Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: TeddySoyaMonkey    06/03/2013    4 recensioni
Cato, Clove, l'Arena e tutto quello che vi successe all'interno.
Una raccolta di mie interpretazioni di quelli che secondo me possono essere i momenti da ricordare della loro travagliata storia negli Hunger Games.
***
Sono consapevole del fatto che il fandom è pieno di Clato e che nessuno si filerà questa povera raccolta, ma se volete fare un tentativo ne sarei felice e, come si dice, possa la buona sorte essere sempre a favore dell'autrice.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cato, Clove
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

Per pazzia

 

Prima il nulla, poi un tonfo, un forte ronzio e un grido.
I favoriti erano già in piedi, che scuotevano le braccia intorno alla testa, urlando e correndo per liberarsi degli insetti.
Lux e la ragazza del quattro, che, da sotto l'albero erano in una posizione poco favorevole per la fuga si contorcevano sul terreno, avvolte dai nugoli più grandi.
-Cato, Cato!- Urlò Marvel.
-Marvel!- Gli rispose l'altro.
-Lux! Aaaah!- Gemette Clove.
-Aiutatemi!- Pregò la bionda.
Tutte quelle grida vagavano per l'arena, mentre le telecamere puntavano sui tributi in pericolo.
Tributi, o meglio, ragazzi che, in quell'istante divennero prede, e non prede degli aghi inseguitori che li avvolgevano, ma prede di quel sistema malato e crudele che erano gli Hunger Games.
Lux e l'altra ragazza morente lo intuirono mentre sentivano il veleno delle punture bruciare nelle vene ad ogni singolo contatto con gli insetti. Tutto ciò, però, non fu altrettanto chiaro per il resto dei favoriti che partirono a dirotto lontano dallo sciame, subito seguiti da Peeta che sull'orrore in cui erano invischiati aveva già avuto modo di riflettere in quella notte passata insonne ad osservare la sua amata, qualche metro più in alto.
Cato, che portava unicamente due bubboni rispettivamente su fronte e mano sinistra, conduceva come sempre il gruppo, seguito da Marvel, con quattro morsi, e Clove, con cinque.
La ragazza, che arrancava sbuffando come un treno a carbone, era già in preda a forti allucinazioni: il terreno le si alzava e abbassava sotto i piedi, come a delineare il moto delle onde del mare che aveva visto una sola volta, da lontano, durante il viaggio in treno che l'aveva portata a Capitol City.
I bordi del suo campo visivo erano sfocati e riuscire a guardare dritto davanti a sè le costava uno sforzo immane.
Ricordava vagamente di aver sentito dire, durante l'Addestramento, che i morsi di aghi inseguitori potevano causare la morte.
Quel ricordo, che le era sovvenuto come un pensiero semplice e poco articolato come un altro, d'improvviso e probabilmente per colpa del veleno, le scatenò un terrore puro e cieco che le scosse il petto, prolungandosi in un urlo acuto e straziante; non voleva andarsene in quel momento, non voleva andarsene in quel modo, non voleva andarsene e basta.
-Non voglio morire!-
Marvel e Cato si girarono verso di lei, guardandola con tanto d'occhi.
Il primo, che iniziava ad avere gli stessi sintomi, si lasciò cadere in ginocchio per rimettere la cena della sera prima alla vista della pelle di Clove divenuta s'un tratto viola e coperta di grosse pustole squamose.
Dal canto suo, Cato, i cui vaghi tremori percepiti nel terreno sotto i suoi piedi non erano nemmeno lontanamente paragonabili alle reazioni dei suoi compagni, fissava la scena con una sorta di distacco, chiedendosi vagamente se non avesse fatto meglio a liberarsi subito di loro. Accantonò l'idea pensando che c'erano ancora troppi tributi perchè si potesse permettere di rimanere solo, così, con una sorta di rasseganta risolutezza, agguantò Marvel per la collottola e afferrò Clove per un braccio, per trascinare entrambi verso il luccichio innaturale che doveva rappresentare, nell'immagine distorta causata dal veleno, il lago.
Più volte dovette fermarsi lungo il tragitto per riprendere l'orientamento, stranito dal fatto che tutto iniziasse a brillare come fosse coperto di porporina.
Nel frattempo Clove continuava a lanciare urla strazianti, ripetendosi che non poteva morire proprio allora.
Lasciando vagare lo sguardo verso l'alto si spaventò immensamente nel constatare che quello strano individuo che la teneva per un braccio avesse la pelle nera come la pece e un grosso verme grasso e giallastro che gli solleticava il naso, uscendo dalla bocca.
L'immagine, che per qualche motivo associò a quella della Morte, la fece urlare più forte e dibattere immensamente, rendendo difficile a quella figura, che in realtà era Cato, salvarle la vita.
Quando finalmente il ragazzo riuscì a trascinare un Marvel insolitamente inerme e una Clove scalpitante lungo il prato dietro alla cornucopia e, quindi, nel lago lasciò andare i compagni, immergendosi nell'acqua fresca e accorgendosi solo allora di quanto i morsi degli aghi inseguitori avevano preso a bruciare. Dopo il primo, piacevole momento in cui si era concesso un lungo sospiro di beatitudine, Cato aveva osservato quasi distrattamente Clove che, al contrario di lui, non sembrava aver notato il sollievo che l'acqua arrecava alle ferite e continuava ad urlare all'impazzata, cercando di arrancare verso la riva, rallentata dai vestiti resi pesanti dall'acqua e, molto probabilmente, dalle visioni che il veleno inviava al suo cervello.
Vide anche una figura, ai margini del suo campo visivo, che si gettava nell'acqua. Inizialmente, scorgendo un bagliore di capelli biondi e dimentico che non poteva essere così, pensò si trattasse di Lux, da poco morta con il bel volto sfigurato nel loro accampamento insieme alla ragazza del quattro.
Non diede molta importanza alla cosa, per concentrarsi nuovamente su Clove, che ora cercava di scavalcare Marvel, che continuava a rigettare bile nel lago. La scena della ragazza che saltellava per evitare il vomito prodotto dall'altro era piuttosto comica, ma quando entrambi trovarono il modo di arrivare alla riva per rimettere in tranquillità e arrancare su per il prato, smise di esserlo.
Cato, che, non più divertito, si era lasciato andare velocemente verso il fondo melmoso del lago notò la scena solo distrattamente, sollevato dalla rinnovata frescura dell'acqua sul morso che aveva in viso.
Decise che, in definitiva, non gli importava di Marvel e dei gravi rischi che vomitare bile comportava e di come e quanto Clove potesse urlare e sbraitare; non li aveva abbandonati in mezzo alla foresta, aveva fatto il minimo per salvarli, se poi erano troppo stupidi o troppo gravi per rimanere vivi non era affar suo.
Tornando in superficie per riprendere fiato notò che Clove si era spinta più in alto, sulla collina, e ora urlava, tentando di colpire con coltelli e pugni, qualcosa di invisibile accanto a lei.
Subito dopo aver notato che la compagna gli appariva insolitamente arancione ed essersi spaventato e preoccupato di ciò, Cato non potè fare a meno di pensare che la morte della ragazza, in fondo, sarebbe dovuta arrivare prima o poi, perchè non lasciare semplicemente che qualcun altro, magari Katniss Everdeen, attirato dalle sue urla e dalla sua esposizione non la uccidesse? Sarebbe stato un peso in meno considerando quanto veleno probabilmente aveva in corpo.
Soddisfatto di tale considerazione chiuse gli occhi e immerse il viso nell'acqua, per arrecare nuovamente sollievo anche al bubbone che andava crescendogli sulla fronte.
Sarebbe stato davvero ristorante se non fosse stato per quello che vide delinearsi dietro le sue palpebre probabilmente per via del veleno che iniziava a mischiarsi al suo sangue, arrivando a quella parte del cervello adibita ai ricordi:
"È forte." Disse Brutus, osservando il braccio pulito e curato di Clove lanciare con precisione assoluta un coltello contro la mela che avevano posizionato a qualche metro di distanza per permetterle di allenarsi. Cato aveva trovato quel commento davvero irritante; Brutus era il suo mentore, non quello della ragazza, avrebbe dovuto elogiare lui, non lei.
L'uomo, alla vista dell'espressione scocciata dell'altro fece un piccolo sorriso; negli anni aveva imparato a conoscere i ragazzi cui faceva da mentore e molto spesso erano più simili di quanto si potesse immaginare.
"Devo davvero dirti che anche tu sei forte per evitare che metta il broncio come una ragazzina?" Gli chiese, nascondendo il divertimento dietro ad un tono burbero.
Cato scrollò le spalle pensando che, a dire il vero, non gli sarebbe dispiaciuto.
"Cato," Sospirò Brutus, tirandogli uno scappellotto sulla nuca. "quanto sei stupido."
Il ragazzo, che accanto al suo mentore si era sentito, durante le poche volte in cui l'aveva visto prima, sempre il patetico ragazzino inesperto che assolutamente
non era, fece per aprire bocca e protestare, ma l'uomo lo battè sul tempo:" Quando dico che è forte," Si spiegò, indicando Clove che si avvicinava alla frutta per riprendersi i coltelli sotto lo sguardo severo di Enobaria, "intendo dire che sa uccidere, e se sa uccidere sa dare spettatocolo. E tu sai a cosa intendo con questo, vero?"
"Gli sponsor. Tutto ciò servirà per gli sponsor." Disse Cato, sicuro.
"No, stupido, se lei sa dare spettacolo tu puoi sfruttare la cosa."
Il ragazzo guardò stranito il profilo scuro e arcigno del suo mentore, non capendo nulla di quel discorso sconclusionato.
"Potete formare la diade del due, i due favoriti più sanguinari, quelli senza scrupoli.". Disse, sospirando, infastidito dal fatto che erano anni, che cercava di ripetere la stessa cosa al tributo maschile di turno, troppo orgoglioso e stupido da voler condividere la gloria. "E questo ti permetterà di avere un'alleata abbastanza affidabile per tutto il tempo che vuoi, se non decide di ucciderti prima".
"Quindi dovrò mantenerla in vita?" Chiese Cato con una smorfia.
Brutus annuì. "Direi".

Nei secondi successivi l'uomo gli sorrise, mentre i contorni della stanza che condividevano sul treno sfumavano, fino a tornare un immenso nulla di acqua fangosa.
Fu Brutus, rimasto stranamente intatto dopo la "visione" a prendere Cato per i capelli e a trascinarlo verso la riva, mentre il ragazzo cercava di stargli dietro muovendo convulsamente le braccia nell'acqua nel tentativo di nuotare fino a che, quando le sue mani incontrarono la riva melmosa, com'era iniziata, la visione si spense.
La scomparsa dell'apparizione fugace del suo mentore, probabilmente frutto degli aghi inseguitori, non distolse Cato dal progetto che il ricordo gli aveva revocato e che, di conseguenza, gli fece trascinare una Clove scalpitante verso il lago.
Malgrado il tremore che il ragazzo percepiva, o così gli sembrava, nelle mani, riuscì a togliere i vestiti alla ragazza con gesti rapidi, esaminando attentamente ogni centimetro della sua pelle alla ricerca di bubboni da immergere meticolosamente nell'acqua. In altre occasioni avrebbe approfittato di una ragazza nuda, senza senno, che ora gli stava inerme tra le braccia, cercando unicamente di tastargli il viso come se volesse liberarlo da qualcosa, ma in quel momento non gliene importava: doveva salvarle la vita e gli aghi inseguitori, senza le giuste cure, causavano la morte.
Anche quando Cato vide Peeta allontanarsi dal lago e decise di seguirlo, quando lo affrontò per tentare di seguire la sua innamorata e quando, dopo averlo ferito, arrancò esanime per la foresta e prima di rimanervi inerme, in preda alle visioni, continuò a spingersi verso il lago, vedendo in torno a sè migliaia di bubboni purolenti che avrebbe dovuto pulire per salvare la vita di Clove.

 
 

Angolo di Ted:

Inizio a credere che questa storia faccia schifo. Sia maledetto il giorno in cui ho deciso che dovevo postarla.
Be', ecco qui il secondo moment. Devo dire che nella mia testa sembrava una cosa più carina.
A voi,
Teddy

  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: TeddySoyaMonkey