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Autore: Cristal_Lily    07/03/2013    4 recensioni
- Io non sono come le altre persone, io non so cosa significhi amare - lo sguardo della più piccola era rivolto altrove, eppure dietro a quelle gemme fredde vi leggeva la sofferenza che stava provando in quel momento. E lei, nonostante non riuscisse a sopportare la vederla in quello stato, non era certa di poter andare avanti. Non in quel modo. Vederla vicino a quell'uomo le provocava una sofferenza che mai aveva provato.
- Neppure io ho mai amato, eppure ci voglio provare - sussurrò facendo un passo avanti, la mano tesa. Ma si bloccò quando la più piccola scosse il capo.
- Mi dispiace, non posso fare soffrire anche te - la guardò allontanarsi, restando da sola sotto quella pioggia incessante. Aveva il cuore spezzato, eppure non si sarebbe fermata.
Lei doveva essere sua.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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- Sei ossessionata da quella ragazza Ali, te ne rendi conto? - Alisia si voltò quasi scandalizzata a quelle parole, fulminando con lo sguardo Craig che scoppiò a ridere assieme al resto dei ragazzi del proprio gruppo. 

Era da poco finita la lezione di storia e ora erano tra i corridoi, appoggiati agli armadietti dei più piccoli che non si avvicinavano per timore di finire tra le loro grinfie. Preferivano ricevere un rimprovero dai professori piuttosto che mettersi contro di loro, ed era una saggia decisione. 

Lo sguardo della mora era puntato verso la folla, esattamente nel punto in cui una ragazzina minuta dagli occhi color del caramello se ne stava tranquillamente appoggiata alla finestra a guardare il prato esterno. 

Aveva scoperto tutto sul conto di Amelis Riley, la ragazzina che aveva osato risponderle in modo a dir poco inadatto qualche giorno prima. Se ripensava a quando l'aveva praticamente lasciata li, tra la folla, senza neppure darle il tempo di replicare, la rabbia tornava prepotente nel proprio corpo. Non sapeva per quale motivo, ma lei la infastidiva. 

- Non è affatto vero, semplicemente ho trovato il mio nuovo giocattolino con cui sfogarmi - un ghigno nacque sulle proprie labbra, le avrebbe reso la vita impossibile. 

Certo, i tentativi che aveva fatto in quei giorni erano stati inutili: lei era strana, sembrava ignorare completamente le parole che la gente le rivolgeva, guardava gli altri con tacita indifferenza, senza cercare neppure di giustificarsi o di difendersi. Oramai tutta la scuola era contro la moretta e, chi più, chi meno, cercavano di complicarle la vita anche se la cosa non le piaceva. Solo lei aveva l'onore di farla crollare, Alisia non vedeva l'ora di farla chinare al suo cospetto. L'avrebbe piegata al suo volere, doveva solamente capire come incastrarla. 

Nonostante tutte le informazioni che aveva raccolto però, quasi tutta l'identità della ragazza sembrava avvolta nel mistero. Di lei sapeva solo il nome, l'età, e che era da poco in quella scuola. Per il resto era invisibile, nessuno sembrava essersi accorto di lei, tranne quei pochi ragazzi che in quei mesi se l'erano fatta, tradendo le loro fidanzate. Ancora troppo poco. 

E ancora non sapeva nulla nei riguardi dell'uomo con cui usciva ora perchè si, sapeva che si vedeva con qualcuno. Ogni giorno aveva segni nuovi su quella pelle candida, e non se li procurava da sola. Ma ogni volta che l'aveva seguita, l'aveva persa di vista. 

- Bah, piuttosto, per stasera? Ho sentito di una festa qua vicino, tu vieni Ali? - distolse finalmente lo sguardo dalla ragazza e con un sorrisetto malizioso annuì. Era ovvio che ci sarebbe andata, mai avrebbe saltato un mero divertimento come una festa, organizzata da chissà chi. 

- Oggi pomeriggio ci troviamo tutte a casa mia che dici? Così ci cambiamo e ci prepariamo assieme - la proposta di Jess non la entusiasmava particolarmente. E poi aveva altri piani per quel pomeriggio. Doveva fare spese, comprarsi un nuovo abito per la sera e poi..be, altro di cui non voleva parlare. Ovviamente anche lei aveva i suoi affari, e non li andava a spifferare in giro a tutti per ovvi motivi. E non voleva gente in mezzo alle scatole. 

- No, ci vediamo direttamente alle sette da te - scrollò le spalle prima di tornare a guardare la ragazza che però era sparita. Di nuovo. Un giorno avrebbe scoperto dove spariva per tutto quel tempo, e allora si sarebbe presa la sua vendetta. Avrebbe giocato con i suoi sentimenti, l'avrebbe messa finalmente in difficoltà. Era il suo chiodo fisso, e sapeva che non si sarebbe arresa sino a quando non l'avrebbe vista cadere. Era più forte di se. 

Tornarono in classe ma quell'ultima ora lei non pensò alle parole dell'insegnante che oramai ci aveva rinunciato a chiedere attenzione. Il suo sguardo era puntato alla finestra, la mano posata sulla guancia, la mente lontana. Pensava a quel pomeriggio, pensava a quanto lei non andava a suonare il suo violino. 

Nessuno sapeva della sua passione, non lo aveva rivelato neppure a Craig. Di certo suonare uno strumento non rendeva una persona "in". Quella sua passione era celata nel proprio cuore da quando frequentava la prima, e così sarebbe stato per sempre. 

Oramai non teneva neppure più il suo strumento in casa, lo teneva al sicuro nella sua vecchia casa, in periferia. Ci avrebbe fatto un salto, come quasi ogni settimana, nel pomeriggio. Quello la rilassava, la estraniava dalla sua vita frenetica. 

Oh no, lei non la trovava pesante, le piaceva la sua vita. Era stata lei a volerla, e ora se la teneva ben stretta. Sapeva cosa significasse essere una nullità, la scuola era un covo di belve e lei preferiva essere la stronza che la povera sfigata presa di mira. Come quella Amelis. Eppure a lei sembrava non interessare che gli altri ce l'avessero con lei, era come se tutto ciò che avesse attorno non fosse fondamentale: inutile. Ma sapeva che aveva un punto debole, tutti ce lo avevano. Pure lei anche se, per ovvi motivi, mai lo aveva rivelato ad anima viva. Non aveva un migliore amico, quelli che aveva prima di diventare popolare, li aveva persi tutti. Li aveva sostituiti con amicizie effimere, non durature. E dunque non rivelava nulla a nessuno. 

L'ora, tra quei pensieri, volò, e non appena la campanella suonò la fine delle lezioni lei si alzò e prese la sua borsa, uscendo subito dalla scuola accompagnata dal suo piccolo gruppetto. 

Se ne tornò a casa in loro compagnia, ridendo e scherzando, continuando a beffeggiarsi della mocciosetta di seconda. Non era l'unica ossessionata tutto sommato, tutti le stavano dando corda.

- Allora a stasera bellezza - un nuovo bacio, molto meno casto di quello che aveva ricevuto quella mattina, le fu dato da Craig che, chiaramente, aveva proprio bisogno di trovarsi una nuova valvola di sfogo. Scoppiò a ridere e lo spinse via, scuotendo la testa leggermente delusa. Quel ragazzo era un caso disperato, e ogni volta le saltava addosso se non trovava qualcuna da farsi a scuola. E probabilmente la rossa doveva aver capito che con lui una storia seria mai ce l'avrebbe avuta. Poverina. Quasi le faceva pena. Quasi. 

- Dai che stasera te ne trovi un'altra. Io ho altro da fare che sfogare i tuoi ormoni - lo allontanò ancora un poco e poi entrò nel grande cancello di casa sua, guardando la delusione negli occhi del compagno. 

- Sei proprio antipatica! Poverino il tipo che stasera ci proverà con te! Io di certo non lo farò - lo guardò andarsene e subito rientrò nella sua grande casa. Ma vi sarebbe rimasta poco. Non avrebbe neppure mangiato, non aveva fame.  

Come al solito i suoi genitori a quell'ora non c'erano. Quella grande casa era vuota, solo lei e qualche domestico vivevano in quell'immensa dimora. Ma non si sentiva sola, erano rare le volte che se ne stava chiusa in camera. Non studiava, non faceva nulla da sola. Ci aveva vissuto anche fin troppo in quella casa senza uscire. Ancora si ricordava quando, le sere, invitava qualche amico per non starsene per conto suo. 

George, il suo ex migliore amico che non salutava più a scuola, era sempre andato a trovarla quando glielo aveva chiesto. Ma ora...lui non esisteva più. 

Salì le grandi scalinate in marmo bianco, ed entrò nella sua ampia camera da letto. I genitori per tutta la vita avevano lavorato per avere i soldi e non le avevano mai fatto mancare nulla. La sua camera era relativamente semplice. La parte migliore era la cabina armadio, piena di vestiti che lei ovviamente usava. Non erano tutti suoi però, e c'era una piccola parte che usava come ripostiglio. Li non vi si avvicinava più da tempo, probabilmente perchè non desiderava pensare al passato. 

Si tolse la minigonna e la camicetta che aveva indossato quella mattina, e si cambiò con un paio di pantaloni neri stretti, una maglietta molto semplice dal colore rosso e degli stivaletti alti. Non perse molto tempo li dentro, giusto il necessario per riprendere la borsetta ed era già fuori, all'aria aperta. La brezza leggera che le carezzava il viso era fredda, ghiacciata; il cielo di un pallido grigio chiaro. Si stava rannuvolando, ma il suo giro non sarebbe durato a lungo. 

Si incamminò, inoltrandosi tra la folla e, in poco tempo, arrivò di fronte ad una vecchia casa tutta scolorita. L'edera ricopriva la maggior parte della facciata di quella casa color mattone, il giardino era stato abbandonato e trascurato, rendendolo così quasi completamente inagibile. 

Alisia allungò la mano e la posò sul vecchio cancello arrugginito che, quando spinse, fece un rumore quasi agghiacciante. Quel cigolio, ogni volta, le dava i brividi, ma come sempre proseguiva, chiudendosi dietro di se l'alta recinzione così da poter entrare all'interno della casa. 

Si avvicinò al portone in legno: era alto, rovinato e pieno di muffa. In realtà sarebbe stato semplice abbatterlo, ma nessuno si avvicinava a quella proprietà. Quella era la sua vecchia casa, una volta viveva li. Erano passati tantissimi anni da quando i genitori l'avevano voluta abbandonare, ma lei aveva chiesto loro di non venderla. Era il suo rifugio personale. 

Tirò fuori una piccola chiave argentata, e dopo averla inserita nella toppa, la girò, entrando così nella vecchia villa di famiglia. Chiuse dietro di se il portone e, senza guardare i mobili impolverati, salì al piano superiore con la scala in legno. In realtà non era molto sicuro stare li dentro. Il legno era ammuffito ed umido, infatti più di qualche volta il piede era letteralmente affondato nella scala, ma alla fine non era mai successo nulla. Non si era mai fatta male, e dunque non lo aveva mai riportato ad anima viva.

La porta rosa che aprì una volta arrivata in cima la portò in una camera molto piccola. Non era molto grande, e dentro non c'era quasi più nulla. Solo qualche oggetto personale che però lei ignorava ogni volta, passandogli davanti come se neppure ci fossero.

Alisia si limitò ad avvicinarsi ad un armadio in legno finemente lavorato e da li tirò fuori una custodia in pelle nera. Dopo averla posata nel tavolo in centro alla stanza, aprì quell'oggetto raffinato, rivelando così il suo amato violino. Era molto prezioso: lavorato a mano, i dettagli accuratamente rifiniti, il colore che, nonostante tutti quegli anni, era rimasto perfetto. Era antico e molto costoso, eppure lei, quando lo guardava, quelle erano le ultime cose che le veniva da pensare. 

Lo carezzò, delicatamente, e prima di prenderlo in mano, aprì la finestra. Faceva freddo, ma l'aria stantia che c'era li dentro era irrespirabile. 

Strinse tra le dita il vecchio strumento, e si riavvicinò alla finestra opaca così da poter sentire la brezza leggera, così da poter suonare al giardino che aveva di fronte a se. Era il suo pubblico personale. 

Alisia chiuse gli occhi, e dopo aver posato lo strumento sulla propria spalla, iniziò a suonare. 

Suonava quello che le passava per la mente, senza avere una vera e propria scaletta prefissata in mente. Non pianificava mai nulla quando era in quella casa. Lei andava li semplicemente per lasciarsi andare, per farsi cullare da quelle note strazianti che il violino suonava per se e per quella vecchia casa carica di ricordi. 

Le mancava. Lei il violino lo aveva iniziato a suonare solo per continuare a tenere vivo il suo ricordo, solo per sentirla vicina quando suonava. Le sembrava quasi di averla accanto a se in quei momenti. Lilian. Il solo pensare quel nome le faceva male. La mano muoveva l'arco su quelle corte in modo deciso ma al contempo delicato, una carezza morbida che riusciva a creare note che mai aveva sentito con un'altro strumento. Si lasciava guidare dalla musica, spesso improvvisava nuove melodie spinte dai ricordi e dai sentimenti che provava quando lo suonava. Tutto le veniva talmente naturale quando suona quello strumento.

Abbozzò un lieve sorriso, e non appena il violino esalò l'ultima nota della giornata, lei assaporò l'eco di quella melodia prima di guardare fuori, gli occhi posati su quel grande ciliegio in fiore. 

Senza dire nulla, si voltò e ripose il tutto, sistemandolo con premura prima di uscire come se nulla fosse. Non si voltava mai indietro, quello l'avrebbe fatta sentire peggio.

Ad Alisia ci voleva sempre un paio di ore per riprendersi da ciò che faceva, ecco perchè ogni volta lei andava in giro per negozi dopo quel salto nel passato. Fare shopping la faceva tornare quella di sempre, l'aiutava a rimettere la maschera di indifferenza che portava oramai da anni. 

Uscì dal vecchio cancello che richiuse con premura prima di guardarsi attorno. Quel quartiere non era mai molto frequentato, era fuori dal centro e gli unici che vi passavano erano o i residenti, o chi doveva attraversare il quartiere. Non temeva di essere vista da gente che conosceva. 

La mora si stava per incamminare, pronta per tornare in centro, quando una chioma chiara leggermente spettinata le passò accanto, camminando lentamente per la sua strada. Una figura minuta con addosso un maglione, delle calze e delle scarpe con il tacco che riconobbe quasi subito. Come avrebbe potuto non farlo? 

Rimase sorpresa dal vederla proprio li, in quel quartiere, e stava quasi per decidere di seguirla quando la vide cambiare improvvisamente traiettoria, pronta ad attraversare la strada. 

Accadde tutto in un istante. Il suono di quel clacson, tutti immobili mentre osservavano la scena, inermi, e i ricordi che, come un fiume in piena, la fecero scattare, come fosse stata un automa. 

Corse veloce, il cuore in gola, e allungando la mano afferrò il braccio di quella ragazza tanto minuta che, sorpresa dal suono improvviso, si era bloccata in mezzo alla corsia, facile bersaglio della macchina scura che a tutta velocità si stava avvicinando. 

L'attirò a se giusto in tempo, giusto per vedere la macchina che inchiodava esattamente di fronte a loro, fermandosi nel punto esatto in cui Amelis qualche istante prima era ferma. 

Chiuse gli occhi, la mano tremante che avvolgeva la vita minuscola della ragazza, le dita affondante quasi in quel maglione pesante. 

Il viso affondato in quella chioma castano chiaro, il suo profumo inebriante che per quanto buono fosse, non riusciva a calmarla. Un dolore al petto mentre si aggrappava a quella figura, cercando di far ripartire il cuore.

Rimasero immobili così, per qualche minuto, prima che Alisia riuscisse ad aprire gli occhi e rendersi conto dell'accaduto.

- Sei impazzita? Stavi per morire! - la sua voce tremava, come tutto il suo corpo. Le era sembrato di rivivere quella scena di tanti anni prima, quella che credeva di aver rimosso per sempre dalle sue memorie. 

Sentì il corpo altrui cercare di muoversi, ma lei la teneva ancora saldamente, quasi aggrappata a quella persona che, in quel momento, odiava più che mai. 

- Hmm, non me ne ero accorta - nessun grazie, nessun tremolio nella voce. A momenti stava per morire e quello era tutto ciò che aveva da dire? 

La voltò di scatto, stringendo le sue esili braccia con le proprie mani, guardandola dritta negli occhi rabbiosa, furente, incontrando però solamente due muri distanti, lontani, come se in quel momento non fosse stata presente.

- E non ti importa nulla? La tua vita ha così poca importanza per te?? - poteva passare tutta l'indifferenza che provava per quelli che la insultavano ma essere così fredda di fronte alla morte era...da pazzi! Era una cosa che la coinvolgeva personalmente! 

Amelis inclinò leggermente il capo ed allungò la mano, posandogliela sul viso. Era fredda, liscia e morbida, tanto delicata e gentile. 

- Stai tremando. Hai paura - Alisia si irrigidì a quelle parole, lasciandola subito andare. Lei non aveva paura. O forse si? 

Il cuore ancora le batteva all'impazzata se ripensava all'accaduto, ma non perchè lei aveva rischiato di morire, ma per il ricordo che si era ripresentato, lasciandola così indifesa. Indifesa e fragile. Ecco come si sentiva sotto quello sguardo quasi curioso della studentessa di fronte a se. 

- Tutti ne avrebbero - sussurrò semplicemente, distogliendo lo sguardo. Chi sarebbe rimasto impassibile di fronte alla morte? Semplice, lei. 

E poi qualcosa di freddo le cadde sul viso. Una lacrima? No. Lei non piangeva da anni. Quella era una piccola perla d'acqua caduta dal cielo che le era scivolata lungo la gota prima di depositarsi sulla sua maglietta. Una perla susseguita da molte altre. Stava iniziando a piovere e, nel giro di qualche istante, si ritrovò completamente fradicia. Alzò il viso al cielo e sbuffò infastidita. Le mancava solo quella. Tornò a guardare la studentessa di fronte a se, anche lei era completamente fradicia, ma non sembrava cambiarle molto. Al contrario continuava a fissarla con quell'espressione che le faceva venire voglia di prenderla a schiaffi. 

- Stupida pioggia. Me ne vado va, ora non ho proprio voglia di starti dietro, sei solo una ragazzina incosciente che se ne frega di tutto e di tutti - in realtà quella ragazza le lasciava una orribile sensazione di amaro in bocca. Non riusciva a sopportare tutta quell'indifferenza, ma in quel momento era talmente provata da quelle sensazioni che aveva provato che voleva solamente tornare ad essere se stessa. 

Si voltò e si incamminò sotto quella pioggia incessante, cercando di proteggersi quando passava sotto le tettoie. Non le andava di fermarsi e aspettare che smettesse, doveva comprarsi un vestito per quella sera, tornare a casa, farsi una doccia e cambiarsi. 

- A te non piace la pioggia - quella voce candida e fredda la fece voltare e presto si ritrovò sotto un ombrello rosso che la più piccola teneva alto, affinchè entrambe fossero riparate. 

La guardò male e con sospetto, cosa voleva ora? Non voleva la sua pietà, o quello che era. Non aveva di certo bisogno del suo ombrello, non si sarebbe ammalata. 

- E allora? -  chiese infastidita, ma lei non le rispose. Le prese la mano e, senza alcun timore, le diede quel piccolo ombrello rosso. 

- Io non lo uso. Mi piace la pioggia - sgranò gli occhi mentre Amelis, senza aggiungere altro, si incamminava lungo la sua strada, diretta chissà dove. Le stava lasciando il suo ombrello? Qualcosa non le quadrava, cosa passava per la testa di quella ragazzina dagli occhi tanto profondi ma assenti? 

La rincorse, senza neppure pensarci due volte. Più aveva a che fare con quella ragazzina, e più desiderava conoscerla, capirla. Doveva farlo, lei era strana, diversa da tutte le persone che aveva conosciuto. 

- Hei, aspetta! - la rincorse, sino a quando non le fu accanto, cercando di fermarla con un braccio. Inutilmente in realtà dato che lei continuava a camminare, lo sguardo puntato alla strada che avevano davanti senza però guardare veramente ciò che aveva di fronte. La coprì con l'ombrello che le aveva dato, e solo allora la moretta si voltò verso di lei, chiaramente confusa.

- Così ti prenderai un accidente, sei proprio un incosciente - disse scuotendo la testa, rimproverandola quasi. Aveva una così poca considerazione per se e la sua vita? Be, si. Quello del resto lo aveva appena appurato. 

- A me piace la pioggia - disse semplicemente, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Ed effettivamente per Amelis sembrava esserlo. 

Si guardarono negli occhi e, per la prima volta, la prima a distogliere lo sguardo fu Alisia, chiaramente in imbarazzo per quello sguardo penetrante. Riusciva a metterla in soggezione, era come se riuscisse a leggerla dentro. 

- Ti accompagno a casa dato che mi hai dato l'ombrello - disse infine, stanca. Si sentiva almeno in dovere di riaccompagnarla dato che le aveva prestato l'ombrello. Ma lei scosse il capo, tranquillamente, tornando a guardare di fronte a se. 

- Non vado a casa, non serve

- Neppure io ci vado, andiamo in centro - quelle furono le ultime parole che le uscirono dalle labbra. Non voleva prenderla in giro, ne farle qualche dispetto. Non stava rinunciando alla sua vendetta, però non voleva neppure lasciarla da sola sotto quell'incessante pioggia che l'avrebbe potuta far ammalare. E lei non voleva sentirsi in colpa per ciò. 

Le due studentesse camminarono l'una accanto all'altra, senza dire una parola. Entrambe erano perse nel loro mondo, entrambe fingevano di non avere accanto nessuno. Ma Alisia era ben consapevole di chi aveva al suo fianco. 

Le fece entrare in un negozio. Era il suo negozio preferito, ove comprava sempre tutti i suoi ambiti. Anche Amelis era entrata con lei, e sembrava altrettanto interessata a tutti quei meravigliosi capi che, però, costavano un occhio della testa. 

Prese un abito, e andò in camerino, seguita distrattamente dalla mora che, quando uscì, scosse il capo. Le stava forse dando un consiglio? 

- Non ti piace? - sbottò, e lei semplicemente scosse il capo.

- No - neppure il tempo di lasciarle la parola che era già sparita chissà dove. Sbuffò, spazientita, ma chi glielo aveva fatto di portarsela dietro? Si, il suo momento di "gentilezza" era passato, stava tornando quella di sempre. 

- Questo - una mano comparve all'interno della tenda con un magnifico abito blu che non aveva notato prima. Era senza spalline, dal taglio aderente e non troppo lungo, impreziosito con qualche brillante sul decoltè. La giovane guardò per qualche istante Amelis, e afferrò l'abito, provandoselo. Le stava a pennello. Aprì la tenda, il ghigno sulle labbra, pronta ad esibirsi in una piccola sfilata per la ragazzina, così da farle invidia, ritrovandosi però da sola, Amelis sparita chissà dove. Se ne era andata. 

Era la prima persona che la lasciava li, senza una parola. Era la prima che non sembrava voler passare il suo tempo con lei. Unica.

Quella fu l'unica parola che le ronzava nella testa mentre tornava all'interno del camerino. 

 

Era arrivata la sera. Aveva comprato il vestito consigliato dalla ragazzina, e doveva ammettere che aveva gusto. Un eccellente gusto. 

Da poco lei e la sua compagnia erano approdati alla festa, e tutti stavano bevendo, scolandosi alcolici su alcolici. 

Il cielo era ancora scuro, nessuna luce traspariva da quella coltre buia. Tutti si divertivano, tutti erano ubriachi e desideravano divertirsi. E lei era dello stesso parere, pure lei voleva perdere la testa, lasciarsi andare ai suoi soliti divertimenti. Ma quel giorno era più difficile, quella sera si sentiva diversa. 

La sua mente continuava a ritornare a quegli occhi dal colore caldo e accogliente, occhi che però, allo stesso tempo, erano freddi e distanti. Un controsenso, ma era quella la sensazione che provava quando pensava a quelle pietre preziose. Voleva rivederla. Voleva capirla. Voleva conoscerla. 

Si ripeteva quelle cose come un mantra, senza riuscire a smettere. Doveva assolutamente entrare dentro la mentre di quella ragazza, stava diventando veramente un'ossessione.

Chiuse gli occhi e sospirò piano quando due braccia le cinsero la vita. 

- Stasera non mi interessano le altre, voglio te - Craig era chiaramente ubriaco, e lei in realtà non aveva voglia di restare li a festeggiare chissà cosa. Voleva andare a casa, voleva dormire e fare passare quella nottata affinchè potesse iniziare un nuovo giorno.

Si voltò lentamente, e gli posò una mano sul braccio. Se ne sarebbe dovuta andare, ma alla fine chiuse gli occhi e senza dire nulla, posò le labbra su quelle di lui. Forse quella l'avrebbe distratta. Forse, con quello, avrebbe smesso di pensare a quella ragazza che un po' le era entrata dentro. 

 

* * * 

 

Ok, questo capitolo è veramente lungo XD

Cosa posso dire, qui si scopre un lato diverso di Alisia. Dalla stronza senza cuore, alla ragazza che forse un cuore ce lo ha. E la piccola Amelis le sta entrando dentro. Non se ne rende conto, lei continua ad odiarla eppure continua a pensare a lei. Mentre Amelis..be, lei sembra proprio non interessare. Ma è veramente così? Cosa ne pensate? 

Spero che questa storia vi piaccia, sto ancora cercando di ingranare, lo ammetto XD Ma ben presto le cose si movimenteranno, lo prometto U_U

Be, mi piacerebbe tanto sapere cosa ne pensate: sia della storia, sia di com'è scritto. Tanto per potermi migliorare U_U

Bene, dunque vi lascio, al prossimo capitolo!!

  
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