librone dall’aspetto antico ed inizia a sfogliarlo velocemente, con gesti nervosi. Le pagine giallognole del volume sembrano sul punto di rompersi sotto quel violento attacco e dopo un paio di minuti di ricerca il biondo richiude il libro e lo lancia con poca delicatezza dall’altra parte della stanza. Inizia ad imprecare e bestemmiare, sfortunatamente non usa linguaggi strani, ma paroline che conosco bene e che non sono poi così gentili nei confronti di un eventuale padre spirituale.
Poi, all’improvviso sembra avere un’illuminazione!
Il suo volto, prima cupo, si rasserena e spunta anche un sorrisino all’angolo della bocca. Non credo affatto che sia una cosa positiva, dal mio punto di vista.
Manda il demone a recuperare il libro e dopo averlo riavuto inizia a sfogliarlo freneticamente fino ad una pagina centrale. Mi raddrizzo leggermente, giusto per vedere se riesco a sbirciare cosa c’è scritto, ma non vedo nulla se non due facciate bianche, non scorgo nessuna parola o simbolo.
Riccardo inizia una nuova sequenza di bididibodidibu in quella che immagino sia una lingua morta da secoli e termina allargando le braccia e alzandole verso il cielo, come un ginnasta alla fine della sua esibizione.



 

Ormai non so più se ridere o piangere per la situazione in cui mi trovo.
Alla fine, dopo diversi minuti di immobilità generale, scoppio a ridere. Una risata nervosa, dovuta alla paura, alla rabbia, all'impotenza e, sicuramente, anche alla posa ridicola in cui Riccardo è rimasto per tutto il tempo.
Il biondo si gira, il viso tirato in una maschera di delusione e rabbia, e sembra intenzionato a uccidermi con gli occhi, ma io continuo a ridacchiare indifferente. Sono ore che mi sento sul punto di lasciarci le penne, di certo non mi inquieta un’occhiataccia.

Proprio quando ormai anche Riccardo si è rassegnato al fallimento, il cerchio disegnato per terra inizia a brillare, diventando sempre più luminoso. La terra trema. Il cuore mi salta in gola. Nell’aria inizia a diffondersi un rumore prima basso poi sempre più forte.
Una lunga crepa si apre nel pavimento, sembra davvero uno di quei portali demoniaci che si vedono nei film. Non è mai stato un mio desiderio trovarmi vicina ad una cosa simile…

Io strillo, inutile negarlo, come una ragazzina terrorizzata e mi appiattisco contro il muro più lontano. Riccardo si volta verso la crepa dell’altro mondo e sorride soddisfatto ed entusiasta.

« Siiii. IO! IO HO FATTO QUESTO… GUARD… »

Si sente solo uno splash e si vede appena un po’ di sangue schizzare in aria, niente di eclatante rispetto a certe immagini dei videogiochi, eppure sono certa che questo tormenterà le mie notti con incubi terribili per i prossimi anni a venire.

Un enorme mano rugosa e callosa, con sole tre tozze dita, di uno squallido verde fogna spunta dal buco ad una velocità impressionante e, prima ancora che Riccardo possa finire la frase, lo spiaccica al suolo.
Un attimo prima Riccardo c’è, quello dopo non più. Solo un bel po’ di sangue e una poltiglia informe di ossa e carne.

Distolgo lo sguardo all’istante, ma ormai l’immagine è impressa a fuoco nella mia memoria e, voltandomi appena di lato, vomito bile, perché nel mio stomaco non c’è molto altro.





« Aurora! » Un grido lontano mi risveglia dal mio stato di semi-incoscienza, la voce più che le parole mi riportano a galla.
Annaspo in cerca d’aria, la testa gira, in bocca ancora il sapore orrendo di sangue e vomito e negli occhi ancora quella scena.

 « Rispondimi Aurora! » 

Mi ritrovo il viso di Giacomo di fronte agli occhi. I riccioli castani gli coprono la fronte in una massa disordinata, amo i suoi capelli, sono così soffici e morbidi… I suoi occhi dorati brillano di felicità, spero sia contento di vedermi almeno la metà di come lo sono io. Sorrido intontita.

È arrivato a salvarmi… Come un vero principe azzurro… Voglio saltargli al collo e baciarlo!

Un schiaffo mi colpisce con forza la guancia. La testa sembra sul punto di girare su se stessa ed il dolore è assurdamente acuto.

MA CHE…??!  AIH!

Rimango per un attimo perplessa. Mi rendo conto lentamente che Giacomo mi ha appena picchiato. 

Vuole uccidermi anche lui adesso?! Aih... Aih...

Porto una mano alla guancia dolorante e gli lancio uno sguardo a metà tra il rabbioso ed il sorpreso.

« Ma sei diventato scemo?! » Il punto dove mi è arrivato il colpo pulsa e sento la pelle bruciare.

Giacomo non risponde, avvolge invece il mio corpo tra le sue braccia, stringendomi con forza. Stritolandomi. 
Mi lamento con l’ultimo fiato che mi rimane, la sua presa da boa constrictor mi rende impossibile persino il normale respiro. « Aih… »
Non ho mai creduto alla storia della “forza superiore di noi distruttori”, ma forse ho sottovalutato la cosa... Sinceramente nessuno era mai riuscito a schiacciarmi la cassa toracica in questo modo con un abbraccio!
Lui, da bravo decerebrato, non capisce che mi sta uccidendo e rafforza la presa immergendo il viso tra i miei capelli e sussurrandomi nell’orecchio destro una litania pentita.

« Scusa, scusa, scusa… »

Credo di essere diventata paonazza. Quanto può essere imbecille questo ragazzo?
Quasi perdo la sensibilità alle braccia, sono rimaste attaccate al busto, risentono particolarmente della presa forte del ragazzo.

« Hei fratellino, non credi che anche lei abbia bisogno di respirare una volta ogni tanto…? »

Sia benedetta quella voce… Mi sembra di conoscerla, ma non ci faccio caso. Nel mio campo visivo rientra solo il mio Distruttore di demoni preferito. Anche se in questo momento vorrei picchiarlo.

Giacomo non mi libera completamente, ma almeno smette di stringermi con forza ed io riesco a respirare nuovamente. Le mie costole protestano per il dolore e chiedono vendetta, ma appena incrocio lo sguardo di Giacomo qualsiasi spirito bellicoso viene meno e mi limito a liberare le braccia dalla sua presa di ferro per poi gettargliele al collo. Scoppio a piangere sul suo petto, come una bimba piccola e lui mi solleva di peso e mi stringe a sé con più delicatezza questa volta.
Mentre rivivo ancora l’orrore provato e continuo a singhiozzare su Giacomo, lui mi accarezza la schiena e mi sussurra parole senza senso.




Quando mi riprendo noto alle spalle del mio Distruttore Alessandra, in piedi, con le sue due spade tra le mani. Mi sorride ed io cerco di ricambiare con tutta la mia gratitudine.
All’improvviso sento Giacomo irrigidirsi.

« Portala fuori di qui. Ora. »

La voce allarmata di Alessandra mi arriva alle orecchie, ma non faccio in tempo a voltarmi per guardare cosa sta accadendo che Giacomo mi spinge la testa contro il suo petto e mi trascina via di peso. Non riusciamo però ad allontanarci di tanto e Giacomo si ferma con un sospiro rassegnato quando si accorge che ormai è troppo tardi. Sento delle voci sconosciute dietro di me.

« Ale! Giacomo! »

« Cosa è successo qui? »

« Chi è quella ragazza? »

Mi volto leggermente, per quanto mi è permesso da Giacomo. Il Distruttore continua a tenermi stretta, in un chiaro atteggiamento protettivo.




Diversi uomini sono entrati nel capannone, indossano gli stessi indumenti di Giacomo e della sorella, ne deduco che siano  Distruttori e, in teoria, dalla nostra parte.

Uno, il più giovane, che si è posizionato leggermente in disparte rispetto al gruppo, ha l’aspetto familiare. I tratti del viso sono molto simili a quelli di Alessandra, solo poco più spigolosi. Li collego immediatamente l’uno all’altro tanta è la somiglianza tra i due. Anche lui ha infatti i capelli castani, corti ma con leggeri boccoli appena accennati, e gli occhi azzurri. Il fisico sottile e slanciato del gemello di Alessandra e diverso da quello più massiccio e muscoloso di Giacomo, ma riesco chiaramente a vedere alcune somiglianze anche tra i due fratelli.
Il Distruttore coglie il mio sguardo e mi fa un cenno con il capo, io ne accenno appena uno per ricambiare, il sorriso sulle sue labbra è un po’ forzato. 

 
Mentre il mio sguardo passa in rassegna gli altri uomini in cerca di informazioni mi accorgo che uno di loro, posto in prima fila, mi scruta con particolare interesse.
L’uomo è piuttosto inquietante già di suo, con quel viso butterato e quegli occhietti piccoli e neri, ma circondato da tutti quegli scagnozzi mette proprio ansia. Reprimo un brivido ed abbasso lo sguardo. 

Noto solo in quel momento che sul pavimento non vi è più alcuna traccia dell’enorme fenditura che era apparsa e da cui era fuoriuscita la mano di quel demone enorme, sono rimasti solo i cerchi disegnati da Riccardo e tutte quelle bizzarre parole senza senso. Al ricordo di Riccardo faccio per voltarmi istintivamente dove so di trovare la poltiglia di carne ossa e sangue, ma Giacomo, che si accorge del mio gesto, si sposta velocemente tra me e quello scempio impedendomi di guardare.

Alzo lo sguardo e incrocio i suoi occhi.
Qualcosa è cambiato nel suo sguardo, vi trovo più felicità, tenerezza e apprensione. Sembra che si sia spaventato parecchio per quello che mi è successo e, se da un lato sono dispiaciuta di averlo fatto preoccupare, dall’altro sono contenta di tutta questa sua improvvisa accortezza ed adorazione nei miei confronti.
Per un attimo tutti gli altri spariscono e siamo solo io e lui. Non mi faccio problemi, non mi importa se abbiamo litigato e non mi interessa la sua idiozia in questo momento. Voglio solo fargli capire, sentire, cosa provo. Sono sul punto di sollevarmi sulle punte e baciarlo, ma uno dei Distruttori inizia a parlare interrompendo quel momento idillico fatto di sguardi e sentimenti sottointesi.

« Uscite tutti. Voglio rimanere da solo con i tre ragazzi Guardiani e l’umana. »

Solo in quel momento mi accorgo che Alessandra non ha ancora rinfoderato le armi, tiene ancora entrambe le sue spade tra le mani e la sua posizione è tesa, rigida. Quasi si aspettasse un attacco da un momento all’altro.

« Ma signore… » Prova a protestare uno dei suoi scagnozzi, ma viene bruscamente interrotto.

« Gli ordini sono ordini. » Ripete la stessa voce di prima.

Quando mi volto nuovamente verso il gruppo, mi accorgo che, a parlare con voce forte e potente, è stato l’uomo dagli occhi piccoli. Fa un cenno con la mano e nel capannone rimaniamo solo in cinque. Giacomo continua a tenermi vicino a sé con una forte stretta sul fianco, ma sembra rilassarsi un po’ all’uscita di quegli energumeni.

« Massimiliano Regnanti. »

Saluta a quel punto Alessandra senza una particolare intonazione, ma con una voce piatta.
Quello decide di saltare i convenevoli.

« Tutta questa storia verrà insabbiata, ho deciso di porre un sigillo di segretezza su eventuali vostri rapporti dell’accaduto. » Giacomo sbuffa silenziosamente. « Non avreste dovuto agire di testa vostra, avrete dovuto avvisare i Distruttori specializzati e lasciare a loro il caso, avreste dovuto fare e non fare un’infinità di cose! Non avete rispettato una, e sottolineo NEANCHE UNA, delle regole che vanno seguite in questi casi. »

L’uomo si esprime con voce autoritaria, ma non troppo arrogante. I suoi occhi passano da Alessandra a Giacomo rivolgendo loro sguardi ammonitori.

Adesso mi tocca anche assistere ad una bella ramanzina! Ci manca solo questo dopo una giornataccia simile...

La Distruttrice prova ad intervenire in sua difesa ed in quella del fratello, ma viene subito interrottà.

« Signore, noi…»

« Tuttavia! » I lineamenti dell’uomo sembrano addolcirsi un poco. « Non interrompermi mentre parlo. Tuttavia… Siete riusciti a chiudere il portale senza causare effetti collaterali. Scommetto che è stata opera tua, vero signorina? » Si sta chiaramente rivolgendo ad Alessandra, che lo guarda spiazzata e sorpresa.

« Si, signore, con l’aiuto di mio fratello però… Avevo letto per caso, non troppo tempo fa, diverse informazioni riguardo all’evocazione che aveva coinvolto Aurora da piccola…»

L’uomo sospira esasperato. « Fascicoli riservati e, in teoria, segreti. Evita certi particolari se non ti vuoi accusare da sola. » 

Alessandra ha la decenza di arrossire. 

« Comunque parleremo di questo in altra sede, mi limito a congratularmi con te e con il tuo aiutante. » 

Lo sguardo che rivolge a Giacomo sembra tanto dire “caccola”, ma il mio Distruttore non sembra interessato alla cosa, si limita a tirarmi di più a sé ed ad allontanarmi dall’uomo.

« Lei è la ragazzina che è stata usata per il rito di evocazione del portale, vero? » 

Alzo lo sguardo e incrocio nuovamente quei piccoli occhi scuri su di me. Giacomo rafforza la presa sul mio fianco e mi porta ad aderire ancora di più a lui, spostandomi con noncuranza dietro di sé.

Le labbra dell’uomo si piegano leggermente all’insù notando il gesto.

« Tranquillo ragazzo, non ho la minima intenzione di ucciderla o di portartela via. Non so cosa vi siate messi in testa a riguardo, ma ho salvato io stesso questa umana in passato e non ho motivi per farle del male ora. » 

Continua a guardarmi con interesse, ma io non capisco cosa voglia da me, né a cosa si stia riferendo. So solo che Alessandra mette finalmente via le spade e l’atmosfera smette di essere tesa in un attimo.

« Ero nel gruppo di intervento che sgominò il primo tentativo ti aprire il portale e ti salvai proprio io… » Guarda me, si rivolge direttamente a me. « Mi dispiace che ti abbiano ritrovato e utilizzato nuovamente per il rito. Ti devo le mie scuse a nome di tutti coloro che rappresento. »

Non ci capisco niente… E chi è questo tizio che da ordini e si scusa da parte di altri?

« Ora puoi portatela via, ragazzo. La faccenda rimarrà segreta e né lei né tu verrete coinvolti. »

Tutte le domande che ho in testa vengono spazzate via, sento solo un sorriso affiorarmi sul volto, gemello di quello che spunta anche sul viso di Giacomo. L'uomo torna a rivolgersi ad Alessandra.

« Vostro fratello non mi serve, ma tu e il tuo gemello dovete rimanere a rispondere a delle domande e a sistemare alcune cose. »

Lanciamo uno sguardo alla ragazza, che ci fa cenno di andare e ci lancia le chiavi della macchina sorridendo incerta e spaesata. Non avvevo mai visto il volto di Alessandra con un espressione tanto incredula e disorientata.

« Ci rivediamo presto Aurora. » Mi fa un occhiolino e poi si volta verso l’uomo dandoci le spalle.




 
Finalmente fuori, respiro a pieni polmoni e mi aggrappo a Giacomo sorridendogli.
Probabilmente sono ancora troppo scossa da quanto accaduto e mi ci vorrà un po’ di tempo per ritornare totalmente in me, ma so che lui ed Alessandra mi hanno salvato e sono loro grata. Oltre che totalmente innamorata del mio principe azzurro, vestito di nero.

Giacomo mi circonda la vita con un braccio ed inizia a sussurrarmi qualcosa in tono complice nell’orecchio.

« Non so che tipo di miracolo sia avvenuto… Siamo salvi e forse il capo è uscito fuori di testa, perché ci ha lasciato andare... »

Si ferma. Lì, a pochi passi dal capannone. Mi accarezza con dolcezza la guancia e solo in quel momento mi ricordo dello schiaffo che mi ha tirato prima. 

Che stronzo! 

Faccio per dirglielo, quando…

« Mi dispiace per quello che è successo. Per tutto, dalla gallina che ho baciato ieri alla brutta esperienza che hai vissuto oggi. »

I suoi occhi sono stupendi, alla luce del sole sembrano splendere come lamine d’oro e c’è tanto di quel calore dentro che mi sento sciogliere.

« Non saprei come avrei fatto se ti fosse successo qualcosa. Senza le tue sgridate, le tue lamentele, i tuoi disastri culinari, le tue labbra… »

Sbaglio o fa caldo oggi?

« Credo di aver preso una gran botta in testa questa mattina, perché improvvisamente mi sembri bellissima. »

Il tono caldo ed appassionato della sua voce mi manda in brodo di giuggiole e non riesco a distinguere i complimenti dalle sue prese in giro. Ha per caso detto che sono bellissima?!

« Credo di essermi innamorato della ragazza più rompipalle del pianeta, ti rendi conto di che sfiga assurda ho? »

Eh?

Sorride in maniera così disarmante che non riesco neanche a seguire i suoi discorsi.

Aspetta, mi ha dato della rompiballe o ha detto che mi ama?

E poi niente ha più importanza, perché le sue labbra sono sulle mie e, questa volta, non ho la minima intenzione di allontanarmi.

Credo di essermi innamorata di un Distruttore di demoni… Cose dell’altro mondo…

 

 

 

 

 

 

  
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