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Autore: ardenteurophile    06/03/2013    4 recensioni
[...] Sei… hai detto alla tua famiglia che siamo un coppia?”
“No.” Borbottò Sherlock, seccato. “Ovviamente no.”
John sventolò un po’ le braccia, totalmente incredulo.
“Allora cosa–“
“Io… solamente mi sono limitato a non correggerli quando lo hanno dedotto.” Ammise Sherlock. “Non sembrava importante all’inizio, e poi…”
“E poi? E poi cosa, Sherlock?”
“Sembravano così orgogliosi di me per una volta...” La sua voce venne improvvisamente meno, mentre fissava la sua tovaglietta. “Non mi piaceva l’idea di rivelar loro la verità.”
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio, John Watson , Mycroft Holmes , Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CHAPTER 2

 

La sala da pranzo era enorme come il resto della casa e agghindata nel medesimo stile, con agrifoglio, nastri e ghirlande colorate. Sul piano di un’imponente tavolata era imbandito un banchetto di Natale in tutto e per tutto: un tacchino così grosso che John stentava a credere che fosse mai riuscito a muoversi, enormi cumuli di patate arrosto oltre al resto dei contorni e crackers natalizi[1] posizionati lungo tutto il tavolo. Si sentì un po’ come il Piccolo Tim che vagava in un romanzo Dickensiano.
Solo allora realizzò che c’era già qualcun altro seduto al tavolo, e tirò un sospiro di sollievo sapendo che non sarebbe non stato l’unico ospite invitato a cena.
"Anthea?"
L’assistente personale di Mycroft alzò lo sguardo dal Blackberry su cui stava tamburellando e gli rivolse un ghigno alquanto contorto.
“Non oggi.” Si rivolse o John.
Soffiò divertito e prese posto dove Aracelia gli stava indicando.
“Qual è oggi, quindi?”
Sembrò rifletterci per qualche istante, inclinando la testa da una parte e guardandosi attorno.
“Forse… Mary?” propose, incerta.
“Oh, ovvio.” Esclamò Sherlock, sfilandosi il cappotto prima di sedersi di fronte a John. “Ovvio, banale. E non mi piace quel nome, in ogni caso.”
Mycroft ritornò a grandi falcate con le mani ricolme di bottiglie di vino, e dopo averne appoggiata una sul tavolo e fatto accomodare Aracelia, si sedette con un movimento armonioso.
“Cosa ne pensi di Donna?” suggerì canzonatorio, unendosi alla conversazione, per non cambiare argomento. “Oppure Blitzen. O Comet, o Cupid; quello che preferisci.”
La sua assistente rise, scuotendo la testa.
“Holly. [2]” Statuì, afferrando un rametto di agrifoglio dal tavolo come per precisare la sua scelta.
“Holly.” Concordò John.
“Che Holly sia, allora!” canticchiò Aracelia, gesticolando a Mycroft di versare il vino. “Perciò ora ci conosciamo tutti. In ogni caso devo insistere che quei telefoni scompaiano durante tutta la serata; sono sicura che il Paese si potrà governare da solo per un paio d’ore.”
Holly scoccò un occhiata un po’ dubbiosa a Mycroft, che tuttavia le annuì, e infilò riluttante il Blackberry in tasca.
“Questo vale anche per te, Sherlock.” Aggiunse un po’ bruscamente: il suo secondogenito stava di nuovo tamburellando su quell’odioso iPhone rosa, osservò John. Avrebbe voluto scagliarlo lontano dopo quello che era successo alla piscina, ma Sherlock aveva insistito che gli sarebbe stato utile avere un numero anonimo personale da cui inviare messaggi, e che John si stava comportando da sentimentale senza motivo nell’associare un telefono ad un brutto ricordo. John rabbrividì al pensiero, decisamente dell’opinione che si stava comportando da sentimentale per un’ottima ragione.
Sherlock li scrutò torvamente e cacciò il telefono nella tasca della sua giacca.
“Ti ringrazio. Ora, Sherlock, potresti affettare, per favore?”
Mycroft si pietrificò con la bottiglia a mezz’aria, scandagliando sua madre come se fosse assolutamente uscita di senno.
“Mamma.” Le bisbigliò tra i denti, piegando la bocca a lato. “Davvero credi che sia una buona idea? Dopo quello che è successo l’ultima volta?”
Sherlock sospirò, frustrato.
“Riesco a sentirti, Mycroft, lo sai? Sono seduto proprio qui.”
“Beh, forse è ora di dargli un’altra possibilità.” Affermò Aracelia, malgrado John avesse notato un leggero tremore nella sua voce.
“È tutto a posto, madre.” Dichiarò Sherlock, con tono glaciale. “Non vorrei che a Mycroft si agitasse. Può farlo John.”
Gli occhi di tutti al tavolo saettarono verso John.
“Vorresti fare tu gli onori?” domandò Mycroft, quasi supplichevole.
“Naturalmente.” Rispose un sorridente John  mentre afferrava il trinciapollo, chiedendosi cosa fosse riuscito a fare Sherlock di così terribile al tacchino l’ultima volta. Decise che non voleva saperlo.
“Cucini per Sherlock a casa, non è vero?” Gli domandò Aracelia per intavolare una conversazione. John alzò le spalle, annuendo appena.
“Suppongo di sì. Beh, spesso si dimentica di mangiare, e a me piace cucinare, quindi…”
“Abbiamo sentito che sei un ottimo cuoco.” Continuò con un sorriso a trentadue denti. “Sono così felice che Sherlock abbia finalmente trovato qualcuno che si prenda cura di lui. Stavamo iniziando a perdere le speranze.”
John fece rimbalzare uno sguardo un tantino ansioso tra lei e Sherlock, domandandosi se la donna stesse davvero implicando quello che pensava stesse implicando, o se fosse talmente abituato che la gente implicasse qualcosa che non riusciva più a distinguerlo ormai.
“Può essere un po’ una peste.” Concordò piano, adagiando il tacchino sul piatto di ognuno dei convitati.
“Solo un uomo molto coraggioso avrebbe accettato l’incarico.” Ridacchiò Mycroft.
John sorrise ansiosamente e si risedette, gesticolando al banchetto di fronte a sé.
“La cena sembra deliziosa, signora Holmes.” Si complimentò, e lei sorrise riconoscente. Sherlock li guardava ancora in cagnesco mentre pugnalava le sue patate arrosto.
“Vorrei che tu sapessi, Mycroft, che la mia relazione con John è di fatto più equa di quello che tu sembri voler insinuare.”
John non era sicuro che il riferimento di Sherlock alla loro relazione fosse davvero d’aiuto, date le circostanze. Ancora.
“In che senso?” domandò Mycroft.
“Beh!” esclamò Sherlock che sembrava occhieggiare in giro in cerca di una risposta. “Ho comprato il latte l’altro giorno.” John grugnì nel bicchiere di vino.
“Sì, e l’hai abbandonato in salotto ed è andato a male prima che mi accorgessi che fosse lì.”
Sherlock sembrò imbarazzato per qualche istante, ma si riprese velocemente.
“Ho riordinato casa la settimana scorsa!”
“Solo perché così avresti avuto abbastanza spazio per trascinarci quella pecora morta che volevi esaminare.”
“Beh… ti porto sempre fuori a cena!”
John gli rivolse un largo sorriso, ammettendo quel particolare aspetto.
“Questo è vero, lo fai sempre. Ed è anche molto gentile da parte tua. Tuttavia, se riuscissi ad aiutare il proprietario di un ristorante thailandese nel vicino futuro, mi farebbe piacere. Ho una voglia matta di cibo thai.”
Sherlock lo esaminò, concentrato, prima di annuire.
“Avresti dovuto dirlo.”
“Di solito non ne ho bisogno con te.” Gli fece notare John.
“Naturalmente.”
John si chiese se Sherlock sarebbe andato a chiedere ad ogni singolo proprietario di ristorante thailandese a Londra se avesse bisogno di qualche favore o di risolvere qualche problema. Lo avrebbe ritenuto capace di farlo.
Aracelia sorrise indulgentemente.
“Oh, ma sentiteli, bisticciano. Siete solamente una vecchia coppia sposata, non è così?!”
“Non siamo –“ incominciò John, pronto a passare alla modalità automatico, solo per essere interrotto da un insistente Sherlock. “Non siamo vecchi, madre.”
John socchiuse gli occhi e scrutò gli altri convitati attorno al tavolo. Stava incominciando ad avere un vago sospetto sull’intera faccenda.
“Perciò, signora Holmes. Ha detto di aver sentito parlare molto di me. Cos’è che ha sentito esattamente…?”
Arcelia alzò un sopracciglio al suo interrogativo, nello stesso istante la testa di Sherlock scattò, con un’espressione simile al panico dipinta in volto. John incontrò il suo sguardo al di là del tavolo con un cipiglio leggermente inquisitore.
“Qualcuno – gradirebbe – ancora – del – vino?” scandì all’improvviso Sherlock, alzandosi di scatto dalla sedia. Incominciò a riempire casaccio i bicchieri di tutti fino all’orlo, lasciando una scia di goccioline di vino rosso lungo la tovaglia per l’entusiasmo. John le fissava, la sua mente fu riportata con forza alla traccia di gocce di sangue che lui e Sherlock avevano seguito nella neve un paio di settimane prima. Il Caso del Coltello Scomparso. Aveva quasi terminato il post per il suo blog. Sorrise al ricordo dell’espressione sul viso di Sherlock quando gli aveva spiaccicato addosso una palla di neve nel bel mezzo di una scena del crimine.
La signora Holmes ignorò lo strano comportamento del figlio.
“Beh, che sei un dottore, mio caro, e che eri nell’esercito una volta – complimenti. E che bevi moltissimo tè, mi ha detto. Sì, veramente molto, moltissimo tè, apparentemente.”
John si rilassò, sollevato.
“E che suona per te con il suo violino, cosa che ti piace, e che andate a cena fuori spesso, o talvolta rimanete a casa e cucini per lui, e qualche volta sei disposto a sacrificare la vita per lui.” Aggiunse Mycroft, con un po’ di disappunto. “Non dovresti farlo, davvero, John. Ingigantisce solamente il suo ego.”
John sbatté le palpebre. E anche Sherlock, notò.
“E poi…” continuò Aracelia. “Mi ha chiesto di imparare a sferruzzare così da poterti regalare un nuovo maglione. Pensa che tu sia veramente un amore quando li indossi”
“Oh mio Dio.” Esclamò John, fissando il suo amico a bocca aperta dall’altro lato del tavolo.
“Oh mio Dio.” Ripeté Sherlock, ravviandosi i capelli per evitare gli occhi di John.
“Signora Holmes.” Incominciò John. “Mi dispiace, ma glielo devo dire, credo che si sia fatta l’idea sbagliata su di me e Sherlock. Non siamo… voglio dire, io non…”
Sherlock alzò improvvisamente lo sguardo e fissò John così intensamente, così supplichevolmente che John lasciò morire le ultime parole in gola. Percepì il suo respiro arrancare un po’ nel petto e deglutì, sospettando che se ne sarebbe pentito in futuro.
“Io non credo… davvero che gli piacciano i miei maglioni, per nulla, non mi ha lasciato indossare il mio preferito questa sera. Ahahah!” Esclamò, forzando una risatina che sembrava falsa persino per le sue stesse orecchie.
Sherlock gli ricolse uno sguardo di pura gratitudine.
“Ah, John, mi dispiace ma non potevo semplicemente lasciarti venire a casa di Mycroft senza il tuo miglior completo, per quanto sia scomodo. Quando saremo a casa ti prometto che ti libererò immediatamente da quei vestiti.”
Sherlock alzò suggestivamente un sopracciglio e John per poco non si strozzò con una patata. Holly ghignò dal lato opposto della tavolata.
“Andiamo, andiamo ragazzi.” li avvertì Aracelia, sebbene non sembrasse davvero infastidita: al contrario infatti, sembrava… orgogliosa? John scosse lievemente la testa, optando per concentrarsi sulla cena.
Magari se avesse finto che nulla di tutto ciò stesse accadendo, sarebbe semplicemente scomparso.
“Quindi, Mycroft…” tossì Shelock, che palesemente aveva optato che un repentino cambio di argomento fosse necessario. “Come va… il governo?”
Mycroft scanagliò scaltramente il fratello minore da dietro le palpebre.
“Non c’è bisogno di fingere che ti interessi.”
“Pensavo che le riunioni di famiglia servissero a questo?” questionò Sherlock in tutta innocenza. John represse un grugnito nella sua cena: c’era qualcosa nei loro battibecchi fraterni che gli faceva sentire la mancanza di Harry. Decise di fare una capatina per andare a trovarla nel fine settimana. Era sicuro che avrebbe adorato la storia di come ora tutti i membri della famiglia di Sherlock, come del resto quelli della sua, fossero convinti che rappresentassero la coppia del momento.
“Molto bene. Il governo è in perfetta salute, nonostante quello che I giornali vogliono farvi credere. Holly ed io lavoriamo duramente per assicurarla.”
Alzò il bicchiere verso la sua assistente che sorrise, imporporandosi appena.
“Lavorare con una coalizione è stato interessante.” Suggerì Holly. “Naturalmente sin dal principio il Primo Ministro era completamente consapevole di chi fosse Mycroft e della sua… posizione, ma il novellino ha avuto un po’ di problemini. Sta ancora imparando.”
John scoccò un occhiata in tralice a Sherlock che stava annuendo educatamente, seppur con un’espressione totalmente smarrita. Si morse le labbra e ingoiò una risata.
“Qualcosa di divertente?” Inquisì Mycroft, alzando un sopracciglio. Sherlock si voltò accigliato verso John, riducendo gli occhi a due fessure.
“Ah, ehm. Sì, è solo che…” incominciò John, prima di lasciarsi andare in un risolino. “A dire il vero Sherlock non sa chi sia il Primo Ministro, non parliamo poi di coalizioni.”
Holly lo fissò scioccata prima di scoppiare in una sonora sghignazzata. John si unì a lei con risata quasi isterica, realizzò poi, dati gli eventi della serata fino a quel momento.
“Oh, non siate ridicoli, miei cari, ovviamente Sherlock conosce chi è il Primo Ministro.” Esclamò Aracelia, sventolando leggermente la mano. “Non è vero, tesoro?”
Sherlock si concentrò con interesse sulla sua cena infilzando un broccolo con la forchetta.
“Ovviamente lo so.” Borbottò imbronciato.
Mycroft alzò un sopracciglio, divertito.
“E chi sarebbe, ti prego?”
Gli occhi di Sherlock rimbalzarono da un lato all’altro a gran velocità, evidentemente cercando di ripescare l’informazione dall’archivio nel suo cervello. John quasi collassò in una nuovo attacco di risatine alla vista dell’espressione di puro panico tatuata su tutto il suo volto.
“Ehm…” rispose Sherlock, osservando ansiosamente Mycroft e azzardando palesemente un tentativo. “Tu?”
Mycroft gettò la testa all’indietro in una risata sguaiata. Sembrava un suono ridicolmente grossolano da un uomo che di norma era così composto, pensò John.
“No Sherlock, non sono io.” Ribadì alla fine, quando ebbe ripreso fiato. Sherlock si accigliò, costernato. “Non sono io il primo ministro, no.”
“Ci è abbastanza vicino, a dire la verità.” Sussurrò Holly allungandosi verso John con fare cospiratorio.
“E questo fa di te…?” Domandò ad alta voce.
“Ah.” Gli rivolse un sorrisetto. “Dietro ogni grande uomo c’è una grande donna. E il suo Blackberry.”
John apprezzò la battuta sghignazzando, finché realizzò che Sherlock stava osservando la loro conversazione con uno sguardo stranamente accanito. Improvvisamente questi raggiunse e prese possesso della sua mano dall’altra parte del tavolo. John farfugliò qualcosa, cercando allarmato gli occhi dell’amico, tuttavia Sherlock gli rivolse semplicemente un sorriso stringendogli debolmente la mano.
“Quindi, non conosco il nome del Primo Ministro.” Concluse con un’alzatina di spalle verso Mycroft. “Non è rilevante, è il lavoro che importa. Tutto il resto è solo deviante.”
Il sopracciglio di Mycroft saettò verso l’alto.
“È solo il lavoro che importa, quindi?”
Gli occhi di Sherlock balenarono per un istante verso John.
“Non sono contrario a certe attività extra curricolari ogni tanto.”
John deglutì aria lungo la sua gola arida. Aveva la sensazione a dir poco inquietante che la situazione stesse sfuggendo completamente al di fuori del suo controllo.
Aracelia si alzò improvvisamente, appoggiando una mano sulla spalla di Mycroft.
“Mi servirebbe il tuo aiuto per preparare il dessert, Mycroft.” Lo esortò. “E poi passeremo ai cracker e ai regali.”
Mycroft annuì ed entrambi si diressero fuori dalla sala, che tutto d’un tratto si ghermì di camerieri che sembravano essere stati evocati dal nulla per aiutare a sparecchiare. John aveva ragione riguardo agli aiutanti, pensò.
Non appena Aracelia scomparve, Holly estrasse il suo Blackberry immediatamente e iniziò a pigiare furiosamente i tasti. Ci fu silenzio per un istante: John inceneriva Sherlock con un occhiata, Sherlock ricambiava con uno sguardo un tantino… colpevole?
Holly imprecò improvvisamente contro una misteriosa e-mail e si alzò, scusandosi, per poi sgattaiolare fuori dalla stanza con il telefono appiccicato all’orecchio.
“Sherlock, che cazzo sta succedendo?  Sei… hai detto alla tua famiglia che siamo un coppia?”
“No.” Borbottò Sherlock, seccato. “Ovviamente no.”
John sventolò un po’ le braccia, totalmente incredulo.
“Allora cosa–“
“Io… solamente mi sono limitato a non correggerli quando lo hanno dedotto.” Ammise Sherlock. “Non sembrava importante all’inizio, e poi…”
“E poi? E poi cosa, Sherlock?”
“Sembravano così orgogliosi di me per una volta...” La sua voce venne improvvisamente meno, mentre fissava la sua tovaglietta. “Non mi piaceva l’idea di rivelar loro la verità.”
John si lasciò sfuggire un sospiro, incapace di rimanere arrabbiato quando il suo amico sembrava così smarrito.
“Capisco.”
Sherlock evitava il suo sguardo, giocherellando con i polsini della sua camicia.
“Avresti potuto avvertirmi.” Asserì John alla fine.
Sherlock alzò gli occhi verso di lui, intuendosi ormai perdonato, e irruppe in un improvviso sorriso strambo che gli fece mancare il fiato. Si ripeté di non preoccuparsi di quello che potesse significare, naturalmente: quando Sherlock sorrideva in quel modo, non seguiva mai nulla di buono.
“Inoltre, in pratica siamo comunque una coppia.” Affermò Sherlock con nonchalance.
“No, non è ve– Sherlock! In che senso siamo in pratica una coppia?”
John provò con tutte le sue forze a tralasciare il fatto che la sua voce stesse rassomigliando sempre di più ad uno starnazzio acuto.
“Assumiamo gli stessi comportamenti che ho osservato in altre coppie di fatto.” Statuì Sherlock con un tono simile a quello che utilizzava per spiegare un crimine apparentemente ovvio a Lestrade. “Trascorriamo la maggior parte del nostro tempo insieme, escludendo gli altri. Ci capiamo l’un l’altro senza bisogno di parole: siamo uniti, quindi, e abbiamo speso abbastanza tempo insieme da riuscire a leggere l’uno attraverso l’altro abbastanza facilmente. Non ho un carattere facilmente leggibile, perciò devi aver passato un’immensa quantità di tempo a studiarmi. D’altro canto, tu sei abbastanza semplice da leggere e quindi ignorare, tuttavia mi ritrovo stranamente incapace a farlo.”
John lo fissò basito, percependo il rossore che si faceva largo attraverso il suo corpo, mentre un inquietante sensazione d’orrore e – qualcos’altro? – lo investiva. Sherlock continuò imperterrito, apparentemente nemmeno vicino alla conclusione.
“Cibo, poi, che ne pensi del cibo? Andiamo a cena spesso, cosa che sono consapevole che le coppie amano fare, ed è sempre pagata da me. Un ruolo tradizionalmente maschile quindi; al contrario quando mangiamo a casa tu preferisci cucinare la mia cena, ergo tu sei mia moglie. Personalmente rifuggo a questa definizione dei ruoli, ma queste sono le prove. Condividiamo anche spese finanziarie, nonostante io sia il maggior contribuente, ovviamente.”
John aprì la bocca per protestare.
“Infine, John, ho osservato che il tuo battito cardiaco è leggermente accelerato ogniqualvolta mi trovi vicino a te, più di quello che dovrebbe derivare semplicemente dal brivido provocato da una qualsiasi delle avventure in cui siamo invischiati in ogni momento; inoltre le tue pupille sono spesso dilatate quando sei attorno a me, più o meno come lo sono ora. Questi caratteristiche conducono alla conclusione che tu provi una qualche attrazione verso di me, al di sopra ed oltre la semplice amicizia.”
John brontolò.
“Sherlock, non c’è niente di niente che è semplice riguardo la nostra amicizia.”
“Inoltre, ho catalogato sintomi simili sulla mia persona che trovo difficile spiegare in altro modo: per esempio, il mio battito è abbastanza irregolare e i miei palmi…” si soffermò su di essi per qualche istante. “Sono alquanto orribilmente sudaticci.”
John sbatté le palpebre verso di lui, ora completamente sconcertato.
“Tu sei… attratto da me?” Chiese, lentamente.
“Tu sei attratto da me.” Statuì Sherlock.
“Io… Sherlock–“
Improvvisamente le porte della sala si spalancarono e Mycroft e Aracelia fecero il loro ingresso, carichi di vassoi di budino di Natale tortini natalizi. [3]”
“Scusate se vi ho fatto aspettare ragazzi!” Trillò Aracelia. “Dove si è cacciata Holly?”
John scollò il suo sguardo da Sherlock, chiedendosi se la sua espressione sembrasse così fuori di sé come lui si sentiva.
“Ha fatto un salto fuori per un minuto.” Spiegò, balzando in piedi. “Vado a cercarla.”
Non riuscì a fuggire dalla stanza abbastanza velocemente per i suoi gusti.

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Ndt:
[1] Per chi non lo sapesse, i Christmas crackers sono parte della tradizione natalizia inglese. Si presentano come una sorta di caramella allungata, generalmente ricavata dal cilindro del rotolo della carta igienica ricoperta di carta da regali se costruiti in casa. Si apre in coppia, in quanto ogni persona ne tira un estremità finché il cracker non si rompe. Ne fuoriescono dolci o piccoli regalini (precedentemente inseriti nel tubo, ovviamente!)
[2] Holly significa proprio agrifoglio in inglese. È un gioco di parole che non credo si riesca a tradurre in italiano.
[3] Di nuovo, sono dolci tipici inglesi, non hanno uno specifico nome in italiano.
 
Nota della traduttrice:
No, davvero, chi non muore si rivede!
Io non sono morta, ma il mio pc lo è stato per un mese, perciò, dopo una meritata vacanza è tornato giustamente senza nemmeno l’ombra di tutti i miei file salvati (mi sono mangiata le mani per non avere fatto un back-up dei dati!).
Perciò, non solo sono in un ritardo mostruoso, ma mi è toccato pure tradurre di nuovo la storia. Einstein faceva bene a dubitare della tecnologia.
In ogni caso, cosa ne pensate? Fatemi sapere se non siete troppo occupati a tirarmi pomodori virtuali in faccia!
  
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