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Autore: Nonna Minerva    21/09/2007    9 recensioni
Durante l'estate dopo la morte di Sirius, Remus si trova a fare i conti con una nuova legge che lo costringe a nascondersi mentre Tonks ha problemi sul lavoro. Silente sembra avere una soluzione adeguata per entrambi.
Quella che all'inizio appare come una situazione scomoda e imbarazzante si trasformerà nella perfetta occasione per fare pace con i fantasmi del passato, portandoli ad affrontare insieme e ad accettare la morte di Sirius, facendo trovare loro un'intesa che forse porterà alla nascita di qualcosa di più...
RATING ROSSO per l'ULTIMO CAPITOLO!
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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11

Bene signori e signore, è giunto il momento di smuovere un po’ la situazione, e svelare un altro mistero ( lo scatolone ), ma siamo appena a metà della storia, quindi non aspettatevi chissà cosa. Un cambiamento ci sarà, questo sì, ma da qui alla fine la strada è ancora lunga.

 Questo è uno dei miei capitoli preferiti... spero piacerà anche a voi.

Per quanto riguarda il prossimo, il capitolo è ben delineato nella mia testolina, ma alquanto restio a lasciarsi mettere su carta. Confido nel weekend per riuscire a combinare qualcosa.

 

Per Ginny85: Ti prego, dimmi a cosa hai pensato! Io ho una mezza idea, ma non l’ho ancora sviluppata... sono curiosaaa!

 

 

 

 

11. Secrets, sorrows and healing

 

 

A tutti quelli che hanno bisogno di un abbraccio...

 

 

 

Era tornata dal suo turno di guardia verso mezzogiorno, e si era infilata sotto le coperte ancora vestita addormentandosi subito dopo.

Quando si svegliò era pomeriggio inoltrato e presto il sole avrebbe lasciato il posto alle tenebre.

Perfetto. Un’altra notte di incubi, pensò amaramente la ragazza, aprendo le finestre perché la stanza prendesse aria.

Invano la sera quando andava a dormire sperava che quella notte la lasciassero in pace. No, loro, puntuali e imperterriti, tornavano sempre a tormentarla.

C’era una parte di lei che era addirittura convinta che fosse la punizione che le spettava per non essere stata in grado di sostenere il duello con Bellatrix.

Era colpa sua se Sirius non c’era più, e non si sarebbe stupita se le immagini di quella terribile notte al Ministero avessero popolato i suoi sogni tutte le notti, per il resto della sua vita.

Rassegnata, lasciò vagare lo sguardo fuori dalla finestra, avendo dormito gran parte del pomeriggio, quella sera avrebbe potuto ritardare di un po’ l’ora in cui sarebbe dovuta andare a dormire.

Non che i ricordi non la tormentassero quando era sveglia, ma le immagini erano meno nitide, il dolore più sopportabile.

Guardò il tiepido sole invernale allungare pigro i suoi pallidi raggi andando a sfiorare le cime degli alberi spogli che tendevano esitanti i loro rami nudi verso di lui, tentando di raggiungerlo.

 

Tese l’orecchio per cercare di capire cosa stesse facendo Remus in quel momento. Il silenzio che regnava nella casa le fecero presupporre che fosse uscito e di avere l’appartamento tutto per sé.

Infilò le sue ciabatte e lasciò la sua stanza.

Un biglietto sul tavolo della cucina, che confermava l’effettiva assenza di Remus, annunciava  che era andato a controllare Wallace e che sarebbe tornato prima di cena. Un post scriptum la supplicava inoltre di portare almeno via le immondizie.

Gliele aveva anche preparate.

Due enormi sacchi neri erano infatti allineati in bella mostra in mezzo alla cucina, ognuno ben legato con un legaccio sottile e pronto per essere portato via.

 

Tonks tentò di ignorarli e recuperò il latte dal frigo e una tazza dalla credenza, ma dopo un po’ il delicato aroma che i sacchetti emanavano la costrinsero ad infilarsi la giacca e fare come le era stato detto.

I due fardelli erano piuttosto pesanti e Tonks iniziò ad ondeggiare pericolosamente scendendo le scale, facendo attenzione a non perdere l’equilibrio, sennò poi chi la sentiva la signora Pinch se sporcava?

Certo, fuori c’era stato il sole tutto il giorno, ma la notte prima aveva gelato, e Tonks non sarebbe stata Tonks se non avesse messo piede sull’unica pozzanghera che la luce del sole non aveva raggiunto, facendole fare uno scivolone spettacolare e mandandola a gambe all’aria.

Le due borse volarono in aria, atterrandole accanto, rompendosi e sparpagliando rifiuti dappertutto.

Con un lungo sospiro di rassegnazione, si rimise cautamente in piedi e massaggiandosi il fondoschiena dolorante, si chinò ed iniziò a raccogliere la spazzatura che era uscita dai sacchi, quando il suo sguardo si posò su qualcosa che proprio non si aspettava di trovare lì dentro, lasciandola a dir poco perplessa.

 

Per alcuni lunghissimi istanti fu troppo sorpresa per fare qualsiasi cosa, poi, molto lentamente, quasi non fosse lei ma qualcun altro, a compiere quei movimenti, raccolse la bottiglia vuota di Whiskey Incendiario.

La fissò a lungo, poi si mise a frugare nell’altro sacchetto,  trovandone altre due identiche, entrambe tristemente vuote come la prima.

Abbandonando la spazzatura dov’era, si trascinò come un automa su per le scale, stringendo le bottiglie fra le dita intorpidite.

Rientrata in casa, senza curarsi di chiudere la porta, si precipitò in cucina e si mise ad aprire tutte le ante, alla ricerca di cosa non lo sapeva bene nemmeno lei, non trovando però niente di insolito, soltanto l’irritante biglietto di Remus sopra il tavolo.

Attraversò a grandi passi il soggiorno, fermandosi di fronte alla porta della stanza di Remus.

Esitò, poi, con mano tremante, abbassò la maniglia ed entrò.

 

Ed ecco lì, dietro l’anta di un vecchio armadio, la spiegazione dello strano comportamento di Remus negli ultimi tempi.

Comprese finalmente, e si trovò a dover accettare una realtà che fino a quel momento aveva voluto pensare improbabile, o almeno aveva sperato che lo fosse.

Si sedette sul bordo del letto, perché le gambe minacciavano di non reggerla più.

Le cadde lo sguardo sul comodino e notò, accanto ad uno dei libri che lui stava leggendo, un portafoto che era stato riposto al rovescio, in modo che la foto non si potesse vedere.

Lentamente si allungò per girarla e quando la vide non riuscì a trattenere un singhiozzo, mentre calde lacrime le solcavano il volto.

 

La maschera che lui aveva portato in tutti quei mesi ora la tormentava in tutta la sua evidenza. Senza darlo a vedere, Remus stava soffrendo per la morte del suo migliore amico probabilmente come e più di lei.

Si rannicchiò sul letto, stringendo al petto la foto, il corpo scosso da singhiozzi incontrollabili e le lacrime che correvano libere, senza che lei riuscisse a fare nulla per fermarle.

 

***

 

Fu in questa posizione che Remus la trovò quando arrivò a casa.

 

Aveva capito subito, rientrando, che c’era qualcosa che non andava. La porta era socchiusa e nella casa regnava un silenzio innaturale.

Esaminò la stanza con lo sguardo, alla ricerca di qualcosa che non fosse al suo posto, bramando un segno che potesse indicargli che tutto era come doveva essere, che non era successo niente, e che la porta aperta era solo una distrazione della sua coinquilina.

 

Giacca di Tonks abbandonata di traverso sul divano. A posto.

 

Il suo romanzo ancora aperto sulle pagine che stava leggendo prima di uscire. A posto.

 

Tazza sporca dove Tonks aveva mangiato e briciole tutto intorno sul tavolo. Regolare.

 

Ginger che sonnecchiava raggomitolato sul divano. Assolutamente normale.

 

Tre bottiglie vuote di Whiskey Incendiario abbandonate senza troppe cerimonie sul pavimento in mezzo al passaggio.

Quello non era normale.

 

Rabbrividì all’idea che Tonks avesse scoperto il suo segreto. Iniziò a cercarla, desideroso di giustificarsi, di spiegare.

La stanza della ragazza era vuota, il letto come sempre disfatto. Forse era uscita.

Poi sentì  un gemito sommesso venire dalla sua camera da letto.

Fu lì che la trovò, rannicchiata sopra le coperte, i capelli spettinati ed il volto nascosto nei cuscini, mentre stringeva al petto quella foto di lui e i Malandrini che teneva sul comodino, quella foto che da mesi aveva messo a faccia in giù, incapace di trovare il coraggio di guardarla.

 

Si sedette sul bordo del letto e le accarezzò piano la schiena.

Tonks sussultò. Non l’aveva sentito entrare.

La ragazza alzò la testa e i due si guardarono per alcuni interminabili istanti.

Poi, con un tono di voce che era poco più di un roco sussurro, Tonks mormorò: “Perché?”

Non aggiunse altro. Non serviva. Lo sapeva bene, Remus, di cosa parlava.

Non rispose subito.

Prese il portafoto che Tonks ancora teneva in mano e lo fissò a lungo, riordinando i pensieri prima di parlare.

Lentamente, si sporse e appoggiò di nuovo la foto sul comodino, dritta questa volta, guardando un Sirius diciassettenne che faceva smorfie e gestacci per poi scappare a nascondersi dietro la cornice, Lily e James che ridevano sommessamente, ed il suo alter ego che alzava gli occhi al cielo, ma alla fine si lasciava scappare anche lui un sorriso.

Ricordare quei tempi felici lo addolorava immensamente.

“Dopo la morte di Sirius,” iniziò a spiegare Remus, con un’ombra di tristezza nella voce. Tonks si raddrizzò, e appoggiando la schiena alla testiera del letto, stringendo le gambe al petto e posando il mento sulle ginocchia, si predispose ad ascoltare. “Dopo la morte di Sirius, non passava giorno senza che le immagini di quella terribile notte mi tormentassero. Stavo diventando matto. Rivedevo l’espressione di Sirius mentre cadeva dietro quel dannato velo. Più tentavo di dimenticare, più i ricordi mi assillavano. Non sapevo cosa fare. Poi mi è venuto in mente che dopo Azkaban Sirius aveva avuto il mio stesso problema, anche lui era perseguitato dai ricordi. E a sentire lui c’era soltanto un modo per scacciarli via...”

“L’alcool.” Completò Tonks per lui.

Remus annuì.

“Non era quello che si definisce una soluzione saggia, ma serviva al suo scopo. Ti annebbia la mente, addormenta i pensieri, tiene a bada i brutti ricordi e li allontana per un po’, così come il senso di colpa.”

“Senso di colpa?”

“Per non essere riuscito a impedire quello che è successo. Non me lo perdonerò mai. Se solo fossi stato più deciso quando ha insistito per venire con noi quella notte, adesso sarebbe ancora vivo.”

“Non è vero. Sarebbe venuto comunque, e tu lo sai.” lo contraddisse la giovane, asciugandosi infastidita gli occhi lucidi con il palmo della mano. “Se c’è qualcuno da biasimare per la sua morte, quella sono io.”

“Tu?” domandò perplesso Remus alzando lo sguardo. Anche lui aveva gli occhi lucidi. “Perché mai?”

“Perché se io non fossi talmente inetta, se fossi riuscita a tener testa a Bellatrix, lei non avrebbe mai combattuto contro Sirius con gli esiti che sappiamo. È mia la colpa, mia e basta.”

“Ma è stato un caso! Maghi più potenti di te si sarebbero trovati in difficoltà! Nessuno di noi ha mai nemmeno pensato che tu non fossi all’altezza! E di certo nessuno di noi ti incolpa della morte di Sirius!”

“Beh, dovreste! In ogni caso la colpa di sicuro non è tua.”

“Né tua.” Replicò ostinato Remus, sfiorandole il mento con un dito, facendole alzare la testa e cercando il suo sguardo. “Tu non hai fatto nulla di sbagliato. Hai capito?”

Lei annuì con poca convinzione.

“Senti, era destino che andasse così. Se n’è andato come ha sempre voluto, combattendo per quello che credeva giusto, difendendo le persone che amava. È pure riuscito a uscire di scena in maniera spettacolare, con tutti gli occhi puntati su di lui, quell’egocentrico.”

Tonks sorrise e Remus le asciugò le lacrime con le dita.

“Lui non vorrebbe vederci così. Credo sia tempo che accettiamo quello che è successo e riprendiamo in mano le nostre vite. Promettimi che non penserai mai più che sia stata colpa tua.”

“D’accordo. E tu promettimi che non toccherai mai più quella roba.” Disse la ragazza accennando alla bottiglia di Whiskey Incendiario che faceva capolino tra i vestiti, dietro le ante ancora aperte dell’armadio.

Lui tacque.

Tonks sapeva di chiedergli molto. Sapeva di avergli chiesto di rendere nuovamente la sua mente vulnerabile all’attacco dei ricordi. Ma d’altra parte, nemmeno lui le aveva fatto promettere una cosa da poco.

Remus sorrise.

Diavolo, lo sapeva bene lei, quello che stava facendo.

Non sarebbe stato facile per entrambi mantenere la parola data.

Eppure lei aveva acconsentito senza esitare alla sua richiesta.

Non era sicuro di riuscire a mantenere la promessa, ma sentiva che sei lei gli fosse rimasta vicino, avrebbe anche potuto farcela.

 

How much longer will it take to cure this
Just to cure it cause I can't ignore it if it's love (love)
Makes me wanna turn around and face me but I don't know nothing 'bout love.

 

“Te lo prometto.”

Lei si limitò a sorridere, mostrando con un lieve cenno del capo di comprendere quanto gli fosse costato pronunciare quelle parole.

Era stato altrettanto difficile per lei.

 

***

 

Non cenarono. Nessuno dei due aveva molta fame.

Lei si spostò appena, facendogli spazio, in modo che lui le si potesse sedere accanto.

E rimasero così, tutta la sera, le gambe lunghe distese di fronte a loro e le spalle che si sfioravano appena.

 

Piansero, ricordarono e sorrisero al pensiero di quello che avrebbe detto lui vedendoli ora. Era tempo che entrambi facessero pace coi fantasmi del passato e tornassero a vivere il presente. Remus la strinse a sé, lasciandola sfogare, facendole posare la testa sulla sua spalla, accarezzandole piano i capelli; e cullata dalle parole di conforto che di quando in quando lui mormorava e dal suo dolce profumo, Tonks si addormentò.

 

Continua...

 

 

 

Capitolo 12: To show you that I care.

 

  
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