Autore: Giacopinzia17
Titolo: さよなら涙
– Sayounara namida
Fandom: Naruto
Personaggi: Itachi
Uchiha, Sasuke Uchiha, Naruto Uzumaki, altri
Genere/i: angst,
triste
Rating: arancione
Disclaimers: i personaggi
non sono miei, ma di Masashi Kishimoto. Io mi limito a scrivere un
mucchio di stronzate... e mi piacerebbe che le disegnasse lui *-*
Note burocratiche: QUESTA
FANFICTION PARTECIPA AL CONTEST "FAMMI INNAMORARE! MIGLIOR COPPIA
YAOI/SLASH" INDETTO DA FAFFINA SUL FORUM DI EFP.
Note dell'autrice:
Salve, salvino, bel popolo popolino! (?) La rompipalle è
tornata con una long di sette capitoli scritta in cinque giorni *-*
Sono o non sono potente?? ... *scende dal piedistallo* No, è
che, sono un po' esaltata, visto che non è mai accaduto che
riuscissi a scrivere così tanto e in poco tempo. Ciancio
alle bande. Il titolo significa "lacrime d'addio" e l'ho estrapolato
dall'ending
n°24 di Naruto Shippuden!
Reputo questa storia un prototipo, sicché è la
prima volta che tratto "ampiamente", in un certo senso, di un rapporto
incestuoso tra i fratelli Uchiha. Sappiate che ci sono anche accenni
NaruSasu u_u perché questa storia è nata con
l'intenzione di essere una Naruto/Sasuke... e poi mi è
uscito un papiro Itachi/Sasuke grazie anche ad alcune immagini...
Posterò col settimo capitolo anche l'immagine che ha dato
vita a tutta la storia! Troverete capitolo per capitolo delle note
aggiuntive, nelle quali ci saranno dei chiarimenti su alcune mie scelte
e così via discorrendo. Il rating arancione ha penalizzato
un po' la mia voglia di straziarvi con tutto l'angst del mondo, quindi
sappiate che ho intenzione di rimettere la fic in cantiere e
rielaborarla con altri dettagli e scene che, a causa di tempo, non sono
riuscita ad aggiungere. Evito di sproloquiare oltre (alla giudiciA ho
inviato delle note lunghe una pagina intera, quindi...) e vi lascio a
questa sorta di introduzione, che è il primo capitolo. Nella
speranza che vi piaccia...
Ringrazio
il mio miglioer amico PunkDario per il giappo-aiuto e l'aver sopportato
i miei sproloqui in diretta ç_ç
Bacioni, Giacos.
Capitolo 1 – I will
love you forever.
[ Naruto
Shippuden Soundtrack n°7 ]
«Otouto».
Silenzio.
«Otouto», ritentò un ragazzo di tredici
anni, i capelli neri, lisci e lunghi
dapprima ordinati in una coda bassa, ora colmi d’acqua e
sciolti, «se continui
a stare sotto la pioggia, ti verrà un accidente».
Un lampo.
«Sasuke», Itachi si avvicinò con
accortezza al fratello minore, posandogli con
delicatezza una mano tra i capelli corvini, «non voglio che
ti ammali. Torniamo
a casa».
Un tuono.
«Nii-san, li ho persi».
«Otouto, io sono ancora qui», tentò di
rassicurarlo il più grande, cingendogli
la snella vita e stringendolo forte a sé.
«Lo so», il più piccolo girò
il capo fino ad incontrare lo sguardo intenerito
del fratello maggiore, «tu non mi lascerai mai,
vero?»
«No, otouto, non ti lascerò».
«È una promessa, nii-san?».
«Lo è», lo rassicurò Itachi,
baciandogli la fronte e accarezzandogli con
estrema delicatezza i capelli zuppi d’acqua, «ma
adesso andiamo via».
In silenzio, Sasuke si strinse al busto del più grande e lo
seguì.
**
«Sasuke, sicuro di non dimenticare
nulla?», domandò Itachi al fratello minore,
mentre quest’ultimo si allacciava le scarpe
sull’uscio della porta di villa
Uchiha.
«Itachi! Non ho più sei anni!», lo
richiamò Sasuke, mentre un adorabile broncio
si dipingeva sul volto niveo, le sopracciglia nere si corrucciavano e
pochi
ciuffi di capelli corvini gli infastidivano le palpebre.
«Vieni qui, dai».
Per quanto il più piccolo dei due continuasse a ricordargli
che non era più un
bambino e che ormai aveva tredici anni, Itachi proprio non riusciva a
perdere
quelle vecchie ed infantili abitudini, né risultava facile
privarsi della
propria indole iperprotettiva nei confronti di Sasuke. Per quanto la
morte dei
loro genitori avesse cambiato radicalmente il minore, sapeva che dietro
quella
corazza c’era il cuore tenero del bambino che conosceva.
Purtroppo, però, la
sofferenza aveva giocato un brutto ruolo in quella faccenda e quella
perdita
era stata traumatica per entrambi; per quanto Itachi non lo desse a
vedere e si
mostrasse sempre quieto e forte, soffriva tanto quanto il minore.
Sasuke si alzò e avvicinò al fratello,
togliendosi e lasciando le scarpe sul
parquet ben volentieri; orgoglioso com’era, non avrebbe mai
ammesso che le
attenzioni di Itachi lo rendevano dannatamente felice, né
che non poteva
assolutamente farne a meno.
Il maggiore picchiettò con delicatezza la fronte del
più piccolo con l’indice e
il medio, poi la inumidì con la saliva di un casto bacio
appena accennato; al
che il minore rabbrividì e le proprie guance
s’imporporarono infantilmente.
«Dai il meglio di te in accademia, otouto», si
raccomandò Itachi, lasciando che
il fratellino, sbuffando, tornasse ad allacciarsi le scarpe; lo vide
afferrare
frettolosamente la borsa beige a tracolla, la tuta blu scuro che gli
fasciava
le gambe snelle e la felpa bianca con lo stemma della famiglia Uchiha
che
spiccava dietro la schiena, le manine che aggiustavano i capelli appena
un
attimo prima di uscire.
«Ci vediamo!», disse, poi chiuse la porta
scorrevole in legno.
In
religioso
silenzio, Sasuke Uchiha camminava con pacatezza per le viottole
ghiaiose del
quartiere del proprio clan, le mani nelle tasche della tuta,
l’espressione
fiera e dura, alzando di tanto in tanto un velo di polvere che si
apprestava a
dileguarsi; si guardava attorno, salutando cugini di gradi lontani o
parenti di
primo e secondo grado, con un cenno del capo e niente più.
Anche i membri del
clan si erano ormai abituati al carattere scontroso e distante del
fratellino
di Itachi Uchiha e non vi davano più molta importanza; lo
compativano, anzi:
come biasimare il suo comportamento dopo la morte dei suoi genitori?
La consapevolezza che le persone la pensassero così e
provassero pena per lui
faceva imbestialire non poco il ragazzino, tenuto sempre a bada dal
tono dolce
ma perentorio di Itachi. Possibile che suo fratello avesse un qualche
potere
magico? La sua influenza su Sasuke era esasperante, eppure
quest’ultimo si
rifiutava di ribattere e talvolta adorava udire le parole serie, ma
piene
d’amore, di Itachi.
Pensando a ciò, lasciò che un sorriso quasi
malinconico si facesse spazio sul
suo volto, mentre dagli occhi non traspariva altro se non un profondo
senso di
solitudine. Non era mai stato fortunato sul fronte
dell’amicizia, vuoi per il
suo indissolubile legame col fratello, vuoi per il carattere schivo e
il
sarcasmo ben evidente e prorompente in ogni sua frase; era capace di
usarlo
anche pronunciando non più di due semplici parole. Peccato
che la maggior parte
delle persone scambiasse il sarcasmo per cattiveria; la famiglia Uchiha
era una
delle più potenti di Konoha e del Giappone intero, incuteva
timore ad ogni
possibile rivale scacciando quasi in automatico ogni vano tentativo di
sopraffazione. Ogni Uchiha era dotato di abilità
estremamente particolari che
venivano affinate e perfezionate oltremisura col tempo, sin dalla prima
infanzia. Per questo ottenevano senza alcun problema
l’invidia pura di chiunque
e la gioia sincera, e forse nemmeno così tanto onesta, di
una cerchia ristretta
di persone; ovviamente quelle che, in un qualche modo, erano affiliate
agli
Uchiha.
Dopo la morte dei suoi genitori, Sasuke aveva covato dentro
sé una rabbia che
non aveva mai tentato di sfogare in alcun modo, se non con delle
lacrime che,
di tanto in tanto e con una prepotenza sovraumana, scendevano copiose
sul suo
viso e finivano per bagnare le lenzuola del letto e la federa del
proprio
cuscino. Accadeva sempre di notte, contribuendo in modo tale che il
giovane
potesse trascorrerne di insonni, una dopo l’altra.
Puntualmente Itachi si
ritrovava a prendere il fratello in braccio e, con delicatezza, lo
poggiava sul
letto nella sua stanza, s’infiltrava sotto le coperte e lo
stringeva forte al
petto, finché Sasuke non si fosse calmato e addormentato.
Solo quando dormiva con il fratello, il minore riusciva a riposare
senza incubi
né sogni; un sonno tranquillo, cullato dalle braccia del
più grande.
Persosi in questi pensieri, Sasuke si accorse a stento di essere giunto
dinanzi
all’Accademia di Konoha: il giardino che contornava la
struttura era ricolmo di
bambini della sua età, la maggior parte con ambedue i
genitori, alcuni solo con
uno dei due e uno, come lui, completamente solo. Impossibile non notare
una
chioma dorata, il capo chino e il corpo gracilino poggiato
sull’altalena
penzolante da un albero robusto.
Da parte sua, quel bambino alzò il capo, evidentemente per
la pressante
sensazione di sentirsi osservato da qualcuno e incrociò lo
sguardo di Sasuke,
mostrando le proprie iridi cristalline, splendenti come due zaffiri,
colme
della stessa tristezza che gremiva l’animo del piccolo
Uchiha.
Lo vide accennare un sorriso e mordicchiarsi il labbro inferiore, prima
di
scendere svogliatamente dall’altalena ed avviarsi, le mani
posate nelle tasche
dei pantaloni beige che indossava, verso l’ingresso.
E per la prima volta Sasuke desiderò che qualcuno fosse suo
amico; per la prima
volta, sentì che esisteva la possibilità che
qualcuno, oltre a Itachi, si
affezionasse a lui.
**
«Otouto,
guarda che non c’è nulla di male se per una volta
ti fai un amico», sentenziò
Itachi, non trovando una ragione plausibile per la quale il suo
fratellino non
volesse avvicinarsi a qualcuno per instaurare almeno un rapporto
pacifico. Era
consapevole che ne soffriva tanto, eppure non sapeva come fare; non
poteva mica
avvicinarsi lui stesso a qualche bambino per presentargli Sasuke? Non
aveva più
sei anni, glielo aveva ripetuto quella mattina il minore stesso, eppure
certi
atteggiamenti lasciavano tranquillamente pensare il contrario.
«Ma… Itachi…»,
provò a lamentarsi il più giovane, ma ogni
tentativo di replica
fu smarrito nelle braccia del maggiore attorno alle sue spalle, una
mano sulla
nuca e il mento poggiato sul capo del più piccolo.
«Promettimi che ci proverai domani», lo
impetrò in un sussurro, un tono di
supplica misto ad una dolcezza che sgorgava dal proprio animo solo
quando si
trattava del fratellino. «Allora?»
«E va bene!», asserì con tono lagnoso
Sasuke, abbandonandosi alle coccole di
Itachi. «Nii-san, posso farti una domanda?»
«Certo che puoi, Sasuke».
«Ma tu ce l’hai una fidanzata?», lo
interrogò il tredicenne, scrutandolo con
sguardo pensieroso e speranzoso al tempo stesso, per poi chinare
nuovamente il
capo; cosa che Itachi non seppe spiegarsi e che decise di accantonare
immediatamente.
«Perché mi domandi una cosa simile,
otouto?», indagò l’Uchiha più
grande,
corrugando la fronte e approfittando del fatto che l’altro
non lo stesse
guardando in viso.
«Io…», cominciò, poi scosse
la testa e riprese: «Lascia stare, nii-san… Posso
dormire con te, stanotte?»
«Solo se mi dici cosa ti passa per la testolina».
Uno sbuffo esasperato.
«Fa nulla, oyasumi, Itachi-san», detto
ciò, si staccò dal fratello e si avviò
verso le scale, che l’avrebbero condotto al piano superiore e
alla sua
cameretta.
«Quanto resisterai, otouto?», pensò
intenerito il maggiore, per poi apprestarsi
a spegnere il televisore e andare a farsi una doccia.
Era
da
circa mezz’ora che Sasuke si rigirava in continuazione nel
letto,
aggrovigliandosi spesso con le lenzuola e imprecandogli contro
sottovoce; l’aria
settembrina era un misto tra caldo e freddo, eppure il ragazzino pareva
avvertire più il calore che la freschezza
nell’aria. Decise di alzarsi e andare
in bagno, per rinfrescarsi un po’ la faccia: magari il calore
si sarebbe
dileguato e lui avrebbe potuto tentare di dormire; nella speranza che
quei
maledetti pensieri lo lasciassero in pace.
Strusciando i piedi coperti da calzini blu, si accinse a raggiungere il
bagno
mentre sbadigliava, più annoiato che assonnato, e
l’aprì tranquillamente,
giacché la serratura non era chiusa a chiave. Si
passò le mani sugli occhi, poi
chiuse la porta a chiave e si voltò verso il lavabo; si
bloccò di colpo.
«Ancora sveglio, otouto?», chiese Itachi, aprendo
di un paio di centimetri
l’anta della cabina-doccia, in modo da poter guardare il
fratellino; le sue
guance ormai tiziane lo rendevano più carino di quanto non
fosse già. Il
maggiore aprì completamente la cabina, afferrando un
asciugamano e
arrotolandolo attorno alla vita, così da coprire la propria
intimità; poggiò i
piedi su un telo steso dinanzi alla doccia e si avvicinò
pericolosamente al
fratellino. Quest’ultimo s’irrigidì e si
voltò bruscamente, chinando il busto
sul lavandino e aprì il getto d’acqua gelida, per
poi congiungere le mani,
riempirle e aspergere il viso dalla fronte al mento, dal quale alcune
goccioline scesero dispoticamente sulla gola, sino a morire nel tessuto
leggero
della maglietta bianca.
«Sì».
«E come mai?»
«Fa caldo», espirò il minore,
inumidendosi i polsi e sfregando le mani.
«Non così tanto, otouto. Sei agitato?»
Per tutta risposta, il tredicenne sbuffò.
Quell’innata abilità di Itachi di
scovare anche il minimo dettaglio fuori posto metteva in soggezione
Sasuke; lo
faceva sentire nudo, privo di ogni barriera che gli oscurasse la
visuale. Era
tremendamente imbarazzante essere costantemente osservato e compreso,
per
quanto potesse invidiare ed elogiare la capacità del
maggiore.
«Puoi ancora dormire con me, se vuoi», gli
rimembrò mestamente, accarezzandogli
una guancia e sorridendo, addolcito dalla tenerezza di Sasuke che,
quasi come
se fosse un animaletto domestico in vena di coccole, aveva iniziato a
strusciare la gota contro la mano grande e irrorata del nii-san.
Corrucciandosi, il ragazzino, edotto del fatto che lui stesso stava
contribuendo
a denudarsi dinanzi a Itachi, si accostò al suo busto
austero, appoggiandoci
contro la fronte ancora umidiccia.
«Voglio dormire con te, nii-san…»,
confessò trepidante, «ma ciò significa
che
dovrò dirti quella cosa».
«Solo se vuoi, Sasuke», placò il suo
lieve timore Itachi, «non voglio
obbligarti a fare qualcosa che non vuoi».
Quando il tredicenne alzò il viso e incrociò lo
sguardo premuroso del maggiore,
si sentì palesemente rincuorato e, in contemporanea, in una
parte di sé stava
sbocciando la cupidigia di metterlo al corrente di ciò che
aveva scaturito quel
quesito. Nei suoi occhi brillava un fulgore diverso, gremito di
indulgenza e
purezza, che scaldò il cuore di Itachi.
«Grazie, nii-san».
Le labbra del maggiore, di un rosa pallido e dai lineamenti delicati,
si
accostarono con bramosia alla pelle del fratellino, che dal canto suo
sentì il
battito cardiaco accelerare, rintronando i sensi raggelati e
surriscaldati in
contemporanea. Le dita smilze di Sasuke si mossero celermente, sino a
posarsi
tra la clavicola e la scapola del diciottenne, le punte delle dita dei
piedi
adagiate sul pavimento e i talloni rialzati, il busto eretto e il collo
che si
protendeva verso quella fonte di incomparabile calore e cedevolezza.
Fu grazie ai pronti riflessi di Itachi, o all’incuria di
Sasuke, che le loro
bocche non si unirono in un casto ma illecito bacio; infatti, le labbra
del più
grande deviarono la propria traiettoria, così come quella
del minore, andando a
poggiarsi agli angoli delle rispettive fauci. Suo malgrado ed
ingollando a
fatica, il tredicenne si disgiunse dal piacente corpo da novello uomo
del
fratello e, a capo chino, anelò.
«Ti aspetto… in camera tua».
Sebbene fosse opportuno non guardare Itachi mentre si affrancava dal
canovaccio,
il più giovane non resistette e il suo sguardo cadde sul
posteriore del
fratello, che si apprestava ad afferrare dei boxer bianchi ed
attillati,
infilandoseli con estrema placidità. Trattenendo il respiro,
il minore si voltò
e s’instradò verso la soglia del bagno.
Girò la chiave nella serratura,
facendola scattare e in men che non si dica si fiondò fuori
da quella stanza,
precipitandosi nel confortevole giaciglio del nii-san.
Nemmeno un paio di minuti dopo, vide affiorare dall’uscio la
sua figura
slanciata e ben proporzionata e non la perse di vista finché
non gli fu
possibile ammirare solo i pettorali delineati attraverso la maglietta
aderente
che indossava, i capelli neri ancora madidi d’acqua, di nuovo
le sue labbra e
il suo viso minuto.
Tacquero per una manciata di attimi, prima che Sasuke desse voce ai
propri
pensieri.
«Nii-san», lo appellò.
«Cosa c’è, otouto?», lo
sollecitò ad esprimersi Itachi.
«Ecco, vedi…», in preda allo sconforto,
il tredicenne prese a morsicchiarsi il
labbro inferiore, «È… Riguarda quello a
cui ho accennato prima».
Il maggiore ridacchiò: sapeva che il suo otouto avrebbe
sputato il rospo; lo
conosceva troppo bene per potersi sbagliare.
«Io… ho paura. Ecco, l’ho
detto», nascose il viso nell’incavo del collo del
maggiore, stringendosi forte a lui, tremolante ed insicuro, impaurito
e…
geloso?
«E perché mai dovresti averne, Sasuke?»,
domandò esterrefatto il diciottenne,
inarcando un sopracciglio e avvicinando maggiormente il fisico asciutto
del più
piccolo a sé, in un’ambigua manifestazione di
conforto.
«Perché poi lei ti porterebbe via da
me!», lo accusò furibondo e sgomentato,
«Io
non voglio che tu mi lasci solo, mai!»
«Non accadrà, mio stolto fratellino», lo
schernì gioiosamente Itachi, «credi
davvero che ti lascerei solo per una qualunque?»
«Beh, se è la tua fidanzata, non è
proprio “una qualunque”»,
puntualizzò
stizzito l’altro.
«Che ti sia ben chiara una cosa: tu sei la cosa
più importante, per me. Questo
non lo cambierà mai niente e nessuno. Io ti
proteggerò e amerò per sempre».
Cullato dal dolce suono di quelle rassicuranti parole, il tredicenne
sorrise
contro la pelle profumata del più grande, accoccolandosi
sereno.
«Anche io, Itachi».
Da allora, l’argomento non fu più accennato
nemmeno minimamente.
«Peccato che tu non lo interpreti come faccio io,
nii-san…», pensò inappagato
il minore, prima di abbandonarsi tra le braccia di Morfeo… e
di Itachi Uchiha.
Glossario:
Oyasumi: buonanotte.
Otouto: fratello minore.
Nii-san: fratello maggiore.
NB:
“Io ti proteggerò”: lo dice Itachi a Sasuke quando quest’ultimo è appena un neonato e il fratello ha cinque anni.
“Ti amerò per sempre”: Itachi lo dice a Sasuke nel capitolo 590.