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Autore: Rhaenyra17    02/03/2013    8 recensioni
[Dal capitolo 3:
«Menti a tuo fratello?»
«Non ti sto mentendo».
«E io sono solo un’illusione: il vero me è a casa».
«Plausibile».
«Impossibile, otouto. Dimmi, per caso ti piacciono i ragazzi?»
Beccato.
«Fatti gli affaracci tuoi!»
«Ti piacciono i ragazzi».
«Taci!»]
[ItachixSasuke; Uchihacest; Yaoi; accenni NaruSasu]
[QUESTA STORIA SI È CLASSIFICATA TREDICESIMA AL CONTEST "FAMMI INNAMORARE! MIGLIOR COPPIA YAOI/SLASH" INDETTO DA FAFFINA SUL FORUM DI EFP.
QUESTA STORIA SI È CLASSIFICATA SESTA AL CONTEST "TEMPO DI LACRIME - FLASH CONTEST" INDETTO DA CHISANA KITZUNE SUL FORUM DI EFP.
QUESTA STORIA SI È CLASSIFICATA QUARTA AL CONTEST "A SENTENCE TO DREAM" INDETTO DA KIRAME27 E MARY DB SUL FORUM DI EFP.
QUESTA STORIA PARTECIPA AL CONTEST "RED CARPET, FANFICTION DA OSCAR!" INDETTO DA CLALLA97 SUL FORUM DI EFP.
QUESTA STORIA PARTECIPA AL CONTEST "QUELLO CHE NON UCCIDE FORTIFICA" INDETTO DA SHIZUE ASAHI SUL FORUM DI EFP.]
Genere: Angst, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Itachi, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha
Note: AU | Avvertimenti: Incest | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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Autore: Giacopinzia17
Titolo:
さよなら – Sayounara namida
Fandom:
Naruto
Personaggi:
Itachi Uchiha, Sasuke Uchiha, Naruto Uzumaki, altri
Genere/i:
angst, triste
Rating:
arancione
Disclaimers: i personaggi non sono miei, ma di Masashi Kishimoto. Io mi limito a scrivere un mucchio di stronzate... e mi piacerebbe che le disegnasse lui *-*
Note burocratiche:
QUESTA FANFICTION PARTECIPA AL CONTEST "FAMMI INNAMORARE! MIGLIOR COPPIA YAOI/SLASH" INDETTO DA FAFFINA SUL FORUM DI EFP.

Note dell'autrice: Salve, salvino, bel popolo popolino! (?) La rompipalle è tornata con una long di sette capitoli scritta in cinque giorni *-* Sono o non sono potente?? ... *scende dal piedistallo* No, è che, sono un po' esaltata, visto che non è mai accaduto che riuscissi a scrivere così tanto e in poco tempo. Ciancio alle bande. Il titolo significa "lacrime d'addio" e l'ho estrapolato dall'ending n°24 di Naruto Shippuden!
Reputo questa storia un prototipo, sicché è la prima volta che tratto "ampiamente", in un certo senso, di un rapporto incestuoso tra i fratelli Uchiha. Sappiate che ci sono anche accenni NaruSasu u_u perché questa storia è nata con l'intenzione di essere una Naruto/Sasuke... e poi mi è uscito un papiro Itachi/Sasuke grazie anche ad alcune immagini... Posterò col settimo capitolo anche l'immagine che ha dato vita a tutta la storia! Troverete capitolo per capitolo delle note aggiuntive, nelle quali ci saranno dei chiarimenti su alcune mie scelte e così via discorrendo. Il rating arancione ha penalizzato un po' la mia voglia di straziarvi con tutto l'angst del mondo, quindi sappiate che ho intenzione di rimettere la fic in cantiere e rielaborarla con altri dettagli e scene che, a causa di tempo, non sono riuscita ad aggiungere. Evito di sproloquiare oltre (alla giudiciA ho inviato delle note lunghe una pagina intera, quindi...) e vi lascio a questa sorta di introduzione, che è il primo capitolo.
Nella speranza che vi piaccia...
Ringrazio il mio miglioer amico PunkDario per il giappo-aiuto e l'aver sopportato i miei sproloqui in diretta ç_ç
Bacioni, Giacos.






Capitolo 1 – I
will love you forever.

[ Naruto Shippuden Soundtrack n°7 ]

«Otouto».
Silenzio.
«Otouto», ritentò un ragazzo di tredici anni, i capelli neri, lisci e lunghi dapprima ordinati in una coda bassa, ora colmi d’acqua e sciolti, «se continui a stare sotto la pioggia, ti verrà un accidente».
Un lampo.
«Sasuke», Itachi si avvicinò con accortezza al fratello minore, posandogli con delicatezza una mano tra i capelli corvini, «non voglio che ti ammali. Torniamo a casa».
Un tuono.
«Nii-san, li ho persi».
«Otouto, io sono ancora qui», tentò di rassicurarlo il più grande, cingendogli la snella vita e stringendolo forte a sé.
«Lo so», il più piccolo girò il capo fino ad incontrare lo sguardo intenerito del fratello maggiore, «tu non mi lascerai mai, vero?»
«No, otouto, non ti lascerò».
«È una promessa, nii-san?».
«Lo è», lo rassicurò Itachi, baciandogli la fronte e accarezzandogli con estrema delicatezza i capelli zuppi d’acqua, «ma adesso andiamo via».
In silenzio, Sasuke si strinse al busto del più grande e lo seguì.


**


«Sasuke, sicuro di non dimenticare nulla?», domandò Itachi al fratello minore, mentre quest’ultimo si allacciava le scarpe sull’uscio della porta di villa Uchiha.
«Itachi! Non ho più sei anni!», lo richiamò Sasuke, mentre un adorabile broncio si dipingeva sul volto niveo, le sopracciglia nere si corrucciavano e pochi ciuffi di capelli corvini gli infastidivano le palpebre.
«Vieni qui, dai».
Per quanto il più piccolo dei due continuasse a ricordargli che non era più un bambino e che ormai aveva tredici anni, Itachi proprio non riusciva a perdere quelle vecchie ed infantili abitudini, né risultava facile privarsi della propria indole iperprotettiva nei confronti di Sasuke. Per quanto la morte dei loro genitori avesse cambiato radicalmente il minore, sapeva che dietro quella corazza c’era il cuore tenero del bambino che conosceva. Purtroppo, però, la sofferenza aveva giocato un brutto ruolo in quella faccenda e quella perdita era stata traumatica per entrambi; per quanto Itachi non lo desse a vedere e si mostrasse sempre quieto e forte, soffriva tanto quanto il minore.
Sasuke si alzò e avvicinò al fratello, togliendosi e lasciando le scarpe sul parquet ben volentieri; orgoglioso com’era, non avrebbe mai ammesso che le attenzioni di Itachi lo rendevano dannatamente felice, né che non poteva assolutamente farne a meno.
Il maggiore picchiettò con delicatezza la fronte del più piccolo con l’indice e il medio, poi la inumidì con la saliva di un casto bacio appena accennato; al che il minore rabbrividì e le proprie guance s’imporporarono infantilmente.
«Dai il meglio di te in accademia, otouto», si raccomandò Itachi, lasciando che il fratellino, sbuffando, tornasse ad allacciarsi le scarpe; lo vide afferrare frettolosamente la borsa beige a tracolla, la tuta blu scuro che gli fasciava le gambe snelle e la felpa bianca con lo stemma della famiglia Uchiha che spiccava dietro la schiena, le manine che aggiustavano i capelli appena un attimo prima di uscire.
«Ci vediamo!», disse, poi chiuse la porta scorrevole in legno.


In religioso silenzio, Sasuke Uchiha camminava con pacatezza per le viottole ghiaiose del quartiere del proprio clan, le mani nelle tasche della tuta, l’espressione fiera e dura, alzando di tanto in tanto un velo di polvere che si apprestava a dileguarsi; si guardava attorno, salutando cugini di gradi lontani o parenti di primo e secondo grado, con un cenno del capo e niente più. Anche i membri del clan si erano ormai abituati al carattere scontroso e distante del fratellino di Itachi Uchiha e non vi davano più molta importanza; lo compativano, anzi: come biasimare il suo comportamento dopo la morte dei suoi genitori?
La consapevolezza che le persone la pensassero così e provassero pena per lui faceva imbestialire non poco il ragazzino, tenuto sempre a bada dal tono dolce ma perentorio di Itachi. Possibile che suo fratello avesse un qualche potere magico? La sua influenza su Sasuke era esasperante, eppure quest’ultimo si rifiutava di ribattere e talvolta adorava udire le parole serie, ma piene d’amore, di Itachi.
Pensando a ciò, lasciò che un sorriso quasi malinconico si facesse spazio sul suo volto, mentre dagli occhi non traspariva altro se non un profondo senso di solitudine. Non era mai stato fortunato sul fronte dell’amicizia, vuoi per il suo indissolubile legame col fratello, vuoi per il carattere schivo e il sarcasmo ben evidente e prorompente in ogni sua frase; era capace di usarlo anche pronunciando non più di due semplici parole. Peccato che la maggior parte delle persone scambiasse il sarcasmo per cattiveria; la famiglia Uchiha era una delle più potenti di Konoha e del Giappone intero, incuteva timore ad ogni possibile rivale scacciando quasi in automatico ogni vano tentativo di sopraffazione. Ogni Uchiha era dotato di abilità estremamente particolari che venivano affinate e perfezionate oltremisura col tempo, sin dalla prima infanzia. Per questo ottenevano senza alcun problema l’invidia pura di chiunque e la gioia sincera, e forse nemmeno così tanto onesta, di una cerchia ristretta di persone; ovviamente quelle che, in un qualche modo, erano affiliate agli Uchiha.
Dopo la morte dei suoi genitori, Sasuke aveva covato dentro sé una rabbia che non aveva mai tentato di sfogare in alcun modo, se non con delle lacrime che, di tanto in tanto e con una prepotenza sovraumana, scendevano copiose sul suo viso e finivano per bagnare le lenzuola del letto e la federa del proprio cuscino. Accadeva sempre di notte, contribuendo in modo tale che il giovane potesse trascorrerne di insonni, una dopo l’altra. Puntualmente Itachi si ritrovava a prendere il fratello in braccio e, con delicatezza, lo poggiava sul letto nella sua stanza, s’infiltrava sotto le coperte e lo stringeva forte al petto, finché Sasuke non si fosse calmato e addormentato.
Solo quando dormiva con il fratello, il minore riusciva a riposare senza incubi né sogni; un sonno tranquillo, cullato dalle braccia del più grande.
Persosi in questi pensieri, Sasuke si accorse a stento di essere giunto dinanzi all’Accademia di Konoha: il giardino che contornava la struttura era ricolmo di bambini della sua età, la maggior parte con ambedue i genitori, alcuni solo con uno dei due e uno, come lui, completamente solo. Impossibile non notare una chioma dorata, il capo chino e il corpo gracilino poggiato sull’altalena penzolante da un albero robusto.
Da parte sua, quel bambino alzò il capo, evidentemente per la pressante sensazione di sentirsi osservato da qualcuno e incrociò lo sguardo di Sasuke, mostrando le proprie iridi cristalline, splendenti come due zaffiri, colme della stessa tristezza che gremiva l’animo del piccolo Uchiha.
Lo vide accennare un sorriso e mordicchiarsi il labbro inferiore, prima di scendere svogliatamente dall’altalena ed avviarsi, le mani posate nelle tasche dei pantaloni beige che indossava, verso l’ingresso.
E per la prima volta Sasuke desiderò che qualcuno fosse suo amico; per la prima volta, sentì che esisteva la possibilità che qualcuno, oltre a Itachi, si affezionasse a lui.

**

«Otouto, guarda che non c’è nulla di male se per una volta ti fai un amico», sentenziò Itachi, non trovando una ragione plausibile per la quale il suo fratellino non volesse avvicinarsi a qualcuno per instaurare almeno un rapporto pacifico. Era consapevole che ne soffriva tanto, eppure non sapeva come fare; non poteva mica avvicinarsi lui stesso a qualche bambino per presentargli Sasuke? Non aveva più sei anni, glielo aveva ripetuto quella mattina il minore stesso, eppure certi atteggiamenti lasciavano tranquillamente pensare il contrario.
«Ma… Itachi…», provò a lamentarsi il più giovane, ma ogni tentativo di replica fu smarrito nelle braccia del maggiore attorno alle sue spalle, una mano sulla nuca e il mento poggiato sul capo del più piccolo.
«Promettimi che ci proverai domani», lo impetrò in un sussurro, un tono di supplica misto ad una dolcezza che sgorgava dal proprio animo solo quando si trattava del fratellino. «Allora?»
«E va bene!», asserì con tono lagnoso Sasuke, abbandonandosi alle coccole di Itachi. «Nii-san, posso farti una domanda?»
«Certo che puoi, Sasuke».
«Ma tu ce l’hai una fidanzata?», lo interrogò il tredicenne, scrutandolo con sguardo pensieroso e speranzoso al tempo stesso, per poi chinare nuovamente il capo; cosa che Itachi non seppe spiegarsi e che decise di accantonare immediatamente.
«Perché mi domandi una cosa simile, otouto?», indagò l’Uchiha più grande, corrugando la fronte e approfittando del fatto che l’altro non lo stesse guardando in viso.
«Io…», cominciò, poi scosse la testa e riprese: «Lascia stare, nii-san… Posso dormire con te, stanotte?»
«Solo se mi dici cosa ti passa per la testolina».
Uno sbuffo esasperato.
«Fa nulla, oyasumi, Itachi-san», detto ciò, si staccò dal fratello e si avviò verso le scale, che l’avrebbero condotto al piano superiore e alla sua cameretta.
«Quanto resisterai, otouto?», pensò intenerito il maggiore, per poi apprestarsi a spegnere il televisore e andare a farsi una doccia.

Era da circa mezz’ora che Sasuke si rigirava in continuazione nel letto, aggrovigliandosi spesso con le lenzuola e imprecandogli contro sottovoce; l’aria settembrina era un misto tra caldo e freddo, eppure il ragazzino pareva avvertire più il calore che la freschezza nell’aria. Decise di alzarsi e andare in bagno, per rinfrescarsi un po’ la faccia: magari il calore si sarebbe dileguato e lui avrebbe potuto tentare di dormire; nella speranza che quei maledetti pensieri lo lasciassero in pace.
Strusciando i piedi coperti da calzini blu, si accinse a raggiungere il bagno mentre sbadigliava, più annoiato che assonnato, e l’aprì tranquillamente, giacché la serratura non era chiusa a chiave. Si passò le mani sugli occhi, poi chiuse la porta a chiave e si voltò verso il lavabo; si bloccò di colpo.
«Ancora sveglio, otouto?», chiese Itachi, aprendo di un paio di centimetri l’anta della cabina-doccia, in modo da poter guardare il fratellino; le sue guance ormai tiziane lo rendevano più carino di quanto non fosse già. Il maggiore aprì completamente la cabina, afferrando un asciugamano e arrotolandolo attorno alla vita, così da coprire la propria intimità; poggiò i piedi su un telo steso dinanzi alla doccia e si avvicinò pericolosamente al fratellino. Quest’ultimo s’irrigidì e si voltò bruscamente, chinando il busto sul lavandino e aprì il getto d’acqua gelida, per poi congiungere le mani, riempirle e aspergere il viso dalla fronte al mento, dal quale alcune goccioline scesero dispoticamente sulla gola, sino a morire nel tessuto leggero della maglietta bianca.
«Sì».
«E come mai?»
«Fa caldo», espirò il minore, inumidendosi i polsi e sfregando le mani.
«Non così tanto, otouto. Sei agitato?»
Per tutta risposta, il tredicenne sbuffò. Quell’innata abilità di Itachi di scovare anche il minimo dettaglio fuori posto metteva in soggezione Sasuke; lo faceva sentire nudo, privo di ogni barriera che gli oscurasse la visuale. Era tremendamente imbarazzante essere costantemente osservato e compreso, per quanto potesse invidiare ed elogiare la capacità del maggiore.
«Puoi ancora dormire con me, se vuoi», gli rimembrò mestamente, accarezzandogli una guancia e sorridendo, addolcito dalla tenerezza di Sasuke che, quasi come se fosse un animaletto domestico in vena di coccole, aveva iniziato a strusciare la gota contro la mano grande e irrorata del nii-san. Corrucciandosi, il ragazzino, edotto del fatto che lui stesso stava contribuendo a denudarsi dinanzi a Itachi, si accostò al suo busto austero, appoggiandoci contro la fronte ancora umidiccia.
«Voglio dormire con te, nii-san…», confessò trepidante, «ma ciò significa che dovrò dirti quella cosa».
«Solo se vuoi, Sasuke», placò il suo lieve timore Itachi, «non voglio obbligarti a fare qualcosa che non vuoi».
Quando il tredicenne alzò il viso e incrociò lo sguardo premuroso del maggiore, si sentì palesemente rincuorato e, in contemporanea, in una parte di sé stava sbocciando la cupidigia di metterlo al corrente di ciò che aveva scaturito quel quesito. Nei suoi occhi brillava un fulgore diverso, gremito di indulgenza e purezza, che scaldò il cuore di Itachi.
«Grazie, nii-san».
Le labbra del maggiore, di un rosa pallido e dai lineamenti delicati, si accostarono con bramosia alla pelle del fratellino, che dal canto suo sentì il battito cardiaco accelerare, rintronando i sensi raggelati e surriscaldati in contemporanea. Le dita smilze di Sasuke si mossero celermente, sino a posarsi tra la clavicola e la scapola del diciottenne, le punte delle dita dei piedi adagiate sul pavimento e i talloni rialzati, il busto eretto e il collo che si protendeva verso quella fonte di incomparabile calore e cedevolezza.
Fu grazie ai pronti riflessi di Itachi, o all’incuria di Sasuke, che le loro bocche non si unirono in un casto ma illecito bacio; infatti, le labbra del più grande deviarono la propria traiettoria, così come quella del minore, andando a poggiarsi agli angoli delle rispettive fauci. Suo malgrado ed ingollando a fatica, il tredicenne si disgiunse dal piacente corpo da novello uomo del fratello e, a capo chino, anelò.
«Ti aspetto… in camera tua».
Sebbene fosse opportuno non guardare Itachi mentre si affrancava dal canovaccio, il più giovane non resistette e il suo sguardo cadde sul posteriore del fratello, che si apprestava ad afferrare dei boxer bianchi ed attillati, infilandoseli con estrema placidità. Trattenendo il respiro, il minore si voltò e s’instradò verso la soglia del bagno. Girò la chiave nella serratura, facendola scattare e in men che non si dica si fiondò fuori da quella stanza, precipitandosi nel confortevole giaciglio del nii-san.
Nemmeno un paio di minuti dopo, vide affiorare dall’uscio la sua figura slanciata e ben proporzionata e non la perse di vista finché non gli fu possibile ammirare solo i pettorali delineati attraverso la maglietta aderente che indossava, i capelli neri ancora madidi d’acqua, di nuovo le sue labbra e il suo viso minuto.
Tacquero per una manciata di attimi, prima che Sasuke desse voce ai propri pensieri.
«Nii-san», lo appellò.
«Cosa c’è, otouto?», lo sollecitò ad esprimersi Itachi.
«Ecco, vedi…», in preda allo sconforto, il tredicenne prese a morsicchiarsi il labbro inferiore, «È… Riguarda quello a cui ho accennato prima».
Il maggiore ridacchiò: sapeva che il suo otouto avrebbe sputato il rospo; lo conosceva troppo bene per potersi sbagliare.
«Io… ho paura. Ecco, l’ho detto», nascose il viso nell’incavo del collo del maggiore, stringendosi forte a lui, tremolante ed insicuro, impaurito e… geloso?
«E perché mai dovresti averne, Sasuke?», domandò esterrefatto il diciottenne, inarcando un sopracciglio e avvicinando maggiormente il fisico asciutto del più piccolo a sé, in un’ambigua manifestazione di conforto.
«Perché poi lei ti porterebbe via da me!», lo accusò furibondo e sgomentato, «Io non voglio che tu mi lasci solo, mai!»
«Non accadrà, mio stolto fratellino», lo schernì gioiosamente Itachi, «credi davvero che ti lascerei solo per una qualunque?»
«Beh, se è la tua fidanzata, non è proprio “una qualunque”», puntualizzò stizzito l’altro.
«Che ti sia ben chiara una cosa: tu sei la cosa più importante, per me. Questo non lo cambierà mai niente e nessuno. Io ti proteggerò e amerò per sempre».
Cullato dal dolce suono di quelle rassicuranti parole, il tredicenne sorrise contro la pelle profumata del più grande, accoccolandosi sereno.
«Anche io, Itachi».
Da allora, l’argomento non fu più accennato nemmeno minimamente.


«Peccato che tu non lo interpreti come faccio io, nii-san…», pensò inappagato il minore, prima di abbandonarsi tra le braccia di Morfeo… e di Itachi Uchiha.

______________________________________________________________________________________________________________

Glossario:
Oyasumi: buonanotte.
Otouto: fratello minore.
Nii-san: fratello maggiore.

NB:
“Io ti proteggerò”: lo dice Itachi a Sasuke quando quest’ultimo è appena un neonato e il fratello ha cinque anni.
“Ti amerò per sempre”: Itachi lo dice a Sasuke nel capitolo 590.

  
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