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Autore: Rhaenyra17    07/03/2013    5 recensioni
[Dal capitolo 3:
«Menti a tuo fratello?»
«Non ti sto mentendo».
«E io sono solo un’illusione: il vero me è a casa».
«Plausibile».
«Impossibile, otouto. Dimmi, per caso ti piacciono i ragazzi?»
Beccato.
«Fatti gli affaracci tuoi!»
«Ti piacciono i ragazzi».
«Taci!»]
[ItachixSasuke; Uchihacest; Yaoi; accenni NaruSasu]
[QUESTA STORIA SI È CLASSIFICATA TREDICESIMA AL CONTEST "FAMMI INNAMORARE! MIGLIOR COPPIA YAOI/SLASH" INDETTO DA FAFFINA SUL FORUM DI EFP.
QUESTA STORIA SI È CLASSIFICATA SESTA AL CONTEST "TEMPO DI LACRIME - FLASH CONTEST" INDETTO DA CHISANA KITZUNE SUL FORUM DI EFP.
QUESTA STORIA SI È CLASSIFICATA QUARTA AL CONTEST "A SENTENCE TO DREAM" INDETTO DA KIRAME27 E MARY DB SUL FORUM DI EFP.
QUESTA STORIA PARTECIPA AL CONTEST "RED CARPET, FANFICTION DA OSCAR!" INDETTO DA CLALLA97 SUL FORUM DI EFP.
QUESTA STORIA PARTECIPA AL CONTEST "QUELLO CHE NON UCCIDE FORTIFICA" INDETTO DA SHIZUE ASAHI SUL FORUM DI EFP.]
Genere: Angst, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Itachi, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha
Note: AU | Avvertimenti: Incest | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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CAPITOLO 2 – Happy birthday!

[ Ludovico Einaudi - Le onde ]

«Sasuke, sei insopportabile!», ringhiò Naruto, dopo esser stato deriso per l’ennesima volta dal compagno.
«Dobe, non è colpa mia se sei una schiappa a rimbalzello».
«Sei odioso!», sbraitò, gettando i sassolini che aveva tra le mani e lanciandosi in acqua. Sasuke scosse la testa divertito e decise di seguirlo; si accostò al mare con grazia e lentezza, mentre il biondino urlava e rimaneva in apnea di continuo.
«È il momento buono, forse», lo schernì il moro non appena il compagno risalì a galla, celando con accortezza il suo sguardo lascivo nel delineare i muscoli accennati del compagno: il costume pareva d’un tratto troppo largo per lui, mentre si abbassava sino a lasciare lembi di pelle chiara e poco abbronzata, al confronto col resto dell’epidermide morbida del biondo, dell’inguine, un boxer nero s’intravedeva appena e gli occhi cristallini erano la cosa più bella che l’Uchiha avesse mai visto.
No: Naruto era la visione più bella di cui potesse godere, si corresse mentalmente, scuotendo il capo e fissando l’orizzonte, assorto.
«Non quanto Itachi, ma era ovvio», stimò, sospirando.
«Il momento buono per cosa?»
«Per affogarti», annunciò, prima di scagliarsi sul corpo del compagno e bloccarlo sott’acqua. Una serie di bollicine salì sino alla superficie della marea, mentre Naruto si agitava e tentava di calciare le gambe pallide del compagno.
Sasuke decise di lasciarlo stare, così mollò la presa e si tuffò sott’acqua, uscendo soltanto quando fu certo di essersi allontanato di qualche metro da quell’uragano di compagno che si ritrovava.
«TEME!», urlò l’Uzumaki, nuotando a più non posso, muovendo ritmicamente braccia e gambe, gestendo con maestria la respirazione al tempo giusto e raggiungendo finalmente il moro, che se ne stava tranquillo fischiettando e fissando i cumulonembi che si ergevano nel cielo azzurro.
«Smettila di urlare come un tacchino impazzito, usuratonkachi», lo richiamò Sasuke, atono come al solito, mentre le mani si muovevano con lentezza esasperante nell’acqua, spostandone dapprima poca, poi sempre più sino a schizzare il biondino.
«Baka! Baka, baka, baka!»
«Taci, dobe», sbuffò l’Uchiha, nuotando verso riva.
«Già te ne vai?!», domandò Naruto che, non ricevendo risposta, continuò ad urlargli contro: «Sas’ke!»
Quest’ultimo continuò ad ignorarlo, finché non raggiunse la riva e, facendo poco caso alla sabbia cocente, si avviò verso gli asciugamani posati sotto l’ombrellone. Si voltò finalmente verso Naruto, facendogli un cenno per avvertirlo che sarebbe andato a fare una doccia e, afferrata l’asciugamano e il costume puliti, assieme alla borsa contenente un bagnoschiuma e uno shampoo, si apprestò a raggiungere le cabine.
I capelli ondeggiavano e venivano sgarbugliati dalla brezza estiva, il sole cocente batteva sull’epidermide eburnea del giovane Uchiha, colma di protezione dai raggi UV, la più alta che Itachi avesse trovato al supermercato, il respiro si sentiva appena e dinanzi ai suoi occhi aveva ben chiaro il colore ceruleo di quelli del compagno.
Scosse il capo, beffeggiando persino se stesso per quella debolezza che non avrebbe mai ammesso ad alta voce, poi inserì un gettone nel comparto doccia e lasciò che l’acqua gelida gli portasse via tutti i residui del sale. Afferrò la boccetta di bagnoschiuma e la schiacciò, facendone fuoriuscire un liquido verdognolo che ben presto non diventò altro se non bollicine di schiuma candida. Effettuò lo stesso procedimento con lo shampoo, insaponandosi i capelli e sciacquandosi poi completamente, massaggiando la cute e accarezzando la sofficità infantile della propria pelle.
«Eccoti qui, Uchiha Sasuke».
Una voce roca e possente risuonò per l’abitacolo, attirando l’attenzione di un sorpreso Sasuke; non si era nemmeno reso conto della presenza di altre persone, specialmente per il fatto che la spiaggia era… deserta. E allora cosa ci faceva quell’uomo lì e soprattutto, chi era?! Una parte di lui aveva timore di scoprirlo, una minima porzione del suo animo tentennava e un’altra ancora fremeva per fuoriuscire e mostrare a quel bastardo qualcosa, anche se l’Uchiha non sapeva esattamente cosa.
«E tu chi saresti?», domandò stralunato, voltatosi verso la persona alla quale apparteneva la voce. La figura longilinea gli ricordò vagamente qualcuno… una persona piuttosto familiare. Qualcuno con cui era solito trascorrere il suo tempo, gente che vedeva molto spesso se non sempre.
«La mia popolarità parla prima di me, di solito, mi stupisco che tu non conosca la mia identità».
I capelli dell’uomo erano folti e lunghi, un nero corvino con riflessi blu, notabili solo grazie alla luce, del sole o dei neon che fosse, occhi neri e cipiglio severo, tono gagliardo e perentorio, un’immane freddezza che spuntava da ogni millimetro di quel corpo robusto e coperto da un’attillata tuta nera, sulla quale pendeva un’armatura rosso scuro e lo stemma del clan Uchiha a sua volta ciondolava da quest’ultima. Un Gunbai era poggiato sulla schiena rigida e si ergeva dietro le sue spalle imponenti.
«Tu sei un Uchiha», osservò, «ma non ti ho mai visto a Konoha».
Una risata malvagia risuonò prepotentemente in quel minuscolo spazio e fece rabbrividire addirittura l’imperscrutabile moro, che sbarrò gli occhi e digrignò i denti, infastidito dalle sensazioni che stava provando.
«Certo che non mi hai mai visto, ho lasciato Konoha molto tempo fa».
«Ah, sì? E perché mai?», Sasuke cercava disperatamente di prendere tempo, senza che attraverso la sua voce o il suo volto trasparisse alcuna emozione e specialmente non si intravedesse neanche un minimo barlume di timore.
«Perché io sono Uchiha Madara».
Il giovane rabbrividì e lo sconcerto s’impadronì di ogni singola parte del suo corpo, le viscere gli ribollivano e un lieve tremolio trasparì dalle mani serrate in pugni.



Naruto si era stancato di guizzare nell’acqua come un pesce e, dopo aver fatto un ultimo paio di tuffi, decise che era giunta l’ora di tornare all’ombrellone ed asciugarsi un po’. A sostegno della sua decisione, c’erano le sue mani, la cui pelle era terribilmente spugnata e raggrinzita; proprio non poteva rimanere ancora in acqua. D’altronde, l’estate era relativamente appena cominciata e aveva ancora un bel po’ di tempo da trascorrere sulla spiaggia, di mattina, di pomeriggio ed eventualmente avrebbe convinto i compagni ad organizzare un falò; anche solo per una o due notti.
Arrivato sotto l’ombrellone, afferrò il proprio asciugamano dalla sedia a sdraio e lo scosse un po’, così che la sabbia fosse scacciata via dallo stesso vento che ce l’aveva portata.
«Che bella giornata, dattebayo!», urlò gioioso, mentre stiracchiava i propri muscoli e tentava di riabituarsi alla terraferma. Aveva nuotato decisamente troppo. «Che fine avrà fatto Sasuke? È da mezz’ora che se ne sta nelle docce!»
Decise così di attendere un’altra manciata di minuti e, se Sasuke non fosse tornato nel frattempo che si asciugava un minimo, sarebbe andato a tirarlo per le orecchie e l’avrebbe interrotto dalla doccia restauratrice… Che poi l’Uzumaki era perfettamente consapevole del fatto che le docce sulle spiagge fossero gelide!
«Tsk, proprio come quel teme!», ghignò, soddisfatto del sillogismo che gli era appena apparso nella mente: «L’acqua delle docce sulla spiaggia è gelida, Sasuke è gelido: Sasuke è una doccia sulla spiaggia!»
Sorridente, il biondino decise di raggiungere il compagno e farsi lui stesso una doccia, dopo aver appurato di essere appiccicaticcio da far paura. Notò che la borsa nella quale erano riposti shampoo e bagnoschiuma mancava, quindi Sasuke l’aveva portata con sé; «meglio», pensò, «meno roba da portare con me!»
Afferrò con rapidità le ciabatte, pur di non ustionarsi i piedi a causa della sabbia rovente, che comunque batteva imperterrita sui piedi umidi dell’Uzumaki mentre camminava, direzione cabine-doccia.
Si affacciò leggermente, poggiando le mani sulle mattonelle unte e scivolose a causa dell’acqua e sbirciando Sasuke: era sconcertato, rigido come l’acciaio e nemmeno l’acqua congelata pareva scalfire la sua superficie di indifferenza ed imperscrutabilità.
Peccato che si curò poco di quei pensieri e lasciò subito cadere eventuali riflessioni o tesi di qualsivoglia tipo, impegnato com’era a fissare languidamente il suo corpo come non aveva mai pensato, né osato fare prima. E per la prima volta gli parve bello, bello da morire; perfetto, il candore della sua pelle che s’intersecava alla perfezione con il nero delle sue pupille dilatate, le sopracciglia scure e i capelli con riflessi bluastri, le dita lunghe e affusolate, il fisico asciutto ma tonico, il costume blu con il ventaglio Uchiha stampato sul lato sinistro, i lacci slegati e, paradiso terrestre, le labbra socchiuse e bagnate. Il suo sguardo vagava dall’alto al basso, irrefrenabile, incurante del fatto che nemmeno lontanamente avrebbe dovuto pensare una cosa simile; eppure non riusciva a smettere. Ma da quando quel teme era così attraente?!
Deglutendo a fatica e stringendo pugni e denti, si decise a poggiare su di uno sgabello il proprio asciugamano, assieme a quello del compagno, ed entrò nel comparto doccia, catturando l’attenzione di Sasuke. Il giovane Uchiha si apprestò a scuotere il capo e voltarsi verso le piastrelle, mentre le mani impugnavano i bordi del costume e si accingevano a sfilarlo. L’Uzumaki trattenne il fiato, estasiato e spaventato dal vortice di emozioni che si stava impossessando di lui, poi si decise ad aprire l’acqua e rabbrividì.
«Cazzo se è fredda!», imprecò irosamente, maledicendo chiunque avesse deciso di concedere ai bagnanti una doccia fredda dopo essersi abituati al calore solare e marittimo.
«Ma ti lamenti sempre, Naruto?!»
Il volto bronzeo del biondino scattò in un rapido movimento e, voltatosi verso l’Uchiha, rimase fermo, gli occhi che lo scrutavano visibilmente incuriositi da quella inaspettata carenza: da quando lo chiamava per nome? Non l’aveva mai fatto prima d’allora; sin da quando avevano spiccicato parola per la prima volta, Sasuke l’aveva battezzato come “dobe” o al massimo “usuratonkachi”, ma mai in precedenza Naruto si era reso conto di quanto fosse bello il suo nome, né aveva potuto bearsi del suono idilliaco fuoriuscente dalle labbra del compagno.
«Cos’hai da guardare, dobe?»
Il moro, dal canto suo, si era reso conto di quella terribile figuraccia che aveva fatto, anche se di brutta figura non c’era proprio un bel nulla. Sarà stato forse a causa dell’agitazione momentanea e lo scudo abbassato per pochi attimi, però le sue corde vocali avevano fatto ciò che più le aggradava e le labbra si erano mosse in automatico. Probabilmente gli sarebbe bastato non parlarne e far finta di nulla; peccato che Naruto non fosse dello stesso avviso.
«T-tu... mi…», balbettò, in preda allo stupore più puro e all’assuefazione totale, quell’annebbiamento mentale che non gli consentiva di sparare meno cavolate del solito; sicuramente molte di più.
«Cosa, usuratonkachi? Ti piaccio, per caso?», lo dileggiò l’Uchiha, pensando che magari i pensieri poco casti fatti mentre erano in acqua poco prima si sarebbero dileguati, o almeno gli avessero procurato un rivoltante senso di puro disgusto, tanto da farlo tornare immediatamente sulla retta vita.
«Teme!», inveì l’Uzumaki, arrossendo di vergogna. «Ma che cosa ti salta in mente!»
Di sicuro il tremolio nella propria voce l’aveva tradito e di certo il moro non se l’era fatto sfuggire; ciononostante, Sasuke non lo canzonò, né proferì ulteriori parole. Si limitò ad un’alzata di sopracciglia, mentre si calava anche l’intimo e si liberava con i piedi di quelle costrizioni.
Naruto si apprestò a guardare altrove, ma si trovò costretto a parlare ancora con l’altro, sforzandosi di non fissare… lì.
«Mi passeresti bagnoschiuma e shampoo?», inghiottì faticosamente la propria saliva, quel poco che gli restava, mentre si passava la lingua sulle labbra nel tentativo di assorbire un po’ d’acqua e rifornire le proprie ghiandole salivari.
«Sei un rompipalle, dobe», sibilò il più grande, porgendogli i due contenitori e fissando il solito adorabile broncio dell’Uzumaki.
«“Adorabile”, tsk», ponderò l’Uchiha, ringhiando e mordendosi a sangue il labbro inferiore, «guarda un po’ tu cosa vado a pensare».
«Oh Kami, Sas’ke!», esordì Naruto, le sopracciglia corrucciate e la bocca semichiusa, gli occhi lucidi e le palpebre aperte a fatica a causa del getto d’acqua, le mani impegnate ad impugnare la mandibola dell’Uchiha… e il sangue che colava lungo il mento dalle labbra. Quasi come se fosse la cosa più naturale del mondo, il più piccolo tra i due accostò la propria bocca alla mascella tinta di rosso sbiadito, grazie all’acqua che lo diluiva in fretta.
Fu la sua lingua a fare tutto il resto: leccare via il sangue e poi, con altrettanta disinvoltura, prese a succhiare il labbro inferiore, laddove vi era il taglio. Sasuke, invece, era completamente immobile, incapace di riflettere o parlare, così da allontanare la cavità orale del biondino dalla sua. Ma ogni millimetro di sé non desiderava altro che quel tocco, e quella sensazione contribuì a farlo innervosire più di quanto non fosse già a causa dell’incontro con quel Madara.
Preso dalla foga del momento, Naruto nemmeno si accorse di aver spinto e bloccato Sasuke con la schiena sulle mattonelle gelide; con una mano gli teneva i polsi, mentre con l’altra aveva iniziato ad accarezzargli il petto, facendolo fremere sotto il tocco bollente e gelido in contemporanea.
«Sas’ke…»
Il suono della sua voce riscosse parzialmente Sasuke.
«Kami, solo ora mi rendo conto di quanto ti desidero…»
Gli schizzi dell’acqua sulla superficie di ceramica bianca della doccia erano superflui e, sino a quel momento, l’Uchiha non ci aveva nemmeno badato tanto; eppure in quel preciso attimo avrebbe rivolto la propria attenzione a qualunque cosa, pur di risvegliarsi da quella sorta di trance ipnotica indottagli dal biondino.
E una dannatissima parte di lui continuava a resistere al suo raziocinio.
«Naruto, fermati».
«È davvero quello che vuoi, Sasuke?», postulò l’Uzumaki, leccando con fervore quelle labbra invitanti; con decisione, chinò il capo e notò con piacere che il membro del compagno era eretto. «A me sembra che lui non voglia che io smetta…», lo provocò, portando una mano sull’erezione e massaggiandola con decisione. La frizione che scaturì da quel tocco scosse non poco Sasuke, che ne approfittò per sbraitargli contro e spingerlo dall’altro lato della cabina, rosso dalla vergogna.
«Cosa cazzo ti passa per la testa, neh, Uzumaki?!», berciò il moro, tentato dallo spiattellare sul viso del biondo le proprie nocche, già strette e tirate, bianche per lo sforzo a cui sottoponeva i tendini.
«Teme, io…»
L’Uchiha non udì mai le parole che sarebbero fuoriuscite dalla bocca del compagno.

**

Correva.
Il fratello minore di Itachi Uchiha correva.
Erano appena passate le cinque e trenta del pomeriggio e lui correva a perdifiato sino alla villa di famiglia. Affannato, sudato, l’asciugamano poggiato sulla spalla e una borsa da spiaggia tra le mani, le ciabatte da mare alle quali erano appiccicati granelli di sabbia. Giunto a destinazione, il giovane aprì la porta e si guardò attorno; indugiò qualche istante, aspettandosi che il maggiore gli desse il bentornato come era solito fare ogni volta che tornava a casa.
Constatando che non sarebbe andato a salutarlo, si preoccupò e istintivamente salì gli scalini a due a due sino al piano superiore.
«Itachi!», strillò Sasuke, precipitandosi sbrigativamente nella stanza del nii-san, la cui porta era socchiusa e un anomalo silenzio si disseminava nell’intera abitazione. Inquieto com’era, il minore non poté fare a meno di lasciarsi andare al sentore di spavento che s’impadroniva di lui e spalancò la porta con dispnea.
E se ne pentì all’istante.
La visione che si presentò dinanzi ai suoi occhi stralunati e inviperiti era la più uggiosa che potesse ispezionare con le pupille dilatate e le iridi traballanti.
Era sconcertato, eccome se lo era.
Incredulo.
Invidioso.
Dannatamente geloso e indispettito.
Come osava…?
«Sasuke…? Sei già tornato?», Itachi parve non scomporsi minimamente, disteso supino e le mani poggiate sui fianchi di una deliziosa ragazza dai capelli rosati e gli occhi verdi, il volto pallido e le guance colorate di un rosso porpora; le mani curate, sulle cui unghie risaltava uno smalto viola lucido con decori neri, puntellato di bianco e in alcuni tratti brillantinato, massaggiavano impetuose il petto nudo del fratello.
Nudo.
E la maglietta di lei era alzata sino al seno esiguo, lasciando libera la visuale del ventre piatto e pallido e di un piccolo tatuaggio di un fiore di ciliegio e una “S.” minuscola, marchiata al di sotto, su di un fianco.
«Lui è il tuo fratellino?», chiese la ragazza, nel tentativo di nascondere l’imbarazzo e coprendosi, abbandonando la posizione a cavalcioni sull’inguine gonfio di Itachi.
Gonfio
«Sì, Sakura…», replicò atono Itachi, lo sguardo fisso sul fratellino irrigidito sul posto e coi pugni serrati. «Se vuoi scusarmi».
Fece per alzarsi, ma Sasuke ribatté prima che potesse fare qualunque altro movimento.
«Non aspettarmi per cena, sarò con Naruto», dichiarò il più giovane, «anzi, probabilmente trascorrerò proprio la notte fuori».
«Ma domani è il tuo compleanno, otouto… Lo sai che ci tengo che tu spenga le candeline a mezzanotte in punto», persistette il maggiore, cogliendo quel fastidio immane e la confusione nelle parole del più piccolo.
«Sì, per l’appunto», rantolò Sasuke, «è il mio compleanno e voglio fare ciò che più mi aggrada».
La voce sicura del ventiduenne si affievolì gradualmente, mentre appurava che la figura snella del neo-diciassettenne si era ormai allontanata e i suoi timpani percepirono il suono dissipato dei suoi passi e della porta della sua camera chiusa con violenza.

Sbigottito, Sasuke si era chiuso in camera, intento a spogliarsi dell’abbigliamento da spiaggia e ad indossare un jeans a sigaretta con una cintura in pelle nera, una maglietta bianca con uno scollo a V esaltato dalle pieghettature del colletto, una giacca sportiva color grigio scuro, un bracciale con borchie abbottonato al polso destro e due collane: una in oro bianco regalatagli dal nii-san l’anno precedente, una in argento con un ciondolo a forma di spirale arancione - rossastra, anch’essa donatagli il giorno del suo sedicesimo compleanno da Naruto.
Gli era piaciuto pensare che le due persone più importanti per lui sembravano quasi essersi consultate prima di scegliere dei regali azzardati ma azzeccati come quelli, lo ricordava bene. Il presentimento di un legame inenarrabile con ambedue i ragazzi lo lasciava senza fiato, sconvolgendo in maniera più che positiva i sentimenti che fasciavano con garbo l’animo e il cuore infranti del ragazzino.
Aveva continuato ad indossarle assiduamente, senza staccarsi mai se non per il mare, per la doccia e per dormire; giusto per non rovinarle o romperle.
Afferrato lo stretto necessario e ripostolo frettolosamente in uno zaino, Sasuke si era avviato verso la porta e, uscendo, si era guardato indietro, nella speranza che tutto quello che aveva visto al piano superiore, di Itachi e quella Sakura, fosse soltanto frutto della sua immaginazione, fonte di paura e disprezzo, bramosia di ogni singolo millimetro dell’altro del tutto inaspettata; perché stava ammettendo a se stesso di desiderare Itachi in quel senso?
«Sarà meglio che io non ci pensi…», giudicò, estraendo dal pantalone il proprio cellulare. Pigiò i tasti con estrema celerità mentre lo sguardo vagava da una parte all’altra dello schermo illuminato.
«Sei a casa?», inviò l’sms e si bloccò in strada, in attesa di una risposta che non tardò ad arrivare.
«Sì, perché?», leggendo la risposta, ghignò divertito e mordendosi le labbra, scrisse la sua successiva affermazione.
«Io e te abbiamo una questione in sospeso».
Accelerò il passo e in meno di quindici minuti giunse all’appartamento del compagno; cercò di velocizzarsi quanto più gli fosse possibile, giusto per non ripensarci e tirarsi indietro. Ormai aveva preso quella decisione e non avrebbe rinunciato per nulla al mondo. Inoltre il biondino pareva più che consenziente ed estremamente voglioso quella mattina, quindi non ci sarebbe nemmeno stata la necessità di convincerlo a stargli sotto…
Suonò il campanello, mettendo le mani in tasca dopo essersi sistemato i capelli, il cipiglio scuro e libidinoso al contempo che sorprese Naruto non appena gli aprì la porta, le labbra socchiuse e la frenesia nei movimenti; un impercettibile spostamento d’aria e i due si trovarono chiusi all’interno dell’abitazione, senza l’esigenza di proferire alcun quesito o di parlare.
Gli unici suoni che colmarono l’atmosfera concupiscente in quell’appartamento furono gli ansimi e i gemiti smorzati, il crepitio del letto e le pelli struscianti, gli schiocchi di baci a fior di labbra e approfonditi, l’odore di sesso che trasudava dai corpi madidi di Naruto e Sasuke.


Bzz.
Bzz, bzz.

«Sasuke, ti supplico, rispondi a questo dannatissimo telefono prima che io lo lanci contro un muro e lo distrugga».
«Da’ qua, dobe».
Sullo schermo appariva il nome “Itachi”.
«Sì?»
«Si può sapere che fine hai fatto? Sono le due di notte e non ti sei ancora fatto vivo!», lo ammonì Itachi, cercando di placare la sua ira e la preoccupazione a causa del minore.
«Ricordo di averti avvertito della mia assenza di stanotte, prima», rispose a tono Sasuke.
«Torna immediatamente a casa», ordinò perentorio il maggiore, mordendosi furiosamente il labbro inferiore; perché diavolo si stava comportando così?
«No».
Silenzio.
Per la prima volta, Sasuke aveva resistito al tono inflessibile di Itachi Uchiha; certo, si sentiva male, un lurido verme che arditamente andava contro l’unico che non l’avesse mai abbandonato e ferito.
«No, lui mi ha ferito», sentenziò nel suo cervello, «non si è curato di me ed è stato con quella».
«Sasuke, non farmi ripetere e torna qui», scongiurò il maggiore, al limite della propria apparentemente illimitata pazienza, «subito. E chiariremo, se è quello che vuoi».
Colto in fallo; di nuovo. Arrotando i denti e stringendo i pugni, il minore sbuffò.
«N… Accidenti! Sto arrivando, va bene?!».
«Molto meglio», sospirò rincuorato il ventiduenne.

Approdato a casa propria dopo aver abbandonato un dormiente Naruto Uzumaki, Sasuke stringeva forte le nocche e batteva ripetutamente il piede sul terreno, indeciso se irrompere in casa come una furia o varcare la soglia con la sua imperscrutabile ed imperturbabile indifferenza; optò alla fine per la seconda ed entrò nella villa, togliendosi rapidamente le scarpe e stiracchiando i propri muscoli. Gettò a terra il proprio zaino, stufo di quel senso di oppressione e pesantezza donatagli anche solo dagli abiti che ancora aveva indosso; stancamente si rese conto di dover comunque andare in camera sua e lo riprese, con un sonoro sbuffo e uno scricchiolio di ossa delle mani.
Deciso, si avviò verso il piano superiore, spogliandosi di giacca e maglietta, sbottonandosi i pantaloni e scombinandosi i capelli. Aperta la porta della propria stanza, decise di chiuderla a chiave, giusto per prendere un po’ di tempo prima di fronteggiare Itachi. Poggiò la fronte ad essa e poi accese la luce, si massaggiò le tempie e poi si voltò verso il proprio letto, sobbalzando.
«Itachi?! C-che ci fai qui?!», pronunciò stizzito, portando una mano al petto come per calmare il battito cardiaco accelerato.
«Evidentemente ti aspettavo. Tu cosa pensi?»
«Divertente, Itachi. Davvero spassoso», sputò amaro il più piccolo, mentre il più grande batteva il palmo della mano a fianco a sé, in un esplicito invito a sedersi lì.
Il diciassettenne desistette, poi acquiescente si avvicinò al letto, ma invece di sedersi accanto al fratello, andò dal lato opposto e poggiò il dorso al muro adiacente alla grande vetrata che dava sul giardino ben curato della villa.
«Che vuoi, Itachi?», lo sollecitò il minore, lo sguardo tagliente e le braccia incrociate al petto nudo; il maggiore non poté fare mica a meno di notare quel dettaglio e, prima di parlare, squadrò il busto del fratello, partendo dal basso, soffermandosi sui pettorali, sul collo, sulle labbra e solo infine incrociò i suoi occhi d’ossidiana.
«Tu, piuttosto, cos’è che vuoi, otouto?»
«Volevo passare la notte con Naruto, ma tu l’hai reso impossibile», lo arpionò volitivo, «è il mio diciassettesimo compleanno e ancora non sono libero di trascorrere la giornata come mi pare e piace!»
«È davvero questo che vuoi?», si accertò il ventiduenne, contraendo la mascella e stringendo le lenzuola. Sasuke lo notò, ma si sforzò di non commentare la scena. Piuttosto avrebbe dovuto trovare in fretta una risposta adatta a zittire il fratello, ma si trovò a chiedersi se effettivamente ne avesse qualcuna. Era consapevole di ciò che voleva e di certo non era trascorrere quella notte facendo quelle cose con Naruto; almeno l’oggetto delle fantasie erotiche di Sasuke non era quell’uragano biondo.
«Ma che cazzo stai pensando, Sasuke?!», si richiamò, dandosi uno schiaffo sulla fronte e sbuffando infastidito.
«Sì», ammise infine, voltandosi a contemplare il cielo stellato mentre ascoltava i martellanti pensieri creatisi nella propria testa; asfissianti, erano maledettamente assillanti.
«Ce l’hai con me per via di Sakura?», domandò con innocenza il maggiore, avvicinandosi pericolosamente a lui e sfiorandogli i fianchi snelli; Sasuke si voltò di colpo, non essendosi reso conto di quella imprudente vicinanza e si trovò sommerso dal profumo preferito di suo fratello, Calvin Klein Obsession Night, misto al profumo di mele che sicuramente apparteneva a quella sgualdrina…
Irrigidito e con gli occhi spalancati, il diciassettenne sentì l’aria venir meno e appoggiò le proprie mani diafane sulle braccia d’avorio del nii-san, chinando il capo e socchiudendo le labbra.
«No», palesò, «non ce l’ho con te per via di… Sakura».
«No? Allora vuoi dire che il tuo sguardo omicida è stato solo frutto della mia immaginazione, e che tu non hai pensato nemmeno lontanamente di strozzarla?»
Beccato. Ancora.
«Ma la smetti?!», s’infervorò il festeggiato, «A me non interessa per nulla della tua vita sessuale, mi hai capito?!»
In religiosa quiete, Itachi prese ad accarezzargli guance e capelli. Non una parola fuori posto esalò dalle sue labbra, non uno sguardo pieno d’astio fu donato a Sasuke; nulla di nulla, se non tutto l’affetto che provava per il più piccolo attraverso quei minimi tocchi.
«Itachi… s-smettila…», lo implorò il neo-diciassettenne, portando le mani sul petto del fratello e stringendo spasmodicamente tra le dita la soffice stoffa della maglietta di cotone nera, che fasciava il modellato colpo marmoreo, quasi scultoreo, del nii-san.
«Non sto facendo nulla di male, otouto…», gli fece notare, chinandosi per baciargli una tempia e accarezzargliela con una guancia.
«Ti prego…»
«Hai paura, otouto?»
«Mh… Nii-san, basta…»
«Non devi averne…»
«Lasciami, ti scongiuro…», le lacrime, con arroganza, forzavano le palpebre affinché le concedessero di uscire, le ghiandole lacrimali continuavano a produrle, la testa percuoteva i neuroni, il cervello, le tempie e tutto ciò che trovava sulla sua strada tramite i vasi conduttori dall’alto al basso.
«Va bene, Sasuke», acconsentì Itachi.
Quest’ultimo sollevò il capo di Sasuke con gentilezza, sfiorando appena il mento scarno e avvicinando le loro labbra. Fu un tocco leggero, quasi impercettibile, appena accennato, eppure ricco di sentimenti assopiti e sensazioni proibite, delle quali i due si erano sempre privati. Il maggiore voltò il capo alla sua sinistra, individuando sul comodino al lato sinistro del letto una candelina azzurra e l’accendino posativi in antecedenza; li afferrò rapidamente, senza annullare il tocco con il fratellino, e si apprestò ad accenderla. La pose dinanzi al viso del diciassettenne, stringendogli la mano e chinando leggermente il busto.
«Esprimi un desiderio, Sasuke».
Lo fece, eccome se lo fece. Ripose tutte le speranze in un unico soffio, che fece sparire quella fiammella della candelina di compleanno, nonostante non fosse scaramantico; ma gliel’aveva chiesto Itachi, come poteva dissentire?
«Tanjoubi omedetou, otouto».

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Glossario:
Dobe: idiota.
Teme: bastardo.
Usuratonkachi: imbecille.
Baka: idiota.
Kami: divinità giapponese.
Tanjoubi omedetou: buon compleanno.


NB:
Okay, mi prendo tutta la responsabilità per lo squallidissimo sillogismo, ma lo reputavo adatto ad un tipetto come il nostro Naruto!
Il riferimento al "rimbalzello" è un piccolo onore al "perfido" Madara, giusto perché è tanto cucciolotto e merita di essere pres.. per i fon... *coff coff* Dicevo, perché stimo che egli meriti d'esser ricordato per le sue eroiche gesta!
La scelta della ragazza è ricaduta su Sakura perché, andando per esclusione, è l’unica che si può avvicinare ad Itachi… in un certo senso. Ma in questa storia è solo un’amica. E lo sarebbe in qualunque caso è_è
La scelta del profumo del carissimo Itachi-san è stata presa sotto consiglio di mio fratello u_u e perché io amo quel profumo!

ETA' DEI PERSONAGGI:
Ve le chiarisco perché per me è stato un vero e proprio travaglio determinarle:

- Itachi, 18 anni primo capitolo, 22 dal secondo fino al capitolo 4, dal quinto capitolo ha 23 anni;
- Sasuke, 13 anni primo capitolo, 17 dal secondo fino al capitolo 4, dal quinto capitolo 18 anni;
- Naruto, 13 anni primo capitolo, 16/17 dal secondo fino al capitolo 5, dal sesto capitolo 18 anni;
- Sakura, 20 anni secondo capitolo fino al capitolo 5.


Note dell'autrice:
Siccome il mio umore oggi non è dei migliori e la mia solita loquacità scarseggia, approfitto di queste note solo per, innanzi tutto, ringraziare le persone che hanno inserito la storia nelle seguite e nelle preferite, e coloro che l'hanno recensita. Grazie di cuore, spero che vi possa piacere anche se non è il massimo! Inoltre, vi informo che posterò i capitoli ogni cinque giorni. Ci si sente il giorno 12 marzo!

ps: ne approfitto per augurare a tutte le donne una buona giornata per domani! Per quanto io odi che le donne vengano "apprezzate" solo l'otto marzo e mai ogni giorno, voglio che passiate tutte un'ottima giornata. E anni ed anni composti solo da giorni felici nelle quali veniate (e dovrei includermi anch'io...) rispettate come dovuto.

Bacioni, Giacos.

  
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