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Autore: herm85    21/09/2007    4 recensioni
Hermione Granger, Serpeverde e sangue purissimo... Draco Malfoy, Grifondoro e sangue sporco, cosa hanno in comune?un sogno?un sorriso?una stretta di mano?"Ci sono certi sguardi di donna che l'uomo non scambierebbe con l'intero corpo di lei" Gabriele D'Annunzio.
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: La storia è stata scritta per puro divertimento senza nessuno scopo di lucro e naturalmente i personaggi appartengono a J.K.Rowling

 

Questa storia è stata scritta per un concorso What if indetto dal forum "Leather and Libraries". Grazie per l'attenzione!

 

 

 

"Snowfall in your smile"

 

 

 

25 Dicembre.

Enormi drappelli di dame e cavalieri ballavano nella Sala Grande decorata a festa: dodici abeti erano disposti sul perimetro della Sala, le tavolate erano scomparse creando così una grande pista da ballo.

Dall'alto si distingueva soltanto un volteggiare di stoffe, tante e diverse: velluto, taffettà, seta, pizzo, tulle; e tanti colori. Era un arcobaleno: una fusione di tante tonalità e sfumature.

Era un qualcosa di unico.

Tutti ridevano, tutti bevevano, tutti ballavano: le dame giravano per la pista, i cavalieri le accompagnavano guidandole nei balli.

Davanti al portone della Sala grande due ragazzi facevano finta di aggiustarsi il colletto della camicia inamidata dell'abito da cerimonia. Uno aspettava il caposcuola Griffondor: mezzosangue, alto, biondo, occhi grigi. L'altro, invece, la regina di Slytherin: sangue purissimo, casata antica ed un'eterea bellezza.

- Ahhh Zabini, è stato mortalmente straziante e pericoloso riuscire a convincere il ragazzo più difficile di Hogwarts a partecipare al Ballo di Natale. Lui che alle feste non c'è mai...- sospirò teatralmente uno dei due, Potter.

-Eh già, Potter. Anche per me è stato incredibilmente difficile convincere la ragazza più ricercata di Hogwarts a venire al Ballo di Natale, che , tra parentesi, odia...- sospirò anche lui guardandosi le dita curate, poi alzò gli occhi su Potter e scoppiarono a ridere delle loro rispettive pessime recitazioni.

Con le lacrime agli occhi il bambino sopravvissuto si girò verso le scale e si ritrovò di fronte il biondo sopracitato

- Ehi Harry, stai bene?- disse Draco vedendo il suo amico contorcersi dalle risate e massaggiarsi la pancia - Io l'ho sempre detto che tu non sei normale, su questo sono daccordissimo con i Serpeverde, difatti guarda da chi sei accompagnato! Ciao Blaise- Draco si fermò pensieroso guardando i due ragazzi che si tenevano in piedi a vicenda, barcollando: una scena penosa a dir la verità. Poi sbottò:

-Ma qualcuno vi ha lanciato un incantesimo rallegrante?- Draco estrasse la bacchetta - Finite incantatem- ma quelli continuavano a ridere. Adesso ne era proprio sicuro: non c'era niente da fare erano stati irrimediabilmente persi in quello che si chiama tunnel della pazzia.

Gettò uno sguardo dentro la Sala Grande. Sospirò guardandosi in giro: aveva deciso di presentarsi a quella festa solo perchè doveva un favore ad Harry, non si era trovato nessun accompagnatrice, almeno non sarebbe stato costretto a ballare tutta la serata.

D'un tratto sentì i due ragazzi smettere di ridere. Si voltò di scatto seguendo lo sguardo di Harry. Blaise fece un lungo fischio di approvazione verso l'enorme scalinata.

E fu in quel momento che la vide.

Un vestito semplice le fasciava il copro longilineo, scendeva fino a terra per lasciare dietro un leggero strascico. Era di un blu molto intenso, come quello dell'iris. Contro la sua pelle bianca, quasi alabastrina, sembrava ancora più scuro e luminoso. Le spalle minute erano nude, mentre le gli avambracci erano coperti da dei candidi guanti bianchi di raso. Sulle braccia ricadeva un leggero scialle di tulle dello stesso colore del vestito.

I capelli di solito sciolti in morbidi boccoli erano raccolti in un acconciatura elaborata: tra le ciocche c'erano preziose perle bianche e intorno al viso scendevano due boccoli, che le incorniciavano le guance.

Il trucco quasi assente illuminava quegli occhi d'oro, che avevano incantato molti ragazzi e che ne avevano distrutti altrettanti se non di più. Perchè c'era anche chi diceva che la bellissima Shlytherin non si fosse mai legata a qualcuno più di una notte, che grazie a quegli occhi aveva fatto inginocchiare una schiera di uomini e che mai ne era uscita sconfitta, come se non avesse cuore.

In silenzio la osservò scendere lentamente la gradinata. Quegli occhi fissavano un punto imprecisato della parete di fronte a lei, per poi posarsi su quelli del suo migliore amico Zabini. La vide accennare un sorriso.

Finite le scale raggiunse Blaise.

- Ehi bellissima, com'è che vieni dall'alto?Hai cambiato Casa?-cincischiò divertito il ragazzo.

-No, ero semplicemente nel bagno dei prefetti e ho preferito preparami lì, senza dover scendere nei sotterranei per poi risalire- rispose placidamente lei, sempre con la sua voce quasi atona.

-Ah ma certo, mai fare una fatica di più, vero dolcezza?-

-Ovviamente- confermò facendo spallucce- Allora vogliamo andare, o mi hai fatto venire solo per restare sulla porta?- chiese già avviandosi verso l'entrata.

Si girò leggermente accettando il braccio di Zabini, quando incontrò due occhi grigi. Non aveva notato i due Grifondoro prima.

-'Sera Potter, Mezzosangue...-salutò facendo un breve cenno ai due, ma quegli occhi non la lasciarono.

Dandogli le spalle se li sentì addosso, perforarle la schiena e la nuca. Si sentì nuda, ma non si sarebbe girata per assicurarsi che le sue sensazioni fossero reali.

Sentì come se qualcosa si fosse rotto, qualcosa di importante che le era sfuggito di mano,ma era qualcosa che lei ancora non riusciva a capire.

Draco la fissò e per un attimo sentì l'impulso di correre, di andare fuori e urlare al vento. Era proprio vero che quegli occhi d'oro ferivano. Non si erano mai parlati, se non insulti dovuti tra le Case, ma forse ciò era stato un bene, perchè dalla prima volta che aveva incontrato quegli occhi d'oro, di fuoco e fiamme, i suoi erano diventati d'argento, di ghiaccio e non erano più stati in grado di scaldarsi.

Mentre Harry lo afferrava per un braccio trascinandolo dentro, la mente volò a quel giorno di sette anni prima.

 

 

Un enorme portone si stagliava davanti a una quarantina di paia di occhi che intrepidi aspettavano di poter fare il loro ingresso ufficiale nella Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.

Una strega dall'aria rigida comparve sulla soglia: sul viso molte rughe profonde circondavano gli occhi e gli angoli della bocca delle labbra sottili.

- Benvenuti a Hogwarts- disse la donna- Io sono la professoresse McGranitt. Fra poco comincerà il banchetto di inizio anno, ma prima che ne prendiate parte sarete smistati nelle case. Lo Smistamento è una cerimonia molto importante, perchè darà una svolta al vostro futuro: deciderà in quale Casa collocarvi, che per tutto il tempo che passerete qui ad Hogwarts sarà come una seconda famiglia. Le lezioni che frequenterete le dividerete con i vostri compagni di Casa. Dormirete nei dormitori della vostra Casa e passerete il tempo libero dallo studio nella vostra Sala Comune.

- Le Case sono Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e Serpeverde: ogni volta che otterrete dei trionfi farete acquistare punti alla vostra Casa e allo stesso modo ne farete perdere se violerete il regolamento. Alla fine dell'anno la Casa che avrà totalizzato più punti vincerà la Coppa delle Case. Tra poco inizierà la Cerimonia. Tornerò a chiamarvi e aspettatemi in silenzio, grazie.- la professoressa se ne andò e subito si alzò un brusio molto eccitato.

Piccoli vari gruppetti ciarlavano fra di loro. Vicino allo scorrimano un ragazzo biondo parlava con altri due: uno con una corposa zazzera fulva, Ronald Weasley, e uno con una chioma nera disordinata, e una strana cicatrice a forma di saetta che spiacava sulla fronte, Harry Potter.

-Speriamo di andare tutti a Grifondoro, mi sembra la migliore, no?- disse quest' ultimo.

- Certo Harry, però anche Corvonero non è male- ribattè pacatamente il biondo, mantenendo sempre un certo accento saccente.

- Ma allora è vero?- una voce stridula da ochetta interruppe i discorsi di molti - è vero che c'è Potter?Harry Potter?-

Il gruppetto del ragazzo in questione alzò lo sguardo verso la ragazza-oca che aveva parlato.

Il biondo accanto a Harry vide un'altra ragzza accanto all'oca che annuiva con aria annoiata.

-...Beh almeno dovrebbe imparare con chi avere a che fare, anzi che stare con miseri babbanofili e sporchi mezzosangue...-continuò l'ochetta. La stessa ragazza che aveva annuito le fece un gesto vago con la mano per farla tacere e si girò poi verso il ragazzo del trio, un pò allampanato con i capelli castano scuri e occhi blu mare.

- Draco tutto a posto?- il biondo chiamato si girò verso Ron , gli sorrise e annuì.

Tornò con lo sguardo verso di lei per osservarla. Quando questa alzò gli occhi e incontrò quelli grigi di lui, il nocciola chiaro si accese diventando quasi oro.

Restarono a fissarsi fin quando il portone non si spalancò e riapparve la McGranitt facendo segno a tutti di seguirla.

Draco si girò e si rilassò riprendendo un pò della sua aria saccente.

L' immensa Sala Grande era gremita di persone. Tutti indossavano dei capelli neri a punta. Le quattro tavolate attraversavano la sala fino a giungere al tavolo dei professori, che troneggiava magnifico con le sue volute di marmo antico a decorarlo.

La professoressa McGranitt guidava il gruppo di ragazzini, piccoli e mingherlini. Tante emozioni baluginavano su quelle faccie: paura, felicità, interesse, sbalordimento. C'era persino chi camminava senza staccare gli occhi dal soffitto, che rispecchiava il cielo notturno con le candele accese che aleggiavano nell'aria.

Solo pochi si mostravano sicuri di ciò che facevano fra cui il ragazzo biondo con una divisa di seconda mano. Guardava dritto davanti a se spiegando a destra e a manca che quel cielo in realtà era fittizio, che da Silente in persona era stato gettato un incantesimo per far sì che riflettesse il cielo esterno, ma il soffitto c'era eccome.

-...Insomma nessuno di voi ha letto Storia di Hogwarts?Il cielo è solo opera di un incanto molto potente scagliato dal preside stesso, ma il soffitto c'è. Infatti se guardate attentamente potete scorgere le travi di legno, che secondo la trabeazione dei templi...-

-Ohhhh- un coro di voci estasiate interruppe quel monologo. Il ragazzo biondo alzò il viso e notò che ancora fissavano i cambiamenti del cielo, che diveniva sempre più scuro. Sbuffò impaziente, e continuò a camminare cercando di non sentire altri bisbigli che avevano come soggetto assurdità del tipo potersi smaterializzare e materializzare dalle stanze nella Sala Grande per poter fare uno scherzo al compagno di tavolata.

La professoressa McGranitt si fermò davanti a una sedia dove vi era depositato uno strano cappello vecchio e logoro. All'improvviso uno degli strappi si animò dimostrando l'esistenza di una bocca e con voce squillante prese a cantare.

"Forse pensate che non son bello,

ma non giudicate da quel che vedete

io ve lo giuro che mi scfappello

se uno più bello ne troverete.[...]

Ma son io che al posto vi mette

e al mio confronto gli altri son zeri.

Non c'è pensiero che non sappia vedere,

quindi indossatemi ed ascoltate

qual è la casa in cui rimanere.

E' forse Grifondoro la vostra via,

culla dei coraggiosi di cuore:

audacia, fegato, cavalleria

fan di quel luogo uno splendore.

O forse è a Tassorosso la vostra vita,

dove chi alberga è giusto è leale:

qui la pazienza regna infinita

e il duro lavoro non è innaturale.

Oppure Corvonero, il vegghio e il saggio,

se siete svegli e pronti di mente,

ragione e sapienza qui trovan linguaggio

che si confà a simile gente.

O forse a Serpeverde, ragazzi miei,

voi troverete gli amici migliori

quei tipi astuti e affatto babbei

che qui raggiungono fini ed onori!

Venite dunque senza paure

E mettetemi in capo all'istante

Con me sarete in mani sicure

Perchè io non un Cappello Parlante"

( by J.K.Rowling "Harry Potter e la pietra filosofale)

La McGranitt fece iniziare la Cerimonia dello Smistamento. Pian piano il gruppo si sfoltiva: sei persone furono mandate a Tassorosso, nove a Corvonero, dieci a Grifondoro tra cui Ron e Harry.

L'oca, Pansy Parkinson, e il ragazzo dagli blu mare, Blaise Zabini, furono smistati a Serpeverde inzieme ad altre sei persone.

-Granger Hermione- chiamò la professoressa.

La ragazza dagli occhi d'oro si sedette sullo sgabello, mettendosi in testa il Cappello Parlante.

Passarono pochi secondi nei quali il Cappello rimuginò e poi disse la decisione: -Serpeverde-. La ragazza si tolse il cappello e nell'attimo di alzarsi incontrò due occhi grigi che la guardavano. La ragazza mantenne fisso lo sguardo finchè non fu costretta ad andarsene verso i suoi compagni di Casa che la reclamavano a gran voce.

-Malfoy Draco- fu il turno del ragazzo biondo.

Il Cappello lo smistò dopo un pò di indecisione:

-Grifondoro- il tavolo rosso e oro esultò un'altra volta mentre lui si sedeva vicino a Harry e Ron.

Per tutta la cena non guardò più verso tavolo verde e argento, mentre emozioni di undicenne prendevano sconosciute il sopravvento.

 

 

°°°°

Le coppie volteggiavano al ritmo di un walzer.

Draco era in piedi davanti al buffet, bevendo il suo ennesimo bicchiere di pounch. L'aveva vista ballare insieme a Zabini, aveva riso per qualcosa che lui aveva detto e ora si erano lasciati per riprendere fiato e bere qualcosa all' altro buffet, situato dall'altra parte della sala.

Molte ragazze erano venute a chiedergli un ballo, ma lui aveva galantemente declinato le offerte includendo come scusa di non saper ballare molto bene, una bugia, d'altro canto, sapeva ballare alla perfezione già dal loro quarto anno, l'anno del Tremaghi.

Ad un altro buffet, la mora Shlyterin, beveva assorta e quasi fece un balzo quando sentì un sussurro al suo orecchio.

-Vai da lui, Herm. Sono passati sette anni e tu lo guardi ancora di soppiatto, non ti sembra di esagerare con le precauzioni anticocezionali?-

-Ahah, no Blaise. Stasera ti senti spiritoso?E poi sai che non posso, non posso farlo: è qualcosa che va al di là della mia natura...-

-Cosa, prendere gli anticocezionali, o mettere qualche neurone in quella testa bacata?-rispose lui placido.

-Non mi parlare così, Blaise. Non provocarmi. L'ultimo ballo a cui lui è venuto e stato al quarto anno e quasi mi hai lanciato fra le sue braccia in una giravolta!Credo che te lo ricordi perfettamente come poi lui mi ha afferrata per non farmi cadere, lasciando la sua dama, quella spocchiosa della Weasley. E immagino che ricordi anche tutte le risate che ti sei fatto per un mese di seguito ricordandomi questo avvenimento...Perciò se non vuoi che io mi vendichi sta zitto!-berciò la mora.

-Certo certo princess.-lui lasciò cadere il discorso.Gli occhi persi nel vuoto e nel cuore l'unica voglia di riuscire a spingere lei verso quello che la struggeva.

Da solo contro tutti.

°°°°

Lui intanto beveva. Ron ballava con poca grazie assieme a Calì.

Vide Harry separarsi da Ginny con la pormessa negli occhi di incontrarsi, di un bacio, di una carezza, di un ballo. Lo vide anche attraversare la sala per raggiungerlo e servirsi da bere.

-Allora, come va?-

-Mh- inframmezzò un sorso di pounch- la solita noia. Te lo avevo detto che non aveva senso che io venissi al ballo-

-Si certo così passavi anche la serata di natale dell'ultimo anno piegato sui libri. Prima o poi diventerai una talpa...Anche se in questo momento ci vedi benissimo..-ironizzò il moro.

-Che intendi dire?- chiese il biondo con poco interesse e vagando con lo sguardo nella sala per cercare una stoffa blu iris.

-Beh che sei stato tutto il tempo ad osservarla. Ti ho visto, sai, e non mi sembra giusto o quantomeno salutare non andarle a chiedere un ballo- c'era ancora nella sua voce una sottile nota di ironia, ma vide i suoi occhi di giada farsi impercettibilmente più seri, proprio come gli chiedeva dispertamente, inginocchiato ai suoi piedi, di poter copiare i compiti.

- Hai qualche problema di neuroni? Beh è inutile chiedertelo, è la verità. Comunque no, non posso..anzi non voglio andarle a chiedere di ballare-.

Harry rimase in silenzio. Poi proprio quando Draco pensava che non avrebbe risposto sentì la voce del suo migliore amico atona e priva di alcun calore.

-Sai penso che sette anni fa il Cappello Parlante abbia fatto con te un grosso errore. Insomma mettere a Grifondoro un codardo- fece una pausa assottigliando ancora di più la voce, ora era serio- Tu non vuoi andare là e strapparla dalle braccia di Zabini, tu hai paura...-

-Harry non ti permetto di parlami così: io non sono un codardo e tanto meno ho paura, ricordatelo-. Posò il bicchiere ormai vuoto.- Ciò che mi stai dicendo non sta nè in cielo nè in terra, è qualcosa di sbagliato!Adesso se proprio vuoi che balli, Grifondoro dei miei stivali, ci andrò- finì il biondo con la sua solita aria da saccente e indisponente che indossava durante le ore di lezione.

Draco si diresse verso quella che era una Crovonero del quinto anno, Greta Sanders, e le porse galantemente la mano. La ragazza arrossì e un pò impacciata acconsentì a ballare con lui.

Si addentrarono fra le coppie.

Harry con lo sguardo acceso lo seguì on gli occhi.

Finalmente.

°°°°

Stava iniziando un ballo di origine irlandese. Era abbastanza complicato.

La melodia incessante e frenetica seguiva movimenti regolari, scanditi da un ritmo elevato.

Un intero giro di sala, una dama.

Un altro giro, un' altra dama.

I cavalieri lasciavano la loro accompagnatrice, per poi girarsi, sfidare il cavaliere vicino e appropiarsi della fanciulla dell'altro.

Il grifondoro accompagnava pigramente nel ballo le ragazze che gli capitavano fra le braccia.

Non ricordava neanche con chi aveva ballato: la Habbot, la Mirewall e forse qualcun'altra...A stento ricordava chi aveva invitato a ballare.

Un altro giro era finito. Lasciò la ragazza e si girò.

Si ritrovò a sfidare il caposcuola Corvonero, che gli sorrise.

Ricambiò con noncuranza apparentemnete attento al passo di danza.

Senza neanche sapere chi fosse, prese le dama, la sollevò, le fece fare mezzo giro. Poi la riposò a terra seguendo il ritmo della musica. Le posò una mano in vita e le prese la mano destra.

Alzò gli occhi e incontrò due fuochi.

Si fermò per un istante. Un istante che sembrò una vita.

Occhi negli occhi, ghiaccio nel fuoco.

Poi tutto riprese vita. Lui continuò a seguire i passi di danza in silenzio.

Lo sguardo fisso in quello di lei.

Le fece fare una giravolta. Lei sospirò lievemente.

-Un Mezzosangue che sa ballare e io che danzo con lui: il mondo si è ribaltato-

-Più strano ancora è il fatto che un Slytherin abbia fatto un complimento ad un Griffondor. E ancora più strabilinate è che quella Slytherin sia tu e io il Griffondor- La sua voce era velata, come sempre, da un accento saccente, smorzato, questa volta, da un tono di ironia.

"Capelli che come miele di acacia, scuro e dolce, ricadevano sulle sue spalle. Il vestito in seta e in tulle che ricoprova le sue morbide forme.

Pelle alabastrina e vellutata fra le sue mani.

La ripresa da una caduta. Non una parola, non un grazie. Solo conseguenze"

Al Ballo del Ceppo, quella volta, aveva avuto la prima e l'ultima occasione di sfiorarla e adesso..adesso ballavano stretti.

Il tempo sembrava non scorrere mai.

Ballavano una danza, senza in vero, seguirla.

"Occhi d' argento la guardavano fissa mentre la salvavano da una rovinosa frana.

Le sue mani gentili sulle braccia.

Crini biondi, come seta, le avevano solleticato la base del collo, mentre la tratteneva."

Come adesso, poteva sentire i capelli di lui passare lievi sulle sue guance, per poi sparire, lasciando, come segno del loro passaggio, un leggero formicolio, uno di quelli che ti strugge dalla voglia di alzare una mano e sfregarla frenetica sulla pelle, cercando un sollievo agognato, ma che nonostante il tuo fervore nel passare la mano questo non si placa e ti fa impazzire, finchè , da sè, non decide di andarsene.

Ma quel formicolio sulla pelle di lei, sembrava indelebile, forse perchè cercava di resistere alla tentazione di sfregarsi con forza le guance.

"L'istinto di lasciarsi andare tra quelle braccia di quattordicenne e poi, comunque, sciogliere quell'abbraccio momentaneo, che di vero abbraccio non sapeva, ma era la cosa più vicina che gli si potesse paragonare.

E la sofferenza velata dall'altruismo nel suo sguardo, mentre lasciava quelle braccia per riprendere in mano quella che era la sua dama e continuare a ballare.

E lei: la voglia di schiaffeggiare il suo cavaliere e allo stesso tempo di baciargli le mani per averla fatta inavvertitamente cadere in quel preciso istante.

E la consapevolezza del significato che loro due avevano attribuito a quel salvataggio, che, inequivocabilmente, stava a determinare l'inizio della caduta, della perdita, del dolore."

La melodia di un ballo, di una parola non detta, di uno sguardo di fuoco e uno di ghiaccio.

Bella.

Sensuale.

Androgina.

Stregata per incantare.

Avvolgente.

La melodia di un infausto giorno in cui due iridi d'argento si fusero con l'oro, segnando la resa, la fine di una guerra.

La melodia tessuta dal fato, pronta ad accogliere due cuori ignari, inconsapevoli.

La melodia nata per unire due anime contrastanti, ma, comunque, sorte dalla stessa fonte, pura, limpida.

Il segno della caduta, dell'inizio della rovina, della morte nel cuore.

Il segno che nonostante tutto ciò fosse nato per restare unito doveva sentirsi pronto per essere separato.

E d'un tratto la melodia finì, i cavalieri si sapararono dalle dame.

Le mani di lui restarono per un secondo ancora sulla pelle di lei.

Lei, che sembrava aver perso la cognizione del tempo, le orecchie otturate, gli occhi incatenati ai suoi, restò immobile.

Finchè colpito ad una spalla, lui si girò, incontrando gli occhi blu cobalto di Blaise Zabini e allora la lasciò.

Calde mani scivolarono via da quella pelle. Ora scottava, dove prima c'era il tocco di lui, tutto bruciava fra fiamme ardenti.

Un fuoco sul ghiaccio.

Anche gli occhi abbandonarono il loro contatto, mentre lei andava via volteggiando fra le braccia del suo compagno di Casa.

La pista ardeva, i suoi passi risuonavano lontani e ovattati nelle sue orecchie.

Sentì mani gentili,

ma mai quanto le sue,

posarsi sul suo braccio e chiedergli di ballare. Istintivamente accettò catturato da una voglia frenetica di danzare, posare le sue mani su della pelle morbida,

ma mai come la sua,

muoversi alla ricerca di un pretesto per osservare occhi dolci e penetranti,

ma mai quanto i suoi.

Sentì la voglia inconsapevole di sentire voci soffici e blande accerezzargli l'udito e poi farlo sorridere,

ma mai come sarebbe riuscita a farlo lei.

Sentì il dovere e la possibilità di ringraziare chi lo aveva portato all'inferno e al paradiso, alla libertà e alla prigionia, all'amore e all'odio.

Prese quelle mani guantate e portò quella dama apparentemente sconosciuta in mezzo alla sala. Una chioma rossa e fluente le pioveva dalla nuca.

Meglio il castano.

Vide occhi celesti e limpidi posarsi sui suoi. La vide sorridere. Un sorriso caldo, melodioso.

Ricambiò prontamente il sorriso, forse con meno calore e intensità di quello ricevuto,

ma non era lei...

Ballò, ma non la guardò, restò con lo sguardo fisso al muro, incapace di guardare in occhi che non erano oro colato.

Semplicemente non era lei...

Sentì la musica cessare e le sue mani non esitarono a staccarsi dalla dama. La ringraziò con uno sguardo, solo allora la riconobbe com una sua compagna di Casa, la sorella di Ron: Ginny.

Aveva caldo, la testa gli girava. Sentiva i sensi acuirsi e diventare insopportabile qualcunque cosa attorno a lui.

Lasciò la sala in cerca di refrigerio.

L'ampia balconata era semivuota. Esili colonnine scalanate si innalzavano dal pavimento di pietra e sorreggevano la lastra, anch'essa di pietra, che fungeva da parapetto.

Vento gelido di Dicembre accarezzava il suo viso, rinfrescandolo.

Chiuse gli occhi sul paesaggio del parco innevato.

Davanti a lui l'immagine di se stesso con lei fra le braccia, intenti a ballare, occhi negli occhi.

Lei era aggrappata al braccio del suo amico, per non cadere, per non precipitare nel vuoto, franare a terra.

Si faceva trasportare al ritmo della melodia, incurante di ciò che le accedeva intorno. Troppo intenta a non dimenticare quell'argento.

Si muoveva senza avere veramente la consapevolezza di farlo: il suo corpo era rimasto ancora lì, fra le braccia di lui.

Il viso era leggermente arrossato. Sentiva caldo e freddo.

Brividi le percorsero le braccia. Si fermò incurante di andare a sbattere contro altre coppie, che volteggiavano vicino a loro.

Blaise la assecondò. Continuava a sorreggerla, mentre la trasportava verso un archetto in pietra, che testimoniava una delle entrate dell'ampia balconata.

Bianca e pallida neve aveva iniziato a scendere da poco, coprendo lievemente la pietra.

Il luogo, leggermente appartato, era semi deserto tranne che per qualche coppia sparuta che cercava di sfuggire all'ennesimo ballo e un ragazzo solitario che guardava il panorama pesantemente appoggiato al parapetto.

Blaise bisbigliò qualcosa all'orecchio di lei, che annuì. Il moro sparì.

Lei sembrava aver ripreso conoscenza, sembrava essersi svegliata da un sonno catatonico in cui era caduta.

La carnagione pallida sembrava aver ripreso colore: le guance leggermente arrossate spiccavano vivaci sul suo viso.

Mosse i primi passi da sola, come un neonato che impara a camminare, ora lei, traballante, attraversava l'ampio balcone.

Dispiegò la stola, coprendo le sue spalle e le braccia.

Era quasi al centro della traversata e un grosso fiocco di neve scese fino a posarsi sulla punta sottile del suo naso.

Raggiunse la balconata, di fianco a lei torreggiava in silenzio la figura slanciata del ragazzo che solitario guardava nel buio.

Sbuffi di aria calda, che a contatto con quella fredda esterna diventavano vapore, aleggiavano intorno ai loro visi.

Il silenzio attorno a loro. Solo nubi di condensa.

Come neve al sole.

-Non ti va più di ballare?-una voce baritonale rimbombò nell'aria attorno a loro. Lei si girò lentamente verso quel ragazzo.

Un abito da cerimonia nero, impeccabile, senza un piega, magistrale.

-No, non mi va più- un suono flebile, quasi irriconoscibile. Si sentiva la gola arsa, come da un fuoco o come se avesse appena rishiato di annegare ingoiando acqua gelata.

Un leggero cenno del capo di lui e ricadde il silenzio.

Una brezza passò accanto alla ragazza. Le penetrò la pelle, facendola rabbrividire. L'aria che sapeva di neve portò via con se un aroma inconfondibile di mora e fragola. L'odore di lei giunse forte a lui, che aspettava altro che l'invito per girarsi e poter sciogliore il ghiaccio nelle fiamme.

Fiamme troppo calde e distaccate che negli anni aveva imparato a combattere con ghiaccio affilato e tagliente.

Affondò le mani nelle tasche dei pantaloni, continuando a guardare fisso il panorama.

Bianche punte ferivano il cielo notturno.

La luna pallida e piena ricadeva perfetta al centro delle stelle.

 

"Questo vasto teatro dell'universo offre spettacoli più dolorosi che quel palcoscenico su cui noi recitiamo."William Shakespeare da "A piacer vostro".

 

E loro come spettatori della natura e interpreti si godevano quelle immagini di un teatro troppo grande.

Amavano ciò che non si potevano permettere per poi perdersi nella bellezza di un cielo.

Chiedevano ciò che non potevano avere solo al loro cuore, perchè nella realtà restavano zitti, silenti spettatori di una vita che scorreva impavida senza di loro

Codardi

Amanti dei sogni, traditori della vita.

Unici responsabili della decadenza delle loro membra a contatto con desideri inconciliabili con la loro natura.

Piccoli cristalli ghiacciati scendevano posandosi su quei vestiti perfetti, che cingevano il corpo in una morsa letale.

Piccoli puntini bianchi che macchiavano, innocenti, pelli chiare, vestiti scuri e la voglia di sporcarsi.

Piccoli come lacrime cadevano da quel limbo nero. Cadevano coprendo quel terreno fangoso.

E loro volevano solo sporcarsi.

Rendere possibile l'impossibile.

Sporcarsi.

Ma la paura di non sapersi ripulire era folle.

E perciò loro deprecabili spettatori della vita che scorre.

-Nevica-una pallida voce sottile e pavida- Odio la neve. Fa freddo-

-E' la cosa più pura che tu possa vedere Granger. Sarà fredda, ma pura.-

-Non sempre è oro tutto ciò che luccica. La neve è spesso sporca, si mostra per quello che non è. Lei è solo fredda.-

Il Grifondoro tacque.

Non

E ancora la neve cadeva più fitta. Ricopriva di nuovo il terreno. Uniforme. Bianca. Per lui pura.

Checchè se ne dicesse, per lui restava quello che era sempre stato.

Sempre

Qualsiasi cosa sarebbe successa, lui si sarebbe sempre sentito bene nell'osservare quella purezza.

La neve aveva il coraggio di precipitare nel vuoto. Di affrontare ciò che la Natura le riservava.

Senza paura. Ad occhi chiusi. Aperti.

Senza paura.

E'

Pallida la luna era coperta da fitte nubi scuri, ora che la neve scendeva.

Candida.

Scendeva a sporcarsi. A diventare fanghiglia. Ad essere calpestata da 10, 100, 1000 passi di innocente o reo.

Ma comunque sempre senza paura.

Oro

Instancabile dava senza ricevere.

Si mostrava nei suoi spericolati capogiri, sfrecciava veloce nell'aria, dava spettacolo di ciò che sapeva fare.

E non chiedeva niente in cambio.

Tutto

Sicuramente oltre che ad essere pura, era anche la cosa più altruista che lui avesse mai visto.

La Natura una volta tanto era stata buona.

Aveva dato dono di sè, senza pretendere che l'uomo cercasse di ripagarla, sacrificandosi.

A volte dava tutto, a volte una parte, a volte niente.

Ciò

A volte era buona, altre cattiva.

A volte era bianca, altre nera, altre ancora grigia.

Dipendeva anche da come si faceva guardare. Da come voleva essere vista, da come voleva essere non vista.

Da come voleva meravigliare o condannare.

Che

Tutto dipendeva da tutto e da niente.

Spesso avrebbe voluto accecare oppure farsi rimirare con gratitudine.

Niente l'avrebbe domata, perchè regina.

Vinceva sul fuoco, sulla terra, sul mare, sulle acque, su tutto.Lei parte infinetisimale della Natura, diveniva regina e domava con la grazia e la disinvoltura del condannato a morte sul patibolo. Forte e con un pizzico di paura, ma felice, perchè vissuto.

Luccica.

Ma comunque sarebbe stata sempre pura, altruista, bianca, nera, grigia, forte, coraggiosa.

Sarebbe sempre stata tutto questo, perchè spesso era ciò che l'uomo volesse che fosse. Ogni suo desiderio. E lui voleva così.

"Only one thing makes a dream impossible: the fear of failure."

L'unica cosa che rende un sogno impossibile: la paura di fallire. The Alchemist "Life" Paulo Coelho.

E lui sapeva che la neve non avrebbe mai fallito. Sarebbe sempre rimasta tutto questo. E a lui bastava così.

-Non è fredda. Forse potrebbe esserlo se volessi, ma se è per questo potrebbe anche essere calda-.

-Mezzosangue, non dire cose senza senso. La neve non può essere calda!-

Lui fece un mezzo sorriso, ancora a lei la neve non si era mostrata.

Lei ancora non aveva desiderato vedere nella neve ciò che voleva.

Avrebbe visto tutto. Lui ne era certo.

E sorrise ancora, amaro.

Ricadde ancora quel silenzio pesante.

E la neve scendeva.

Lui continuava a vederla come sempre.Un conforto nella vita di tutti i giorni.

-Granger tu cosa vuoi?-

-Cosa?-

-Hai capito: cosa vuoi?Dalla vita, dal mondo, da te stessa. Cosa vuoi?- la sua voce era chiara e bassa, un sussurro.

Lei rimase in silenzio.

Era semplicemente spiazzata.

Spiazzata da quel coraggio, da quella sfacciataggine, da quella domanda. Dal vero senso di quella domanda.

-Non lo so Mezzosangue-

-Non dire scocchezzè- ribattè lui- Tutti sanno cosa vogliono. Anche tu.-

Lei non rispose.

Cosa avrebbe potuto dirgli?Che desiderava essere solamente una ragazza e non la regina, la figlia Del mangiamorte? Che avrebbe preferito rimanere nell'ombra amata da pochi e conosciuta da altrettanti?

Che volentieri si sarebbe disfatta di oneri spiacevoli, di delusione da sostenere, di paure nel letto e nella notte?

Che un cuore ce l'aveva, che non avrebbe voluto essere tutto ciò che essere la Regina Slythetin comportava, essere libera?

Essere tutto o niente.

Decise che in fondo non le importava.

Lei voleva troppo cose, forse.

Forse.

Sentì il respiro di lui caldo accanto al suo orecchio e al suo collo.

Neanche si era accorta dei suoi movimenti.

E ancora la sua voce calda.

-Pensa Granger. Pensa. E chiudi gli occhi. Immaginati tutto ciò che vuoi, che vorresti essere. Tutto. E pensa che lo sia la neve. Vedrai non rimarrai delusa. La neve può essere tutto. Lo devi volere solo ed unicamente tu.-

Si sentì accarezzare da parole sommesse e dolci.

Una litania di consigli e promesse.

La promessa di vedere tutto quello che voleva realizzato.

La promessa di poter essere felice guardando fiocchi di neve cadere al suolo.

La promessa di poter sorridere ad occhi chiusi.

Non rimarrai delusa.

Chiuse gli occhi scettica o forse solo troppo fiduciosa in quel miracolo da non riuscire a crederci.

E li vide.

Vide tutto.

"The simple things are also the most extraordinary things, and only the wise can see them."

Le semplici cose sono anche le cose più straordinarie, e solo il saggio può vederle. The Alchemist "Life" Paulo Coelho

Vide finalmente ciò che per lui significava purezza.

Vide se stessa con abiti babbani, un sorriso smagliante sulle labbra e un espressione felice.

Si, si vide felice, come mai aveva fatto. Anche perchè in realtà questo privilegio le era stato precluso.

Vide anche un parco grand,e alberato. Le piante in fiore, le vecchiette camminare appoggiare al bastone e seguire i nipotini che correvano da una parte all'altra.

Vide coppie felici tenersi per mano e attraversare quel viale.

Sentì il vento nei capelli, una mano accarezzarle la testa, le spalle, un braccio fino a stringerle la mano.

Vide anche un lago limpido riflettere la sua immagine. Non si era mai vista così...diversa.

Aveva sempre avuto una stessa visione di se stessa e ora le si mostrava un'altra lei più bella, intraprendente, sorridente, affettuosa e soprattutto felice.

Sentiva ancora una mano calda stringere la sua, mentre stava rivolta allo specchio d'acqua.

Ma come si sarebbe potuta aspettare, a lei era sempre riservata una delusione. Lui le aveva mentito.

Non vide chi le stava affianco.

Ne rimase delusa, perchè saperlo sarebbe stato un desiderio veramente realizzato.

E la neve scendeva e lei vedeva.

Ma non tutto.

La neve può essere tutto, lo devi volere solo ed unicamente tu.

E forse ancora una volta era lei che non voleva vedere chi le stava affianco.

Forse perchè aveva paura della scoperta, timore del significato.

O forse perchè quella persona ce l'aveva già accanto.

Riaprì gli occhi e sentì il viso umido.

Non seppe dire se fosse stata la neve oppure le lacrime. Non lo volle scoprire.

Continuò per qualche secondo guardare la neve cadere ancora, per poi voltarsi.

Un vuoto la prese all'altezza del petto e dello stomaco.

Era di nuovo sola, forse era questo il prezzo di riuscire a vedere nella neve tutto ciò che desiderava.

Restare sola al freddo e con il viso bagnato. Con il cuore appena aperto da una speranza piccola a vana e la senzazione di poterci riuscire veramente.

Chiuse gli occhi e di nuovo rivide tutto. Scosse il capo con decisione per scacciare via quelle visioni di preclusa felicità, di effimera illusione.

Diede la schiena alla balaustra e si avviò verso una delle entrate per la Sala.

Appena varcata la soglia, fu sommersa da luci, voci, musiche, risate.

La mezzanotte era vicina e lei sentiva la gente che rideva, vedeva la gente che ballava, che beveva, che chiaccherava. Tutti ignoravano la sua nuova scoperta, nessuno capiva veramente cosa si poteva fare volendo solamente. Nessuno tranne lui, che dopo averla edotta l'aveva abbandonata come un fiore spoglio dei suoi petali.

Lasciata lì senza il rifugio confortevole di parole comprensive e silenzi leggeri.

Sola come in fondo si era abituata ad essere.

In fondo si era resa conto che non poteva aspettarsi altro da chi per anni aveva ricevuto solo il suo disprezzo, solo i suoi insulti nascondendo una voglia incancellabile dell'altro.

L'aveva capito e non gliene aveva fatto una colpa.

Erano solo le conseguenze delle proprie azioni. Nente di più, niente di meno.

E il profumo di lei ancora addosso.

Camminava a passo svelto attraverso la Sala, non badando alle coppie che volteggiavano accanto a lui.

L'aveva lasciata da sola, senza un cenno, senza una spiegazione, mentre lei per la prima volta, forse, vedeva.

Ed era stato lui a farla arrivare a quel traguardo.

Era intorpidito dal freddo. Raggiunse il buffet per poi servirsi un bicchiere di un ottimo vino rosso. Un Cabernet Franc.

Bevve un primo sorso dal suo calice di cristallo. Il vino non era nè troppo freddo nè troppo caldo.

Era morbido, con un corpo leggero e fruttato.

Pelle levigata, bianca come una piuma e il suo profumo di mora e fragola. Lei fredda e calda.

Annusò il vino, dopo un altro sorso chiudendo gli occhi.

Le mani gli tremavano. Sentiva la pelle umida per via della neve e i capelli bagnati.

Si versò nel calice altro vino e si sedette in una delle tante poltrone sparse per la Sala.

Affondò le spalle nel velluto, posò il braccio sinistro sul bracciolo e con la mano destra teneva ancora il suo bicchiere con il liquido rosso chiaro.

Faceva girare il vino nel cristallo, lasciando opachi aloni di rosso sulla coppa.

Riaprì gli occhi. Scandagliò la Sala alla ricerca di chi aveva appena lasciato.

Vide Harry ballare ancora con Ginny. Ron seduto dall'altra parte della Sala con accanto la sua ragazza.

Più in là Blaise Zabini in piedi lo scrutava con divertità curiosità bevendo pounch evidentemente corretto con del FireWisky.

Sorrise verso di lui, alzando il bicchiere con il vino in un tacito invito a brindare in silenzio.

Lo Slytherin alzò in risposta il suo braccio poco prima di portarsi alle labbra quel liquido rosso ambrato.

Hermione vedeva tutto offuscato, la luce le aveva colpito gli occhi con una forza letale.

Si avvicinò lentamente, con velocià calcolata, verso quello che era il suo migliore amico.

Blaise si girò verso di lei, sbarrando leggermente gli occhi.

-Hai deciso che per dare un risvolto positivo alla serata avresti dovuto fare un bagno nel lago ghiacciato?Sei fradicia-

-No, sono stata semplicemente a guardare la neve e a vedere- la sua voce era ferma anche se bassa.

Lui inarcò un sopracciglio, nella tacita richiesta di una spiegazione, che d'altronde non ricevette. Con un colpo di bacchetta le asciugò il vestito e i capelli, ancora elegantemente acconciati con le perle bianche che attiravano verso di loro i riflessi delle luci.

-Grazie-

Lui alzò le spalle in risposta, passandole un calice con il pounch corretto con una dose molto generosa.

Hermione ne bevve un sorso.

Si sentiva la gola arsa e percepì il liquore gelido scendere scaldandola dentro.

-Allora, Princess, non hai niente da dirmi?-

-Ho visto Blaise-

-Cosa?-

Lei sorrise, un sorriso che raramente le increspava le labbra, malinconico e compassionevole.

-Cose che tu non hai mai visto-

-Capisco- la sua voce tenorile risuonava in quella sfera di cristallo che sembrava essersi creata intorno a loro.

Sorrise anche lui.

Aveva mentito: non capiva, ma era sicuro, che il momento sarebbe giunto. Presto.

Hermione vagò con lo sguardo nella sala, fino ad incontrare lamine di metallo ghiacciate colpirla e affondarla.

-Ho anche deciso-

-Cosa?-

-Cose che tu non hai mai deciso- rispose vagando con lo sguardo su una fluente chioma bionda e due occhi verde acqua che ballava tra le braccia di un ragazzo anonimo. Daphne Greengass.

-Capisco-

Sembrava la scena di un teatrino che implacabile si svolgeva sempre nella stessa maniera.

Guardò ancora verso un punto imprecisato della sala, fino a coglierlo nell'esatto momento in cui le sue procaci labbra di leone con la lingua di serpente lambivano quel cristallo accettando la soave carezza del vino.

Lei indugiò. Mosse un passo in avanti per poi fermarsi.

-Sei ha deciso, Hermione, allora perchè non farlo?- La sua voce risultava come una carezza sulla pelle.

Una carezza lacerante, che mai sarebbe stata capace di squarciarla in quel modo impressionante come aveva fatto quella di lui. Un dolore al petto, all'udito e alla vista. La pelle che bruciava ancora sotto quel alito caldo che l'aveva colpita nel grande balcone al freddo.

Elegante, nella sua sporcizia. Fine, nella sua rozza condizione sociale.

Puro, con sangue infangato da origini impossibili da cancellare.

Infangato come la neve al suolo.

Le sue mani tremavano.

Chiuse gli occhi e sospirò.

Li riaprì e li attraversò un guizzo di indecifrabile sicurezza .

Il suo incedere era lento. Sembrava che ogni passo richiedesse tutto il coraggio Gryffondor che non aveva.

In quel momento la Sala poteva essere diventata l'immensa distanza che separava l'Inferno dal Paradiso.

Lei dall' Inferno al Paradiso.

Oppure dal Paradiso all' Inferno. Le regole ancora non erano state dettate.

Draco aveva il capo affondato nel velluto.

Fissava il soffitto, mentre sentiva il vino scendergli nella gola.

Piano riportò lo sguardo sul resto della Sala.

L'aveva vista parlare con Zabini.

Si strofinò gli occhi e bevve un altro sorso.

Finché non la vide tra una coppia e l'altra.

Lei con il suo bicchiere in mano all'altezza dello stomaco. E una coppia la coprì per poi farla riapparire un secondo più tardi.

Camminava piano, ma sembrava comunque che il tempo fosse giunto ad un inesorabile e quanto mai inaspettata fine della sua esistenza.

Hermione si fermò a tre passi da lui.

Portò il bicchiere vicino alle labbra socchiuse. Schiacciò il cristallo contro quel rosso carminio.

Lussuria.

E poi bevve, guardandolo negli occhi.

Era come una sfida.

E lui l'accolse.

Posò il suo calice accanto a un piccolo tavolino in noce lì vicino e si alzò.

Le prese il bicchiere dalle mani.

Toccò quella pelle bianca, nivea, liscia attraverso la stoffa del guanto di raso.

Sentì un fremito alla base della nuca.

Sempre occhi negli occhi.

Una sfida.

Ghiaccio nel fuoco, orgoglio nella vanità, passione nella lussuria.

Quel liquido caldo e amaro gli solcò la gola in una ruvida carezza.

Il braccio gli ricadde lungo il fianco inerme.

Lasciò che le dita si aprissero, facendo cadere il bicchiere vuoto a terra. Lo schianto perforò i timpani e una scheggia gli ferì la mano.

Un leggero rivolo di sangue corse sulle sue lunghe dita.

Rimasero in silenzio tombale, ricco di sottintesi, di occhiate di fuoco, di cose non dette e di cose dette.

Draco allungò la mano ferita verso quella guantata di lei.

Sentì il raso sotto i polpastrelli, accarezzandone lievemente la sofficità.

Una piccola macchia rossa rimase su quel bianco immacolato. L'esatto contrario della proprietaria.

-Ti ho macchiata-

-Non importa, tanto sono già sporca...-

La musica continuava a rimbombare fra quelle mura. Sembrava che si fossero resi invisibili, che fossero sotto una campana di vetro. Tutto era ovattato e surreale.

-Vuoi ballare?-

Lei scosse impercettibilmente il capo in segno di diniego. Poi, inavvertitamente schiuse le labbra in un labile accenno di un sorriso perlaceo.

Allungò una mano guantata verso quella ferita di lui, la prese e la rigirò per qualche secondo e poi la fece ricadere lungo il fianco di Draco.

Tutto intorno a loro era opaco, sfocato, un altro mondo.

Un altro mondo dove tutto è nascosto perfettamente sotto una maschera d'argento, tutto interpretato da goffi istrioni e burattini.

Una voce narrante dietro le quinte a raccontare quello che ne è di vite lasciate scorrere via.

Impalcature di legno rovinate dai tarli, decadenti, ammuffite che stentano a reggere il sipario che cala una volta finito lo scadente spettacolo delle vite altrui.

-Vieni- Hermione si avvicinò a lui. Era come se lo toccasse, come se una corda invisibile lo avesse costretto a girarsi e a seguirla lontano da tutto, da tutti, da occhi indiscreti, da ciò che spaventa.

Le voci si attenuarono, la luce divenne soffusa.

Non c'era più niente intorno a loro. Solo il vuoto.

La neve scendeva ancora e li bagnava imperterrita.

Lei si appoggiò con i gomiti alla balaustra, invece Draco diede le spalle al panorama, adagiando i fianchi sulla pietra.

Hermione continuava ad osservare la neve cadere al suolo nella sua spericolata danza.

Non c'erano parole per descriverla. Era tutto ciò che lei non aveva mai visto e ciò la spaventava e la ipnotizzava.

- Sai..-

- Si, Granger?- fece lui incitandola ad andare avanti.

-Una volta, non ricordo dove né quando, ho letto che se vivi senza innamorarti profondamente equivale a non vivere. Perciò bisogna tentare, se si vuole vivere...*- fece cadere la frase, come in una suspence ben programmata che aspetta solo l'invito dell'altro per poter riprendere con più gusto.

-E?-

-E io ho deciso: ho deciso di vivere, di amare...-

-Granger, davvero credi di aver deciso?Ma soprattutto di essere pronta a fare un passo più lungo della gamba?- Un mezzo sorriso gli aleggiava sulle labbra,mentre guardava come rapito le pietre scabre dei muri esterni.

-Amare non mai è semplice, ma è ciò che di più naturale possa esistere-

-E la neve?- chiese lui.

-Giusto oltre la neve-

Ricadde un silenzio quasi innaturale. In sottofondo si poteva sentire solo il vociare concitato e la musica e i rumori di bicchieri provenire dalla Sala.

Lui guardava fisso verso una delle entrate, ma sembrava non avesse un soggetto in particolare.

Hermione volse lo sguardo verso il ragazzo.

Osservò con attenzione, come mai si era concessa di far prima, il suo profilo regolare, la linea della mascella leggermente spigolosa e mascolina, la palle candida.

E quei fili d'oro che incauti ricadevano ad incorniciargli il viso. Alcuni gli solleticavano la guancia e gli donavano un'aria sbarazzina e intrigante.

Non riusciva a distogliere lo sguardo da quella vista celestiale e sublime, che le catturava la fantasia. Era attratta come mai era successo.

Reprimette l'impulso di alzare il braccio e ravvivargli quella sottile ciocca che si era depositata sulla guancia. Evitò di farlo, ma la tentazione era diabolica.

Stette lì inerme ad osservarlo finché lui non si voltò.

L'aveva colta in flagrante, come quando Dio si accorse dell'immenso peccato di Adamo ed Eva, che spinti dalla brama della somma conoscenza accettarono il dono tentatore del Serpente, lei desiderava conoscerlo a costo di peccare.

Ma d’altronde ciò non sembrò turbarla.

Fatto sta che quando aveva avvertito lo sguardo di lei su di sè, non si era sentito nè infastidito, nè sotto esame. Si era sentito a casa con uno sguardo apparentemente sconosciuto.

Draco restò a guardarla, mentre lei riportava lo sguardo verso il panorama latteo.

In silenzio perlustrava tutti gli anfratti di quel paesaggio appena innevato, ma già sporco.

In fondo la neve avrebbe vinto solo per il suo coraggio.

Una piccola perla bianca cadde dall'acconciatura elaborata d Hermione, che non fece nulla per cercare di fermarla o recuperarla: era perfetta anche con una perla in meno. Di questo lui ne era sicuro e forse anche lei.

-Allora Granger, se rimasta delusa dalla neve?-

- Si, in parte...-

-E perchè?-

-Non ho visto chi c'era accanto a me, chi mi teneva per mano-

-Ah- sbigottito dalla strana risposta non trovò altro da aggiungere in quella conversazione che sembrava protrarsi avanti per mera inerzia che per vero interessamento dei due interlocutori.

Osservazione quanto mai sbagliata: ognuno dei due sentiva il bisogno di parlare, di sapere.

Ognuno dei due aveva uno scopo.

-Comunque vuoi davvero amare?- Draco sembrava aver ritrovato la voce in una domanda che impellente come l'ossigeno era richiesta in silenzio anche da lei.

-Si- un sospiro lieve, ma deciso.

- E chi, se posso?-

La curiosità e la conoscenza sono davvero peccati mortali?

- Te- La consapevolezza di una decisione, quasi urlata, ma comunque intima. Un passo enorme per chi fino a quel momento era vissuto nell'odio e nel reciproco disprezzo[ovvero amore senza saperlo].

Si sentì come gelato da un fuoco, all'improvviso senza una spiegazione, solo con l'immediata certezza di una possibile felicità o morte.

Tutto al di fuori dell'immagine di lei era sfocato e percepì solo in parte la naturale ed istantanea reazione dello sbigottimento.

Hermione si girò senza esitazioni verso Draco, lasciando che un'altra perla abbandonasse il caldo rifugio fra i suoi capelli.

Negli occhi la paura di aver sbagliato, ma la speranza di averlo fatto davvero[essersi ribellata e amato].

Lentamente stese le labbra in un sorriso, uno vero, uno di quelli che in un istante arriva anche agli occhi.

Il rosso carminio formava una perfetta mezza luna dove i perlacei denti accarezzavano quella pelle come soffice piuma.

Era uno di quei sorrisi che si donano raramente, solo quando si offre nella mano il cuore come prezzo di una scelta.

A quel sorriso lui si abbandonò completamente vittima[correo] di ciò che gli spalancava un altro mondo.

Si girò anche lui verso la balaustra e allungò una mano verso quella di lei macchiata di sangue. E la strinse.

Un patto nato dallo sporco del fango e dalla supremazia del sangue.

La strinse forte, in una presa d'acciaio rovente e non la lasciò più.

Quella stretta e quei sorrisi erano il loro nuovo mondo.

E fuori la neve.

 

"Ci sono certi sguardi di donna che l'uomo non scambierebbe con l'intero corpo di lei" Gabriele D'Annunzio.

 

 

 

*non la frase esatta, ma il senso è ripreso da uno dei dialoghi di "Vi presento Joe Black".

 

   
 
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